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Autore: dino_s    14/02/2015    5 recensioni
Sono trascorsi 10 anni da quando i Digimon Tamers sconfissero il D-Reaper: ora Takato e gli altri sono adulti.
La vita va avanti, ma nel fondo del cuore pesa ancora il dolore per aver detto addio ai loro amici digitali. Anche i Digimon, lontani dai compagni umani, hanno cercato di riorganizzarsi e ora vivono assieme in un villaggio a Digiworld.
Non si sono più rivisti da allora...ma spesso i loro pensieri si toccano, cercando di superare la barriera fra i due mondi apparentemente invalicabile.
Ad un tratto però, una serie di fenomeni misteriosi avvolge la vita dei ragazzi e dei Digimon, insinuando la fievole speranza che il momento di ritrovarsi sia vicino...
Sarà l'ennesima illusione? O forse questi eroi potranno davvero riabbracciarsi, accendendo un'altra volta le strade cittadine con la magia e l'emozione del passato...?
Cosa può significare, per un Digimon, ritrovare il suo domatore adulto? Quanto saranno cambiate le loro vite?
"Digimon tutta la vita" è la storia con cui vorrei restituire a voi lettori quell'atmosfera di tanti anni fa, quando ci sedevamo di fronte alla tv impazienti per la nuova puntata. Un nuovo tuffo, dopo tanto tempo, in quel mondo caro.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1puntataDT2 Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Akiyoshi Hongo (ed eventuali altri aventi diritto sul prodotto “Digimon”); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro)

Nella mia fanfiction sono presenti citazioni di dialoghi e scene dell’anime “Digimon Tamers” (autore: Akiyoshi Hongo)

Il tempo a volte non affievolisce la luce: quella tenue e birichina di quegli esserini impercettibili chiamati Digignomi era rimasta immutata, così come la loro natura fatata e sfuggente. Volano via non appena i rumori e il caos del quotidiano, del cittadino, dell’umano tendono a invadere lo spazio in cui il loro corpo brilloso si è soffermato, forse con l’intento di contemplarci, per poi narrare di noi là nel mondo da dove provengono, un mondo digitale che una qualche legge della terra o del cielo sembra aver deciso che dovrà sempre restare legato al nostro. E così fu, con suo sussulto di cui nessuno si accorse, per quell’innocente Digignomo che una mattina di primavera era rimasto a fluttuare presso un massiccio blocco di pietra grigia con cancello: un luogo che pareva abbandonato, piuttosto malridotto, e che sorgeva tra il verde di un parco in città. Avrebbero travolto il luminoso esserino, se non fosse prontamente fuggito via spaventato, quegli operai un po’ svogliati ma non rinunciatari che apposero un nastro di recinzione, e già per quello si asciugarono il sudore dalla fronte 
«Ahh…ecco fatto.»…«E’ solo l’inizio!» si dissero…
          Forse alludevano a quei cartelli e a quelle strumentazioni che a poco a poco venivano disposte nei dintorni, e che lasciavano presagire dei lavori di rinnovamento…
          Lo scenario attirò l’attenzione di due ragazzi che con lo zaino in spalla tornavano da scuola «Uh? Lì fanno dei lavori?»…«Buttano giù il blocco!»…«Dai!»…«Di che ti meravigli, sono secoli che sta lì! Ci abbiamo ritrovato mio fratello quando aveva circa un anno, si era perso! Adesso fa la quarta!»…«Cavoli, è storia!»…«Puoi dirlo forte: storia…passata per meglio dire!»…«Ma è sicuro che lo rimuovono? Magari vogliono ristrutturarlo, e già che ci sono mettono pure una lapide in memoria di tuo fratello smarrito!»…«Ma piantala, sparisce di certo! Per la gioia di mia madre, da quel giorno è scioccata, al blocco l’ha portata lei la sfortuna!» ma mentre loro chiacchieravano…
         …c’era qualcuno più in là e che forse qualcosa udiva, e le sue mani si sfregavano con l’intenso stento di quando vi è una possente consapevolezza da fronteggiare “Allora è vero…” pensò…
          «Dai, che facciamo tardi!»…«Aspetta!» indicò uno dei due «Quel ragazzo non è…?»
          …quel ragazzo visto da lontano era una sagoma fra tante, che appoggiato ad un pilastro stradale sembrava perdersi nell’allestimento dei lavori…
          «Lavora come apprendista dal parrucchiere di mia madre, lei è pressoché innamorata di lui!»…«E’ il figlio di quelli che hanno il panificio, no?!»…«Eh?!»…«Ci sei mai stato?»…«No…!»…«Lui è molto conosciuto qua attorno, i genitori vendono il pane: e lui tanto ne vede da quando è nato che un giorno non ce l’ha fatta più e ha quasi svaligiato il negozio!»…«Cooosa?!»…«Ah! Ecco forse perché non lo riconosci, qualche anno fa era…largo da qui a qui!»…«Eh?! Ma adesso-»…«Adesso è dimagrito molto ma ha avuto una disfunzione alimentare che non hai idea! E ora che ci penso...era proprio questo il luogo dei suoi spuntini proibiti, ci veniva sempre con quintali di provviste e ci stava per ore: qualcuno nel quartiere afferma di averlo sentito vomitare.»…«Brrr, è orribile!»…«Puoi dirlo forte!»
          …ma ad attendere cosa non si sa per certo, non c’era un giovane che avrebbe dovuto trascinare a fatica il suo corpo per andarsene, bensì una linea esile, sui cui capelli castani sfumava il sole…
          «Ti dirò un segreto…almeno è ciò che si dice in giro!»…«Vai!!»…«C’è chi attribuisce a quello…un ruolo di comando nella grande battaglia di dieci anni fa! Quando fummo invasi da quella poltiglia rossa spaventosa, e a salvare la città si narrò che furono veri Digimon!»…«Ehhh?!»…«Dicono che lui era dentro a combattere, assieme ad altri fra cui quella ragazza che al tempo chiamavano “la regina dei Digimon” e che adesso fa la barista in quel pub, non so se hai presente.»…«Ah! Lui…è un vero Digimon??? Che fa pure il parrucchiere?!»…«Ma nooo!...ah stupido non intendevo questo! Lui non è un Digimon! Lui AVEVA un Digimon, infatti la leggenda dice che lo nascondesse qui, qualcuno li ha visti girare assieme.»…«Ma se fosse così sarebbe un eroe e non avrebbe bisogno di fare i capelli a mia madre!»…«Sì ma sembra che a fine battaglia se ne siano andati. I Digimon intendo…risucchiati! In un portale che li ha riportati a Digiworld. Sicché…vallo a provare che hai combattuto con uno di quei cosi mitici al fianco!! Poi lui molto intelligentemente è diventato obeso e in questo modo ha scansato da sé tutte le ipotesi circa il suo eroismo!»
          …il giovane lasciò piano cadere le sue mani, e scostò il suo capo basso come qualcuno che sta per andarsene. A coprire i suoi occhi, un paio d’occhiali da sole. Non più quelli spessi e ipertecnologici che affascinavano i suoi coetanei molti anni prima: occhiali veri, come quelli che proteggono dal sole gli occhi di molta gente che va e viene ogni giorno. Ma a cambiare non erano stati solo gli occhiali, ma anche quello che da sotto questi faceva capolino: ieri un sorriso, ma oggi le sue labbra si chiudevano e questo dov’era?
         «Che sfortuna, al suo posto anch’io mi sarei dato al cibo!»…«Scherzi, ma perché ci credi davvero?! Io mica tanto dopo tutto, i Digimon, i domatori…e poi proprio lui non ce lo vedo! Si vede da lontano un miglio, è un poveraccio senza ambizioni, l’hai detto tu quello che fa!»…«Beh, che hanno di male i capelli di mia madre?!»…«Che li pettina un ex-ciccione senza né arte né parte, dei Digimon si dice che scegliessero ragazzi con gli attributi! Qui secondo me le cose sono due: anzi…!...anzi tre! Ipotesi numero uno: è inventata la storia per intero.» a cui seguì un «Ohhh…!» deluso assai «Ipotesi numero due! La digi-battaglia ha avuto un fondo di vero ma protagonisti erano BEN ALTRI piuttosto che lui!» e un «Uhm!» già più convinto «Ipotesi numero tre…» ben ponderata con un pizzico di stuzzicante enfasi…
          …mentre il ragazzo si apprestava ad aprire lo sportello di un’auto grigia, probabilmente la sua, e a montarvi…
          «Veramente era un domatore: MA IL DIGIMON CHE L’HA SCELTO DOVEVA ESSERE UN AUTENTICO IDIOT-»…«Shhh!!!»
          …lo scoop si arrestò al suo culmine nel pietrificante sconcerto dei due ipotizzanti: il giovane doveva averli sentiti tanto che di colpo alzò su di loro uno sguardo: fulminante…o più incenerente essendo quasi rossastra la sfumatura dei suoi occhi marroni che spuntò oltre gli occhiali da sole, e vi fu a seguire qualche secondo di incertezza…
          …ma lui la sciolse montando in auto e disinteressandosi definitivamente di tutto l’udibile e il visibile…
          «Dici che…ci ha sentiti?! Ahhh, e ora mia madre se la prenderà con me perché dovrà cambiare parrucchiereee!!!»…«Ahhh, finiscila! Fa l’apprendista, non è il padrone! Figurati al suo capo che gliene frega dei Digimon, dai andiamo!»…«Sì…ahh…!»…
          L’auto partì e sparì in fondo alla strada. Gli operai concertavano qualche altro dettaglio. Il Digignomo svolazzò istantaneo emettendo un debole suono.

 

          La città di Tokyo era abbracciata dalla dolce, incandescente sfumatura di un’altra giornata che si avvia alla conclusione, fra mille suoni e voci. E c’era un raggio di sole in congedo anche per l’insegna di quel negozio che aveva attraversato un'altra laboriosa giornata tra pane, pizza, specialità dolci e salate che ormai avevano preso chi una strada, chi l’altra fra le tavole e le case dei clienti, di cui ancora qualcuno varcava la soglia: chi in entrata, per constatare che il banco era quasi vuoto ed occorreva accontentarsi, chi in uscita, per riconoscere un volto che più noto e consueto non poteva essere, volto di chi aveva parcheggiato, e per il quale quel negozietto piccolo ma che faceva del suo meglio, come l’umile coppia che lo gestiva, era anche una casa «Ciao Takato…» disse un’anziana signora. «Buonasera…» in risposta, a voce bassa, quasi un sussurro, ma cortese, delicato, senza guardarla «Uhm…non corre più come una volta. Eppure potrebbe ancora permetterselo.» fu la riflessione di quella signora con le buste in mano «Capisco qualche anno fa che era diventato proprio…uhmmm! Però adesso è tutto a posto di nuovo. Ah, quel ragazzo…oh, non so…è come se…ah! Non riesco a capirlo, qualcosa mi sfugge di lui: e non solo a me! Anche a chi gli è più vicino!»
          Per chi conosceva quel luogo, quelle persone, e lui, pochi istanti di occhiate attorno sarebbero stati sufficienti per comprendere che ben poco il tempo aveva modificato…
          Al bancone la signora conversava con una cliente, che constatava disarmata «Questo quartiere che dire…è tutto cambiato! Niente è come prima.»…«Sì, ha ragione…» confermava la padrona del negozio, mentre suo marito faceva avanti e indietro dalla cucina «Io ricordo che quando ero giovane…qua era tutto…diverso! Non mi ci raccapezzo più.» e la signora al bancone, paziente e comprensiva «Sì, è vero signora, ma non solo lei. Anch’io. Io potrei essere…sua figlia eppure…dove sono i posti a cui eravamo affezionati?»…«Spariti.»…«Ma tutto, il movimento…la gente…»…«Il traffico…!» sottolineò eloquente il marito «Eh, il traffico!» raccolse la moglie, e continuò «Hanno buttato giù metà quartiere.» e la cliente in conferma «E costruiscono solo banche.»…«Quando ero piccola io, tutt’altra storia.» ma lui era distante da quelle parole, con ancora i suoi occhiali indosso, attirò appena lo sguardo e la curiosità della cliente. E maggiormente, quella di sua madre. E suo padre dietro di lei. Mentre si avvicinava a passo lento verso quella stessa scala, la scala per salire in camera sua. Quella lungo la quale era salito, e disceso tantissime volte, incontabili, e in così tante situazioni diverse, indescrivibili…specie alcune fra queste. Beh, quella scala a dispetto di tutto non era di sicuro cambiata «Takato…scusa se esisto!» precisò sua madre ma il marito «Tesoro, cara: sono ventun’anni che ti scusi se esisti. Non ti sembra un po’…eh?»…«Beh! Perché sono…non proprio ventun’anni, un po’ di meno visto che da piccolissimo non era così!»…«Ah no eh?»…«No! No e ti assicuro che lo ricordo bene non era così ma sono…guarda, ABBASTANZA anni e va sempre peggio al riguardo: mi sento…a volte un’intrusa in questa casa! Penso di essere di troppo qui!»…«Ehhh, esagerata!!!» faceva la cliente «I giovani sono così.» mentre il padre del ragazzo accennava semplicemente «Takato…»
          …che si era bloccato sul momento di salire la scala, con la mano appoggiata alla parete, e quei “colpi di sole” che imbiondivano i suoi capelli rivolti all’ombra che inghiottiva i gradini…
          «Nelle famiglie normali di solito si saluta anche la mamma!» puntualizzava questa e forse non era la prima volta, mentre la cliente sussurrava «Ptsss…ma lui è sempre stato così. E’ un po’…timido, riservato. A volte, se debbo dirle lo vedo camminare qua in giro e mi chiedo quali pensieri abbia per la testa.» ma Takato ruppe il suo silenzio «Buonasera…mamma. Scusami. E’ vero, hai ragione. Oggi ho dimenticato di salutarti. Di solito lo faccio. Ma oggi…» sfumò così, nello stringersi emotivo della sua mano che staccò dalla parete per porla più vicino al cuore, quella risposta che lasciò suonare la sua voce su cui dieci anni avevano semplicemente adagiato un velo. Sotto di esso, era quella di un tempo. Semplicemente un velo, leggero, naturale conferito dalla crescita, ma crescere spesso non deve significare cambiare doppiatore, ed è più semplice pensare che porta con sé più cose del passato di quanto si possa credere. Per Takato niente più di un velo lieve sulla voce, che però assorbiva un certo che di fermezza in quel “di solito lo faccio”, e in quell’intento di rimarcare il saluto la cui mancanza gli era stata sottolineata «…ero soprappensiero.»…«Eh! Tanto per cambiare!» la mamma, con gioia della cliente «Vede?! Gliel’ho detto, lui viaggia…sempre così! Con la testa per aria!»…«Dove sei stato?» si sovrappose il padre, e Takato che non si volgeva ma invocava un respiro profondo «Al lavoro.»…«Si è messo a fare il parrucchiere in quel negozietto. Ma perché non resta qui a darvi una mano?» si interessava la signora con la busta, ma poi Takato mise il piede sul primo gradino «E’ poi dove inizieranno le demolizioni.»
          …parole che sembrarono dir qualcosa ai genitori, che lo fissarono senza pronunciarsi. La cliente invece parlò «Ah sì vogliono buttare giù quel vecchio blocco di pietra, meglio così è talmente bruuutto, tra tante cose hanno dovuto tenere proprio quello per tanti anni chissà poi perché: dicono che ci costruiranno una banca!»…«Andrei in camera mia, se posso, scusate.» si accingeva però il ragazzo che sembrava reclamare il distacco da quel nucleo di parole «Eh, ci sono cose da sistemare qui!» evidenziò il padre «Vengo fra un attimo…» fu la garanzia di Takato che si avviò sui gradini…
          …lasciando alle sue spalle il negozio, e un sospiro non lontano dalla resa, come quello di sua madre nel suo un po’ stanco riordinare…«Ahhh, che bello rivederlo così, ci fece preoccupare tutti. E’ rimasto in contatto con un buon nutrizionista, no? Mai tagliare i lacci buoni col passato!» enunciò orgogliosa la cliente…ed il padre del ragazzo che aveva smarrito lo sguardo lungo il buio oltre le scale, si limitò ad accennare «Quanto a questo…diciamo che fin troppo pochi ne abbiamo tagliati.»

          Quei gradini che potevano essere divorati in fretta e accendendo la luce, lui preferì percorrerli lento, uno alla volta quasi ciascuno di essi avesse avuto una specifica importanza, e al buio…mentre la sua mano si avvicinava agli occhiali da sole, scostandoli lentamente dal viso…
          “All’inizio non è stato facile, ma lentamente, giorno dopo giorno, la nostra vita è tornata alla normalità” erano parole che gli riecheggiavano dentro. Parole che un giorno aveva pronunciato la sua voce senza velo, la sua voce di ragazzino “L’avventura che abbiamo vissuto, per quanto insolita e pericolosa, ci è servita da insegnamento. Ci ha resi più responsabili” parole in quel momento come cullate da una musica dalle sfumature malinconiche, quando era quasi in camera sua…
          …parole che nel ricordo sembravano pronunciate con sincerità, e speranza “e ha rafforzato l’amicizia fra tutti noi.” Si arrestò. Era arrivato in cima, la sua stanza lì per accoglierlo come ogni giorno…benché lui si ponesse ad essa quasi fosse un luogo diverso, fosse quasi la prima volta. Era buia…ma le luci che Tokyo dall’esterno le regalava perché si distinguessero le forme, permettevano anche stavolta di riconoscere un luogo che era tanto simile a sempre, cambiato forse solo nella presenza e nella disposizione di qualche libro. Takato stava per accendere la luce, ma…la sua mano esitò sull’interruttore, come respinta da una forza più grande…alla quale si volle arrendere. Sembrava più che altro una scelta, o un bisogno. Di guardare tutto nella prospettiva del buio…nel quale si addentrò senza fretta…
         …sospinto dalla colonna sonora della sua stessa voce nei ricordi “Sai Guilmon, ogni tanto passo davanti al tuo nascondiglio e mi fermo a guardare. So che non potremo più giocare assieme, che non potrò rivederti.” ed era vicino alla finestra, dalla quale si vedeva la sera cittadina “Ma non mi importa. Perché resterò il tuo Digimon Tamer…
          …e ti porterò per sempre nel cuore.
          …terminò così quel periodo. Dal punto di vista grammaticale, ma non solo…
          …e occhi, tristi, innalzati in un difficile respiro verso il non si sa cosa del presente…
          …per poi chinare il capo, e comporre un nuovo pensiero, con la più o meno nuova voce della sua anima “Fra pochi giorni demoliranno il tuo nascondiglio, Guilmon. E’ finito anche quel periodo. Fra non molto…se passerò da quelle parti, non potrò neanche più rivedere quel luogo al quale il mio cuore è tanto legato. Fra non molto…
          …un altro fotogramma…un altro frammento andrà definitivamente a far parte del passato. Così come è stato per molte altre cose. Così come è stato per te. Ed è inutile…non c’è niente che si possa fare per arrestare questo processo. Siamo riusciti a respingere una forza malvagia che era sul punto di inghiottirci…
          …ma cosa ne abbiamo ottenuto, in fin dei conti, se poi sono la nostalgia, e il dolore a riservarci lo stesso destino? Me lo chiedo e non trovo risposta.” volgendosi…
          …le tracce di dieci anni prima, nella stanza di un ragazzo, si piegano e fanno le orecchie schiacciate sotto stratificazioni di nuova carta…
          …questo era accaduto al disegno di quella creatura fantastica, che Takato volle riprendere in mano quella sera, affinché le luci di Tokyo del presente le regalassero ancora un’ultima sfumatura. Rosso…tanto da far ricordare un drago. Innocente nello sguardo, tanto da avere la posa di un cucciolo. Tracciato dalla mano di un ragazzino, che oggi era un ragazzo, che si accovacciò a terra con quel foglio tra le dita, mentre il gioco di ombre e luci della sua stanza pur buia permetteva di delineargli i lineamenti…la vita glieli aveva lasciati molto delicati. Così come lo erano i suoi pensieri, seppur i suoi occhi grandi fossero malinconici. Aveva ventun’anni, non abbastanza affinché non fosse possibile ritrovare in quel volto il bambino che era stato. Non era cambiato, anche se il chiarore della notte oggi carezzava dei capelli un po’ più corti. Lui lavorava sui capelli degli altri ogni giorno. E lì forse qualcuno aveva per i suoi avuto l’idea di quei “colpi di sole”, quella pioggia di schizzi biondi che vivacizzava la sua frangetta. C’era chi ricordava di lui, e non con piacere, un’immagine diversa che si diceva avesse assunto qualche anno prima da quella sera, ma se ciò era stato vero, aveva avuto la forza di cambiare, e di ritornare esile come quando frequentava le elementari, e degli abiti assai semplici lo caratterizzavano. Questo continuavano ancora a farlo, il suo vestire era…semplice, senza grosse pretese, anche se non ci si faceva tanto caso, poiché il suo aspetto era gentile e gradevole, e a dispetto degli inciampi, e forse delle sofferenze, dieci anni avevano trasformato un bambino di buon cuore in un ragazzo splendido. Un ragazzo che però, in una sera così, sembrava non aver voglia come si dice si abbia a ventun’anni, di uscire, divertirsi e vedere amici. Bensì sembrava desiderare di rannicchiarsi ai piedi del suo letto, a luci spente, quasi a voler sparire per sempre. E questo apparentemente inspiegabile desiderio, doveva aver qualcosa a che fare con quella creatura del disegno, che nessuno, o quasi nessuno avrebbe creduto potesse mai esistere nella vita reale. Tantomeno condizionarla…
          “Io ti creai, perché desideravo un compagno di giochi. Senza neanche immaginare che con un semplice schizzo di te su un foglio di carta, avrei realizzato il mio grande sogno. Sono passati dieci anni. Dieci anni…
           …!!...abbiamo combattuto assieme, e tu sei stato il mio fedele compagno d’avventura. Ancora adesso, se penso ai giorni della nostra battaglia ho i brividi sulla pelle, talvolta mi sembra di aver immaginato tutto! Talvolta mi chiedo…se sei stato realmente al mio fianco. Se non ti ho sognato…tutti hanno sempre detto che ho una fervida immaginazione. Ma io conosco la risposta. Io so qual è la verità. Io non ti ho sognato, Guilmon. Tu sei stato davvero…accanto a me. La nostra amicizia non è stata soltanto immaginazione. Altrimenti non avrei dato tutto me stesso in questi anni per cercare di fare l’ultima cosa che mi avevi chiesto!” stringendo forte il suo pugno nel ricordare…
          …nel ricordare una voce una voce ingenua e semplice che ben si addice ad un sagoma di creatura simpatica come quella, anche nelle note più stridule. Una voce che gli grida, prima di andarsene, risucchiato da una luce “Non perdere mai il sorriso, è la tua forza, vale più di tutto l’oro del mondo, Takatoooooo!
          ”Il mio sorriso…
            …io ci ho provato, Guilmon.” pensò il ragazzo, e si alzò…per avanzare di nuovo verso la finestra “E ci provo tutt’ora, sempre, ogni giorno. Perché era quello che tu volevi! Non sai quante volte ho desiderato in questi anni che là, da Digiworld, dal tuo mondo in cui hai fatto ritorno, potessi vedere che mi impegnavo a proteggere quel sorriso che ti era tanto caro. Io…credo che non smetterò mai di provarci. Perché ti voglio bene! E una promessa è una promessa. Però…”  e di nuovo qualcosa portava in basso il suo capo, dinanzi alle luci della città in cui viveva “Non puoi immaginare quanto sia dura affrontare la vita di ogni giorno senza un amico speciale come te al proprio fianco. Composta da tante piccole, grandi delusioni, che congiunte assieme ti piegano come il più spietato degli avversari. O forse sì…anche tu poi capirmi. Perché anche tu sei cresciuto. Anche tu hai vissuto questi dieci anni, e chissà cosa hai pensato. Che cosa hai sentito. Ora…” e le sue dita si chiudevano sfregando il vetro “…non sai cosa darei per farmi con te una di quelle nostre chiacchierate. Ma so che è impossibile…”

          …mentre il papà di Takato giù al negozio commentava pulendosi le mani con il grembiule «Gli avevo detto di venire a darci una mano. Figurati se ascolta.» ma sua moglie aveva altri pensieri «Takehiro io sono preoccupata. Vedo che nonostante gli sforzi, nonostante i sacrifici con i soldi proprio non ce la facciamo!»…«Ah-h…beh…» fu preso in contropiede, Takehiro, il suo volto non faceva presagire risposte prossime «Tutto è diventato più caro, ogni giorno una spesa extra!...e Takato non è che guadagni granché col suo nuovo lavoro. Noi con il negozio tantomeno, non ci sono più tanti clienti come un tempo! Come faremo…? Se finiamo quei pochi risparmi che abbiamo a chi possiamo chiedere una mano? Non abbiamo amici e parenti che possano aiutarci!»…«…su, su…sei esagerata riguardo a questo, te l’ho detto.»…«Ah! Io sarei esagerata? Takehiro, i conti parlano! Se andiamo avanti così…» ed il marito respirava aggravato…il cupo smarrimento sul viso di sua moglie aveva tutto l’aspetto di un macigno insormontabile di quelli che ti pone di fronte la vita…

          ”Tutte queste preoccupazioni…sono dentro di me. Mi logorano giorno dopo giorno!” confessava sincero a se stesso Takato “E sembrano spazzare via ogni traccia di sogni, e di spensieratezza che i momenti trascorsi assieme a te mi hanno lasciato. Forse…la colpa è soltanto mia. Dovrei essere più forte. Credevo che la battaglia mi avesse cambiato…che mi avesse dato più coraggio. E’ strano, sento…che se ora apparisse di fronte a me la creatura più pericolosa…ma tu fossi al mio fianco io non avrei paura. Come allora…alzerei lo sguardo per fronteggiarla! Ma la realtà è diversa. E io…” sfiorandosi il viso, che vedeva riflesso appena nel vetro della finestra “…ho ventun’anni. Sono quasi un uomo. Ma basta uno specchio per dimostrarmi che sono rimasto esattamente lo stesso!! Io…non sono cambiato. La mia vita si è come fermata al giorno in cui tu te ne sei andato. Io ancora ti aspetto…e forse capisco che così non cresco mai. E il futuro…seguita a farmi paura come fossi ancora bambino. Ma non posso farci niente. Io sento che nonostante tutto non posso mentire. Tu sei stato troppo importante…ed io non posso, e non voglio provare a dimenticarti! Io voglio aspettarti ancora!! Ma in questa attesa, che non so se mai terminerà...” volgendosi di nuovo, camminando nel buio, e supplicando con sguardo accorato una risposta al cielo “…quanto è difficile non perdere quel sorriso! Io…
          …!!...non so per quanto ancora ci riuscirò. O se forse non me ne accorgo…ma l’ho perso da tempo.” e sembrava molto addolorato nel concepire quel pensiero “Certo, non sono solo. Ho ancora i miei amici! Loro però...sembrano così diversi da me! Sono da sempre stati più forti…Henry…Rika…loro non si sono fermati a rimpiangere il passato. Ce l’hanno messa tutta…e oggi ancora lottano per costruirsi un futuro! La nostalgia per aver perso, come me, dei cari amici non è bastata a fermarli. Io…li ammiro molto. E so che non sarò mai altrettanto forte…”
         …scivolato da sotto la pila di quaderni, assieme al disegno di quel caro amico perduto, un altro schizzo di lui in festante compagnia di altre due sagome attinte da un mondo forse vero, forse fantastico: una piccola e dalle lunghe orecchie, l’altra sinuosa, elegante, femminile…


