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Autore: Naki94    14/02/2015    0 recensioni
A Mason Creek continuano le ricerche dell'agente dell'FBI Jersey Shown non solo sulla recente scomparsa di Sofia Monroe, ma di altri due ragazzi: Martin Hoover e Jason Davies. E mentre gli abitanti di Mason Creek, soprattutto i genitori dei ragazzi scomparsi, diventano sempre più inquieti, emerge dal passato la leggenda di un demone soprannuminato Lo Slender. Il detective Shown dovrà combattere contro le superstizioni di un paese intero mentre continua la sua indagine su un caso sempre più intricato.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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E' notte fonda e sono sdraiato sul divano quando la mia mente viene assalita dal ricordo di quella luce scarlatta che proveniva dal nero abisso del cielo. Si apriva dalle profondità più oscure del cosmo sopra di me oltre i fitti rami del bosco. Mi alzo di scatto con quell'immagine. Il camino, quasi di fronte a dove sono sdraiato, è spento, ma il calore di alcune braci sotto la cenere mi arriva al volto. Un silenzio indescrivibile mi paralizza per un istante, poi appoggio nuovamente il collo rigido madido di sudore sul cuscino del divano rimanendo fino all'alba con gli occhi spalancati e offuscati da mille pensieri.

Avverto in profondità alcuni rumori che associo ai topi o a qualche animale di campagna. Per la prima volta nella mia vita inizio a dar forza a qualcosa di surreale, la mia mente si ribella alla razionalità e la sento silenziosamente addentrarsi in strade perdute, buie e nefaste. Ragiono. E la paura, di cui sto soffrendo questa notte, non posso attribuirla a qualcosa di reale e conoscibile, è una paura molto più feroce e sotterranea, innominabile e non conoscibile.

Alla mattina sul presto Sam mi vede già in piedi con l'impermeabile abbottonato. «Sam, ti ho aspettato per poterti ringraziare dell'accoglienza, ma ora devo proprio andare».

Sam rimane però lontano, a metà via tra l'ombra del corridoio e la luce della lampada accesa. Risponde con un tono stanco e rauco, non sembra neppure la stessa voce della sera precedente. «Son contento che possa partire così presto, detective. Ho molte cose da sbrigare oggi, e speravo di non aver alcun ospite a farmi compagnia. Magari sembro scortese, ma è la verità».

«Nessun problema, Sam. Molte volte sono senza scrupoli anch'io nell'esporre una mia opinione, forse è per questo che non ho molti amici». Sorrido amaramente.

Prima di voltarmi verso la porta noto uno strano riflesso nel buio del corridoio, è un riflesso incandescente che sfavilla a mezz'aria, circa all'altezza degli occhi del vecchio ancora coperto dall'ombra della casa. Probabilmente è il riflesso della lampada su i suoi occhi. Esco e mi trovo di fronte a una campagna abbattuta dalla tempesta: lunghissimi tratti di fango e acqua rispecchiano i rami secchi degli alberi spogli e, nonostante il vento tagliente, le foglie non volteggiano per i campi aridi, ma rimangono stampate sul cireneo terreno.

Lasciare quella casa alle mie spalle mi rigenera ad ogni passo, non ne conosco il motivo. Raggiungo a piedi un locale che si trova sulla prima strada oltre la campagna, l'insegna dice “Hart - tavola fredda”. Quando entro acquisto un pacchetto di sigarette e, dopo aver bevuto due tazze grandi di caffè, alzo la cornetta del telefono sulla parete accanto al bagno. Chiamo Kooper in centrale.

Risponde al segretaria dell'ufficio che qualche istante dopo mi passa Kooper sull'altra linea.«Dove cazzo sei finito, Shown?». Questo è il buongiorno di Kooper.

«Ti ho chiamato per dirti che oggi vado a Stonehill a far visita a Jeremy Daughtry, devo fargli personalmente alcune domande su quello che è accaduto nel 1992»..

«Non ti servirà a niente, Shown. Quello è un matto ti riempirà le orecchie di stronzate».

«Non più di quanto lo fa la gente di Mason Creek».

C'è un brevissimo silenzio poi Kooper cambia discorso. «Oggi arriva una squadra di agenti da Dodge City, lo sceriffo Tyalor ci ha spedito i suoi ragazzi per aiutarci a trovare quei due poveretti che sono scomparsi. Ricominciamo dal bosco».

«Ho parlato con Eric, non so se Wide ti ha detto qualcosa».

«E' stato molto vago specificando che suo figlio è ancora sotto choc e fuori di sé».