          …come inequivocabilmente era tale la carnosa bocca sulla quale scivolava spinto con grinta ma altrettanta precisione un rossetto rosso fuoco…
          …per poi essere gettato lì tra le altre cose con mano spazientita «Pfff, da questo non cavi più niente ormai!» fu detto piano da una voce femminile senza dubbio seccata, per poi passare dal rossetto a torturare i capelli, senza riconoscer loro il merito di essere di rara bellezza, rossi squillanti in viaggio fra i riflessi che le luci intermittenti e colorate di quel locale esaltavano, ma vi era qualcuno, una donna, che non sembrava aver tempo per perdersi nel fascino estetico «Dai che stanno già fuori, forza forza che oggi cominciamo con mezz’ora di ritardo e ci manca quello soltanto! Già con tutto quello che passiamo: Rika!! Rika non sei ancora pronta?! Ma…?! Quando hai iniziato, non ti sei ancora preparata affatto?!» ma la giovane interpellata si alzò lentamente…
          …lasciando che lo specchio riflettesse il suo occhio che fra mille sfumature artificiali di trucco viveva di luce propria grazie al suo bellissimo colore naturale lilla «Se per te…questo non è abbastanza non ci tengo a immaginare il resto.» pronunciò ad una ad una parole più che mai incisive, che quello spesso velo di fastidio sembrava tenere a freno affinché almeno non detonassero lì, poiché c’era gente e si sfiorava l’incidente civile «Ah!...beh però potevi mettercene un po’ di più e un po’ meglio qui, guarda, è tutto sbaffato! E’ che ti trucchi sempre di fretta, arrivi tardi, non ce la fai dieci minuti prima?!»
          …quella ragazza di poco più di vent’anni non rispose ma si limitò a fulminare se stessa, bella e fatale riflessa nello specchio «Dai, anche voi in fondo, stiamo aprendo! I cocktail sono pronti, a posto?! Ho cambiato il posto ai bicchieri, là nello scaffale non c’entra più nulla! E…e qualcuno glielo va a dire ai client-e senti Rika! Scusa, fammi un piacere abbi pazienza, te lo chiedo io!» si aggrappò alle spalle della ragazza quella supplichevolmente stressata donna «Oh…tutto quello che desideri, a tua disposizione…!» ebbe in risposta, assieme a una sonora scrollata di quei lunghi boccoli rossi a far volare la tagliente ironia nell’aria «Una cosa importante: forse è l’atteggiamento che ci frega!»…«Ah…l’atteggiamento…?» scandiva Rika dilatando i suoi occhi in un’insidiosa enfasi di finta meraviglia «Sì! E per quanto tu non dia mai importanza a questo dettaglio te lo dico io: i clienti lo vedono! E a loro dà fastidio, per cui!»…«Ohhh…!»…«Ah, e non scherzare! Cosa ti ho sempre detto? Il sorriso Rika dai tesoro un po’ di sforzo sempre quel broncio i clienti vengono qui per divertirsi dopo una giornata snervante, vogliono farsi due bicchieri in santa pace magari portati da un bel faccino su che ce lo hai, se vuoi: ecco, loro lo vogliono vedere!»…«Ah sì?!!! La mia faccia?!!» scandì ancor più feroce Rika rivoltandosi a mo’ di tigre che punta un alimento di suo gusto «E allora…se stasera il loro desiderio è vedermi che sorrido, sempre stasera il mio è quello di NON VEDERE, PER NIENTE AL MONDO, NEANCHE PER L’ORO DI UN PALAZZO REALE INTERO, LE LORO DISGUSTOSE E NAUSEANTI FACCE DA UBRIACHI, e tu mi sai dire Himi quale legge umana o naturale ha decretato che nella scala di priorità è la mia esigenza ad essere sul fondo?...!!!»
          …lo sguardo di Rika lasciava ben ipotizzare la portata vitale che avrebbe potuto avere la risposta del malcapitato interlocutore, in questo caso quella donna un po’ più grande di nome Himi che seppur inizialmente avesse tradito una leggera inquietudine, sembrò a sufficienza confortata dalle consapevolezze che condivise con la sua socia «Una legge che si riassume in una sola parola: business!...
         …business…ARE business! Forza Rika poche storie! E voi altri lo stesso!» così si allontanò…
         …lasciando Rika a bisbigliare «Business are Business…
         …ma va all’inferno…» per poi andar via anche lei dopo un calcio ben mirato allo scaffale che non scalfì la poderosa zeppa ma fece crollare miseramente il castelletto di trucchi…



          …trucchi, trousse, profumi, firmati s’intenda, se a castelletto crollano uno accanto all’altro allegri e ordinati si presume possano solo compiacere una ragazza che invece, dai piani alti di un bel palazzetto dai balconi “a scaletta”, si riguardava tutta contenta e compiaciuta la sua opera di shopping appena estratta dalla borsa (che anch’essa si difendeva bene nel mondo della moda) «Uhmuhm!» sottolineava lo sfizio il suo bel sorriso ampiamente motivato dall’apparente assenza da impegni, scomodità lavorative e pressioni di alcun genere. E non solo, anche essere giovane e molto carina ha i suoi pro, come l’avere quei lunghi capelli scuri dai riflessi violacei e quel portamento da indossatrice. Vivere in una casa elegante ed indossare abiti all’ultima moda segue a ruota. E regala l’ispirazione per scegliere se sta meglio prima il rossetto, o prima la boccetta…oppure se è più carino disporre la boccetta più alta sul fondo e le trousse una dopo l’altra in ordine di colore. Ma a volte partendo da qui ci si merita anche un padre che si interessa della tua presenza «Suzie!»…«Ihmp!!!» sussulto per la bella ragazza sedicenne, che ruppe le sue briose composizioni travolgendole con la mano che le riportava tutte nella borsa «Suzie sei tornata?! Non ti ho sentita entrare!» ma mentre il padre stava per raggiungerla alcuni acquisti più grandi non si decidevano a ri-infilarsi «R-Ricomincia…!!...c-con la storia che sono una sanguisuga…!!» spingeva con tutta la sua forza Suzie, e giusto appena in tempo «Suzie!»…«Uhmuhmuhm!» pronto scatto che nascondeva la borsa dietro di sé, e sorrisetto innocente da sfoderare all’occorrenza e regalare a suo padre…
          …un uomo dall’aria seria, composta, che indossava gli occhiali ed aveva origini cinesi. E forse buone intenzioni, ma anche un sorriso che si bloccava al momento di espandersi lungo le labbra, iniziando ad interrogarsi sull’opportunità della sua presenza nel mondo esterno «Ma…perché non ti fai sentire quando rientri? Sgattaioli…in casa quasi come volessi…rubare!» cercò di scherzare, e lei «Io sono innocent-!» ma tentare di mettere le mani in alto causò squilibri nella manovra di occultamento della borsa «Ihihihi! Sono innocente…uhmmm…!!!» tra il gioco e il brivido «Uhm? Tu dici? Non mi convince per niente: che cosa nascondi dietro?!»…«Henry torna per cena? Hai messo sui fornelli qualcosa oh papà non sai che fame!»…«Tuo fratello non ha chiamato e tu non cambiare argomento! Cosa nascondi là dietro?!»…«Semplicemente la mia borsa! Vuota!!»…«Ma non era quella con cui sei uscita!!!» legnata simbolica in testa per Suzie “ACC---CCIDENTI…mi ero dimenticata che la borsa nuova volevo solo PROVARLA…!!!” mentre per la testa del padre, dai capelli ulteriormente ingrigiti, una doccia non molto calda che non sembrava essere la prima «Ahhh…!...
          …Suzie ci risiamo, è peggio di un incubo e non se ne sfugge.» con mano sulla fronte come se dolesse «Io tutto mi sarei aspettato nella vita eccetto una figlia che…!...beh scusa se uso termini tecnici: il tuo è un caso di shopping compulsivo!»…«Ahhh…!...
          …immagino…papi…che tirare in ballo il fatto che questa borsa e il resto mi hanno stregata!»…(mentre il simbolico dolore si acutizzava per il padre «”E il resto”…»)…«Che non ho mai visto un negozio di tale classe! E che…ho sempre desiderato quel profumo da quando l’ho sentito a Jeri, le sta di un bene!»…«Quale profumo?!» sussultò lui accigliato, e Suzie indicò il mobile «Quello! Ho…dimenticato di rimetterlo dentro! Sei piombato qui di soprassalto e la mia azione di copertura è completamente saltata! Va bene, papi!» si pavoneggiava un po’ Suzie, che al suo fascino aveva brio e vitalità da mischiare «Mi dispiace tanto…! Non lo faccio più…!...mi credi…? No, ovviamente! Lo so che non mi credi!»…«Ma perché so che non parli sinceramente!! E poi…scusami se ora faccio i conti in tasca ad altri ma il profumo di Jeri poi…userà quello e un altro al limite, tu ne hai a migliaia! Non mi sembra che tu sia nella posizione di rimpiangere quello che hanno le tue amiche: ah, Suzie non so come devo fare con te, ma lo capisci che la carta di credito a un certo punto finisce? Tuo fratello almeno a questo ci arriva, è misurato!» esternava sincero quell’uomo camminando per il salotto e risistemando qualche cuscino, mentre sua figlia fischiettava in silenzio un’ipotetica melodia annoiata e ballonzolava sperando che finisse presto «Ogni tanto tua madre la vede la mia costernazione: grazie a te, tra poco non avremo più soldi!» per poi accingersi ad allontanarsi…
          …mentre Suzie ripeteva fra sé «E grazie a te…da dieci anni…
          …non abbiamo più i Digimon!» alla fine arrendendosi, e riprendendo a sistemare in modo “umano” la sua borsa «Valevano forse più di quattro profumi firmati e una borsa, non credi?...
          …io ti voglio bene papi per carità però provare a smentirmi!...
          …in fondo questo me lo devi, visto che da quando è successo il fattaccio che TU hai provocato ti sei messo a braccia conserte!...almeno…!...
          …così inganno il tempo, è una noia mortale questa crescita in realtà, e se un giorno Lopmon e Terriermon torneranno avrò qualcosa da mostrar loro! Per Henry questo è impossibile…ma io invece ci credo!» chiudendo la lampo della borsa con determinazione e promettendosi nello specchio «Loro torneranno!» Ora i suoi occhi scuro-violacei avevano una diversa e ben più consapevole sfumatura…mentre rumore di chiavi sullo sfondo, e poi la voce di suo padre «Ah! Henry sei qui: parlavamo giusto di te, Suzie chiedeva se venivi per cena usandoti in verità come argomento di soccorso…!!» Suzie si scostò appena la frangetta dalla fronte ed andò ad accogliere suo fratello…
          «Non ascoltare papà: come è andata oggi?» chiese cordiale con una ben riconoscibile nota d’affetto a quel giovane, molto elegante in giacca, cravatta e occhiali da sole: impeccabile, dai lineamenti dolci, e dai capelli molto corti ma di un tono scuro lucido e bello «Bene…» accennò una risposta, e un sorriso pacati con una velatura di incertezza «Papà…poi debbo parlarti di alcune cose.»…«Ti riferisci al tuo lavoro?»…«Sì.»…«Quel fatto di cui discutevamo questa mattina?»…«Ne abbiamo parlato alla riunione e…»…«Ci sono problemi?!» si infilò Suzie nel discorso con sincero interesse «Tu faresti meglio a non dire quella parola: “problemi”!» sottolineò il padre, ma lei non vi badò e si accostò al fratello…
          …che rivelò i suoi occhi scuri, dolci, forse attraversati da un che di stanchezza ma grandi abbastanza da guardarla fissa e dirle in silenzio diverse e numerose parole: fecero questi occhi la magia di trasformare quella ragazza, che come un vivace e pestifero anatroccolo mutò in un cigno composto e maestoso, in grado di rivolgere accenni e sguardi quanto più seri e profondi «Herny…come stai? E’ un miracolo se riusciamo a incrociarci e a parlare, non fai che lavorare in questo periodo. Qualcosa non va? Io te lo leggo dagli occhi. Ti conosco…» e suonava come un’esortazione a cuore aperto «Io…no…» furono i primi accenni di Henry che però non smetteva di fissarla, e fissarla e lei se ne accorgeva, ma non erano soli per poter parlare «Henry ti avviso: chiudi a chiave nel cassetto la carta che usi al lavoro o questa sarebbe capace di prosciugarla in borse e profumi!»...«…allora?» ancora Suzie, dolce ma eloquente nel tentativo di distanziarsi con lui dallo scenario «No, è che…» avanzò Henry, sfiorandosi gli occhi «Non è niente. Te lo assicuro, soltanto…al lavoro ci sono alcuni problemi. Mi preoccupano delle cose. In questi giorni…ho i pensieri fissi su questo.»…«E’ soltanto lavoro…?» lo scrutava sua sorella «…ti dico di sì…!» ma continuava a guardarla…e lei a fissarlo e a non credergli «Tua sorella ha colpito ancora!» ribadì il padre, ed Henry «Come, che cosa…? Ah, Suzie…» sottolineò un po’ costernato mentre Suzie sospirava «Papà…ma non hai sentito? Henry ha detto di avere delle preoccupazioni sul lavoro, c’era proprio bisogno di informarlo?»…«Veramente non sarei io che non dovrei dirglielo, saresti tu che non avresti dovuto farlo!»…«Ora basta, non mi sembra il caso di discutere.» cercò però di mediare Henry con pacatezza «Suzie…cerca di controllarti ti prego, spendi troppo, ne abbiamo già parlato. Papà…vieni, vorrei parlarti di quella questione.»…«Ma…!...Henry…»…«Scusa…!» la invitò il fratello a pazientare, ma lei era delusa «Solo un istante!»…«Uhm, sì?» si volse Henry prima di allontanarsi, e la ascoltò «Se…c’è qualcosa, ti prego parliamone. Magari non adesso, però…!»…«Ah, ma io…sto bene. Non ho nulla. Te l’ho detto.» e le si accostò con dolcezza, portandole le mani sulle spalle «Ti sono grato per le tue attenzioni. Ma devi stare tranquilla, davvero, sono solo problemi di lavoro. Lo sai, è un momento delicato, molte cose sono cambiate, e mi divido fra quello e il proseguire degli studi, sono un po’ stanco. Ma è tutto a posto…»…«Talvolta, ho la sensazione che ci sia qualcosa che non mi dici. Qualcosa…che non sveli a nessuno.»…«Uhm…sciocchina, cosa dovrei nascondere? La mia vita è questa, puoi seguirmi se non ci credi. Non vado in giro a fare nulla di strano, semplicemente esco, vado al lavoro e la sera sono di nuovo qui. Cosa…potrei anche soltanto…?» e le carezzava con affetto quei lunghi, lisci capelli scuri…lei accennava un sorriso dopodiché «Momentai…Suzie.» parola che arrestò di colpo lei, ma anche lui che l’aveva pronunciata. Sembrava egli stesso tradire stupore, ma ci tenne a non esternarlo, e si difese in ogni modo. A scogliere il ghiaccio fu Suzie «…questa parola non l’abbiamo mai scordata. Uhm, Terriermon. Sono stata il suo primo tormento, il suo incubo. Forse questi anni gli occorrevano per raccogliere il coraggio sufficiente: un giorno ne avrà abbastanza per riaprire quella porta.»…«Questo non può accadere: non illudiamoci di ciò che è impossibile.»…«Ma…sei stato tu a…!»…«Io ho solo detto “momentai”. Lo diceva sempre per invitarci a pensare positivo. E cerco di seguire il suo esempio.» stava per andare ma lei «Henry!»…«Sì…?»…
          Suzie esitò. Temeva qualcosa in quella domanda, ma poi la pose a dispetto della reticenza «Tu…lo ricordi ancora…? Terriermon…?»…«Certo, come potrei non ricordarlo!» la ragazza tacque «So che non potrò rivederlo, che non ascolterò più la sua voce. Ma ciò non vuol dire che non lo ricordi, io non lo scorderò mai. Come non si scorda la propria infanzia.» confessò, cercando di mostrarsi quanto più sereno al riguardo «Tu riusciresti a dimenticare la tua…? Ormai…sei cresciuta anche tu.»…«Una cosa è la mia infanzia, un periodo che è passato. Un’altra cosa sono loro, Terriermon, Lopmon e gli altri Digimon: loro sono creature viventi. Sono presenti. Vive. In un altro mondo. Lontano da noi. Un mondo al quale qualche fenomeno inspiegabile preclude la possibilità di toccarsi con il nostro. Ma non è stato sempre così. E non è detto che un giorno…!»…«Suzie, ti prego: non è bene che tu ragioni in questo modo. E’ stata proprio questa speranza mai realizzata a far soffrire Takato, è stato molto male. Questo tu lo sai. Ricordi…? Non aveva…neanche più l’aspetto di quello che noi conosciamo da sempre. Delle volte mi sono chiesto se anche i tuoi acquisti senza freni possano…»…«So che mi paragonavi a Takato…» ammise lei abbassando il capo «Io stimo Takato. Non si è mai arreso.»…«Takato ha bisogno d’aiuto, Suzie.» ammise Henry, fermo nella sua tranquillità «Noi, assieme a Rika e gli altri siamo i suoi amici, non dobbiamo lasciarlo. Mai. Neanche adesso che ha riacquistato il suo…»…«Peso-forma…!» sottolineò Suzie, sebbene vi fosse una punta di scetticismo anche se di incerto orientamento, nel suo tono «Non si tratta solo di questo. Può essersi sforzato a riprendersi. Ma non è ancora tutto a posto. E soltanto noi possiamo capirlo. E avere la pazienza di aiutarlo. Includo anche te, sei stata una di noi.»…«…
          …e tu?»…«Uhm?!» domanda che provocò un lieve sussulto in Henry, che non se l’aspettava «E chi è che aiuta te…quando stai male?» domandò Suzie, avanzando verso suo fratello e prendendogli le mani «Chi può conoscerti…e scoprire realmente cosa provi? Cosa hai provato…
          …chi sei oggi.»…«Ma andiamo, te l’ho detto: tu ti preoccupi troppo. Io…sto bene, sorellina. Sto bene. Davvero…» e c’era silenzio attorno a loro, in quella casa come loro signorile…occhi negli occhi i due fratelli…«Momentai…» disse ancora Henry, accennando appena il suo sorriso…
          …svanì pochi istanti dopo in fondo al corridoio, lasciando sola sua sorella, con un’ombra nello sguardo, che forse per comprendere meglio attraversò il salotto…in cui una solo lievemente diversa disposizione dei divani non bastava per bloccare i ricordi…
          …lei bambina…a tirare un paio di orecchie lunghe di una creatura piccola e buffa, che forse con un po’ di sforzo simulava assenza di vita e di mobilità, fingendosi il pupazzo che non era essendo lei troppo piccola per poter capire, non come il suo fratello maggiore, da sempre caratterizzato da un fare paterno e protettivo. Che le si accovacciava accanto, e le parlava…
          …che era amico di quel non-pupazzo, e cresceva al suo fianco (*immagino la scena accompagnata dalla canzone:
S Club 7 – Have You Ever , di cui vi riporto il link Spotify non detenendo io i diritti sul brano e permettendo Spotify l’ascolto gratuito e legale)
          …uno sguardo malinconico a quei divani ora vuoti, poi per qualche istante a quella borsa da poco comprata e appoggiata sul mobile, per avanzare verso l’ampia finestra, oltre la quale si estendeva in mille luci l’affresco di Tokyo…«”Sei stata una di noi”…
          …ma ora noi chi siamo? Dove siamo…? A volte, quando mi pongo queste domande ho paura delle risposte. Henry…»

          …Henry conversava con suo padre di un problema che sembrava necessitare di soluzioni pronte, pratiche e prossime…ma ogni tanto qualcosa pareva arrestarsi in lui…

          …«Avremo scelto la via giusta, dopo quel giorno…? Staremo agendo bene nel percorrerla ancora, ogni mattina fino alla sera in dieci anni…?» e guardando il salotto specchiato in parte nel vetro, Suzie rivedeva le sagome di due Digimon uguali e dalle lunghe orecchie sui divani «…dovete tornare.» ebbe il coraggio di sussurrare, nella sua che sembrava una preghiera «Io sono sicura che…da qualche parte, se il nostro cuore vi chiama forte…amici cari…!!...»…quasi a voler infrangere il vetro con la forza dei sentimenti «…chi di voi avrà orecchie lunghe...ancora…beh…!!...
           …sentirà un fischio detonante a confermargli che a dispetto di tutto...!!...ancora parliamo di voi!»…
          La forza dei sentimenti è come una cometa...che sebbene possa confondersi in una città piena di luci è tenace e sopravvive al tempo, anche a un tempo duro…
          …come quello che ancora estorceva dagli occhi di quel ventunenne coi disegni in mano lacrime nel buio, che ricordavano quello che era stato e forse era ancora…

          …come quello di crepitio di bicchieri e bottiglie, in una notte forse troppo chiassosa quando si ha bisogno di ricordare «Ehi, Rika: lo sai che stasera sei più carina del solito?» chiedeva un uomo dall’aria un po’ troppo spavalda «Dì un po’ è vero quello che si dice?» insisteva, con lei che gli rifilava un bicchiere sperando forse che l’alcol lo incenerisse come ciò che non sfuggiva del suo sguardo «Che…sei stata una grande eroina, in prima linea a combattere dieci anni fa! Chi era che vi dava i poteri? Gli alieni? E come li sterminavi i nemici, gli…sferravi un bel colpo con l’armamentario che ti ritrovi? Ti va di farti un giro qua dietro con me, voglio che ti confidi, e mi sveli se sono vere le storie che si raccontano.»
         …lei si innalzò in una posa altezzosa «Se è per questo, non occorre che ti accompagni da nessuna parte! Perché non è vero niente…
         …non ero io!»…«PfffFFF, ah! Cosa?!!!...
         …IO CI CONTAVO!»…«Beh fattene una ragione!!!...e beviti un bicchiere se non ci riesci!»…«Scorbutica!»
         …ma quella ragazza dai lunghi boccoli rossi, dai completi succinti, scarpe alte e trucco fiammante aveva gli occhi umidi, e le lacrime non le offri al bancone di un pub…pensava “Del resto non sto mentendo…
         …cos’ha quella di stasera a che vedere con quella giovane della leggenda? Lei volava…”
         …e immaginava una creatura mitica ed elegante avvolta in un’armatura dorata, con uno scettro in mano ”E’ quello che vorrei in un momento come questo. Ma non posso…
         …!!!...
         …non posso se non ci sei tu! Andandotene hai portato quella che ero con te! E ciò che resta…
         …conta ben poco.” dovendo tornare da quei clienti esuberanti…

         …Tokyo splendeva e schizzava…
         …ma Suzie tornava a sorridere «Lo so che ci sentite!! “Che belle orecchie lunghe, ci ce le ha più lunghe?!” ahaha! AVETE ORECCHIE LUNGHE ABBASTANZA, AGUZZATELEEE!!!»...

         E fu come un fischio assordante…un fischio inspiegabile.
         Forse solcò l’infinito intero…

         Ma a un certo punto un lungo orecchio lo trovò, affinché potesse alzarlo lentamente…e sembrava pesante nonostante appartenesse a qualcuno di piccolo, ma ce la fece.
         «AHHH!!!» due occhietti vispi si aprirono di colpo in un sussulto…e come prima immagine un bizzarro pianeta azzurrastro a risplendere in cielo.
         Qualcun altro abbassò di colpo l’orecchio alzatosi «TERRIERMON! Terriermon che fai?! Soffia un vento fortissimo questa sera se te lo fai soffiare tutto in testa ti ammalerai e serve il tuo apporto alla scuola e nei lavori!!» era quasi uguale a lui «A-AHHH! Non posso farci niente Lopmooon!!! Mi assorda, è come se qualcuno mi chiamasse!!!»…«Co-…come se qualcu-…?!?!?!»…«Lopmon…anche tu!»…«AhhhhhhHHHHhh!!!»…

         …il grido di quella creatura digitale marrone dalle orecchie lunghe e ora dritte lacerò l’aria di un’immensa distesa tutt’intorno, un luogo di un altro mondo, un mondo magico popolato da creature che spiegavano le ali in cielo, fino quasi a sfiorare l’immenso globo che li sovrastava…il pianeta terra. Il mondo reale. Che regalava i suoi raggi magico-tecnici ad un mix fra natura e operato vivente…
          I due piccoli…conigli? Cagnolini? Cos’erano Lopmon e Terriermon non si capiva esattamente, a parte Digimon, ovvio…
          …al centro di un mondo in costruzione, che forse solo a quell’ora della sera spegneva lunghe tirate di lavoro trainate da centinaia di creature analoghe, forse non uguali nell’aspetto, ma gemelle nella provenienza. Fantastiche…inglobanti uno straordinario potenziale. Ce n’era di tutti i tipi e tutte le forme…così da condurre una vita di giorni, e giorni e anni là dove la gente credeva non ci fosse vita. Eppure ce n’erano infiniti…
          …e la terra, dopo tutto, era più vicina di quanto sembrasse «Ahhh…» giusto un minimo il fischio si attenuò, dando respiro a Terriermon «Che sarà stato…?» e Lopmon «Amico mio…potessi risponderti. Chissà…» guardando, piccolina e dolce come la sua voce, il globo misterioso e alto-alto «Forse qualcuno che per pochi secondi ci ha pensato.» Terriermon sorrise «Già…forse hai ragione.» (fine-canzone)



          Takato scendeva nuovamente la scala della sua casa «Alla buon’ora!» sottolineò il padre seccato alquanto «Ascoltami bene: così non si può andare avanti!» Il suo sguardo sembrava duro, mentre quello di suo figlio era arrossato. Sembrava stanco e poco voglioso di discutere «Devi deciderti a sturarti quelle orecchie e a capire qui come funziona Takato, è impossibile concepire chissà ancora quanti anni in questo assurdo stato! Mi rifiuto!» Silenzio in risposta…
          …tuttavia l’attività del negozio non sembrava ancora del tutto cessata «Meno male che mi avete conservato la busta! Meno male che vi ho trovati ancora aperti, mi stavo per sparare!!»…«Ma si figuri signora!...ecco le sue cose!» rispondeva sempre paziente la signora Mie, padrona del negozio nonché mamma di Takato «Sono tutte?!»…«Sì, sì…
          …cioè! Ricontrolli che è meglio!»…«S-Ss…sì, acc, questi portafogli, mi cade tutto!!...e mi perdo tutto!! Non si può più andare avanti: colpa di mio marito!...del mio EX marito per intenderci!» sembrava tenerci a narrare quella donna ancora piuttosto giovane ma dai capelli castani tanto austeri quanto i suoi occhi e la sua figura, derubata però da un bel po’ di classe a causa dello stress «Grazie a quel bastardo non ho più memoria! Tra poco non sarò più neanche in grado di lavorare: DISGRAZIATO! Quello schifoso mi ha rovinato la vita e infatti vede come sono ridotta?! Costretta a girare ancora per negozi a quest’ora maledetto ma ha vita breve ho pronto un piano per fargliela pagare soffrirà atrocemente…!!»
          …gli occhi di Takato scivolarono lentamente su di lei, ma suo padre non gli dava tregua «Ti ho detto di venire qui più di un’ora fa, ma ci senti quando ti parlo?! Hai un’idea vaga della situazione?! Penso proprio di no…io penso a volte che per te il tempo non sia passato, che tu sia ancora ai giorni, ai giorni…!!...in cui QUELLA era la tua insegnante!!» indicando proprio la lì presente cliente…
          …la quale aveva riottenuto le buste, ma a quanto sembrava non con queste la completezza di ciò che voleva «Lo sente?! Mi fischiano le orecchie!»…«Ss…no, non lo sento signora ma le credo.»…«Mi fischiano perché qualcuno parla di me! Lui, di certo! Maledetto! Gliela farò pagare io qui lo dico qui lo confermo con le buste del suo negozio in mano lo ammazzo quel deficiente, mi ha rovinata, resa una larva di donna e pensare che io amavo tanto la mia vita amavo tanto il mio mestiere amavo tanto i bambini mi creda signora li amavo! Li amavo, li amavo tanto!»…«Certo…dev’essere difficile…»
          «Ma le cose sono cambiate figliolo: quella non è più la tua maestra!» e Takato non poteva fare a meno di fissarla…pensando “Grazie al Cielo…” con una certa incrollabile fermezza, mentre  suo padre incalzava «E noi…!!...
          …mi rincresce dirtelo con questa chiarezza ma così mi parlò mio padre quando fu il momento: non abbiamo più da parte i risparmi che avevamo quando era lei a disperarsi per i compiti che non facevi!»…«Ora…a quanto pare ha trovato altri argomenti per disperarsi.» sottolineò non privo di un che di tagliente il ragazzo «E non cambiare argomento, non stiamo parlando di quella ma di te! Takato…!...
          …figliolo devi svegliarti, noi abbiamo bisogno di maggiore aiuto da parte tua!»…«Che cosa posso fare di più?!...ho cercato un lavoro! Faccio del mio meglio!!» confessò con pena ma anche convinzione, e si leggeva grande desiderio di essere ascoltato «Ma sei sempre distratto, hai la testa puntualmente ad altro e non puoi più permettertelo!»…«Non è vero papà, è ingiusto quello che mi dici! Io cerco di lavorare seriamente! Lo faccio per te, per voi, per la famiglia!!»
          …e intanto «Meno male, se…fosse stati chiusi che avrei fatto?! Mi facevo spedire i viveri da lui? Beh no! Quello me li manda avvelenati!»…«…ma scherza, signorina Asanuma. EEEEhh…!...scusi: signora! Mi perdoni ma sa com’è…!»…«No-no-no-no-NO! Non me lo ricordi!»…«Ah!...ok!»…«NON ME LO RICORDI mi porta iella!»…«Va bene.»…«Signorina va benissimo.»…«Come vuole. Si ricordi…che ci fa sempre un gran piacere averla qui, anche a quest’ora…!» sfoderò la signora Mie un radioso sorriso «Lei è stata…un’insegnante fantastica per nostro figlio Takato.»…«Ma ho fatto un clamoroso fiasco, così come l’ho fatto come moglie: ha abbandonato gli studi!»
           «Lo senti…?...lo senti cosa sta dicendo?»…«Credimi lo so molto bene quello che dice, papà. E quello che pensa…!» scandì specialmente «E perché, non è forse la verità?»…«Dipende da quello a cui ci riferiamo!...pensa molte cose. Come molti, come tutti! Su di noi, su di me in particolare…!»…«Takato senti qui i discorsi svianti e il sarcasmo valgono poco! Nella vita…cosa facciamo noi? Il pane! Ecco, è questo quello che conta! Quello che si tocca, quello che si mangia, la realtà pratica!» e lo sguardo di Takato si adagiò su uno dei pochi dolcetti rimasti…
           …sembrava la testa di un animaletto fantastico, un draghetto di biscotto dagli occhi di pistacchio «Io ho imparato questo. A mie spese. Lottando, e superando momenti difficili. Figlio mio, tu sei sangue del mio sangue, d’accordo quando eri bambino e sedevi al banco con quella, ma adesso sei cresciuto! E’ il tuo momento di reagire, non di…!...
           …fluttuare su una nuvola in attesa che lui torni, lui non tornerà! Penserai che sono crudele e spietato, sai che tutti gli volevamo bene, avevamo imparato a conviverci e ci tolse il fiato vederti prendere il volo assieme a lui, per combattere una battaglia più grande di te! Quando ti vidi ricordo che sognammo. Io e tua madre sognammo che…»…«Che io…
          …fossi diventato chissà quale persona, o quale eroe. Niente da fare.» svelò il ragazzo, camminando ed accostandosi al bancone dove c’era quel dolcetto speciale «Esperienze di quel genere non hanno lo scopo di cambiare le persone, non è questo il motivo per cui avvengono, papà. Io ci ho riflettuto!...e sono giunto alla conclusione che ognuno è com’è. Non è giusto pretendere che gli altri divengano quello che noi siamo stati…o che saremmo voluti essere.» ponderò Takato assorto, guardando avanti a sé «E tu credi che io lo faccia per me?!» esclamò suo padre che invece reclamava il suo sguardo «Che sia solo perché voglio rispecchiarmi in te?! Guardati attorno! Il mondo è cambiato, una battaglia come quella può…stravolgere la vita di un bambino e tu grazie al Cielo ne sei uscito indenne, hai dimostrato coraggio. Ma poi la vita non è finita. Ora…non possiamo andare a raccontare a nessuno che tu hai arrestato quella terribile minaccia assieme al tuo…» Takato si volse…guardò suo padre come aspettando al varco il nome, o la qualificazione che avrebbe pronunciato «…al tuo Digimon.» disse, ma piano, a testa bassa, quasi non volendo che si udisse quella parola «Io non voglio alcun riconoscimento. Non l’ho fatto per essere poi ringraziato. La città era in pericolo…!...e quella era la nostra missione. Non c’è altro.»…«E’ questo il problema!...
          …che invece per quanto possa apparire assurdo o ingiusto c’è dell’altro. Dopo quel giorno c’è stato altro. Come ci sarà dopo oggi, dopo questa sera. Guarda, abbiamo terminato, il bancone è vuoto. Domani si ricomincia! Sei dei nostri?!» lo esortò il padre, come fosse una sfida, incrociando però uno sguardo che sembrava ben eloquente in fatto di impliciti «…io lo sono da molto tempo. Lo sono sempre stato.»…«Non è vero!...
          …e la prova è che oggi sei andato lì. Che ti aspettavi, che durasse in eterno?! E’ per estorcere qualche spicciolo in attesa che Guilmon torni e ti faccia combattere un’altra battaglia, che ti sei infilato in quel buco di salone ed hai abbandonato gli studi?!» Takato però era come se avvertisse una fitta dentro sé “Perché non riesci a capire?!” e ribadiva «Quello è il mio lavoro…!»…
          …richiamando lo sguardo di sua madre che iniziava ad avvertire tensione nell’aria, ma a cui la signora Asanuma non dava tregua «Il lavoro duro e l’impegno di dieci anni fa che fine hanno fatto? Niente, sprecati, sperperati! Tutte quelle lezioni, la mattina presto, col sonno, per poi cosa? Ah io quando vedo questi ragazzi che si sono messi a lavorare mi deprimo come lei non immagina, signora! A che pro abbiamo sperato in loro all’epoca-si ricorda, no?!»…«Eh-h…»…«Si ricorda?! Speranza vostra di genitori e nostra di corpo insegnanti era che avessero un futuro…oh, brillante, laureati, professionisti no-no-no, sa che le dico? Il problema è stato che si sono influenzati a vicenda: come mio marito, che mi ha tradita unicamente perché i suoi amici l’hanno fatto prima con le loro mogli! E adesso segue a ruota questa assurda storia della causa, della denuncia, delle infamie roba da matti, e i ragazzi lo stesso! E’ il marcio che si è propagato: uno ha lanciato l’osso e tutti gli altri, influenzabili! Come cani a corrergli appresso rinunciando al loro futuro, anche suo figlio signora anche Takato ma ptsss: io glielo dicevo fin dai colloqui di allora che non mi piaceva la sua comunella con quei CERTI COMPAGNI e infatti ha visto?! Avevo ragione, sempre a arrivare tardi alle lezioni per giocare a carte con quel…c-con quel Kazu, tanto per fare un nome a caso!» ma quel nome richiamò lo sguardo di Takato, che di colpo si fece affilato come una lama…
           «Eh, Kazu…certo…» faceva la signora Mie aprendo un po’ le braccia «Che tristezza…! E’ il mio fallimento maggiore! Da quando la madre è morta…nessuno ha pensato più a lui e ai suoi studi e lui avrebbe avuto bisogno altro che di un padre e una madre! Un esercito di genitori non sarebbero bastati a uno puntualmente distratto e disobbediente come lui, invece ecco, il destino va sempre per storto ma lo sa cosa l’ho visto fare LO SA COSA L’HO VISTO FARE?!» .al che poté solo esservi silenzio e attesa «L-L’ho incontrato di notte…a-a raccogliere l’immondizia per terra a-a svuotare i cassonetti! Cioè faceva il netturbino per tirare avanti e bello che mi ha pure salutato mi ha salutato quello sfacciato mi ha fatto “buonasera signorina Asanuma come sta” ma dico io almeno stendi un velo pietoso passa la tua maestra e tu fai quel lavoro fai finta di non vederla non che mi sorridi e mi saluti che imbaraaazzo, ma quel che più mi strazia sa cos’è?! Tutte quelle lezioni sprecate, quell’impegno, e quelle aspettative…per cosa?! Perché siano spazzate assieme all’immondizia!!!»…«Sì, che dirle…avremmo in molti voluto qualcosa di diverso per i nostri figli…»…
          …ma Takato fissava quella che era stata la sua insegnante, e suo pensiero era  “…questa donna è una perfetta imbecille…!!” mentre costei aveva già ripreso con il suo fiume incessante di parole mal-arginato dalla madre del ragazzo “Vorrei sapere tu che chiacchieri tanto che puoi saperne di Kazu, e di che cosa ha provato. Altro non sai fare che spettegolare come una gallina fino a sera inoltrata. Di certo non è merito tuo se Kazu fin da allora è stato un grande eroe.” e lei parlava, parlava «Un altro po’ ci cascava dentro!! Nel cassonetto!! Lo svuotava sacco dopo sacco!!» ”Si fa molto presto a giudicare. Kazu…mi raccontarono che quando Andromon fu ferito, se ne prese cura con impegno e dedizione.” E lo sguardo si alzò di nuovo verso i ricordi “A causa dell’energia che aveva perso regredì, e divenne Guardromon, il Digimon che poi lo accompagnò.” Ricordi che concedevano un debole, dolce sorriso anche in un momento come quello “Ma le ferite altrui…il mio amico Kazu non smise mai di curarle.”



          «Ora sta fermo, papà. Mi raccomando, devo medicarti. So che brucerà un po’, però altrimenti la ferita può infettarsi. Pazienta fino a che non ho finito, ok?»…erano le pazienti parole di un ragazzo dai capelli castani un po’ dritti, e dagli occhi blu scuro un po’ stanchi. Le sue laboriose mani versavano il disinfettante sul panno replicando movimenti ben sciolti e assai consolidati. E prima di operare, una raccomandazione «Se ti fa male, se brucia afferra la mia mano. Non muoverti però, altrimenti non posso lavorare: afferra forte la mia mano. Faccio presto, papà.»…quel panno lo avvicinò, con molta cautela, e quegli occhi animati da una fervente speranza affinché il padre ascoltasse…«Ahhh…A-AAAHHH!!!»…«Ahh!»…«E LASCIAMI!!!»…quell’uomo, robusto e dalla parvenza violenta spinse via suo figlio con rabbia inaudita «Papà per favore non fare così, ti scongiuro!!» era davvero accorato costui, lo si leggeva dalla traboccante tristezza sul suo viso magro, pallido seppur dall’espressione così viva e dallo sguardo di rara dolcezza «Hai una brutta ferita sulla testa. Non posso lasciarla così, io…!»…cercava di spiegare lui con il panno in mano, ma era più una supplica la sua «Fidati di me!»…riacquistò un pizzico di speranza il ragazzo «Se…ci riesci ti propongo una cosa, ascolta facciamo un gioco: immaginiamo…che io non sia tuo figlio e tu non sia tu. Pensiamo di essere in un mondo fantastico, e che tu sia un Digimon, una creatura potente e piena di risorse che però si è ferita in una dura battaglia. Ed io il tuo…Digimon Tamer, il ragazzo che si prende cura di te, e ti permette la Digievoluzione: grazie a quella puoi diventare ancora più forte, però devi acquisire molta energia! E perché tu possa farlo io debbo curare le tue ferite, da queste…fuoriescono dati e non è bene per Digimon, essendo lui una creatura digitale!»…enunciava il figlio col tono di un genitore che al proprio figlio racconta una favola, e sorridendo forse là dove in lui sopraggiungeva commozione «Io gliel’ho detto a quelli ciò che si meritano…»…mormorava profondo e rancoroso quell’uomo «…papà…»…e quel ragazzo a poco a poco sentiva che anche i più grandi sforzi non servivano a nulla «Io…non gli permetto…no, non glielo permetto di dirmi…che altro non sono che un inutile ubriaco, io un giorno o l’altro quelli li ammazzo. Tutti, sfondo loro…il cranio e gli tiro fuori il cervello con le mie stesse mani, come…!...l’immondizia che tira fuori il mio caro bambino dai cassonetti, è quello il suo posto nel mondo!»…
          …quel panno…calava assieme alle mani che lo sorreggevano, e assieme al capo…ma poi inaspettatamente vi era un sorriso in risposta «Uhmuhmuhm!...che dici, papà? Vuoi aiutarmi nel lavoro? Un giorno andiamo insieme?» chiese cordialmente, ma «A-Ahhh…come…?...insieme…dove?»…«A lavorare!...beh tu mi portavi con te a volte quando ero piccolo e tu andavi al lavoro, una volta possiamo fare altrettanto. Certo…tu avevi un bell’ufficio, io invece sono un uomo della strada, per così dire! Però anche lì ho molte risorse, non credere, potrebbe essere divertente! Una volta…pensa, mi ricordo che è passata la signorina Asanuma, tutto mi sarei aspettato fuorché vedere a quell’ora della notte la donna che è stata la mia maestra alle elementari, te la ricordi tu lei, vero?»…mentre inumidiva di nuovo il panno, stavolta con semplice acqua «Quella che si lamentava sempre perché a detta sua, durante le sue lezioni facevo “ce l’ho-ce l’ho-mi manca” con le carte dei Digimon anziché prestarle attenzione!»…«Ma lei chi è…?»…«Ah!»…«Perché continua a parlarmi incessantemente…? Che vuole fare con quel disinfettante…?»…«…questa è solo acqua, papà. Ho capito che quello ti brucia e così…»…«Lei è un medico…?»…
          …e sul volto del ragazzo, un’ombra di tristezza a cancellare quel serenamente malinconico sorriso evocatore di aneddoti «Sono io papà, Kazu, tuo figlio…
          …e non sono un medico. L’ultimo libro di studio che ho visto risale…circa a quando con Takato ancora ronzavamo attorno al nascondiglio di Guilmon, cercando di indovinare la tecnica per far riaprire il portale. Pensando che il periodo di necessaria separazione con i Digimon giusto di un anno, un anno e mezzo-due sarebbe stato lì lì per finire, all’epoca eravamo fiduciosi. Mi…»…abbassando lo sguardo…e il tono fino a parlare con sé stesso «…faceva bene distrarmi con questo pensiero. Mentre operavano mamma, e poi la sua convalescenza…»…
          …suo padre però sembrava fluttuare a mezz’aria in un altro mondo…dove il cielo era scuro e tenebroso, e gorgogliava tempesta «Io…un giorno ucciderò quella gente…me l’ha fatta troppo grossa…»…«…! Papà per favore, non dire così! Mi fai preoccupare!...guarda, già questa sera come è andata a finire! Perché li hai provocati, te l’ho detto mille volte che devi lasciarli perdere!»…«Io…non mi faccio…dare ordini…da uno sconosciuto. Ancora non sono del tutto pazzo.»…«Ah!...
          …ma io non sono uno sconosciuto!!...non riconosci il mio viso?!!...eppure sono sempre qui, di fronte a te!!»…«Conosci mio figlio…? Perché, sei un suo amico, vieni spesso a casa nostra…?»…domande, poste da un vuoto sguardo scrutatore che non trovava risposta…
          …che spezzavano il cuore…e riducevano al silenzio quel ragazzo di ventun’anni pur volenteroso…«Mio figlio Kazu…è un buono a nulla, mi dà solo problemi. E fastidi.»…e Kazu chiudeva gli occhi…incassando, accettando…«Lui…pensa solo a giocare, tutto il giorno. Non lo capisce che sua madre è malata, che è grande ormai e deve dare una mano a suo padre…»…«…mamma…
          …è morta…papà…»…«E’ un ignorante…avrebbe bisogno di qualcuno che gli dia una bella lezione.»…«…e peggio ancora di così…
          …che altro potrebbe succedermi, cos’altro potrebbero farmi…?»…«Si lamenta sempre…»…«…veramente non mi lamento mai.»…«Io non so più quello che devo fare con lui…non so se lei mi può capire. Lei ha figli…?»…
          …Kazu di nuovo inumidiva il panno…e non gli restava che rispondere «…no. Io non ho figli…»…«Bravo…non li faccia mai, i figli. Non si sposi mai. Solo…grane, e problemi.»…e sembrava voler schiacciare la sua stessa testa tra il cuscino «Papà…!...fermo, non fare così, sporchi il cuscino. Hai ancora sangue qui, sulla fronte…»…«E’ niente in confronto a ciò che farò con quelli…questa volta gli è andata bene…»…«Papà…!...aspetta…»…ed avvicinò il panno per tamponargli la fronte, ma non appena l’ebbe sfiorato «A-Acc!! E NON SONO STATO CHIARO ANCORA?! NON VOGLIO VEDERE NESSUNO!!»…gridò con tutta la ferocia «NON VOGLIO ESSERE TOCCATO DA NESSUNO!! Va via anche tu se non vuoi che ti conci per le feste, eh?!!»…Kazu indietreggiò, i suoi occhi dilatati «Papà, ti prego, cerca di ragionare!!...guardami!! Guardami, non mi riconosci, ti sembro un estraneo?! Sono io, Kazu, tuo figlio!! Sono qui per…cercare di aiutarti!!»…«E allora…se vuoi aiutarmi…SPARISCI.»…«Ahh!»…«SPARISCI, non voglio vederti, non ti ho mai chiesto niente né lo farò. Voglio solo essere lasciato in pace. Tu…»…alzando debolmente il suo braccio, e sfiorando quello di suo figlio, così all’apparenza sottile, magro, ma in realtà forse in grado di sollevare più pesi del previsto «Mi ricordi che ho messo al mondo un figlio. Che assomiglia in viso a me, per giunta. Mi ricordi che sono un uomo. Che avrei dei doveri da uomo. Doveri…che non posso…né voglio assolvere. Tu mi ricordi che io ho fallito come uomo, e siccome è un uomo che mette al mondo i figli, che…poi deve crescerli, io…non voglio vederti. Uhm?»…come una raffica di coltelli, nel cuore di Kazu «Non voglio ricordare…niente di quello che mi scocci o imbarazzi ed essendo tu ciò che più lo fa semplicemente voglio scordare che sei esistito. Essendo il pensiero di tua madre ciò che più mi addolora voglio scordare che ci sia stata anche lei. Perché, del resto, vivere ricordando ciò che è andato male? Nei computer…si può cancellare, azzerare, smemorizzare ciò è andato di traverso. Anche un programma, su quale hai lavorato per anni interi se poi ti è venuto male puoi disinstallarlo, allora…chi vieta a me di fare altrettanto con la vita?»…enunciava con una specie di naturalezza, rigirandosi nel letto con la fronte ancora sanguinante «Ho avuto un figlio: cancella, invio. Mi sono sposato: cancella…invio, sono cresciuto. Cancella, invio anche di quello, ho lavorato…via, tutto. Sparisci, non voglio saperne più niente di niente. Voglio tornare…bambino, sì, quando c’erano i tuoi nonni ancora, e perché scusa? In fondo…tu mi parli di tutta quella robaccia che ti ha fatto trascurare la scuola e io non posso aver il diritto di tornare bambino altrettanto? Lo meriterò…giusto un po’ più di te, che non hai mai fatto un tubo nella vita.»…«…solo una cosa…
          …quella…che tu chiami “robaccia”, papà, sono i miei ricordi di infanzia.»…«…bravo. Vedo che mi capisci…siamo sulla stessa lunghezza d’onda.»…ed il suo dito…dal braccio del ragazzo lo fece scorrere lentamente fino al petto di questo…là dove c’era il suo cuore, per terminare in un sussurrato «Cancella…
          …invio.»…con leggera spintarella «Vai, e lasciami dormire.»…
          …e le mani tremavano di amaro dolore, stringendo ancor più forte quel panno…
          …«…forse…sarebbe stato meglio che prima di andartene, Guardromon, con una bella scrollata mi avessi sbalzato dalle tue spalle. Per farmi precipitare nel D-Reaper…perché mi inghiottisse per sempre. Ora forse…papà sarebbe più sollevato.»…«Ancora sei lì…?...
          …sei esitante nelle tue funzioni…
          …computer rotto.»…«…non preoccuparti, vado via subito…»...dichiarò tristemente il giovane…appoggiando quel panno umido che ormai chiaramente non serviva più…
          …e camminando, col capo basso e gli occhi nascosti, tirando lievi calci accidentali a questa o a quell’altra cosa a terra, in quella casa così piccola, e in balia del disordine e dei suoi affiliati…
          …«Ahah…e svuota il cestino!» terminò suo padre quell’operazione “virtuale” in tutti sensi anche con un pizzico di soddisfazione in quegli occhi chiusi, per poi infilarsi a dormire con la testa schiacciata nel cuscino…
          …Kazu richiuse alle sue spalle la porta della sua casa…lo fece lentamente, senza sbatterla. Col cuore gonfio di una profonda, radicata rassegnazione. Con malinconia orientò a poco a poco sulla testa quel suo cappellino che a dispetto un po’ del contesto sovvertito era ancora trendy, e gli dava una caratterizzazione spiccata, certo ben lontano dal successo di Micheal Jackson nonostante il genere di cappello, scuro, fosse quello, essendo a lui sempre piaciuti, dai tempi di quella immancabile visiera verde. Da quei tempi, erano filtrati tanti raggi di luna nei suoi occhi umidi che anche quella sera alla luna volgeva, in una supplica disperata e silenziosa…che a volte culminava nel loro stringersi. Nel cadere delle braccia, per poi rialzarsi ansiose, nel contrarsi dei nervi «…ahhh, ma perché non sono sparito anch’io?!!...perché non sono morto allora, perché non…!!...mille altre volte dopo, perché stasera ci sono ancora, perché?!!...non sarebbe stato forse meglio?! Papà ha ragione, sì!!»…tirando un calcio a terra «Ha ragione…»…e le lacrime…non avevano ragione a non scendere, con tutta calma, lavando quel che si poteva di ciò che restava «Mamma…»…pronunciò il ragazzo, deglutendo con fatica «Perché non mi prendi con te…? Così forse potrò farti conoscere il mio Digimon…!»…e rivolgendosi alle stelle «Non c’è ragione perché io resti qui…
         …a cosa servono i portali per le altre dimensioni…
         …se non si aprono…quando il nostro compito è esaurito…?!...
         …quando il cuore…non può sopportare un secondo in aggiunta qui…?
         …a cosa servono…se non ci vengono a prendere…quando ne abbiamo più bisogno! A cosa servono…le favole…se nessuno più ce le racconta…quando ne avremmo più bisogno…?»…
         …ed una stella cadente solcava rapida il cielo, e lo salutava…



          «Ciao, mamma!» rivolgeva una voce femminile ad una stella cadente lungo un cielo diverso, dominato da un globo azzurrastro e venato di tecnologia. Lei, che guardava il cielo da una specie di oblò, a quel mondo di favole sembrava appartenere «Non preoccuparti per noi, ce la caveremo!» splendendo occhi verdi come i suoi forse solo ai confini dell’immaginario, carezzati da una frangetta castana a completare una splendida e morbida acconciatura, che le scendeva sul manto lungo, bianco e merlettato. Bianco e merlettato il cappuccio con cui avvolgeva il capo quella…creatura a metà fra una ragazza splendida, dal delicato profilo e dalle labbra carnose...
          …ma che aveva l’altra metà del viso decorata da diamanti: emanava una luce che non è propria dei semplici umani, ma anche in poche parole come quelle offriva dolcezza e spontaneità…
          …in quel luogo misterioso e maestoso, c’era qualcun altro ad osservarla: figura più anziana, appena piegata a causa dell’età ma ancora solida nel sorreggersi su quello scettro: chiaramente inumana la sua mano, e quegli occhi, verdi anch’essi dalle sfumature giallastre, unico dettaglio del suo viso che spuntava da quell’identico cappuccio di merletto che occultava l’arcano della sua identità. Quando lei, col portamento di una regina e animata da un contegno solido e leggero al contempo, si fu congedata, egli venne avanti, passo dopo passo nel suo incedere un po’ affaticato ma volenteroso, come i suoi occhi, seppur anomali così vivi, espressivi. Si accostò all’oblò «Figlia mia…che lo spirito di tua madre accompagni te, e tua sorella in questa dura prova che vi riserva la vita. E solo se ne restasse qualcosa…»…tradendo pena rivolgendosi al globo, con quella voce profonda «Che si accosti anche a me: che tanto soffro nel lasciare il mio mondo. Chissà se avrò la forza di arrivare fino in fondo…»…chissà che senso avevano le sue parole, sotto le quali, vasto e in costruzione, si estendeva Digiworld. E lui era…
       
        CYCLEMON
        Digimon millenario – si dice che nel suo cuore alberghi l’energia che sorregge il mondo digitale.
        Tecnica: Bolide eterno

         In quel mondo c’era ancora chi passeggiava tra le case, alcune complete altre non ancora, di un villaggio «Quel fischio si è calmato, Lopmon. Chissà, forse è vero quello che hai detto, nonostante siano passati tanti anni i nostri amici sulla terra continuano a chiamarci! Ahh…come mi piacerebbe trovare qua attorno un qualche arnese per rispondere.»…affermava Terriermon, quel Digimon verdino dalle lunghe orecchie e il piccolo corno in fronte, come la sua “gemellina” di color marrone scuro Lopmon, che commentava con la sua vocetta leggera ma spedita «In questi anni ci siamo tanto evoluti, abbiamo costruito un sacco di cose utili: guarda, ogni giorno tiriamo su case nuove per gli altri Digimon. Io penso che prima o poi troveremo un sistema.»…«Hai ragione, sono pienamente d’accordo!»…anche lui aveva una voce contraddistinta da arguzia. E avevano agilità, come Lopmon che «Ohp!» saltò agilmente il falò acceso nel mezzo del villaggio…

          Nel frattempo, un soffio di malinconia sopportata con serena e assorta speranza attraversava l’immensa e stupenda sala del trono in cui la bella creatura dagli occhi verdi e il volto per metà di diamanti passeggiava prendendo il suo tempo, per contemplare attorno in quello che sembrava un congedo…
          Portava le mani al suo cuore come in segno di preghiera, quando fu raggiunta «Sono qui, Diamon.» Lei si volse «Ah!...già qui? Comunque io…sono pronta, papà.»…«Ne sei sicura?» volle premurarsi Cyclemon, sempre appoggiato al suo scettro per avanzare, ma in risposta vi fu un «Sì…» profondo, rassegnato al presente ma non rassegnato sul futuro…