Credo che Wide, da bravo padre quale dimostra di essere, stia cercando di difendere suo figlio e di perdere tempo nascondendosi dietro ai vaneggiamenti di suo figlio definendoli non credibili. Rifletto se dire o meno ciò che mi ha raccontato Eric a Kooper. «Kooper, Eric afferma che Irina ha ucciso Sofia nel bosco. L'ha letto nel suo diario».

«Sono accuse molto forti, dobbiamo avere delle prove Shown, lo sai benissimo!».

«Le avrai». Metto giù la cornetta del telefono e l'istinto di dare un forte pugno contro la parete del locale mi invade il corpo gonfiandomi le vene di rabbia.

Il taxi mi porta fino all'imponente struttura ospedaliera. Il manicomio di Chesterfield si erge maestoso e grigio sulla città a qualche miglio da Stonehill.

Quando, accompagnato da un'infermiera, raggiungo l'ufficio del primario del manicomio, rimango sorpreso alla vista di una graziosa donna seduta dietro la pesante scrivania riempita di scartoffie.

«Lei chi è?». Mi domanda abbastanza asciutta.

L'infermiera alle mie spalle esce dall'ufficio chiudendo delicatamente la porta.

«Sono il detective Shown, della squadra omicidi. Sto lavorando al caso dei ragazzi scomparsi a Mason Creek e desidererei parlare con...».

«...con Jeremy Daughtry». Mi interrompe e finisce per me la frase, una cosa che in genere non sopporto, ma quella donna lo fa in maniera così raffinata e audace che non mi assale alcun nervoso. Così lei continua. «Ogni tanto si presenta un detective o un giornalista che chiede di Jeremy, lei è l'ultimo di questi a quanto a pare». Fa una brevissima pausa durante la quale alzo lo sguardo per studiarmi. «Tuttavia tutti escono da qui insoddisfatti, capiscono che quell'uomo è matto e che ciò che dice non può che confermare il suo grave stato di salute mentale e il motivo del suo ricovero in questa struttura. E' solo tempo perso detective».

«Sarà, Dottoressa Ellison, ma questo è quello che devo fare. Mi accompagna alla cella?».

Da vera donna di potere non mi concede certo la soddisfazione di domandarmi come abbia fatto a scoprire il suo cognome, dal momento che sul vetro della porta c'è ancora stampato il nome vecchio primario: Dr. Crugher.

Così si alza dalla scrivania afferrando un mazzo di chiavi. «D'accordo, andiamo».

Mentre i nostri passi risuonano negli altri e nei corridoi dormienti, cerco di scoprire qualche dettaglio in più sul posto. «So che il vecchio primario è ricercato dalla polizia, cosa ha fatto?».

Sempre con tono freddo la Dottoressa Ellison risponde. «Faceva esperimenti sui pazienti, fortunatamente un prete della parrocchia dell'ospedale è riuscito a denunciare il Dottor Crugher con valide prove».

«Esperimenti di che tipo?».

«Erano pratiche occulte, non esperimenti scientifici. Agli inizi degli anni '90 il primario precedente a Crugher, il dottor Heinz, è stato trovato morto nel suo ufficio e inspiegabilmente tutti i suoi pazienti sono scomparsi, nessuno di loro è stato più ritrovato. Solo un uomo quella notte era ancora nella sua cella. Era uno scrittore con una grave forma di schizofrenia».

«Che fine ha fatto lo scrittore?».

«Quando il il Dr Crugher prese il posto di Heinz, lo scrittore fu torturato. Erano convinti che sapesse qualcosa sulla scomparsa di tutti quei detenuti, o che addirittura fosse sua la causa. Non so per quale motivo iniziarono a credere a questo».

Le linee opache delle lampade ci tagliavano velocemente la faccia ad ogni echeggiante passo in quel corridoio, mentre le urla dei pazienti si avvicinavano sempre di più a noi.

«Tra i detenuti si parla di un libro che scrisse questo paziente, ma qui si cade nel fanatico o nella leggenda. Io sono una donna di scienza e tutto ciò che oltrepassa un certo limite, non lo considero con grande importanza».

In un altro momento della mia vita le avrei certamente dato ragione, ma ora alcuni assillanti dubbi li sento annidarsi e respirare nell'oscurità degli angoli bui dei corridoi della mia mente, in attesa di rivelarsi.

La cella è alla fine del corridoio, un po' isolata dalle altre. La Dottoressa chiama due guardie che aprono la porta di ferro ammanettando il misterioso uomo avvolto dalle fredde tenebre al suo interno.

«Io starò qui fuori, assieme alle guardie. Le darò non più di dieci minuti. Se lo ricordi bene. Il detenuto è ammanettato e sedato, posso farla entrare senza la guardia, ma a qualsiasi dubbio bussi sulla porta e noi entriamo».

Annuisco ed entro nella tana del lupo.

 

OVVIAMENTE CONTINUA.... :)

   
 
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