         DIAMON
         Digimon per metà ragazza
         Tecnica: Collana splendente

         Suo padre Cyclemon le toccò la mano «Hai la sua forza nel sangue. Lei era un’eroina, pur essendo all’apparenza solo un fragile essere umano. Ma rapì il mio cuore e permise il miracolo. Questo siete state tu e Cindermon. Ora l’oscurità sta braccando di nuovo il mondo nostro e quello che quei poveri e volenterosi Digimon stanno plasmando giorno dopo giorno. Il mio cuore soffre nel pensare che ora dormono ignari del pericolo, quando gli sforzi di tanti anni sono nel mirino della stessa minaccia che…!»…«Papà, noi li aiuteremo. E’ nostro compito.» lo confortava con sguardo maturo sua figlia «Esatto, siamo noi i soli che possiamo farlo. E’ stato già tanto che abbiano accettato la nostra guida, al momento in cui i quattro Supremi hanno lasciato le redini di Digiworld per votarsi alla sorveglianza del terribile nemico che dieci anni fa, invase il nostro mondo e quello dei terrestri. Dobbiamo molto a loro, e ai Digimon che si sono fidati di noi, venendo a vivere nel nostro settore, e non solo: aiutandoci a renderlo un posto più bello, e più vivibile, quando abbandonato a sé in principio.»…sulle labbra della giovane Digimon si dipinse l’accenno a un sorriso «Alcuni di quei Digimon sono stati sulla terra: l’incontro con gli esseri umani, e con la speranza e l’amore che albergano nel loro cuore, ha permesso loro di evolversi in un modo…ben diverso, e ben più significativo di quello che si intende in battaglia.»…«Ma purtroppo a volte la battaglia è inevitabile: la mia sola speranza è che sia io a combatterla. E che almeno questa volta sia concesso a loro di dormire sonni tranquilli. Dici bene circa gli esseri umani…»…
          …ma sempre più vicini si facevano dei passi rimbombanti e decisi...
          …«Loro sono la nostra speranza, continuo a crederci sebbene anche loro, come noi, siano in continua mutazione: un “Digimon Tamer” non è più ciò che si intendeva al tempo di tua madre, o degli eroi di dieci anni fa, eppure come credo lei stessa avrebbe pensato io continuo a esser certo che…!!»…«Ciò che è accaduto alla mamma non ha spento nel suo spirito la fiducia negli esseri umani. Lo sento.»…
         …ma proruppe una voce «BrrRRutti stupidi, chi si credono di essere?! Loro e le loro sciocche recinzioni!! Vengono a proibire a me, che sono la principessa di questo settore, di cavalcare e perché?! Perché è tardi e perché potrei danneggiare le loro quattro casupole malcostruite, ah ma non finisce qui!!»…femminile…aggressiva come un vulcano attivo: sussulto per figlia e padre «…! Arriva tua sorella: NON una parola su come è morta tua madre!» ordinò ferreo Cyclemon…
          …«E tu levati!» fu sbalzato un piccolo Digimon-girino da un calcio ben mirato di chi indossava eleganti calzari rossi lucidi «Sarai contento, tu e le tue stupide raccomandazioni “non usciiire, è tardi”!» simulando una stridula vocetta «Ho fatto una figura da idiota e tutto per colpa di chi ragiona in questo modo: precauzioni, cautele, ahhh!! Gliele farei crollare a calci come le costruzioni di un ragazzino quelle storpiaggini che chiamano case!»…e così fece ingresso nella sala «Ahh!...Cindermon ma che succede, perché stai gridando?!» esclamò Diamon, e vi fu ironia in risposta «Ahhhhhh! “Perché stai gridando Cindermon?”, le tue orecchie da santarellina non sono più buone per udire cosa fa IMBESTIALIRE tua sorella?!»…ma intervenne Cyclemon «…sono ancora buone abbastanza sia le sue che le mie per realizzare che sono sciocchezze!»...
          …metà ragazza, metà creatura animata da magia e forse anche fuoco: deducibile dai suoi capelli di color rosso intenso e dritti come una fiamma ardente – una fiamma dai molteplici volteggi e risvolti come quella tatuata sulla metà sinistra del suo viso, dai lineamenti pur delicati, e dagli occhi azzurri impertinenti…
       
        CINDERMON
        Digimon per metà ragazza
        Tecnica: Brace d’autunno

          «Sciocchezze, certo! Per voi quando mai una mia esigenza, un mio problema è importante?! Pensate sempre e solo ai fatti vostri e io trascorro giorni noiosi a mangiucchiarmi le unghie!!»…tirando un altro calcio ad una raffinata poltrona «Ora basta! Cindermon! Almeno che ti rimanga un po’ di rispetto per quello che hai attorno! E per ciò che stai vivendo…!!»…specificò eloquente e severo l’anziano Digimon avvolto dal cappuccio di merletto, e dal manto regale. E sua figlia, quella figlia che indossava lo stesso manto, cercò di rivolgere gentilezza alla sorella «Ascolta…ora possiamo occuparci di queste cose. Eh? Dopo tanto riflettere abbiamo preso la decisione che ci sembrava più opportuna…»…«Senza di me, tanto per cambiare!! Come sempre, io potrei non esistere, ma il paparino con la cara figlioletta prediletta dettano le leggi della famiglia!!»…«QUESTO NON E’ UN GIOCO!»…colpì a terra con lo scettro Cyclemon, e Diamon «Ti avremmo consultata se fossi stata qui, ma eri uscita!!»…«Uffa, questa sera volevo cavalcare!!»…protestò la giovane Digimon avanzando nella sala con passo granitico, e resistente doveva essere il pavimento per non cedere sotto il volutamente violento sbattere dei suoi tacchi «Quegli idioti non mi possono vedere, hanno messo quello scemo di guardia che mi ha fatta tornare indietro e sono sicura che appostati c’erano tutti i suoi amichetti a farsi i risolini d’occasione!!»…tuonava il suo vocione che si piegava in acerba stizza «E’ che sono invidiosi perché io, occupo un posto di potere e loro per quanto possano aspirarvi non saranno mai al mio livello!»…«Non è giusto che parli così degli altri Digimon!»…esclamò col cuore sua sorella, e si aggiunse il padre «Lavorano con dedizione e spirito di sacrificio ogni giorno: non sono come te!! Guardati, tu sai che stiamo vivendo un momento ahinoi molto difficile e doloroso, e che eravamo prossimi ad una decisione da cui non si torna indietro!»...un sussulto improvviso si accese nell’animo di quella creatura dal manto avorio «Se fossi degna del posto che occupi saresti rimasta al nostro fianco. E invece…? La tua unica preoccupazione è quella di dover rinunciare ai tuoi giochi, e passatempi! Che oltretutto non ti importa di praticare a danno degli altri!»…«Diamon, ma…perché tieni il cappuccio sulla testa?...!...papà…!!...ma…?!» si guardava smarrita e ansiosa attorno Cindermon «Perché qui è vuoto, perché ho visto la carrozza ai cancelli?! Sembra quasi…che ce ne stiamo andando, che stiamo lasciando casa!!»…
          …Cyclemon venne avanti «E’ infatti così…!!»…e Diamon allungò seppur non senza timore la sua mano, dalle unghie chiare e lucenti, a quella di sua sorella dalle unghie rosse e affilate «E’ la cosa migliore che possiamo fare.»…eppure gli occhi azzurri di Cindermon erano attoniti e sembravano non volervi credere «Ahh! Ma…allora?! E’ vero quello che dicevate, non stavate parlando così per scherzo!!»…«Su certe cose non si scherza. MAI.»…decretò Cyclemon, e Cindermon «Ma…perché, che motivo abbiamo?!!» esclamò con rabbia e sconcerto «Perché qui ci troverebbero!! E potrebbero…avere la meglio su di noi, il nemico è molto potente!»…confessò pur a malincuore Diamon, aggiungendo «E…noi dobbiamo porre in salvo la Sfera regale.»…«Ahh!»…
          …sulla sommità dello scettro di Cyclemon si illuminò d’improvviso una sfera cristallina e lucente «All’interno di questa sfera è contenuta l’energia che sorregge Digiworld. Se dovesse cadere nelle mani del nemico sarebbe la fine per il nostro mondo…»…piegò il capo quel Digimon anziano dagli occhi inumani ma consapevoli, sotto la costernazione di sua figlia «E il  nemico sa che è qui. Che noi siamo qui. E che chi entra in possesso della Sfera regale…è destinato a regnare sul nostro mondo.»…«Ma…?! Ma quale nemico, quale minaccia, maledizione?!! Non ci capisco niente di questa storia, non fate che tenervi particolari per voi e io-»…«Un destino che ora dobbiamo allontanare dal nostro nome, dalla nostra identità.»…«…!!...questo cosa vorrebbe dire?»…e rispose Diamon dietro di lei «Rinunciamo al trono. Dobbiamo trovare qualcun altro a cui concedere la Sfera regale, e che non sia disposto a utilizzarla per scopi malvagi.»…«…RINUNCIARE…?!...»…quella parola suono male alla Digimon dal ciuffo di capelli rossi, che avanzò con sguardo di sfida verso sua sorella «E’ tipico tuo, Diamon. Arrenderti come una sciocca, e infischiandotene di quello che ha fatto la mamma per regalarci questo palazzo, per farci essere quelli che siamo!»…«N-Non è vero, io…!!»…provava a replicare Diamon che sembrava colpita nel fondo dei suoi sentimenti, e suo padre a darle man forte «Tua madre…avrebbe condiviso questa sofferta scelta!»…«Non è vero, chi lo dice, lo dici tu, papà?!! Mamma era coraggiosa!! Non era come voi due!! Siete abituati a subire, a farvi schiacciare dagli altri! Ah! Siete una coppia perfetta: papà & figlia pusillanime, per questo andate tanto d’accordo e vi do fastidio io che invece sono come la mamma! Io non mi arrendo! Ah, e pensare che arrivereste anche voi alle mie conclusioni se solo aveste fatto lo sforzo di riflettere ma per voi è troppo, e per quanto io vi sembri quella che pensa solo a sé io sappiate che ho scovato il modo per combattere questa battaglia! E prevalere su questo misterioso nemico senza fuggire…»…scivolò nel tono in un sussurro sottile come il suo sguardo, che sembrava inspirare diffidenza in sua sorella e in suo padre, quest’ultimo chiese «Di quali…”conclusioni” stai parlando?!»…
          …Cindermon sfoderò un sorriso soddisfatto per l’esser stata consultata, e avanzò per la stanza a passi stavolta ponderati «Il nostro solo problema…è che non siamo abbastanza potenti! Ci manca qualcosa in grado di far detonare le nostre sfavillanti possibilità! E la soluzione è di facile messa in pratica: è storia che a far crescere i Digimon, e a permetter loro di essere imbattibili sono solo loro, gli esseri umani…!!»…«Ahh!»…sussultò Cyclemon, e Diamon si portò una mano al petto come intimorita «Andiamo sulla terra!...lasciamo solo per poco il nostro palazzo, papà gli esseri umani sono intrigati dalla nostra natura! Loro bramano…tutto ciò che è potenza! E noi tre bastiamo e avanziamo per stregare l’animo di un bel gruppo di terrestri! Siamo affascinanti, proveniamo da un mondo che da molti anni a loro è precluso, sono certa che sono consumati dal desiderio del ritorno dei Digimon! Basterà presentarsi a loro…e mostrare ciò che sappiamo fare, rimarranno abbagliati e se facciamo credere di essere venuti per loro…
          …si attaccheranno, permettendoci di digievolvere…!!»…narrato con fame negli occhi, e nei palpiti dell’anima «Del resto è già successo, no?! Hanno frenato l’avanzata del D-Reaper…si sono fusi con Digimon, come noi! Se sfruttiamo i poteri dei terrestri, e approfittiamo del legame che svilupperebbero con noi, sono più che certa che diventeremo invincibili, e non ci sarà nemico che potrà starci al pari! Non occorre rinunciare al regno…»…
          …da dietro il suo merletto, Cyclemon la scrutava «Le tue parole…confermano quanto già sospettavo.»…e tuonò «Sei un’egoista!!!»…«Ahh!! Ma…PAPA’?!!»…«Non capisci niente! Parli di cose che credi di sapere ma dammi retta figlia mia, ne ignori gli aspetti più importanti! La digievoluzione…il legame fra noi e gli esseri umani…è cosa rara e preziosa e TU, NE FAI LE FONDAMENTA PER UN INGANNO!»…«Io semplicemente faccio i miei calcoli!! Si tratta di un patto, anche loro avrebbero la loro ricompensa!! Quella gente, ah, mi sono documentata su di loro! Si arrabattano da mattina a sera per uscire dall’anonimato, per distinguersi dalla massa! Il mio accordo è onesto: noi siamo tre Digimon meravigliosi, sorprendenti! Ideali…»…volgendo appena il suo sguardo astuto verso la sua attonita sorella dietro di lei «…per sedurre quattro sciocchi desiderosi di riscatto. Occorrerà solo qualche moina, tu che sei così brava Diamon non avresti problemi a recitare la parte della Digimon fedele e premurosa. Tu papà sei saggio e potente, e io…uhm! Limitiamoci a dire che me la so cavare tanto che il primo ragazzino incrociato si sentirebbe al sicuro con una guida come me! Bene: o anzi, meglio!...
          …ripiegare…su della gente con qualche anno in più, di quelli che magari hanno avuto un Digimon ma poi l’hanno perduto! Oh, dev’essere terribile…»…«Ora basta!!...
          …mi rifiuto di ascoltare una parola in più di questo orrore.»…piegò il capo Cyclemon, ma la figlia insistette «Eppure dovresti, papà!!...
          …se non vuoi perdere quel poco che ti resta. Fidati di me, tua figlia per te è un’immatura, ma con questo progetto voglio dimostrarti che mi so far valere. E so…pensare alla famiglia! Diamon!!»…chiamò in modo imperioso, avanzando verso di lei «Tu che ne pensi, sorellina…? Andiamo, potrebbe essere allettante. Hai mai udito della Biodigievoluzione…?» Silenzio in riposta, e quegli occhi verdi sconvolti «Potremmo spingere i terresti a entrare dentro di noi, a consegnarci tutta la loro energia! Non ti pare l’idea del secolo?!...ah!...
          …»…prendendole le mani, ma seguitando a sognare ad occhi aperti «Torneremmo qui come dei vincenti! Nessun potrebbe più osare sfidarci una volta consapevole che il potenziale della terra è dalla nostra parte.»…ma inaspettatamente per lei, Diamon tirò via le mani «No! Io non voglio prender parte a questo!!» Cindermon dilatò i suoi occhi incredula…
          …«Io rispetto gli uomini! E le storie che si narrano su come loro, con noi Digimon siano riusciti a trionfare anche di fronte alla minaccia più insidiosa!! Ma non è stata solo la potenza fisica a muoverli, Cindermon, devi credermi! Dietro la Digievoluzione c’è di più…»...
          …lo sguardo della giovane Diamon era umido di commozione, commozione mista a forza d’animo che scuotevano il suo così particolare timbro vocale «Capisco che può sembrare retorico al giorno d’oggi parlare di amicizia, di sentimenti, di forza di volontà!»…«Non più di tanto…se si è coscienti che la gente “sentimentAAAle” c’è in ogni epoca! E poi…mi pare che di quest’ultima abbia parlato anch’io!»…«No, è diverso!»…insistette Diamon «Io parlo di una volontà…che non nasce dall’ambizione! Ma dall’unione…»…pronunciata come fosse una parola magica «AMBIZIONE?! Io, bellezza, se tu non fossi troppo stupida e brava-figlia per afferrarlo, lo faccio solo per la famiglia! Per il regno! PER IL RICORDO DI NOSTRA MADRE, MALEDIZIONE!! POSSIBILE CHE NON TE NE IMPORTI NIENTE?!»…«CINDERMON!»…la richiamava il padre, ma Diamon esclamò versando lacrime «Come puoi dire che non mi importa!!!»…per poi asciugarsi lenta e dignitosa i suoi occhi «Le volevo bene, e voglio rispettare la sua memoria: per questo a quei “valori RETORICI & SENTIMENTALI” dietro la potenza dei Digimon io voglio credere ancora! Nonostante tutto! Ma proprio per questo non ingannerei mai gli esseri umani! E non userei mai, la loro forza, soltanto per gratificare la mia voglia di potenza perché è per questo che tu lo fai!!...
          …e non mentire con me! Io ti conosco! Tu non lo fai…per il regno, lo fai per te!! Perché a te mai niente basta!! Tu non sai accontentarti, desideri sempre contemplare gli altri dall’alto, desideri schiacciarli! E ora anche il pericolo che ci minaccia per te è il pretesto per trovare un gioco nuovo. Ma per giocarci…non contare su di me, Cindermon. Io…
          …finché vivrò non mi abbasserò mai a questo!!»…correndo via prima tra le lacrime…
          …mentre era con superiorità e fastidio che la guardava andar via sua sorella «…e allora resta qui a Digiworld, a vagare come una pezzente: piagnona. Non sei mai stata dalla mia parte.»…«Cindermon!!»…e si volse con identico sguardo di sfida verso suo padre «Immagino tu sia soddisfatta: non desideravi altro che ferirla, non hai mai mostrato rispetto o affetto verso tua sorella. Nonostante lei ti voglia bene!!»…«Oh, sì, certo papà, tu e lei mi volete bene! Ma l’hai vista?! Mi ha voltato le spalle!!»…«Unicamente perché le hai proposto un patto disonesto! Ma io sarò con lei, non mi lascerò trascinare dai tuoi “attraenti” discorsi di evoluzione. Fra poco partiremo, tieni bene a mente!!»…sottolineò colpendo a terra con lo scettro «Se sei con noi, se…
          …rispetti la memoria di chi ci ha messo al mondo raggiungici alla carrozza. Ma bada bene!! Se lo farai…ESIGO che non sia più pronunciata parola su questo argomento! Preferisco…morire piuttosto che assecondare il tuo FOLLE PIANO!»…e si mosse, lento, ma dignitoso…costeggiandola «Rifletti bene, trattandosi della tua vita…»…per poi abbandonare la sala del trono…
          …Cindermon aveva però fuoco nello sguardo «Io…so gestire la mia vita. Io so quello che voglio!»…
          …e puntò oltre il trono, imboccando un oscuro corridoio…

          …presso una carrozza, anch’essa tempestata di diamanti, e pronta ad esser trainata da Digimon equini dallo sguardo misterioso ed il corpo blu impenetrabile, a contrasto con la loro criniera dai riflessi argentei, attendevano Cyclemon e Diamon, la quale esclamava «Non potrebbe anche se volesse!!...
          …Guardianmon sorveglia il varco da anni ormai, e non le permetterebbe mai di andare sulla terra, non è così?!»…«Questo non è garanzia sufficiente: Guardianmon è una figura ambigua, e misteriosi sono i motivi che lo hanno spinto ad una così rigida guardia. Certo la sua determinazione è indubbia, ma quella di tua sorella è altrettanto solida.»…Diamon sembrava preoccupata da quelle parole, tanto da non poter fare a meno di alzare i suoi occhi, e contemplare il globo terrestre mentre il vento della notte scuoteva le ondulature dei suoi capelli castani…«Non temere figlia mia…»…garantiva il padre «Possiamo solo sperare che ragioni: e che il cuore le suggerisca la strada giusta…»…

          …ma mentre parlavano, la ragazza-Digimon dai calzari rosso-lucenti si addentrava in quella che assomigliava ad una biblioteca «Secondo quanto dicono in questi libri dovrebbero essere contenute le imprese dei domatori di Digimon…»…così le sue unghie, della stessa sfumatura, ne prelevarono uno ed iniziarono a sfogliarlo…
         …«Ahh!!»…un sussulto animò Cindermon, di fronte al fenomeno magico rappresentato da quel libro, le cui illustrazioni sfogliate prendevano vita, come scene di un film…
         …a lei fu così presentata una battaglia epica disseminata lungo giorni all’apparenza comuni ma in realtà speciali tanto quanto quelli in cui due mondi opposti si toccano…
         …e la luce scaturisce dalle armi, e le carte sfrigolano nei Digivice…e a cavalcare le creature Digitali sono dei giovani umani, circondati dai palazzi cittadini, spinti a tirar fuori il coraggio, piegati fino alle lacrime, uniti…fino al sacrificio, ma che mai giunge perché le loro mani sono congiunte ed ognuna sorregge l’altra: forti tanto da solcare la soglia che divide i due mondi…
          …addentrandosi nelle viscere della terra…per poi dalla stessa terra riemergere nel trionfo. Penetrare infine nelle profondità di un denso e rossastro nemico…
          …fino a che il volto di Cindermon non fu avvolto dalla luce di un portale che le scorreva dinanzi nella narrazione, che riaccoglieva in sé i Digimon, e poneva fine alla minaccia…
          …emozioni a conflitto per la creatura per metà digitale e per metà umana «Lo scopo dei Digimon…
          …il segreto della digievoluzione…
          …è possibile che si celi là in quel mondo che noi contempliamo dal basso…?»

          ...un mondo che se raggiunto in picchiata con l’immaginazione regala una moltitudine di palazzi e strade, e che pur carezzato dalla magia non ha alterato la sua natura ed i suoi angoli più umani e spontanei, come la luce tenue di un panificio ancora acceso anche sul tardi, dal quale viene fuori un ragazzo all’apparenza normalissimo, che semplicemente deve buttare la spazzatura di una giornata nel vicolo attiguo…
          …poco dopo le porte si riaprivano, ed echeggiava la voce di sua madre «Ritorni presto, signora Asanuma, non importa a che ora! Noi qui siamo sempre felici di rivederla!»…tanto che Takato sembrò voler accentuare di proposito, al passare di costei, i suoi gesti di convinto butta-spazzatura, spingendo quanto più il sacco fra gli altri, colpendolo, facendo rumore, per poi assicurarsi di esser visto con un esagerato «BUONASEEERA SIGNORA ASANUMA! QUANTO TEMPO CHE NON LA VEDO COM-»…e una gomitata per ficcare dentro quel sacco «COME STA?! Ha recuperato tutto quello che aveva lasciato, l’hanno servita educatamente, i miei?!»…«Ffff…! Lasciamo stare che è meglio: sei ancora in piedi, Takato?»…«Io?! Sì! Sa c’è chi dice che alla mia età sia doveroso uscire la sera, divertirsi e poi…in mancanza di meglio c’è la SPAZZATURA da buttare!» sferrando un ultimo colpetto al sacco, e un calcetto al cassonetto per poi avanzare verso la ex-insegnante «Ah…ti credi tanto spiritoso?»…ed il ragazzo, che ostentava uno smodato fare simil-cavalleresco «Spiritoso…? Io…? No sa cos’è è che ogni volta che la vedo mi si risvegliano i ricordi, mi sembra di tornare bambino!»...
          …la signora Asanuma sembrava piuttosto impicciata fra buste, portaspicci e portafogli e ben poco propensa al dialogo «Se è così allora rivedi le tue scelte.»…«Infatti sa pensavo giusto adesso che sarebbe meglio che trovassi un lavoro come netturbino! Parrucchiere no, non va affatto bene: un ragazzo che lo fa sembra debba per definizione essere un po’ effemminato!»…«Ahh…riformiamo la vecchia comunella! Vecchi compagni a svuotare cassonetti: però anche quello è un lavoro, rassegnatevi!»…«Ma lo sooo…!» seguitava a ironizzare, e lei a insistere «Non c’è né il tempo né lo spazio pratico per giocare con le carte dei…dei-»…«Digimon, capisco che è una parola tosta ma le assicuro che non ne avremmo la minima intenzione siamo cresciuti ormai, le nostre mire sono cambiate ci piace andare la notte così per vicoli a…ecco sì!» e indicò qualcosa oltre i cassonetti…
          …«A sbaciucchiarci con questa o con quella ragazza che incontriamo!»…«IUHM!!»…l’ex-maestra ebbe un autentico sussulto nell’orientare lo sguardo là dove puntava il dito del ragazzo: sembrava esserci una coppia, due sagome avvolte dal buio…
          …e travolte in un bacio…
          …«AH!!...E LO FANNO IN PUBBLICO, A QUEST’ORA, SENZA PREMURARSI CHE CI POTREBBE ESSERE QUALCUNO CHE POTREBBE!!...V-VEDERLI!»…«Signora…andiamo! E’ una donna moderna, mi meraviglia che proprio lei che ci ha dato le basi per crescere ora di fronte a una semplice coppia-»…
          …ma qualcosa gelò le parole del ragazzo, travolse il suo sguardo rendendolo incerto…paralizzò il suo dito indicante, come a fargli dimenticare il contesto attorno…e la sua maestra a ripetere «Sono degli svergognati.»…

          …«Ah-h…questi occhiali sono una tragedia.»…era il sussurro del giovane nel vicolo, ma il concetto espresso sembrava destargli più un sorriso in realtà, e lei, che aveva occhiali come lui con i quali probabilmente si erano scontrati, occhiali slanciati e allungati come gli occhi di un lupo dietro un cespuglio, e come tali brillavano scroccando riflessi ai fari di occasionali automobili «Ahhh, perché? Io lo trovo così divertente…!»…«Vieni qui…»…«Uhmuhmuhm!»…
           …lei prese gli prese il capo, impaziente di un altro bacio: le sue unghie erano moderne, lucenti, elaborate, si vedeva che un bravo esperto di estetica vi aveva lavorato…
          
          …«…! Quelle mani, oltretutto! Ah come vorrei avere anch’io roba simile: come vorrei tornare alla loro età!»…mormorava sempre più piano e riservata la signora Asanuma…per poi voltarsi, e certa di non essere sentita «E di lei non vorrei solo le unghie…ma anche il fidanzato, ma perché sono così sfortunata?!!»…
            …Takato era rimasto impietrito…la sua mano calò lentamente…ma i suoi occhi non smettevano di fissare la coppia…
           
           …«Sai a cosa sto pensando…?»…«Sono curioso…»…«E se…a seguito di infiniti tentativi avessi trovato finalmente la persona giusta…?»…«Uhm, dubbio da ponderare.»…«Non ci avrei sperato…eppure mi sembra di sentire qualcosa di speciale…di mai provato.»…svelava la ragazza che scivolava da una voce fresca e scherzosa a un tono profondo, pieno di mistero...



          …nel frattempo Cindermon sfogliava il libro, di fronte a lei volti di giovani domatori di Digimon «Questa ragazzina è inconsiderabile…
          …Jeri Katou…uhm, le fu sconfitto e assorbito il Digimon davanti agli occhi, e in seguito il D-Reaper soggiogò la sua volontà. Il primo fattore potrebbe tornare utile, deve struggersi di rimpianti. Però nooo, non mi ispira! Cosa abbiamo poi qui…?»…sfogliò pagina…«Rika Nonaka…NEMMENO…A PARLARNE, per carità: non vado d’accordo con le altre donne! Già mi basta mia sorella, e questa ha la faccia di una che vuole sempre disporre!...saremmo in troppe ai posti di comando. VEDIAMO…!...»…
          …sfogliò ancora, e ancora «Kazu Shioda, ha sempre desiderato…un Digimon tutto suo, ma mi sembra faccia ben poca parte. No, troppo ai margini. Poi c’è questo, Kenta Kitagaw…pfff! Questo è sicuro immune alla nostalgia: come si fa a rimpiangere un Digimon infimo come quello che gli è toccato?!...
          …ohhh!!!...qui andiamo di sicuro meglio…!!!»…e di fronte ai suoi occhi…le scene animate di un ragazzino dai tratti distinti, dai capelli scuri, e compagno di un Digimon verdino dalle lunghe orecchie. Sfizio si lesse negli occhi di Cindermon «Henry…Wong. Uhm…tipo riflessivo. Protettivo. La mente razionale del gruppo. Sembra esservi una sinergia invidiabile con il suo Digimon…
          …un Digimon che fa pena, e pietà. Ah-ah-ah-ah che leggo qui?! Mmmm…!!!...suo padre…autore della decisione che riportò i Digimon al loro mondo separandoli dai ragaz-sssSSS! Questo è uno scoop! Chissà quanti conflitti familiari sottopelle deve aver generato una roba simileee! Questo Henry potrebbe essere un candidato assai buono…»…ponderava con gusto, e l’unghia rossa a esitare sul passare o non passare alla pagina successiva «Mi chiedo come sia diventato oggi! Un malinconico bravo maschietto che cerca di fare l’uomo responsabile potrebbe essere il tipo adatto per luuunghi, lunghi discorsoni alliscianti, deve avere buchi in ogni parte del suo volenteroso cuoricino!...
          …tut-tavia…»…accennò piano…
          …e alla fine si decise a sfogliare quella pagina «AHH!!!»…
          …di fronte a lei, un ragazzino dal viso dolce…
          …aria innocente tanto da renderlo l’ideale compagno di un Digimon che comunicava, con il suo aspetto da cucciolo di drago rosso, i medesimi sentimenti…«…Takato…Matsuki…»…pronunciò Cindermon, catturata da ciò che vedeva «…sembra il leader del gruppo che ha fatto la pelle al D-Reaper…ahh!...il suo candore…
          …!!!...direttamente proporzionale ad una potenza sconfinata!!!»…da un lato vi era il ragazzino…
          …dall’altro un Digimon armato di lancia, assomigliava a un cavaliere, ed i raggi emanati dal suo scudo travolgevano il perfido nemico…
          …poi le lacrime…le la sofferta separazione tra le luci iridescenti “Non perdere mai il sorriso, è la tua forza, vale più di tutto l’oro del mondo, Takatooooooooo!”…«Assomiglia…alla trama di una fiaba epica, non sembra realtà!!!»…era sbalordita Cindermon «L’amicizia tra il ragazzo e il suo Digimon!»…nel rivedere il primo che fra i tubi e i ferri arrugginiti incontra incredulo il secondo «La crescita insieme, le battaglie!!...
          …pianti, sorrisi, vittorie e sconfitte!...
          …immaginato…poi disegnato, il sogno che si avvera!!...
          …e poi…il vuoto che deve aver lasciato all’epilogo, ad infierire sul sensibile seppur determinato cuore di un giovane eroe. Il classico eroe ingenuo e gentile…normale ragazzino delle elementari figlio di panettieri graziato da una grande avventura…»…informazioni che sembravano soddisfare la fama dei suoi occhi azzurri, che più non si staccavano…

          …come quelli castano-rossastri del giovane Takato, per ragioni indecifrabili, da quel bacio commentato dal romantico sproloquiare dell’ex-maestra «Ultimamente le ragazze sono inguardabili, tutte trucco e impertinenza! Sognano solo di fare le veline! Ah ma non è che i ragazzi siano meglio, sboccati e al limite della delinquenza! Contano solo i valori materiali! Quella gente non sa cosa sia il rispetto-la discrezione-il senso del pudore-quello mi pare di conoscerlo-i buoni costumi-la pertinenza ai contesti-francamente anche lei mi sembra sia di queste parti ah ma se avessero il coraggio di venire alla luce e mostrarsi anziché star lì nel buio: Takato!...
         …Takato tu che abiti qui da sempre ed hai i tuoi genitori al negozio ti pare di conoscerli quei due?!...
         …Takato?...sto parlando con te! Siamo alle solite?! Non mi ascolti, non mi rispondi?! Ah! Stavolta è a me che sembra di essere tornata la tua maestra ed avere a che fare con i tuoi stati di coma improvviso ti assicuro che non è mai stato piacevole!»…
          …il giovane si volse appena…lentamente «Non si preoccupi, signora…
          …la sto ascoltando.»…«Ma non mi rispondi! Conosci quei due?!»…«…possibile.»…«Che significa?!»…«Niente, che è ora che torni dentro. I miei genitori mi stanno aspettando.»…
           …mentre fra quei due giovani amanti pareva esservi intesa e tenerezza…
          …«Ah…! Mi fa quasi strano vedere che ti preoccupi per loro!»…«Strano…? Non capisco perché. L’ho sempre fatto. Ho sempre voluto bene ai genitori. E’ lei che nei ricordi ha deformato oltremodo il bambino che ero. Buonanotte!»…così Takato diede le spalle alla sua un tempo maestra e si avviò di nuovo verso il negozio «Guarda…deformato proprio no! Non ti auguro di sognartelo la notte!! Il bambino che eri!! Non ti auguro di trovartelo ai piedi del letto!! Ti farebbe paura!!»…così anche Asanuma si congedò…
          …Takato si volse un’ultima volta, e mormorò, molto serio in volto «Non si preoccupi…
          …non accadrà. Non mi capita mai di sognare coloro con cui avrei bisogno di parlare.»…riaprendo la porta del negozio…
          …ma quel rumore fece «Ah!»…sussultare quella giovane dalle unghie luccicanti e dagli occhiali affusolati «Che ti succede…?»…«Niente, è solo che…»…sussurrò…e qualcosa la chiamò a muovere passi lungo quel vicolo, sui suoi stivaletti trendy, color fucsia, dal tacco sottile e affilato…
          …orientò appena il suo sguardo verso il negozio, da cui giungeva ancora della luce, sufficiente a regalare un alone ai suoi occhiali, ma non così vicina da illuminarne il volto o la figura. Sembrava però una linea elegante, indossava un giubbino attillato…
          …ed aveva capelli lunghi, di un castano vivo, lasciati cadere da un lato, e legati alla punta da un fermaglio dorato…

          …nel frattempo la signora Asanuma si avviava in tutta fretta e fastidio verso casa, quando incrociava un ragazzo con passo altrettanto svelto, mani in tasca, e cappello alla Micheal Jackson ben spinto sulla testa «Uhm! Il netturbino! Quello formalizzato! Ma che cos’è questa sera la sera dei FANTA-»…
          …il giovane però la oltrepassò col suo passo spiccio, e forse la visiera del cappello gli impedì di notarla «S…MI…non mi ha vista. In giro a quest’ora poi…
          …E NON SI SALUTA PIU’ LA PROPRIA MAESTRA?!!!»…

          …«Takato…»...era il sussurro nella sera della giovane nell’ombra con gli occhiali…

          …«Takato…»…era il sussurro di Cindermon, con sguardo rapace…e le sue unghie rosse si congedarono dalle pagine del libro per poi riporlo «Non mi occorre più alcuna informazione…
          …ho trovato chi cercavo. Molto presto, sulla terra, un ragazzo gioirà, poiché tornerà finalmente ad essere un Digimon Tamer!!! C’è un solo una cosa che dovrò fare…E CIOE’…»…assottigliando il determinato sguardo «Cancellare dal suo cuore…
          …il ricordo di “GUILMON”…!!!»…



          Una chitarra elettrica attendeva appoggiata ad una parete in una stanza tappezzata da un taglio tipicamente “rock”, a giudicare dai poster, accessori in metallo…
          …ma ad accostarsi ad essa «La tocco…? Non la tocco. Trovo il coraggio…?» non era la mano di una persona: piuttosto la zampa, rossa e dagli spessi artigli, di una creatura. «Uhuf!»…
          …occhi gialli, a spuntare dietro la chitarra e fissarla. Occhi che avrebbero suscitato timore…se la voce non l’avesse fatto dissipare, nella sua ingenuità che i toni più aspri finivano per accentuare. «E’ inutile, tanto non troverò mai il coraggio di prenderti, di toccarti. Anche se sei bella, e mi attiri tanto. Io sono io. Tu sei fatta per gli umani. Come molte altre cose, del resto. Quelli come me non possono stare dappertutto…ahhh.»…sospirava, rivolgendo ora anziché gli occhi la massiccia coda alla chitarra «E non possono avere tutto. Possono solo limitarsi a contemplarlo, come faccio con te. O quando neanche quello…
          …soltanto a ricordarlo.»…così, come molti animali, si acciambellò lentamente su quel letto che a dire il vero sembrava proprio quello di una stanza umana e giovanile: pulito, rifatto da poco, lenzuola impeccabili…e lumino moderno dal capo reclinato accanto sul comodino, a fare un po’ di luce visto che oltre la finestra era notte, ed il globo azzurrastro non bastava. «Se solo mi concentro…se solo chiudo gli occhi.»…oscillando un po’ le narici, col fare di un cane dal fiuto ben sviluppato «Mi sembra di sentire l’odore del pane. E l’odore del pane è il tuo odore, amico mio…»

          …quel panificio di Tokyo sembrava ormai non aver altro da aggiungere, se non forse qualche altra parola da parte di genitori non molto propensi al sorriso, e da parte di un figlio che cercava di essere propenso ad un quieto dialogo…per poi spegnere le luci, ed avviarsi verso quelle stesse scale…

          …«Potrebbero farmi fiutare mille altre cose. Ma quell’odore, nessuno al mondo, mai, riuscirebbe a farmelo dimenticare.»…quando si udì il rumore di chiavi nella serratura «Ohp!»…si drizzò all’istante quel draghetto dalle dimensioni di un cane, rosso e screziato di nero. «Dev’essere Beelzemon che torna. SEI TUUU?!»…
           …la risposta non tardò a giungere nella stanza «Sì…»…assieme a quello che...di certo dei Digimon aveva complessità e nera maestosità. Ma ancor di più sembrava avere degli esseri umani, ad iniziare dalla scioltezza con cui appoggiava il casco da moto sulla sedia, e le chiavi di casa sul comodino. Quella scena sembrava comune a tanti giovani uomini che fanno rincasano e trovano il loro cucciolo ad accoglierli, solo che gli animali non sanno parlare e chiedere «Com’è andata?»…ma solo scodinzolare e mostrare gioia di vedere il proprio amico, cosa che Guilmon fece altrettanto «Come al solito…»…rispose Beelzemon, dal timbro vocale aspro, ma virile «Uhh…»…le orecchie del draghetto si afflosciarono un po’ deluse, e l’altro si sedette sul letto «Mi hanno detto che non è il momento adatto e che se proprio voglio posso ripresentarmi fra un po’…a detta loro sembra ci sia tensione al palazzo reale. E che siano prossimi “grandi cambiamenti”…»…commentò assorto, guardando verso l’alto «Beh, allora…? Motivo in più per darti ascolto!» affermò Guilmon, ma Beelzemon sollevò con scioltezza la chitarra elettrica, emettendo due o tre note «Eppure pare preferiscano il silenzio.» per poi stopparsi. E concludere «Forse semplicemente non mi trovano interessante.»…«Ma è una sciocchezza bella e buona! Le canzoni che componi sono fantastiche: io adoro la tua musica. E poi lavorare con la colonna sonora migliora l’umore!»…«Ahh, sei gentile. Però forse sono io quello inopportuno.» alzandosi, e camminando per la stanza, mentre Guilmon seguiva i movimenti di quell’amico un po’ “metallaro”, in tuta nera, e dai capelli biondi che spuntavano dietro una maschera viola con un terzo occhio fra i suoi due già sufficienti ad esprimere tanto. Sembrava davvero un uomo «A dire il vero non so neanche cosa stia succedendo. Conosciamo poco i Digimon a cui da un po’ di anni obbediamo. E adesso sembra che abbiano dei problemi. Chissà, magari hanno bisogno di aiuto concreto, e arrivo io, a chiedere sostegno al palazzo perché ascoltino i miei brani!»…sfoderando, tra le sue mani dagli scuri guanti artigliati, dei foglietti di appunti «Mi vergogno un po’…» chinando il capo. Sembrava qualcuno di molto serio «Non dirlo neanche per scherzo!» Guilmon balzò dal letto «E’ un dono il tuo: sai scrivere la musica, sai cantare. Un giorno prima o poi riconosceranno il tuo talento, Beelzemon. Digiworld…non aspetta altro che rompere questo triste silenzio che da tanti anni lo affligge. Insomma dov’è scritto che l’unico motivo di cui dobbiamo bearci è il fastidiosissimo verso dei Ruspimon quando lavorano? A me ha stufato!»...parole che rubarono un dolce sorriso a quel Digimon un po’ tenebroso, che effettivamente si riconduceva a tale categoria perché aveva anch’egli la coda, che in quel momento si sfiorava con quella di Guilmon…
          …Beelzemon si accovacciò perché era alto, ma voleva essere al livello dell’amico «Guilmon. Non fai mai mancare una parola per incoraggiarmi. Te ne sono molto grato. Sei un vero amico.»…«I-Io…un vero amico…» sembrò come incerto, interdetto il draghetto «Sì…»…confermò Beelzemon «E non sono il primo ad averlo detto, e pensato.»…«Però…sei rimasto uno dei pochi che dirmelo ancora. Grazie, io penso lo stesso di te! Non so come avrei fatto senza il tuo aiuto e la tua compagnia in questi anni. La tua musica mi ha risollevato ogni volta che ero giù di morale. E tu sai che non sono state poche, le volte.»…«E’ normale: sei stato separato da chi ti stava più a cuore. Non lo meritavi, Guilmon, tanto più per così tanto tempo.» carezzandogli leggermente il capo proprio come un padrone farebbe, ed aggiungendo «Sai? Ho sviluppato una convinzione. Credo che debba esserci una legge…che prima o poi offre la giusta ricompensa a chi ha tanto sofferto, ma al compenso è stato tanto volenteroso.»…«Oh, ma io Beelzemon non ho sempre voglia di lavorare! Anzi…a dire il vero ci sono giorni in cui avete fatto tutto tu e gli altri!»…«Ahhh, sciocco, questo non ha importanza!»…«Dici?»…«Non sminuisce il tuo valore.»…«Mmm…valore…»…parola che suonava strana a Guilmon, che calò il capo ed oscillò un po’ le orecchiette «Certo, e tu devi crederci sempre! Sei una persona che vale. Avrai ciò che ti spetta.»…«Io…una persona, Beelzemon?»…«Oh-h…» fu preso un po’ in contropiede dalle sue stesse parole il Digimon «L’ho detto così, spontaneamente. Dev’essere perché a volte…ti confesso che mi piacerebbe esserlo.»…«Vorresti essere un uomo?»…e si alzò in piedi, sorridendo appena e fissando più in là «Forse…se lo fossi e vivessi sulla terra la gente sarebbe più interessata alle mie canzoni. Però io sono qui. E sono un Digimon. E parlando di ricompense…io ne ho avute fin troppe, dalla vita, rispetto a quelle che avrei meritato.»…
         …nella sua memoria, la fuggevole immagine di due bambini stretti accanto ad un Digimon però molto diverso da lui, simile ad un folletto viola dalle lunghe orecchie, ma in cui lui sembrava identificarsi anche nel ricordo successivo: una bambina dai capelli castani a cui lui si rivolgeva pieno di reticenza…ma che lei scioglieva con un dolce sorriso, come per dirgli di non temere, e togliendogli un gran peso dal cuore.
         …«Non dire così…» gli si accostò Guilmon con fare affettuoso, ma Beelzemon rise un po’ «Ma a me non pensare! Piuttosto, ricordati sempre ciò che ti ho detto circa la determinazione!»…«Tanto anche se spero e lo voglio con tutte le forze, il varco non si riaprirà più. Non potrò mai più rivedere Takato…» L’amico scuro lo scrutò «Terriermon…non sembra pensarla così.» e vi fu un sospiro da parte del draghetto «Terriermon spera ancora. Però sono passati dieci anni. E neanche lui ha più rivisto Henry. Per carità…ammiro molto la sua speranza. Lui grazie a quella ogni giorno sembra felice e sorridente. Forse lo fa star meglio…pensare che un giorno torneremo dai nostri amici. Piacerebbe anche a me avere la sua forza. Ma purtroppo…non ce la faccio, mi sento scoraggiato. Sento che il mio posto…è e sarà sempre qui!» indicando quel letto «Non fraintendermi, in casa con te mi diverto e sto bene! Però mi accorgo a volte…di quanto sia diverso…il pane digitale da quello terrestre. E il mio Takato era buono quanto quest’ultimo…» mentre Beelzemon gli si avvicinava con passi pacati…
          …«Sono certo che lo è ancora.» pensava Guilmon «Dovrebbe avere ventun’anni adesso. Eravamo uno il prolungamento dell’altro…mi fa così strano pensare che sono rimasto alla sua infanzia: mi sono perso tutta la crescita.» Beelzemon gli si accovacciò accanto, e lo guardò…per diversi istanti furono in silenzio. Poi il più grande, e più umano propose «Ascolta.»…«Sì?»…«Mi faccio una doccia, e poi preparo quegli hamburger che ti piacciono tanto, ok?»…«Davvero, la tua specialità?! Grazieee, Beelzemon!» e gli saltò improvvisamente al collo felice «Ahaha! Piano, piano calma! Ahhh, lo sai che così mi metti in imbarazzo!» ma si leggeva da come gli sorridevano i tre occhi occhi quanto era contento di quei gesti…



          Quando invece là dove il vento scuoteva la criniera azzurra di impenetrabili Digimon, soffiava anche tensione e sfida «Sono venuta a proporvelo per l’ultima volta, papà, sorellina…poiché sappiate che non ho intenzione di tornare indietro. Sono decisa ad andare fino in fondo…
          …Guardianmon ai confini non mi preoccupa, possa aggirarlo in mille modi.»...
          …ed era un nuovo colpo per la candida Diamon, mentre suo padre Cyclemon veniva avanti…
          …per fronteggiare, pur anziano e piegato dal tempo, lo sguardo sprezzante di quella figlia alta e piena di vigore «Allora…venite con me?!...
          …ho individuato un bersaglio, un piccolo terrestre dalla personalità raggirabile e il cuore pieno di rimpianti. Però voi potreste sempre darmi una mano…c’è altra gente con lui. E sebbene siano cresciuti tutti di certo non si sono fatti immuni alla tentazione di tornare ai tempi dell’oro. Che dire, insieme sarebbe più spettacolare. Però non ho il benché minimo problema ad andare da sola…se la cosa vi spaventa troppo.» ed il suo sguardo scavalcava quello del padre per puntare contro la timorosa sorella «Diamon!...
         …per una volta fatti venire un po’ di spina dorsale anziché nasconderti dietro papà. Potresti chissà…trovare sulla terra l’umano adatto a conferire un po’ di spessore alla tua assolutamente nulla personalità!»…ma «Ahh!!»…poco dopo suo padre la colpì con uno schiaffo «Se è questo che vuoi…» mentre Diamon tendeva la mano «Papà!»…«FA PURE!!...VATTENE SULLA TERRA AD ATTUARE IL TUO FOLLE PIANO!» colpendo a terra con il suo scettro «Va a sfidare Guardianmon, augurandoti che sia clemente con te!! Perché io non lo sarei di certo: e con queste parole…hai decretato il tuo destino! Ormai non c’è più posto per te in carrozza!!»…
          …odio nello sguardo di Cindermon «Papà!!...per favore, calmati!!» lo supplicava Diamon, ma «Ormai sono irremovibile. Fa pure!!...una figlia in meno. Del resto l’ho già persa da tempo.» Cindermon si teneva la guancia colpita…e scandiva colma di risentimento «Che ti aspettavi…? Che forse mi sarei gettata ai tuoi piedi supplicandoti di portarmi con te…? Credi che il mio sia solo un gioco…? Se è così ti sbagli…GRANDE CYCLEMON…visto che ormai hai detto tu stesso che non sei più mio padre!»…«Ora basta, fatela finita!!» si intromise però la sorella, e venne avanti quando già Cyclemon faceva mancare il suo sguardo: stringendo la mano ai lembi del suo manto perché meglio la proteggesse, la supplicò «Cindermon, non fare la sciocca e chiedi perdono…!! Resta con noi, dimentica questa pazzia!! Non ne caverai niente!!» ma l’altra dosava parole brucianti «Quelli per cui non resterà niente…SARETE VOI…»…come fulmini i suoi occhi, mentre il vento incalzava «E vi illudete se sperate che dividerò il potere che sto per ottenere. Non si torna più indietro…vale anche per te, papà.» ma Cyclemon montava in carrozza senza guardarla «Ai confini del settore!!!» ordinava, e a seguire «Diamon, vieni. Lasciala, che segua il suo destino.»…«Ma!!» costei non voleva, ma sua sorella «Vai assieme a papà…COCCHETTA DI CASA…»…
          …il congedo di Diamon fu lento e sofferto…con occhi umidi e tristi chiuse il portello, lasciando a piedi sua sorella che li seguiva con gli occhi «STUPIDI…credono che fallirò ma non hanno idea di quello di cui sono capace. Io riporterò Digiworld agli antichi splendori…» mentre quei cavalli digitali oscuri e maestosi nitrivano e scalpitavano «E finalmente tutti mi conosceranno per quanto valgo. Conosceranno Cindermon!!!» Diamon ebbe un moto di pianto, quando la carrozza spiccò il volo nel cielo, lasciando una scia argentata…

          …al suo interno «Perché l’hai fatto, papà?!...
          …lei…sfoggia coraggio ma è fragile…! Se mette in atto il suo piano si comprometterà! Potrebbe farsi del male, e da sola sarebbe un bersaglio facile!!»…
          …il vecchio Cyclemon si teneva stretto al suo scettro e stretti teneva i suoi occhi…per poi riaprirli rivolti al cielo che gli scorreva anche ai lati, dai finestrini della carrozza…
          …i suoi occhi ora sembravano più grandi…più sensibili…più commossi «Sbagli, figliola…è il contrario.»…«…come…?» Diamon si sfiorò le labbra, incredula per quanto udito «Ora che tua sorella è sola…»

          …mentre costei «Uhmf!» voltava con sfrontatezza le spalle e se ne andava…

          «Ora che siamo separati, e circolerà per Digiworld la voce circa l’infrangersi del nostro nucleo familiare…per il nemico vi sarà confusione. E fra gli esseri umani vi è gente buona al punto da poter accogliere…e proteggere Cindermon, più di quanto potremmo fare sia io che te.»...

          …tra le dita della ragazza-Digimon dal rosso ciuffo, una fotografia, e un obiettivo «Takato…Takato Matsuki…»…

         «Ma allora papà…!»…«Sì, figliola…
         …per quanto possa sembrare differente…io l’ho fatto per lei.» ed ora, illuminati dalle azzurre rifrazioni del globo terrestre, erano ben visibili le lacrime negli occhi dell’anziano Digimon «Per quanto io stia già soffrendo la sua mancanza…è bene che abbia fatto in modo che almeno apparentemente la nostra famiglia sembri divisa, in rotta!...
         …così…nessuno potrà accostarsi a lei con crudeli intenzioni.» stringendo la sfera luminosa sulla sommità del suo scettro «Ipotizzando che io, fiducioso, le abbia concesso l’eredità dell’energia di Digiworld.» e Diamon scuoteva il capo in silenzio…
         …affacciandosi poi al finestrino, e fronteggiando il vento che le soffiava negli occhi pur di scorgere, nello sconfinato scenario tra natura e civiltà, decorato da sfere di luce lilla di polvere digitale, un ultimo scorcio di sua sorella «Cindermon…»...
         …mentre suo padre si faceva forza…

         …e seppur Cindermon stesse borbottando, nel suo passo spedito, indispettito e tamburellante «Gente arretrata, gretta, mentecatti che non sono altro…! Gliela faccio vedere io adesso!»…

         …enunciava «Uniti…seppur lontani, proteggeremo la luce che sorregge i due mondi. Il male, e l’oscurità neanche stavolta prevarranno.» e così, la carrozza sfrecciò nel cielo come una stella cadente, scuotendo la polvere digitale dietro il suo cammino…


          «Guardate, bambini! Q-Quella è una stella cadente! Oppure è la carrozza di Cyclemon e delle principesse sue figlie che solca il cielo! Immaginate che sogno deve essere poter vivere al loro palazzo e cavalcare quel bolide ogni volta che si vuole!» indicava entusiasta quel piccolo ma volenteroso Digimon dalle lunghe orecchie, Terriermon, illuminato dal fuoco di un falò attorno al quale era radunata una moltitudine di piccoli Digimon di varie razze, ma uniti dall’incanto di quel pensiero…
          Era scesa la notte in quel quieto nido di poche case e ancora parecchie impalcature, che un’insegna in legno scricchiolante nel vento definiva come “Vertice digitale – Area costruzioni”. Alcune creature meccaniche uguali in tutto e per tutto alle ruspe, ma i cui finestrini a ben guardare erano occhi socchiusi da serrande, sonnecchiavano russando un po’ con la loro scavatrice…uno di questi sottolineando «Che sonno, amico…un'altra giornata così e rinnegherò di essere un Ruspimon.» (parole sempre provenienti dall’oscillare della loro scavatrice)…

          …carezzato da un raggio azzurrastro del globo che prima di lui oltrepassava la finestra e sfiorava la chitarra elettrica, Guilmon si era addormentato, e nel suo sonno si leccava ancora i baffi «Uhmf!...che buoni gli hamburger di Beelzemon…»...
          …Beelzemon che lo osservava sulla soglia della porta, sembrava un guardiano intento a proteggerlo. Quando udì bussare, e si diresse ad aprire con il suo passo sciolto, elegante come il suo fisico magro e slanciato: colei che si trovò di fronte, creatura anch’essa digitale, altrettanto non aveva da invidiare classe e mistero «Oh! Renamon, sei tu.»…
          …«Ciao.» pronunciò con una voce profonda, che ricorda i toni più intimi degli esseri umani, seppur non stonasse anzi impreziosisse il suo aspetto animale: quello di una volpe, a cui donano i riflessi della notte, e dal pelo dalle sfumature dorate «C-Ciao…» sembrava quasi vacillare, Beelzemon, dinanzi agli occhi sottili di quella femminile e sinuosa Digimon, che non si staccavano per un attimo dai suoi «E-E’ successo qualcosa, per caso…?» chiese lui, e Renamon rispose «No, niente…
          …sono semplicemente passata, volevo sapere come sta Guilmon. Durante tutta questa giornata l’ho visto triste…ed è capitato di parlare di nuovo dei ragazzi.»…«Ah…certo.»…«Sai, Beelzemon: il tempo non cancella certe cose, anche quando ne è trascorso tanto. Ed il dovere dei buoni amici…resta quello di sostenersi a vicenda. Per sempre. E tanto più quando scritte nel proprio passato vi sono vicende tanto significative, che niente può cancellarle.»…«Ma certo, sono perfettamente d’accordo con te. Guilmon ha parlato anche con me. Ora però si è addormentato.»…«Ah…capisco. Bene, allora…non c’è bisogno di me. Tolgo il disturbo.»…«Oh, ma…! Ci mancherebbe, cosa stai dicendo Renamon? Tu…non disturbi mai: s-se vuoi accomodati in casa, prego!» ci tenne Beelzemon a farle cenno, ma lei «Oh no scusami, devo andare. Mi aspettano.»…«Ah…va bene!...
          …come stanno i tuoi figli?»…«Bene, grazie. Akirmon è con gli altri bambini al falò, assieme a Terriermon. Nymon è rimasto a casa, ha ancora un po’ di raffreddore.»…«Ma non ha più febbre?!»…«No, e a proposito grazie ancora per averci prestato la borsa del ghiaccio, l’altra volta. Reperire cose utili in questo villaggio non è molto facile. Anche mio marito ti ringrazia.»…«Ci mancherebbe, salutami tanto Imagomon! Io…beh, porto sempre con me la borsa del ghiaccio, sai…è facile farsi male andando in moto.»…«Uhm…certo.» disse lei con profonda dolcezza, la stessa con la quale sorrise, e terminò «Beh…buonanotte.»…«Oh-h…buonanotte, Renamon.»…e socchiuse appena la porta, ma non del tutto…
          …lei spiccò un salto rapido, fenomenale e fulmineo…
          …Beelzemon decise infine di uscire…per vivere un po’ d’aria della sera, e scrutare quell’amica-volpe che balzava agilmente di rocca in roccia…fino a raggiungere quella che doveva essere la sua casa, sulla cima di un promontorio, accanto ad un faro dalla luce cullante…sembrava più ampia, sontuosa rispetto alle umili case del villaggio…



          Intanto passi a tamburo sempre più decisi attraversavano un corridoio dall’apparenza molto antica, e dalle gelide pareti di pietra a stento riscaldate dalle lanterne “Bene, ci siamo.” pensava Cindermon “Alla fine di questo corridoio, il Digivarco che può condurmi sulla terra. Resta solo da superare Guardianmon: ma in qualche modo ci riuscirò. Quel tipo nasconde dei segreti. Altrimenti non avrebbe difeso strenuamente il varco per tutti questi anni…non ha permesso a nessuno, terrestre o creatura digitale che fosse, di avvicinarsi. Ed è rimasto nascosto qui, solo in pochi sanno della sua presenza.” …ed infatti, fra lei e la destinazione ben presto si interposero una serie di barriere digitali dalle sfumature colorate: ma i salti della giovane Digimon erano più agili e decisi, e riuscì di balzo in balzo a giungere prima del loro chiudersi “Queste barriere fanno parte del suo corpo: per un terrestre sono una sfida persa. Ed anche un Digimon mediocre ha ben poche possibilità. Io però sono in grado di raggiungere chi riesce a controllarle!”, e saltava, saltava…
          …fino a che «Oh?!» le ultime lastre, dall’apparenza trasparente ma in verità assai massicce, non mostrarono un movimento più stentato, incrampato, fino a fermarsi prima di esser chiuse «Che sta succedendo? La barriera si è bloccata…forse mi ha visto, e questa è una sua trappola, debbo tenere gli occhi ben aperti.» Cindermon si fece così più vicina, sgattaiolando fra le fessure…
          …ed accovacciandosi dietro di esse «Oh?!» notò qualcosa…
          …un’accecante luce iridescente proveniva da un’enorme cancello spalancato…
          …e controluce, si delineavano delle sagome…
          …una era alta, elegante, e brandiva una spada «Quello è Guardianmon! Ma…?!»…
          …accanto a lui una figura più piccola, sembrava la linea di un ragazzino…annuiva rivolto all’altro…
          …«E quello chi è…?» cercava di sporsi Cindermon per osservare meglio, nonostante sapesse che ogni passo falso avrebbe avuto il suo prezzo. C’era una terza sagoma, chiaramente inumana. A quattro zampe, ma elegante nel suo incedere lento e regale «Che cosa vogliono fare?! Sembra quasi…ah, non credo ai miei occhi, ma li sta facendo passare?!»...
          …la figura alta pose così la mano sulla spalla di quella più piccola, e questi vi pose sopra la sua, in un gesto che sembrava aver intenzioni di confortare: dopodiché assieme alla creatura a quattro zampe e dalla coda ondulata avanzò addentrandosi nella luce iridescente «Ah-hhh…!!!...attraversano…il Digivarco…» era senza fiato e parole Cindermon…
          …fino a che un bagliore accecante non li inghiottì…fu allora che l’alto guardiano si pose davanti all’enorme cancello, alzando la sua spada nell’intento che pareva rivelarsi quello di chiudere le porte…
          …ma gli occhi di Cindermon si assottigliavano, e poi un determinato sussurro «O adesso…o mai più.» e si rivelò, applaudendo compiaciuta «Tana per Guardianmon!!! Ahahah!!!»…
          ...«Ahh!!!» il Digimon con la spada sussultò, non credendo d’esser stato visto…



          Il falò del villaggio sfrigolava dolce, offrendo alla notte una luce calda «Attenti bambini! Se vi avvicinate troppo al fuoco potreste scottarvi! A me una volta è successo, uhmuhmuhm! Ero assieme al mio amico Henry, e suo padre aveva appena acceso una sigaretta quando…» …raccontava Terriermon a quel gruppo di bambini attorno al fuoco…
          …fuoco il cui bagliore si rifletteva negli occhi di Beelzemon, che assorto attendeva, appoggiato alla porta della sua piccola casa. Il suo sguardo, rivolto al globo azzurrastro talvolta carezzato dai fuggevoli bagliori di Digiworld, era profondo, sembrava intriso di sentimenti. Come quel sorriso incerto, dolce, accennato che si intravedeva oltre le sue labbra «Specie di luna, che ci hai visto crescere…» pronunciò «…che ci hai visto cambiare. Voglio confidarti il mio segreto: io ti guardo…e sogno di essere chi non sono. E di trovarmi là dove non posso andare.» chiudendo gli occhi, respirando profondamente...
          …lasciando entrare la quiete di quel villaggio in cui in molti erano andati a dormire…quiete cullata dal crepitio del falò, dall’eco dei bambini, e dai racconti incessanti ed entusiasti di Terriermon che con loro sembrava saperci assai fare…

          …quando dalla casa sul promontorio, una bella Digimon che assomigliava ad una volpe scostava la tenda, ed il suo sguardo, fra tutto lo scenario da contemplare, sembrava scegliere proprio quella sagoma alta, nera, appoggiata alla porta di casa con la scioltezza che di solito distingue gli uomini. Era arduo leggere quale pensiero si celasse dietro gli occhi sottili, impenetrabili di Renamon…

          …«Specie di luna, non l’avrei mai creduto, ma rimpiango i tetti delle tue città. Quelli sui quali un tempo saltavo. Allora potevo farlo…uh, e un po’ scioccamente disprezzavo quello e molti altri privilegi che la vita mi concedeva.» ripercorse Beelzemon, perdendosi nel ricordo di quello stesso Digimon piccolo, di color bianco e viola e dalle lunghe orecchie, che saltava sui tetti di una città umana, e ben più assomigliava ad un folletto dispettoso e sempre imbronciato «Non solo il mio amico Guilmon, anch’io mi accorgo di provare nostalgia. Mi manchi tu…» disse rivolto al globo «Ho tanto vagato per poi scoprire di appartenere più a te che a tutti gli altri…non lo capivo allora, e questo mondo mi ha accolto anche se non l’ho meritato. Sono molti i miei crimini passati…» e fra le sue agili dita artigliate, comparve una fotografia…quello stesso esserino viola e fiero, seppur piccolo, che ora lui guardava con occhi profondi «Tanti quanti gli anni trascorsi da allora. Mi è stato offerto un futuro non guadagnato. Eppure io confido solo a te che vorrei poter tornare indietro, vivere un’altra vita, essere qualcun altro. Vivere in te…specie di luna. Tra le tue splendide città!» confessò a cuore aperto…
         …mentre Renamon contemplava dalla finestra…
         …«Per poterti apprezzare questa volta! Per poter essere diverso, e ricompensarti con tutto ciò che ho dentro. Per…l’immenso di cui mi faresti dono. Io…n-non dire a nessuno che non sento di appartenere al mondo che mi ha generato e poi mi ha riaccolto. Al mondo che mi ha perdonato. Io sono tuo! Tuo per sempre…e quando nessuno mi sente, io sogno strade in cui sfrecciare. Giornate frenetiche nel caos cittadino! Luci…e sogni dappertutto! Perché quando si ha qualcosa non la si riesce ad apprezzare nel modo giusto…? Perché devi rimpiangerla quando ormai è passata e l’hai sprecata?! Io…sono un Digimon ma mi sento come quelle tante vite che ti attraversano. In fondo cosa ho di diverso? Io…sogno di tornare a casa con l’ascensore, la sera. Al termine di una lunga giornata trascorsa a riordinare i testi…e ad allestire gli strumenti. E a casa c’è qualcuno che ti ha aspettato tutto il giorno…e che ti accoglie con un sorriso. Ti dice “bentornato”…» stringendosi a sé…come se avesse freddo…

          …Renamon stringeva a poco a poco la tenda a cui era aggrappata…quando qualcuno, una sagoma che aveva qualcosa di simile a lei seppur dal pelo scuro, le disse pacato «Sono tornato.» e lei lasciò la tenda di colpo, in un sussulto interiore…

          ...Beelzemon scuoteva il capo «Ma non è giusto che io sogni questo. Bisogna meritare ciò che si desidera! Io…sono diverso da questi Digimon.» ed il suo sguardo si alzò verso Terriermon che giocava con i bambini…
          …Renamon, la cui sagoma di spalle si distingueva alla finestra…
          …e poi guardò verso l’interno della sua casa, in c’era Guilmon a riposare «Bisogna saper capire quando è troppo tardi per tornare indietro. Loro hanno lottato mossi dall’onestà…e mi hanno offerto un nuovo inizio. Ora è il mio turno di impegnarmi affinché possano avere un po’ di felicità. Senza chiedere niente. Io…» e di nuovo guardò il globo…ed accennò un sorriso «…mi limiterò da adesso soltanto a immaginare, senza accampare pretese, quel giorno del mio ritorno che forse non sarà mai. E quella…d-dolce emozione nel rivederti…come quando tornai già una volta…» e ricordò: un bambino e una bambina felici di rivedere quel diavoletto viola…
          …ma anche la stessa bambina che gli rivolgeva un bacino quando lui teneva in mano una pistola giocattolo: lui arrossiva fino quasi a esplodere, ed esplodeva in un boom di proteste…
          …di cui gli anni sembravano aver lasciato un cuore profondo, delicato, forse su molte cose rassegnato «Chissà come sei diventata bella…piccola mia, quanto ti ho immaginato. Come vorrei che mi portassero da te. Come vorrei che…che…»…stringendosi di nuovo in quel brivido «…che fossi stupita…e…
          …abbagliata nel vedere come sono ora. Oh-h, non farci caso bambina mia, vivi la tua vita. Il mio sarà solo un sussurro. Nei tuoi sogni. Un’eco del mondo digitale…che soffia per cullarti col passato. Dormi bene…»…

          …mentre Renamon sembrava scossa, interdetta «Oh-h, devi scusarmi Imagomon, caro. Mi ero persa…nel contemplare la notte, non ho fatto caso al tuo arrivo, ma ora sono da t-»…ma lui…
          …una volpe scura, ornata di metallo e oro, le sfiorò il braccio «No. Stai. E’ una notte bella. Bella come te. E nostra figlia è fuori…e sarà più al sicuro se avrà come un angelo la sua mamma a vegliare su di lei. Penso io a mettere a letto Nymon, tu non preoccuparti.»…«Ma…»…le obiezioni di Renamon, furono lentamente cancellate da un bacio gentile «Distenditi alla finestra. Ne hai bisogno.»…«Sei molto buono. Sei sempre così gentile con me, Imagomon…grazie.»…«Non sono gentile. Tu per me sei la cosa più importante…» parlava con voce intensa e sfaccettata quella creatura elegante e suggestiva, quasi una proiezione speculare di lei…
          …lei che tornò a guardare alla finestra…«Ahh!» restando colpita da un gesto…

          …Beelzemon aveva indossato un copricollo di pelo, che ben si adattava alla sua sagoma mescolante modernità e fascino «Fa un po’ freddo questa sera. E questo è…l’ideale per stare a proprio agio. E’ stato un regalo di Renamon, per il mio compleanno. Renamon…» e si volse verso quella finestra ancora accesa, lei si sarebbe ritirata ma lui fece prima ad alzare la mano per salutarla…
          …così che lei non poté che alzare la sua…che però tremava…
          …Beelzemon sorrise «Tu non ti sei limitata a fare questo per me.» alludendo a quel regalo «Tu mi sei stata accanto, mi hai aiutato a ricominciare. Sei stata…la mia amica, la mia confidente. Colei che ha sopportato le mie sfuriate, e mi ha sempre perdonato. La mia sorella maggiore. Io…
          …non riuscirò avendo una vita intera a disposizione, a sdebitarmi per ciò che tu hai rappresentato per me. E poiché ha significato tanto, ora non voglio lasciare che i sogni mi portino via. La mia vita…è questa. Ed io farò ogni cosa, piccola o grande. Per aiutarti ad essere felice. Poiché so che anche tu, come tutti loro…hai lasciato un pezzo del tuo cuore in quel mondo, assieme al quale, nel bene o nel male, tutti giriamo.»…
          …Lopmon intanto si accostava a Terriermon «Comincia ad essere tardi, e a fare un po’ freddo. Forse è meglio che riportiamo i bambini a casa, cosa ne dici?»…«Certo, solo un attimo! Insomma, vi dicevo, quando io ed Henry…»…ed un piccolo Digimon gli disse «Ancora Henry!! Terriermon, parli solo di lui!» e il piccolo e frizzante Digimon si mise le mani sui fianchi col sorriso «Si capisce! E’ il mio migliore amico!»…«Ma sono tanti anni che non lo vedi!!» esclamò un'altra piccola creatura, senza però stupire affatto il Digimon «E questo che vuol dire?! Quando si è amici…il tempo, e le distanze non contano! Io non ho mai smesso di pensare ad Henry! E lui sono sicuro che ha fatto lo stesso con me. Abbiamo avuto un sacco di problemi con i nostri mondi che si sono allontanati, ma vi dico una cosa…quando ci si vuole realmente bene e si è uniti, prima o poi ci si ritrova! Credeteci sempre, è una garanzia!»…
          …e i piccoli sembravano contenti, con le sue parole sembrava regalar loro allegria e speranza. Anche Lopmon accennava un sorriso «Sentendoti così fiducioso, Terriermon, anch’io in cuor mio ho coltivato la speranza di rivedere Suzie.»…«E fai bene, nessuno piegherà mai la mia speranza!» promise Terriermon…
           …ma poi quando Lopmon era impegnata con i bambini e loro con lei, si volse senza esser visto da nessuno e rivolse al globo uno sguardo inaspettatamente appenato «Henry…io ci sto provando, e sono dieci anni che do fondo a tutte le mie speranze. Però mi manchi da morire, e non c’è alcun segnale di cambiamento circa il Digivarco…non so per quanto ancora riuscirò a resistere…»...



          Non immaginava che proprio là dove scintillavano le luci iridescenti del Digivarco, un Digimon esile dall’armatura ornata di iridescenze stringeva con rabbia e sconcerto l’impugnatura di una spada che qualcosa, o qualcuno sembrava impedirgli di usare «Mi…!!...rifiuto di credere a quanto ho appena ascoltato…!!»…«E invece faresti bene a focalizzare a dovere, GUARDIANMON…! Uhm?!» lo apostrofava con ironia e superiorità quella ragazza digitale dal ciuffo scarlatto «Oh ma insomma mi meraviglio di te così serio e rigoroso da avere imposto il regime marziale in questi anni! FREGANDOTENE per giunta della nostalgia che gorgoglia da un lato e dall’altro di questo cancello oh ma insomma beccarti a fare una cosa del genere nooo, se mi scappa adesso con qualcuno!»…«SEI PAZZA?!...non devi dire a nessuno quello che hai visto!!!» gridava supplicando quella creatura dal volto coperto da una maschera, anch’essa decorata da volteggi colorati, gli stessi delle scintille del varco, e delle barriere «Ma mettiti nei miei panni qui ci annoiamo a morte e questa è la forza dello scoop! ATTENZIONEEE! ATTENZIONEEE! GUARDIANMON STRIZZA L’OCCHIO AI CLANDESTINIII!!!»…«ORA BASTA!!!»…«TIENI…!!!...giù quella spada bel capellone, sai? Forse faresti meglio…»…«Grrr…!» ringhiò quel Digimon dai lunghi, lisci capelli castani legati, e si scostò infastidito quando lei cercò di carezzargli il viso «Mi vengono in mente le leggende più epiche su quei due. Non sarà che ti sei fatto un’amichetta dall’altro lato e quello era un tuo figlio illegittimo?!»…«Non voglio ascoltare sciocchezze…»…«Allora chi sono?!» si protendeva stuzzicante Cindermon «Ti ho detto circa mille volte…CHE NON LO SO!» replicava Guardianmon, visibilmente agitato «Questa storia è scandalosa a dir poco, tu vieni a dirmi che ora dopo anni di piombo hai fatto passare un ragazzino con un…CAGNACCIO o qualcosa di simile non lo so non l’ho visto tanto così! Per rompere la routine!»…«Mi ha detto di essere un Digimon Tamer! E che la terra è in pericolo!»…«E dove viveva nelle caverne?! Perché non ci siamo accorti di avere un umano a Digiworld in tutto questo tempo cosa assurda, da quando è stato fatto il rewind con il D-Reaper!»…«Non lo chiedere a me.»…«Allora…PARETI ASCOLTATEMI! HO UN DUBBIO CHE MI TORMENTA C’E’ UN TIZIO CHE E’ APPENA PASSATO CHE...!!!»…«SILENZIO!!!» la afferrò lui per la spalla «Questa faccenda scotta e per nessun motivo al mondo, NESSUNO! Né Digimon, né terrestre, deve sapere che ho concesso il passaggio del Digivarco…
          …le conseguenze potrebbero essere fatali.»…«Temi di perdere l’impiego?»…«NON…!!...si tratta di una mia questione personale.»…«Ma adesso sì. Tra poco si tratterà proprio di quello. Senti ora ho fretta non ho tempo per mettermi a esaminare una ad una tutte le stupidaggini che di certo  monteresti, tu sei un bugiardo incallito Guardianmon, hai mollato a tutti una versione diversa di sa solo il Cielo se un giorno capiremo perché ti sei tanto INCAPONITO con questa barriera! In ogni caso…pardon avrei una certa fretta! SAI…» specificò con un sorriso beffardo «…cosa devi fare se non vuoi che la tua “distrazione” faccia il giro del mondo!»…«Questo…questo è soltanto un ricatto!!» sbatté la spada a terra quel Digimon dall’aspetto di un guerriero «N-No, veramente sono misure di sicurezza! Io, bello, occupo un posto di un certo rilievo a Digiworld se permetti per cui non posso sinceramente dormire sonni tranquilli pensando che chi presiede a una così importante funzione è un individuo di alquanto dubbia fedeltà: per cui…ringraziami che non apro bocca, e ti chiedo solo di farmi passare! Devo svolgere…diciamo alcune indagini sulla terra, tanto per cominciare scoprire se non ci hai riversato moglie, amante, fratello del figlio illegittimo, non sai che hanno problemi di sovrappopolazioneee?!»…«Sei…
          …mi mancano le parole per definirti.»…«”Bellissima” graaAAAzie, smack! Ho sempre saputo di non dispiacerti! Ora…q-qualche passo indietro, eh provolone! Devo passare…e prova solo a spiaccicarmi nel cancello chiudendolo di colpo, sai quale contenuto avrebbe il mio ultimo grido!»…
          …teso, come pervaso da una scarica interiore che gli offuscava la vista sul da farsi, Guardianmon non poté che…compiere quei sofferti, ed esitanti passi indietro che Cindermon, alzandosi il cappuccio del suo manto avorio, monitorava col suo sorrisetto impertinente «UN ALTRO…bene! Basta così, può bastare! Ciao ciaaao!»…«Aspetta!»…«Uhm! Beccato! Ti sei mosso…!!» e gli faceva cenno con mano di stare indietro…
          …oltre la maschera variopinta si dilatavano occhi grandi e sconvolti…
          …mentre quei calzari rossi si addentravano orgogliosi nella luce iridescente «Il Digivarco…!...
          …si spalanca per me…!!» si gustava in un sussurro rapace, e di nuovo sfoderò quella fotografia «Sto arrivando…
          …!!!...» disse a quel ragazzino dal sorriso gentile, che portava sulla testa un paio di spessi occhialoni…



          Esistevano ancora, quegli occhiali. Tra le tante cose cumulatesi negli anni, là nella stanza di Takato, occupavano un posto alto sullo scaffale, e seppur non circolassero più per la terra e per Digiworld come allora, ancora rubavano alla luna e alla città qualche raggio che filtrava dalla finestra, nel buio che aveva permesso al sonno di prendere il sopravvento sul ragazzo, nonostante la sua espressione non fosse completamente distesa, e tendesse a rigirarsi. Ma il sonno lo proteggeva dalla consapevolezza di quelle ombre che si delinearono dal nulla: vicinissime, ed una delle due era a quattro zampe e dalla coda ondulata…



          Terriermon intanto non aveva staccato gli occhi dal globo azzurro, quando improvvisamente il vociare dei bambini si fece elevato e festante – fra le loro esclamazioni, una soltanto spiccava in indiscussa superiorità numerica: “Beelzemon”
          …infatti il Digimon verdino dalle lunghe orecchie si volse «Ah, Beelzemon, sei tu.» e l’altro alto e oscuro ma con già tutti i piccoli attorno alzò la mano «Ciao, Terriermon. Che facevi, eri pensieroso?»…«Io? No, affatto! Piuttosto…credo mi fossi addormentato in piedi!»…«Hai saputo niente di ciò che accade a palazzo?»…«Veramente no, però già circolano strane voci. Dicono che Cyclemon si sia infuriato con una delle sue figlie. E poi…credo di aver visto la loro carrozza in cielo.»…«C’è un’aria strana questa sera…» commentò assorto Beelzemon, quando una piccola Digimon gli si rivolse «Beelzemon, dov’è andata la carrozza delle principesse…?»…
          …era una piccola volpe dallo sguardo gentile, gli occhi grandi, ed il pelo morbido e screziato fra il bianco e l’oro. Beelzemon si accucciò accanto a lei e si limitò ad indicarle il cielo «E’ andata sulla terra…? Ma è così lontana…nessuno può raggiungerla!»…«Non così tanto.» però rispose lui da suoi più anni di esperienza, e quando lei gli chiese «Dici davvero?» lui tese le sue mani artigliate ma piene di rispetto…
          …e sollevò nell’echeggiante stupore dei piccoli Digimon quella volpe bambina, portandola sulle sue spalle «Non è così piccola Akirmon, ed è proprio come vi dice Terriermon: la terra sembra lontana, ma in realtà non lo è. Se c’è qualcuno che ti aiuta ad alzarti da terra, e volare. Dimmi ora, non ti sembra forse più vicina?»…«Sììì!!!...sei così alto!!! Ed è così bello!!! La terra…è vero, adesso sembra ad un passo da qui!»…
          …Renamon alla finestra sembrava emozionata e commossa…
          …e anche Terriermon, e Lopmon parevano rivolgere un sorriso e un pensiero a loro stessi e forse ai ricordi, mentre il fuoco ardeva, ma era luce azzurrastra a specchiarsi negli occhi della piccola Akirmon, che disse «…! Guarda! C’è la mia mamma alla finestra!»…«Ma certo!» fu contento di esprimere Beelzemon «La tua mamma è sempre lì: ti guarda dall’alto, e ti protegge.»…

          …Renamon era lontana per udire, ma era come se fosse stata lì e non si fosse persa una parola: tutto questo, però scatenava un moto nel suo cuore, e lasciava che le lacrime eruttassero prorompenti, mentre con forza e dignità stringeva le sue unghie alla tenda, dando le spalle a soprammobili di una casa di classe…
          …suo marito le si accostò «Nymon si è addormentato. Ah!...qualcosa non va, cara?»…«…no.» rispose lei profonda nel tono «Solo mi commuovo nel guardare nostra figlia: è lì…la vedi?»…«Ti assomiglia tanto…»…«Mi commuovo soltanto…nel pensare a…quanto vi amo, a quanto siete importanti per me!!»…«…Akirmon…
          …il suo nome ha un’origine speciale.» ricordava quel maschio di volpe dai modi pieni di rispetto, come un maestoso cavaliere del buio…
          …Renamon asciugava i suoi occhi, e narrava «Sai, Imagomon…? Quante chiacchierate. Quanti frammenti di crescita, e di scelte. Quanti istanti il tempo ci ha rubato…»...

          …mentre una ragazza a Tokyo camminava per strade ormai non più frequentate, e poco accoglienti, quando già soffiava l’aria di una notte di primavera ancora però poco matura perché una giacca così corta e attillata potesse far sentire protetti. Il suo trucco era stanco della serata, ma aveva ancora il telefono cellulare all’orecchio, dal quale giungeva una voce appenata «Ma me lo potevi almeno dire prima, Rika, lo devo venire a scoprire così, con quel pallone gonfiato che me lo dice davanti ai clienti che sto in arretrato?!» Rika sospirava, sembrava stanca «…tanto anche se te l’avessi detto…che avresti potuto fare, hai soldi per pagarlo?! No, e questo io lo sapevo per cui le chiacchiere sono inutili!»…«Altro che chiacchiere qui ci vogliono fatti ma perché l’hai pagata quella rata?!» e stringendo i denti «Ahhh…stavo per farlo, maledizione!!!»…«Ma quella è la prima cosa, adesso chi ce li dà i soldi?! Per la bolletta, perché poi se chiudiamo il locale subentra il problema di quelli per sfamarci, tu hai alla portata qualche uomo ricco?! Perché io no, eh!»…«…Himi…
          …qualcosa…troverò, ora ti prego lasciami in pace, io non so che dirti, mi scoppia la testa voglio solo dormire!! Penserò domani a questa storia!»…«Ma domani è troppo tardi!!...Rika!!» ma non ce la fece: chiuse il cellulare…e lo ripose nella borsetta…
          …fissando avanti a sé non sapendo cosa, chi e dove cercare…neanche accorgendosi forse in un primo momento di quella sirena della polizia la cui luce azzurra si rifletteva nel suo viso, e di quella gente che correva e gridava, ma che sembrava passarle attraverso come lei fosse un fantasma…
          …«E’ qui signora!! Eccola, l’abbiamo ritrovata!!»...sembrava parlassero di una bambina…
          …questa gridò «MAMMA!!!» e questa fu la prima parola a destare l’attenzione di Rika, che si volse lentamente verso il nucleo di quella scena…
          …un abbraccio, una donna si catapultò sulla piccola «AMORE MIO, DIO…!!! COME SONO STATA PREOCCUPATA! Grazie al Cielo stai bene!! MA PERCHE’ SEI SCAPPATA, PERCHE’ MI HAI FATTO SPAVENTARE COSI’ TANTO!!...
          …IO NON HO ALTRI CHE TE, TU SEI TUTTA LA MIA VITA!!»…
          …e mentre le dicevano «Per fortuna è tutto a posto. Sua figlia ha girato un po’ per la città, le servirà quando sarà grande!»…Rika fissava quella madre e quella bambina vivendo commozione crescente…che disegnava sulle sue labbra un sorriso di gentile, malinconico rimpianto…

          …ignara della voce di una volpe dorata che echeggiava altrove, e si chiedeva anch’essa commossa «Chissà come sta…è…così tanto che non la vedo! Probabilmente…si è sposata, ha dei figli anche lei! Era…così importante per me. Mi capiva…»…«…di sicuro non ti ha dimenticata. E non lo farà. Mai.» erano parole dello sposo della creatura…



          Quando mani nell’ombra raccoglievano un paio di spessi occhiali…
          La coda di una creatura ondeggiava riflessa sulla parete della stanza di un ragazzo…
          …ed il sonno di costui si faceva intricato, e sofferto…
          Le mani, sugli occhiali erano andate mirate: e ora, sembravano sapere perfettamente che cosa fare…
          …indossarli…lasciando che a poco a poco scorressero sul capo…come chi li aveva portati un tempo…
          …un respiro lento e profondo animò il petto di quella sagoma di media altezza, come un ragazzino…
          …immobile…ora a contemplare un ragazzo più grande, e addormentato…
          …se uno avesse potuto esplorare i suoi sogni, vi avrebbe ritrovato lui stesso. Era in uno strano luogo, un lungo terrazzo, fuori era notte. E Takato scrutava qualcosa con occhi stanchi che si trovava in fondo, di fronte a sé…
          …fino a tendere la mano «…!...voglio parlarti…!!...
          …avvicinati. E’…tanto che ti cerco!»...
          …qualcuno avanzava…
          …Takato, che vestiva come tutti i giorni anche nel sogno, sembrava aspettare colui a cui si rivolgeva «Vorrei…parlare…con te…di Guilmon!» accennò, ondeggiato da un palpito sofferto «L’ho perso, non lo trovo più…e sono accadute…tante, troppe cose…!...» pronunciava reggendosi la testa e chiudendo gli occhi come se il vortice dei ricordi e del passato gli sfuggisse, e fosse troppo arduo da ricordare per lui stesso «Tu sei l’unico che può aiutarmi! Tu sai dove posso trovarlo…?!...
          …tu…lo vedi?! Sei con lui?!...
          …per favore, digli che lo aspetto!!...
          …devi dirgli che non l’ho dimenticato, che non è vero che sono cambiato! Ho…cambiato aspetto per un periodo ma ero sempre io, SONO sempre io!! Ti prego, avverti Guilmon! Digli di tornare!!» chiedeva con tutta la forza e il desiderio nel suo cuore…

          «Takato…» pronunciava Guilmon in un sonno che forse turbava anche lui…

          «Capisci le mie parole…?» Takato nel suo sogno sembrava sempre più stanco, barcollava e temeva. Scrutava con diffidenza chi aveva di fronte…
           …un paio di occhialoni risplendevano di luce fuggevole sul capo di costui…
           …ma all’improvviso, qualcosa simile a del fumo nero e denso cominciava a insinuarsi nello scenario spargendosi rapidamente «Cosa sono queste tenebre…?...aspetta!!!» Takato tese la mano avanti a sé «Devo dirti ancora qualcosa!!!»…
           …le tenebre divoravano tutto, anche parte della sagoma con gli occhiali dinanzi a lui seppur lontana poiché il terrazzo era lungo, ma Takato cercò di colmare la distanza correndogli incontro…il terreno si disgregava sotto i suoi piedi…
           …le tenebre erano prossime ad inghiottire il suo interlocutore quando Takato gli afferrò la mano «Ti prego aspetta, non andartene!! Tu sei…?» così poté guardarlo in viso ma…
           …quella visione gli risvegliò un brivido che lo fece svegliare: il viso del ragazzino era il suo stesso, di quando aveva quell’età e portava gli occhiali. I secondi successivi sembrarono sospesi in un ambiguo limbo, poiché come sempre accade al risveglio attorno a lui c’era la sua stanza, il terrazzo era svanito…
           …ma la sua mano teneva ancora stretta la mano di colui che gli assomigliava, e lo fissava con espressione indecifrabile, in piedi davanti al suo letto, con gli occhiali alzati sul capo…
           …Takato dilatò i suoi occhi…ma quando si protese l’altro ritirò la mano «AHH!!» e fu ancor più forte il brivido poiché quello sfregarsi parve una sensazione concreta, tutt’altro che un sogno. Eppure un secondo dopo non c’era più, e lui era solo.
           Il respiro del ragazzo si fece affannoso e intermittente, il suo sguardo disorientato, impaurito: accese la luce. Si guardò attorno smarrito poi balzò dal letto. E si portò la mano alla bocca quando si accorse che gli occhiali non erano al loro posto, così cercò fra le sue cose, tirò fuori questo e quello, incurante di fare rumore e di gettare roba a terra «Dove sono…?...!» chiese col brivido nella voce ma più scavava fra mille cose inutili più il mistero si infittiva...fino a che la ricerca terminò nel suo gettare a terra, a metà fra rabbia e paura, una scatola piena di foglietti, penne, matite…
          …accorgendosi che non poteva fare niente, portandosi le mani al capo «Non ci sono: n-non sono al loro posto…l-l-li ho spostati, non ricordo…!!» spremendosi la testa, e gli occhi «Mia madre…!!...l-lei riordinando la stanza può averli…messi da qualche altra parte!!...n-noo…!!»…

          …gli istanti seguenti furono tutt’altro che semplici. E dormire si prospettava un’impresa lontana. Takato si fissava nello specchio. Sfiorava il suo viso con mano tremante, e con l’altra mano pronto sull’interruttore della luce: trovò il coraggio di spegnerla, ma dovette riaccenderla subito poiché la sua soma immagine riflessa nel buio lo fece rabbrividire. L’affanno non si era ancora placato…

          …e ancora qualche minuto più tardi, finiva di sistemarsi la felpa che aveva indossato, sussurrando «Non posso…
          …devo uscire. Non ho idea di dove andrò. Ma non posso in ogni caso restare qui. Ho bisogno d’aria. Altrimenti rischio di impazzire…» così ebbe fretta di aprire la porta della sua stanza e richiuderla senza però voltarsi perché il suo interno lo intimoriva. Di nuovo quelle scale, in discesa...c’era quiete e silenzio al negozio, lungo il quale gli occhi del ragazzo cercavano ancora sagome incerte. Ma tutto sembrava a posto, sicché varcò la soglia…
          …eppure, poco dopo, il vetro del bancone rifletté la sagoma di qualcuno con gli occhialoni, affiancato da una creatura a quattro zampe.

            Nel cuore della notte soffiava un’aria ancora rigida seppur gli alberi nei parchi già fossero adornati dai fiori. E ce n’era uno a Tokyo, un luogo semplice, nel quale però forse ancora col giorno qualche bambino si divertiva. In questo parco c’era uno scivolo, dall’aspetto divertente seppur forse un po’ vecchio che forse avrebbe dovuto ricordare una creatura squamata e dalla lunga coda. I passi condussero Takato in quel parco, e una volta lì, si fecero esitanti. Sotto quello scivolo si poteva stare, c’era un’apertura. E all’interno, si muoveva una presenza: Takato se ne accorse a poco a poco ed ebbe timore, indietreggiò appena, pur non fuggendo. La presenza si accorse di lui e si mosse. Ma le nuvole che avevano coperto la luna e infittito le tenebre si diradarono quanto bastava, per far sì che si delineasse sul capo di quella figura non un paio di occhialoni, bensì un cappellino trendy stile Micheal Jackson: Takato sembrò però ugualmente colpito…
          …ed anche Kazu, che realizzò gradualmente, forse pensando lui per primo, in origine, di aver visto male o che si trattasse di un fantasma. Però altri secondi spazzarono i dubbi come le nuvole, e permisero ai due ragazzi a poco a poco di venire uno verso l’altro…strappando un sorriso a Kazu «…certo che è davvero incredibile, Takato. Si fa di tutto…quando si è ragazzini, per crescere, non vedi l’ora di essere grande. Se potessi ti aggrapperesti a un treno in corsa. E poi, quando lo sei cosa fai? Torni qui, in questo luogo…»...«Kazu…»…«Anche tu qui, eh…?» Kazu aveva un fare complice, confidenziale. Ed un muoversi spiccio reso però aggraziato dalle sue intenzioni e pensieri, come quando si volse per contemplare lo scivolo dal quale era emerso «Da qui si può dire che sono iniziate tante cose. La nostra vita! La nostra crescita. Però questa è un’ora strana per tornarci. Strana…oh beh non per me. Io ormai…ci sono abituato. Non è la prima volta che torno qui. E tu, invece…?» e gli si fece più vicino, sembrava volerlo invitare a confidarsi «Ti è venuta anche a te un po’ di nostalgia di quando rischiavamo l’osso del collo per staltare giù di lì e fiondarci a scuola?» Le emozioni di Takato erano in subbuglio…ma quelle parole lo colpirono «Tu vieni spesso qui?» e Kazu alzò le spalle con disimpegno accompagnato da un sorriso che accetta molte cose «Delle volte mi sembra che mi aiuti a tranquillizzarmi. E forse anche a te se sei venuto. Ahhh, evidentemente ci dovevamo incontrare.» e gli mise un braccio attorno al collo, invitandolo a muoversi verso lo scivolo «Dimmi un po’ Takato cosa ti è successo, raccontami. Hai litigato coi tuoi genitori? Oppure…è l’amore? Quello che non va…» ma Takato, che a poco a poco cercava di buttar fuori il suo turbamento con sospiri profondi e sofferti, pronunciò al limite della commozione «Io…
          …!!...non ho idea neanche di cosa sia l’amore!!!...» e sembrò scandirlo tra rabbia e disorientamento. Eppure il suo amico non si meravigliava «A volte uno se lo dimentica.»…«Io non l’ho mai scoperto!!...e se sono qui…è perché…ho fatto un brutto sogno.» confessò con la voce che gli tremava, e gli si strozzava in gola, sembrava avere così bisogno di qualcuno con cui confidarsi, che sciogliesse quel gelo interiore. Ed erano arrivati allo scivolo «Un brutto sogno, Takato…? Allora guarda, è proprio un segno.» disse Kazu dolcemente «Tu hai fatto un sogno e noi siamo qui. Tutto è iniziato in questo modo, dieci anni fa.»…«Ahh!!» Takato non ci aveva pensato…ma ricordo in quell’istante il suo sogno di fluttuare nel cielo ed assistere ad una battaglia fra i Digimon «Allora io e Kenta non ti credemmo, e ti prendemmo un po’ in giro. Ahah, va bene che lo facevamo sempre e per qualsiasi cosa: dì un po’, ora, sinceramente, che non ci sente nessuno, ma come facevi a sopportarci?...!...eh?!» Riuscì con quei gesti amichevoli a strappargli un sorriso, e il buio interiore talvolta si comincia a scacciare così «Se avessimo poi saputo che da quel tuo sogno sarebbe nata l’avventura della nostra vita.» ma le nubi tornarono su quel volto «Quello era un sogno speciale…
          …questo era orribile…
          …!!...» in un sussurro tra i brividi. Ma neanche questo stupiva quel giovane che contemplava la vita celando molte consapevolezze dietro la visiera di un cappello scuro «Per forza.» disse, stupendo l’amico «Nei sogni riflettiamo quello che sentiamo. Ciò che stiamo vivendo. E se siamo infelici i sogni sono lo specchio della nostra tristezza.» così gli prese la mano «Ti va di raccontarmelo? Stavolta…prometto che non ipotizzerò che tu abbia bagnato il letto.» e di nuovo una risata, seppur debole. Takato tremava…

          …ma a poco a poco raccontò quell’esperienza onirica «…capisci, io non l’ho solo visto! Ho sentito la sua mano, è scivolata dalla mia ed ero sveglio!!»…silenzio sotto quel cappello scuro…«Ricordo…era più gelida del ghiaccio. E quando mi sono risvegliato mi faceva impressione la mia stanza! Dovevo uscire…» chinando il capo. Ma sulle sue spalle si poggiarono mani amiche «E’ normale.»…«Uhm?!»…«Certo. Mi hai detto che il bambino che hai visto ti assomigliava.»…«Io…»…sembrava adesso lui un bambino, nell’incertezza «Io credo fossi tu.»…«Come?!»…Kazu sorrise con affetto «E’ il rimpianto. E la nostalgia del passato. Viene a bussare alla tua porta. Ognuno di noi ha un fantasma come quello che hai visto stanotte, che lo segue dovunque vada. Anche tu, Takato. E capisco che ora sei spaventato, la prima volta fa quest’effetto. Ma poi ci si fa l’abitudine…coraggio.» e lo abbracciò, come per riscaldarlo «Hai solo desiderato di tornare indietro, solo per un istante.»…per poi cercare i suoi occhi «Cos’è? E’ un momento difficile…?»…«Io…non so!» scosse il capo Takato, che non smetteva di guardare basso «Un momento, l’altro! Che differenza può fare. Sono anni che va avanti così. O forse…adesso e peggio, o magari non è cambiato niente! Non riesco a capire!!»…Kazu lo scrutava «In questi anni ti ho osservato da lontano. Lo sai, tante cose ci hanno impedito di essere l’uno accanto all’altro come accadeva ai tempi della scuola. Come quando…c’erano i Digimon.» ma l’altro lo invitò con l’espressione a non dar retta a rimorsi «Ahh, avevi le tue cose a cui pensare.»…«Già…»…sospirando «”Le mie cose”. Fosse servito!» catturando l’attenzione dell’amico «Mio padre…beh, per lui sono un peso e nient’altro.»…«Come può dirlo?! Tu non hai fatto altro che stargli vicino!»…«Sì, ma sembra non importargli…» parole rassegnate, mentre un raggio di luna regalava chiarore al suo viso già pallido, filtrando dall’apertura dello scivolo «Delle volte mi chiedo…se sono stato davvero un bambino cattivo al punto tale da meritarmi che ora che sono cresciuto neanche mio padre mi voglia bene. E pensare che è l’unico che mi è rimasto…»…e sembrava scalciare soffice qualcosa di indefinito a terra. Dopodiché, guardò verso l’alto. E seguì un’intuizione «Takato!...
          …il…nascondiglio di Guilmon.»…«…!!»…«E’ per quello, vero?!...
          …ho visto anch’io i segni dei lavori.»…avvicinandosi, quando lo sguardo era già calato «Tu dimmi solo se è per quello.»…il dolore si muoveva in quel ragazzo interpellato…e il tono di Kazu si faceva più basso «Ti dispiace?»…«E’ da quel giorno…
          …ti ricordi? Dal giorno in cui abbiamo perso i Digimon…»…«E come dimenticare…»…«E’ da allora che io…non so come mai…non so…perché per la gente una cosa simile è ingiustificabile. Eravamo dei bambini ed anche se loro erano nostri amici appartenevano ad un altro mondo e non avremmo mai potuto legarci a loro tanto da…avere delle ripercussioni sul nostro futuro.»…«Quello che dice la gente, le loro opinioni non hanno senso.»…«Eppure mi fanno sentire…una persona anormale, morbosa. Però io non posso mentire, capisci?!...non posso fingere, io non sono capace!»…«Mai lo sei stato.»…«Io…!!...
          …da quando…si è aperto quel portale…e loro ci sono scivolati dalle braccia…
          …io…non sono più…riuscito…ad essere felice.»…ed alzò i suoi occhi stanchi e scossi «Ecco, finalmente l’ho detto. L’ho ammesso. Ma dentro di me l’ho già fatto da tempo. Kazu, io!...ho detto a Guilmon poco tempo dopo averlo conosciuto che era il mio migliore amico ed avrei dato qualsiasi cosa per poter giocare assieme a lui per tutta la vita! Il mondo…ha decretato che queste mie parole dovessero essere per forza l’ingenuo desiderio di un bambino, e Guilmon il giocattolo di un tempo passato! Ma non è così…»…scuotendo il capo «Non lo è mai stato. E quando lo dicevo so io cosa sentivo. Quando ho detto “per tutta la vita” io intendevo dire…!!»…«Vieni.»…«Oh?»…«Fidati di me. Muoviamoci di qui. Andiamo in un posto.»…«Oh-h…»…«Quando saremo arrivati potrai giudicare se ho capito.» Così Takato si fidò, e si lasciò condurre da Kazu…
          …ma due occhi scintillavano fra i cespugli a circondarli…
          …scintillio di soddisfazione e trionfo, mentre calzari rossi pestavano l’erba «Bene, finalmente l’ho trovato. Ecco Takato Matsuki nel presente post-leggenda…!!» stringendo quella foto, che si era in parte accartocciata ma che poi lei volle ri-spianare per bene…

          «Eccoci.» disse Kazu guardando in alto, oltre la visiera. Attorno a loro apparentemente ancora alberi, cespugli. Ma in realtà quello spiazzo significava per Takato una grande verità «E’ stato guardando in questa stessa direzione in cui guardo io…che vedesti sparire in cielo la tua felicità. Non è così, amico mio?»…Takato non diceva nulla…
          …nei suoi ricordi, quello stesso luogo avvolto dalla luce intensa del sole e quella iridescente del portale digitale…
          …quella sera, solo notte, stelle e nuvole «Ti capisco.»…Kazu seguitava a manifestargli la sua vicinanza «Non è facile, vero? La gente non ne vuole proprio sapere di capire per noi com’erano importanti. Siamo diventati tipo eroi imbalsamati…ma chi si è curato di cosa abbiamo provato davvero?»…«Kazu…da come parli sembra che…?...!...
          …che anche per te…!...da allora tutto sia cambiato.»…«Perché, ti meraviglia tanto…?» e Takato abbassò lo sguardo, come se provasse un po’ di dispiacere nell’averlo manifestato. Ma l’amico sembrava appieno a suo agio «Non fa niente, capita. Sono gli eventi della crescita che separano. E lasciano pensare che le strade intraprese siano tanto diverse. Poi una notte ci si accorge di avere come allora, molte più cose in comune di quanto si credeva. Esattamente come le carte. “Ce l’ho…ce l’ho…mi manca…”» fissandolo negli occhi, e per Takato era un’emozione dopo l’altra, un tuffo nel tempo «Io ho fatto lo stesso, sai?» di nuovo Kazu gli metteva le mani sulle spalle «Ho creduto a quanto si diceva sul tuo conto, mi dispiace Takato. La gente nel quartiere diceva che eri aumentato di peso a causa di una delusione d’amore. E di rapporti…non facili con la tua famiglia. Adesso però…mi accorgo che forse c’è qualcosa di più dietro.»…«Uhmf, ma quale delusione d’amore!!!»…«Sì, lo so, ma io pensavo…”ecco, non si fida più di me. Ormai ha preso la sua strada. E si strugge per una ragazza di cui neanche sapevo l’esistenza.”»…«Allora è stato per questo…che tutte le volte in cui ci siamo incontrati non mi hai mai detto di come realmente andavano le cose con tuo padre!»…Kazu alzò un po’ timidamente le spalle «…forse. Certo che però…siamo una bella coppia di sciocchi! Amici per la pelle nell’infanzia, e poi incrociarsi un giorno e anche l’altro per strada e non essere capaci di dirci ciò che realmente ci preoccupa!»…«Anch’io! Io…sapevo di tuo padre, mi giungeva la voce! Ed ero certo…che te ne prendevi cura con amore, come hai sempre fatto, come con Guardromon!»…«…uhm, Guardromon…»…sorrise il giovane sotto il cappello «Però, altrettanto…avevo paura che anche tu come gli altri potessi pensare che ero uno stupido! Perché per quanto io abbia sofferto tu hai attraversato qualcosa di mille volte peggiore: io al posto tuo non avrei avuto la forza, avrei…!!...ah, non so cosa avrei fatto.»…«E temevi di annoiarmi con i tuoi problemi? Ah…non mi piacciono le parti che mi affibi puntualmente nelle storie.»…«Uh?»…«Certo!...
          …prima prendi le redini del gruppo, col Digimon più spettacolare della storia, lasciando me a fare quasi il palo! Poi…
          …perdi fiducia in te stesso…e mi trasformi in chissà quale eroe inutile al punto da non potergli confidare i problemi. Takato, ma che devo fare con te?! A questo punto…torno a fare il palo! Mi piace di più!»…«Uhmuhmuhm!»…era riuscito a farlo sorridere «Kazu…»…«Io sono come te…»…sollevandogli la mano «Siamo cresciuti insieme, non ricordi?...e quando si è amici davvero, che mai può fare il tempo?»…«Sì, devi scusarmi amico mio, hai ragione. Ho creduto che il tempo ti avesse cambiato.» confessò Takato con una rinnovata, e spontanea espressione a cui seguì la confidenza «Sai, io ho paura del tempo. E’ come se mi avesse tradito…»…«Tu, Takato…? Ed io, allora? Pensi di essere il solo alle prese coi fantasmi del passato, di quel passato poi? Takato…hai avuto il tuo stesso viso di fronte, ma riesci a scorgere il mio? Ricordi di quello che sono, che sono stato? Sono forse così cambiato? Tanto da…dimenticare certi suoni, luoghi? Certi ricordi? Io ero…quel ragazzino che amava sbracarsi sul divano con la merenda, a guardarsi la puntata del giorno in tv! E adesso non ho più…quasi neanche i soldi per mangiare. Mio padre si è sperperato tutto con le bottiglie, ma io ero quello che si comprava una rivista al giorno, col mazzo di carte in omaggio, per averle prima degli altri! Io ero quello…che ti guardava con il tuo amico Guilmon…e sognava il Digimon tutto suo! La sua avventura. Ed ero anche quello che in un certo senso l’ha avuta. Che ha visto brillare il Digivice…ed ha creduto che la vita sarebbe stata tutta così: un susseguirsi di sogni che si realizzano. Che mi hanno dato questi anni? Niente…! Nessun sogno realizzato…» vibrava nella sincerità, sotto gli occhi sconcertati dell’amico «Neanche più una puntata d’aspettare, per vedere come va a finire. Non più una madre che ti ama…da far gridare, perché invece vuoi andare a Digiworld. Tra mille pericoli e lasciarla sola. E neanche più un Digimon…»…mentre delle lacrime limpide, e dignitose nascevano nei suoi occhi «Per fare il giovane eroe che ha perduto la mamma…
         …!!...per confessargli quanto ti manca! Più nessuno…!...che ha bisogno della tua buona volontà per crescere e evolversi, perché per quanto mi impegni mio padre mi detesta!! Tu…pensi di essere il solo allora a cui tutto è andato in pezzi in questo benedetto luogo e in quel maledetto giorno?!»…così come lacrime insorgevano in Takato «Pensi di essere il solo a cui una dannata “ultima puntata” ha sbattuto in faccia le porte dei sogni, del futuro?! E di essere il solo che rivorrebbe anche solo un giorno per poi morire, un giorno soltanto rivivere come allora, risentire l’odore di quegli autunni di scuola, la gente mandala al diavolo se ti dice che questo è stupido perché i Digimon non lo erano e per il solo modo in cui ti amavano e ti cercavano, ben valevano il doppio di quei panini che ti sei sbaffato!!» dopodiché una stretta, un abbraccio forte e sincero. Tra le lacrime, mentre Kazu chiedeva «Hai controllato che non ci fossi anch’io assieme al tuo fantasma…?»…e Takato confessava «Perdonami, perdonami ti prego. Invece ho ragione, ho ragione a dire che non ho il diritto. La vita non doveva essere così crudele con te! Sei sempre stato un bravo ragazzo ed io…dovevo starti più vicino!!» ma Kazu si affrettò ad asciugarsi gli occhi e a sorridere «Non fa niente, e se è per questo anch’io. Ma possiamo recuperare! Entrambi abbiamo pensato di essere soli, invece…per noi è come allora e i Digimon…» guardando verso l’alto «…in un modo o nell’altro seguitano ad unirci. Come quando ci facevano sfidare per stabilire chi era il migliore con le carte. Ti ricordi?»…«…ma certamente.»…
          …mentre col cappuccio a coprirle il capo Cindermon si protendeva tra i cespugli, interessata…
          …«Ahh, sarebbe bello che questo varco si aprisse di nuovo e ce li riportasse: se non altro per mostrar loro quanto siamo cresciuti!» sognava Kazu «Ci ho pensato…molte volte.» rispose Takato, aggiungendo «Chissà se Guilmon mi riconoscerebbe: se gli piacerei come sono adesso! Io avevo timore di lui quando cambiava aspetto alle sue prime Digievoluzioni, ma…adesso accade il contrario.»…«Lo farebbe senz’altro, tu per lui non saresti cambiato. Per loro non cambiamo mai, loro amavano…ciò che avevamo dentro. Così come in fondo viceversa: con le Digievoluzioni crescevano e cambiavano aspetto. Ma per noi erano sempre i nostri amici.»…si sorrisero (mentre Cindermon si compiaceva di quelle parole), dopodiché Kazu prese le mani del suo amico al centro di quello spiazzo come in una speculare preghiera «Mi chiedo, ma è possibile che non ci senta nessuno? Perché la vita…non ci riporta un soffio di quel tempo passato? Non fa suonare…un’ultima canzone come quelle di allora, adesso che anche la musica sembra così diversa. Perché non ci fa piovere un ultimo Digimon dal cielo? Così da poter riprendere a sognare…!...» pronunciato con un sorriso libero, senza la pretesa di essere considerato, soltanto per sognare. Solo per sperare ciò che forse non si può avere ma a cui è bello pensare. Takato chiuse gli occhi, e ripeté anche lui come un sogno stupendo «Un ultimo Digimon…»…
          …e dietro i cespugli «Ah!...Ahh-hhh nooo, non credo alle mie orecchie, questo è destino allo stato puro! Quel ragazzo aspetta me, meee! Allora non mi ero sbagliata: Takato non ha mai smesso di sognare i Digimon, nonostante sia cresciuto! Ohhh com’è tenerello nella sua dolce purezza tutta purezza che io mi papperò come una cena gustosa, lo farò attaccare a me e lui mi farà digievolvere! Adesso vado da lui: sono sicuro che appena mi vedrà griderà al miracolo mi si getterà ai piedi, mi porterà a casa sua e per non scontentarmi mi porterà tutto quello che gli ordinerò persino la colazione al letto! Takatooo! Aspettam-»…
                                                                    …«Un ultimo Digimon?!»…
                                                      …pronunciò una voce d’ambigua provenienza…
                              …nel sussulto di «Ahh!» Cindermon «Ahh!»…«Oh?!» Takato e Kazu…
Nascosto fra i cespugli c’era qualcun altro: i cui occhialoni splendettero di luce fuggevole «Ahh! Ma quelli sono?!» esclamò Takato raggelando…
          ...Kazu si fece prontamente vicino a lui «Lo conosci?!...
          …uh?!» ma anche lui fu rapito da un qualcosa di indecifrabile di quella figura piccola avvolta nell’ombra. Così non disse nulla, ma forse, da quel poco che vedeva dello sconosciuto, e dall’espressione atterrita del suo amico, comprese nello sbalordimento che Takato e costui dovevano essersi incontrati poco prima…
           …sbalordimento ancor più grande quando allo sconosciuto si accostò un essere a quattro zampe, che lasciò completamente senza parole e fiato Cindermon accucciata dietro i cespugli…
           …Takato però iniziò ad avanzare «Takato…» richiamato da Kazu che forse non l’avrebbe lasciato addentrarsi…
           …ma non poteva fermarlo, nonostante il brivido, negli occhi rossastri del giovane dai colpi di sole pulsava il desiderio di svelare quell’enigma…
           …«Chi sei tu…?»…chiese Takato…e «Ahh!» sotto i suoi occhi l’ombra svelò una delle figure: quattro zampe e coda ondulata appartenevano a un essere maestoso, simile a un cane ma adornato di riflessi e magia non terreni, fiera la sua espressione. Kazu non si capacitava, e Cindermon «Ma come…?!...è possibile…?! Ma sono i due che hanno passato il varco!!» nemmeno…
            …Takato fu colpito profondamente nel vedere la creatura, ma poi, nonostante il suo aspetto minaccioso cercò di scrutare il ragazzino nell’ombra, tese la mano, là verso quelli che sembravano proprio i suoi occhiali «Da dove vieni…chi sei?»…«Sono qui per te…» sussurrò, sbalzando il cuore di Takato, mentre Kazu esclamava «…!! Quella voce…?...!»…«Sei il ragazzo del mio sogno…?»…mentre la creatura emetteva un sommesso ringhio…
          …Takato lo guardò…domandando «E lui chi è…?»…«…Rombomon…»…«…!! Cosa?!» un altro colpo per Takato, per Kazu «Rombo…mon?!»…
          …nonché per Cindermon «Eeee…?!!»…
          …Takato aveva paura, ma nonostante tutto qualcosa lo calamitava di quelle due figure in coppia…«Siamo venuti qui…per compiere la nostra missione, Takato.»…«Ahh?!!...il mio nome…»…«E come tu sai…questi occhiali si addicono…alle sfide.»…
          …lottando contro la paura, che gli faceva tremare la voce «T-Tu…?...!...
          …tu…volevi…che io…ti conoscessi…? Volevi che vi incontrassi…?» provò a chiedere Takato con la determinazione di non sottrarsi alle risposte…
          …«Ti ho portato Rombomon…»…«Ohh…?!»…nel sottofondo del latrato di Rombomon, mentre Takato, seppur con esitazione, avvicinava la sua mano al pelo morbido, e screziato di quell’essere…«Rombomon…lui è un…?!»...era quella la domanda decisiva, nel trattenersi del fiato di tutti…
          …poi il ragazzino rivelò «L’ho portato qui per…
          …UCCIDERTI. Rombomon uccidili entrambi. E ASSORBI I LORO DATI.» nell’improvviso eruttare di aspra decisione «AHH?!»…
          …e Cindermon «CHE COOOSA?!!»…ma non ci fu tempo: Kazu afferrò Takato per il braccio e lo tirò indietro «Hai sentito di che ha parlato?! I nostri…dati?!» parlò quest’ultimo, e il primo «E tu hai sentito quello che gli ha ordinato?!» ma fra loro e le risposte…
           …una belva famelica ruggì feroce: e si caricò di energia. Ma i suoi movimenti erano paralleli a quelli del ragazzino, che d’un tratto spalancò le braccia verso l’alto – ciò corrispose a un balzo sensazionale della creatura che si stagliò nel cielo tra luna e nuvole. La sua coda allora mutò e da fluente e ondulata divenne una catena di cilindri di metallo – come l’elica di un elicottero volteggiò – per il precipitarsi di Rombomon in picchiata verso i ragazzi «AHHH!!»…«ARHG?!»…

          ROMBOMON
          Provenienza ignota.
          Tecnica: Coda plumbea

            …mentre Cindermon balzava in piedi da dietro i cespugli «E’ impossiiibile ma chi sarebbero quei due che si sono messi in testa di fare?! E quello poi?! RombomoOOOn?! Un Digimon?! Ma se non l’ho mai sentito in vita mia!!! Ih-hhh! O mammina…!» e restò impietrita quando vide che Rombomon aveva puntato Takato, il quale come Kazu era a terra dopo che si erano scansati per miracolo per evitare quella discesa in picchiata «Takato scappa, allontanati!!!» fu la sofferta esortazione di Kazu, ma l’amico era come paralizzato…cercava qualcosa nel ragazzino oscuro dietro i cespugli, ma questi si preparava a mimare il prossimo assalto dietro il cupo avanzare di Rombomon: le sue mani si contraevano, in quella che sembrava una stretta sanguinaria al suo avversario, infatti poco dopo ruggì – e saltò ma Kazu scattò prontamente e tirò via il suo amico dal pericolo «Dobbiamo metterci in salvo! Takato, quello vuole ucciderci e noi!»…«Ma perché?!»…«Non lo so, ma noi!...
            …non abbiamo più chi ci protegge. Non c’è chi può affrontare per noi quell’essere-OAHHH!!»…«Kazu!» Rombomon non si era arreso ed aveva spinto a terra quest’ultimo – ora gli teneva le zampe premute sul petto, mentre il movimento del ragazzino si piegava in una posa ambigua, inquietante e stringente…parallelo a piegarsi del capo di Rombomon, che prossimo sembrava a sferrare un morso…
          …«E-Ehmmm…qui si mette male…» si sfregò le mani un’incerta Cindermon «Vorrei tanto sapere il senso di questo fuori-programma…!»…
          …«Oh no, Kazu!!» Takato si rialzò, e corse verso Rombomon ma questi gli sferrò un colpo di coda metallica che «AAAAAHHHH!!!» lo spinse contro un albero con violenza inaudita – violenza, che suscitava riflessioni chiaroscure in Takato «Quella creatura non proviene dal nostro mondo…la sua forza…è disumana, assomiglia a quella dei…!...» mentre Kazu cercava di liberarsi, ma era impossibile – la mimica ponderava un assalto prossimo, ed il ragazzo prigioniero esortò «Takato!!...devi fuggire!!...aa-cch, adesso sbrigati! Ora che è impegnato con me!»…«Non posso lasciarti qui!!!»…«Pensa…a metterti in salvo!! A-Ahhh!!» mentre quegli artigli spingevano sulle sue spalle…
           …Takato si alzava a fatica e si reggeva la spalla ferita dopo il colpo, nei suoi pensieri “Ha ragione Kazu, siamo indifesi, forse non abbiamo speranza. Se ci fossero i Digimon potrebbero fronteggiarlo alla pari. Ma loro non sono qui. Tuttavia non potrei mai fuggire. Lui è in pericolo, e mio dovere è fare di tutto per salvarlo. Anche sapendo come andrà a finire!!” sicché contrariamente alle suppliche dell’amico «Takato!!!» questi corse di nuovo dritto contro il nemico, che di nuovo tentò di sferrare un colpo di coda ma Takato miracolosamente lo schivò gettandosi a terra e poi riemergendo, e cercando di scansare Rombomon a spallate («Ma che fa?!» esclamava intanto Cindermon «Fa l’eroe, perché non scappa, ora quello lo ammazza!!!»)
          …infatti la mimica indicò un bersaglio diverso – Rombomon si volse – e il ragazzino mimò un agile movimento oscillatorio – che si tradusse nell’attorcigliarsi della coda metallica attorno al corpo di Takato «Oh no!!» esclamò Kazu (Cindermon ponderò con estrema attenzione). Kazu era libero, ma Takato ora gemeva stretto nella soffocante coda a cilindri di metallo…
          …il ragazzino si stringeva sempre più a se stesso…
          …e questo sembrava aumentare il dolore per Takato – dalla mimica sembrava però pronta a spuntare una mano mordente…a cui corrispondevano fauci smaniose di colpire…
          …Kazu scattò per cercare di auitarlo, ma Rombomon si accorse di lui e lo respinse violentemente «OOOAHHH!» con un’onda generata dal suo ruggito «Takato…no…»
          …il ragazzino nell’ombra, da ripiegato com’era mimò un assalto bramoso…
          …nei pensieri di Takato “Non riesco a respirare…è la fine: Guilmon, se solo tu fossi qui. Se solo potessi aiuarmi ancora!...ma non mi senti, i nostri mondi sono troppo lontani, ed è questo che segna l’epilogo. Guilmon!”

          …Guilmon si risvegliò da quello che per lui sembrava un incubo «UHM! TAKATO!!»…

          …mentre il ragazzino nascosto si esibiva in una sequenza di colpi lacerante senza pietà, né tregua, né speranza…
          …Rombomon ruggiva «Così…finisce.» sussurrava Takato ad occhi stretti. Ma proprio in quel momento…
                                                                          «Brace d’autunno!!!»
Una raffica di foglie incandescenti si diresse vorticosa verso la bestia a quattro zampe, travolgendola in pieno e spazzandola via – Takato si ritrovò libero in un istante «Takato, sei salvo!!!» gridò Kazu che non credeva ai suoi occhi…
          …Takato «Sono libero…?...non posso crederci.» e attorno foglie a terra, che ancora bruciavano «Del fuoco…»…e ricordava una creatura rossa che lanciava meteore infuocate dalla bocca «Io ti ho chiamato…è possibile? E’ possibile che sia…?»…ma a pestare le foglie magiche a terra, vide dei calzari rossi lucidi «Uhm?!»…ed anche Kazu «Oh?! Chi è quella ragazza…?»…
          …Takato alzò i suoi occhi…e ne incrociò di azzurri…che lo contemplavano con un sorriso furbetto…
          …«Chi sei…? Sei stata tu a salvarmi…?»…lei fece qualche passo. E rivelò «Io sono Cindermon. Sono il tuo nuovo Digimon.»…«…!! Che cosa?!»…«Come?!»…rispettivamente Takato e Kazu…ma lei aveva occhi solo per uno dei due, verso cui mosse qualche altro passo «D’ora in poi io e te combatteremo insieme.» decretò, ma gli occhi del giovane non si capacitavano…
          …ma un ragazzino nell’ombra puntava contro tutti e tre loro…ed allestendo a poco a poco un nuovo movimento…
          …interruppe quella linea di sguardi permettendo il riemergere ancor più furioso di Rombomon, che scattò «AHH!!» e la prima contro cui si avventò fu Cindermon che colta alla sprovvista si trovò un braccio ferito «Maledetto…» caricò così la sua mano «Brace di-» ma una voce rancorosa emerse dal ragazzino «Coda…plumbea!!» oscillando in quella che sembrava una danza…
           …ma che si tradusse in un balzo a cui seguì il roteare della coda a mo’ di elicottero, fattasi ora carica di energia oscura, e che piombò su Cindermon «DAARHG!!» colpendola ripetutamente, e poi gettandola a terra «Ahh!!» nel brivido dei due ragazzi…
            …la mimica sembrava un invito ad assalire, e assalire ancora…
            …lo sguardo della ragazza Digimon era ardente e determinato, ma la sua sequenza offensiva era stata spezzata ed ora si ritrovava con la zampa del nemico a bloccarle la gamba, e quelle fauci vicinissime, e minacciose…
            «Non posso restare a guardare! Devo aiutarla!» esclamò Takato, mentre Kazu «Takato, fa attenzione!!» ma il ragazzo non volle sentirci – Rombomon alzava la coda per colpire Cindermon nel compiacersi del ragazzino che si stendeva all’indietro pronto a piombare, ma Takato si avventò sull’essere «Lasciala subito andare!!» Rombomon si dimenò – sembrava voler ingoiare la testa del ragazzo in un solo morso, ma Cindermon gli afferrò la coda – agitazione folle e quattro zampe che sfregavano la terra «Vattene, lascia fare a me!!» ordinava Cindermon, ma Takato «Neanche per sogno!» seguitava con lei quella assurda impresa di tenerlo fermo – fino a che l’agitarsi di Rombomon non portò casualmente la mano del ragazzo su quella della Digimon – questo provocò una specie di miracolo: lo sprigionarsi di una luce accecante…
          …che «AHH!!» sembrò dare fastidio al ragazzino misterioso che si parò lo sguardo…e che interrompendo la mimica gettò in un caos sofferente la creatura a lui connessa…
          …occhi attoniti di Takato, Cindermon e Kazu nello svilupparsi, al centro del nucleo lucente, di quello che Kazu definì «E’ impossibile eppure a prima vista quello sembrerebbe un Digivice…»...
           …era un oggetto speciale, elegante, adornato da una foglia aurea…
           …«L’incontro fra Digimon e domatore ha permesso l’apparizione del Digivice…» mormorò Cindermon che pareva intrigata da quel fenomeno…di cui «AHHH!!»…Takato sembrava non capacitarsi…
           …sfrigolando il Digivice cadde a terra…
           …nel diradarsi del bagliore e nel graduale riprendersi di bambino e Rombomon…
           …«Raccoglilo.» disse Cindermon «Come?!»…«Raccoglilo!» incalzò la Digimon scattando in piedi «E concentra tutta la tua energia!» e caricando mani e piedi di forza magica rossa «Abbiamo solo cominciato…Combo spezza-fiato…» Sembrava l’avvio di una tecnica, che Rombomon si preparava a fronteggiare mentre il ragazzino mimava un atteggiamento difensivo. L’istante dopo Cindermon liberò la sua energia travolgendo il nemico in una raffica di pugni e calci senza tregua – Rombomon spiccando con lei il volo duellava con la sua coda d’acciaio, ma l’assalto di Cindermon dava l’idea di essere incontenibile.
          Takato fissava il Digivice a terra, ma la sua mano tremante si ritirò quando stava per raccoglierlo – però trovò Kazu ad appoggiarsi a lui per tranquillizzarlo «Fa come ti dice.»…«Ma io…?!»…«Quella è una Digimon! E forse anche Rombomon: Takato è possibile che le nostre preghiere siano state ascoltate!» rivolgendo uno sguardo di speranza ai duellanti in cielo…e poi uno sguardo d’affetto all’amico «Hai sentito, ha detto…» ponendogli lui in mano quel Digivice «…che è venuta per te. Prendilo…ti spetta. E prova a seguire il suo invito.» seppur la mano sembrasse esitare nell’accoglierlo…
          …intanto «Hai finito bel cagnolino: mi piacerebbe tanto sapere che intenzioni hai, se non fosse che sei troppo limitato per rispondere!» lo provocava Cindermon in quella lotta, ma il bambino mimò un fendente rigoroso, e così «AAHHH!!» la Digimon fu colpita, e stava per precipitare…
          «Adesso, Takato!» esclamò Kazu, e Takato guardò lei col cuore pieno d’incertezza, poi però si volse verso il ragazzino nascosto tra gli alberi: fu alla vista di costui che prese fiato, chiuse gli occhi…
          …e provò a stringere il misterioso oggetto, concentrandosi…
          …per poi innalzarlo: emise un raggio di luce - che raggiunse Cindermon in caduta libera, caduta che si arrestò, nel chiudere gli occhi della guerriera «Ecco…sì, finalmente mi sento rinvigorita. E bravo Takato…ora sarai premiato con la mia esplosione di potenza!!!» Potenza che si riflesse nei suoi occhi che si accesero come una brace – l’espressione fu un volteggio ancor più vigoroso di colpi che Rombomon non poté arrestare, e che il bambino sembrò incassare con difficoltà fino quasi a piegarsi «Ahahah!» Cindermon se la rideva soddisfatta («Incredibile!» esclamava Kazu abbagliato) – la codata di Rombomon fu respinta da un balzo calciato, e costui precipitò…
          …frantumando il terreno in un subbuglio di terra e foglie – il bambino era piegato e sembrava riprendere fiato a fatica. Cindermon atterrò leggera «Uhmuhmuhm!» e con la coda dell’occhio guardava Takato. Il ragazzo però non era a suo agio, la sua espressione era timorosa e insicura, e quel Digivice non lo sentiva come cosa grata nella mano «E’ tutto merito tuo, bravo. Sei un ottimo domatore, non sono solo dicerie. Cercavo qualcuno per accrescere la mia forza e l’ho trovato, il mio fiuto non sbaglia mai!» Parole che stratificavano dubbi su dubbi, e che spinsero i due amici a guardarsi. Mentre Cindermon avanzava lenta, soddisfatta, nonché minacciosa verso il malridotto Rombomon. Il ragazzino sussurrava tradendo ansia nel tono «Alzati, Rombomon!...devi continuare a combattere!»…«Non illuderti!» replicò però la Digimon «Anzi, ti consiglierei di guardarlo per l’ultima volta. E se hai uno specchio a portata di mano fa lo stesso con te, consiglio da amica!»…«Rombomon!!...reagisci!!» ma «Nooo!!»…
          …inaspettatamente l’essere dalla coda d’acciaio parlò «No, ti prego!» e muoveva le sue zampe, ma non riusciva ad alzarsi «Non cancellarmi, te ne supplico! Nessuno ancora mi ha detto mai…perché esisto…per quale motivo…sono stato creato!» Parole che destarono un «AHH?!» generale dei due ragazzi spettatori, ma Cindermon sorrise beffarda «Perché sei stato creato? Va a chiederlo al tuo pseudo-domatore! Ah beh certo…per farlo dovrai arrivare fin là! E con me qui non ci riuscirai!!!»…«Ah!!» sussultò Takato «Sta ferma, che fai, sei impazzita?!!» tese la mano il ragazzo, ma lei «Cooosa, ma se ho solo iniziato! Dai, che adesso facciamo un po’ di scena!»…«Fermati!!!» gridò Takato col Digivice in mano – ma questo non fu utile a fermare Cindermon dal riprendere una sequenza di attacchi più feroce e incalzante di prima. Solo che stavolta non incappava nel contrattacco, ma semplicemente nella sempre più straziante sofferenza di quella creatura ormai non più in grado di combattere: il ragazzino provava a mimare ma le sue mosse epilogarono in un gesto di rabbia, e di resa «Fermati, non lo vedi, non è più in grado di combattere!! LASCIALO STARE!!» gridava Takato con tutto il fiato in corpo, ma lei «No! Voglio dimostrarti quanto sono potente!! Voglio…accecarti con la mia grandezza!!»…«SMETTILA!» e solo in quel momento Kazu poté premurarsi «Takato, sei ferito?» ma poi i loro occhi andarono alla non-più lotta…
           «Ahahahah!» Cindermon sembrava divertirsi – con un calcio abbattè Rombomon, dopodiché caricò un nuovo vortice di foglie fiammanti nelle sue mani, puntando contro l’essere che precipitava «E adesso…addio per sempre.»…«NO!!»…«Brace d’autunno!!!»…«ROMBOMON!!» esclamò il bambino, e Rombomon emise un ultimo latrato: il vortice lo travolse in pieno…
           …e ciò che il fuoco lasciò non fu più integro, ma soltanto dati come tante piccole luci: dati, che confluirono nel corpo della guerriera che compiaciuta lo aveva sconfitto, e atterrava. Lasciando dietro di sé occhi sconvolti.
           La scuotente battaglia lasciò in pochi istanti un inquietante silenzio. Takato e Kazu sul retro a sorreggersi reciprocamente, quel ragazzino venuto dall’ombra sul lato opposto, e Cindermon al centro. Costei tirò un profondo sospiro «Nuovi dati, e alquanto interessanti…! Sono più forte.» e puntò gli occhi contro il giovane misterioso rimasto in piedi e immobile «Allora…tu eri quello che voleva assorbire i nostri di dati se non erro, giusto?...TI E’ ANDATA MALE…e se ora non hai intenzione di soffrire ancor più di quanto non abbia fatto la tua inutile bestiaccia ti conviene venire sotto la luce: mostraci il tuo bel faccino!!» ma lui non obbedì…
          …piuttosto mormorò «…se c’è una cosa sicura in tutto questo…è che in un giorno non lontano me la pagherai cara, brutta assassina…
          …me la pagherete cara tutti voi!!!» dissolvendosi nell’oscurità «Aspetta!! Con chi credi di aver a che fare, torna subito qui?!» gridò aspramente la Digimon, ma scostando l’erba constatò che tra i cespugli non era rimasto nessuno. E anche dando loro le spalle non poteva evitare di sentire l’intensità degli sguardi dei due giovani puntati su di lei, sicché si volse. E pronunciò «Bene…
          …c’è un nuovo nemico per la terra! Dobbiamo quanto prima accumulare tutte le informazioni necessarie su di lui per poi rispedirlo da dove è venuto: A CALCI…!» avvicinandosi orgogliosa…
          …Takato sfoderò sguardo ostile e diffidente e si pose in atteggiamento protettivo nei confronti del suo amico «Veniamo a noi Takato…» ponderò Cindermon, precisando «Ah puoi mandare via il tuo amico non ti serve per accompagnarti a casa IO lo farò: e con me non avrai niente da temere, te ne sarai accorto! L’unione fa la forza e ora che io e te siamo legati da un Digivice possiamo stendere qualsiasi avversario!» ma a rompere il silenzio che seguì a quelle dichiarazioni fu Kazu «Senti…c’è una cosa importante che vorrei chiederti: tu sei un Digimon? Vieni da Digiw-»…«Bello? Non stavo parlando con te né intendo farlo: comincia pure a ritirarti, sciò! Non ci servi. Qui non c’è spazio per le nullità…» e avanzava ancora mentre Takato faceva barriera più intensamente «Ti prego!» insistette Kazu «E’ fondamentale per noi: se sai qualcosa di alcuni Digimon nostri amic-»…«Non hai orecchie buone?...non costringermi a sturartele con i miei metodi.» e poté sovrastare con lo sguardo i due giovani «Takato d’ora in poi non avrai più bisogno di nessuno fuorché di me. Te l’ho detto. Io sono il tuo nuovo Digimon. So che ne aspettavi uno, io sono giunta per rendere il tuo desiderio realtà. Ora capisco che tu sia confuso e che il mio arrivo fosse inaspettato, ma ti garantisco che non ti pentirai di avermi concesso fiducia. Certo priorità ora sarà imparare ad usare il nuovo Digivice ma non sarà difficile, tu sei pratico in queste cose e poi se mi permetti di aiutart-» tendendo la mano per sollevare quella di lui che ancora stringeva il Digivice – ma il ragazzo la tirò via all’istante «NON TI AZZARDARE A TOCCARMI!!!» gridando a tutto fiato e lasciando «EEHH?!» completamente sbalordita la Digimon…
         «Non…ho sentito bene, io…nnnon credo che sia materialmente possib-»…«NON HAI ORECCHIE BUONE?!...chiedo io a te! Non costringermi a sturartele con i MIEI METODI…!!...» e l’espressione di quel ragazzo si era trasformata inaspettatamente in una fornace «Takato, ma…!! Che altro ti ci vuole per convincerti?! Sono qui, sono venuta, è apparso il Digivice, sono potente e te l’ho dimostrato!»…«Dimostrato?! Dimostrato COSA…?! Quello che ho avuto davanti altro non è stato che uno spettacolo di gratuita crudeltà!!!» aspro oltremodo nella voce, e il risentimento aveva inondato i suoi occhi «Ma io ti ho salvato la viiita!»…«Non è stato per altruismo…!» mormorò incisivo e tagliente, fissandola mentre il tremore lo scuoteva «No, tu l’hai fatto…unicamente per te, per assorbire i dati di quella creatura, e acquisire potenza!!» lasciando stupito anche Kazu per quella furia, che incalzò «Lo hai detto. Prima, molto chiaramente!»…«Ma quella creatura ti aveva attaccato voleva sbranarti avrebbe fatto di te, e del tuo inutile amico la sua cena se non fossi intervenuta io, IO!!!»…«Nessuno ti ha chiamata! Nessuno qui ha implorato il tuo intervento, la sola supplica è stata quella di quel tuo avversario su cui poi hai infierito quando era chiaro che non poteva difendersi!! Ti aveva chiesto pietà…gliel’hai negata…»…«EeeeEEEH?! Takato?!» Cindermon trasecolava «Ah ma che razza di discorsi sono questi insomma quello era un nemico dalle mie parti si chiama NE-MI-CO e ai nemici sai cosa si fa?! Cavolo che poi ne hai avuti non posso credere che realmente tu mi stia dicendo questo dopo la mia straordinaria dimostrazione di forza! Chiunque, CHIUNQUE adesso sarebbe felice, contento, altro non chiederebbe che al proprio fianco un Digimon! E uno potente, che non teme confronti come la sottoscritta!»…«Non so quale sia la gente abietta quanto te a cui ti stai riferendo…! E COMUNQUE…» stavolta avanzando lui verso di lei e puntandole contro occhi al punto da intimorirla quasi «…se credevi di arpionarmi in non so quale modo e per non so quale scopo allestendo tutto questo beh hai sbagliato persona hai sbagliato indirizzo e hai sbagliato a venire.»…«Senti! “hai sbagliato, hai sbagliato, hai sbagliato” insomma chi cavolo ti credi di essere ragazzino?! A me non lo dice nessuno che ho sbagliato tantomeno uno sciocco come te che non sa apprezzare la qualità buona pe-pensa: apri un attimo la mente sono passati un bel po’ d’anni dalla tua ultima battaglia la gente non ci crede più che hai combattuto con un Digimon, sono tutti così! Penseranno che ti sei inventato tutto mentre se ti vedranno con me, non resterà loro più fiato per ammirarti! Insomma ti propongo un affare io ti faccio diventare un eroe, tu mi fai diventare potente che DIAVOLO di un ACCIDENTI c’è di strano?!»…«Di strano?! Niente!! Di gente come te c’è né in ogni angolo: MI HA STUFATO…» e «AHH!!»...«Takato!» nel trasalire di Cindermon e Kazu gettò a terra il Digivice «E riprenditi anche questo stupido arnese, non mi serve! Non so da dove esca! Non so da dove TU sia uscita! Ma per quanto mi riguarda…puoi tornare da dove sei venuta!!»…«AH-H! MMMA TU SEI IL MIO DIGIMON TAMER!!»…«IO HO GIA’ UN DIGIMON!!»…«Non più…»…«Questi sono affari miei…
          …VA VIA! NON FARTI PIU’ VEDERE!!» tirando un calcio a quel Digivice e facendoglielo schizzare addosso, per poi voltarle le spalle «Andiamo, Kazu!»…«Ma!» Takato però tirò via il suo amico impedendogli di replicare…
           «N-N…!» Cindermon rimase sola…e finì per far tuffare le mani sul suo ciuffo di capelli rossi scomponendolo completamente «AaaaAAAARGHHhhh!!! Ahhh, ma capitano tutte a me?! MA CHI MI E’ TOCCATO?!! Non era un ragazzino mansueto, cos’è uno scherzo, un pesce d’aprile?!!»

          I due ragazzi erano già lontani, tra i vicoli cittadini «La vedi?! Ci segue?!» chiese metallico Takato «Eh? Non lo so…! Non mi sembra.»…«…
          …bene!»…«Takato…sei sicuro che fosse il caso di mandarla via in quel modo? Non fraintendermi…non è piaciuta neanche a me. Tantomeno quello che ha fatto. Però se è realmente un Digimon potrebbe conoscere un modo per attraversare il varco, lei è da lì che dev’essere venuta! E poi quello che è apparso sembrava davvero un Digivice.»…«Io non mi fiderei così ad occhi chiusi!»…«Tu dici…?»…«Certo! Chi ci assicura che sia realmente quello un Digivice e soprattutto lei un Digimon!»…«L’hai vista, aveva dei poteri straordinari…! A me è sembrata un vero Digimon.»…«A me è sembrata una squallida imbrogliona! E poi comunque da una così che aiuto vuoi cavare.»…«Beh…lei ci ha aiutato. D’accordo, poi ha agito male, però…!...a proposito…chi sarà stato quel ragazzino? E poi quel Rombomon…
          …Rombomon…Cindermon…e se i Digimon fossero tornati…?»…Takato si appoggiava al cemento e guardava verso le stelle “E se Kazu avesse ragione…? Se avessi fatto male ad allontanarla, magari lei sa qualcosa di Digiworld…
          …dei Digimon…
          …e di quel varco chiuso da dieci anni…”

          «Takato Matsuki…non finisce qui, questo è certo!!» stringeva Cindermon con bramosia quel Digivice «Non ho scovato il mio Digimon Tamer per essere scaricata in questo modo! Ti starò alle costole e alla fine dovrai accettare la mia presenza! Ti sarà tutt’altro che facile liberarti di me…UHF!!» e ringhiava di nuova determinazione…



          «Ho avuto un incubo, Beelzemon, è stato terribile! Takato era in pericolo!»…«Immagino…ma sarà stato soltanto un sogno, ne sono certo!»…«No…non era un sogno…!» gemeva Guilmon «Percepivo la presenza di qualcuno che lo odia tanto! Takato…»…«…nessuno può odiare Takato. Perché lui è buono, e sa farsi voler bene.»…«Proprio per questo, proprio perché è buono è da sempre nel mirino di tutti i malvagi!»…consolarlo sembrava impossibile…
          …Beelzemon si accostò a Renamon, la quale diceva «E’ meglio lasciarlo solo. Questa solitudine è il boccone amaro della sua vita. In certi momenti non ci sono parole…è il cuore che parla a dispetto delle distanze.»…«Takato…» sembrava soffrire il draghetto rosso, fissando oltre la finestra di quella stanza dallo stile rock il globo azzurrastro troppo grande affinché mostrasse i destini dei suoi abitanti…
          …ma non lontano da lui era pronunciato un sussurro «Rombomon è stato sconfitto…devo trovare qualcun altro che possa sanare la ferita del suo cuore. Devo trovare…qualcun altro…» Nell’ombra così di nuovo si distinse una sagoma…
          …Guilmon lo ignorava…ma la sua immagine alla finestra ora si specchiava nelle lenti di due occhialoni con molto passato alle spalle…

   
 
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