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Autore: july29i    14/02/2015    1 recensioni
Avete presente l’incantesimo di pietrificazione? Quando Sherlock lesse il contenuto del biglietto fu come se dal nulla fosse spuntato un mago e gli avesse gridato “Petrificus Totalus!” e con un pop tornato da dove era venuto.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Perdonate le note all’inizio della storia, ma in questo caso sono necessarie.

Fanfiction scritta per il contest di San Valentino indetto nel gruppo “Sherlockians” (che saluto tanto tanto <3).

Il prompt mi è stato dato da Sasi:

What if Sherlock e Molly si conoscessero fin dall'asilo e Molly, quando avevano 5 anni, gli avesse regalato un bigliettino con un messaggio particolare? Non anticipo nulla e nonsocos’altroscriverequindi..

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Il biglietto

 

Tutto era iniziato quando Sherlock aveva deciso di aggiornare il proprio blog. Non che ci fosse qualche novità scottante, ma l’unico consulente investigativo ne sentiva il bisogno. Assenza di nuovi casi interessanti? Può darsi. Noia? Sicuro.

Ripescò dal Mind Palace uno degli ultimi casi risolti e descrisse con incredibile minuzia di dettagli il cadavere della malcapitata vittima. Peggio di una storia horror. Avrebbe perfino fatto vomitare il più resistente di stomaco. Dopo aver finito di scrivere il punto esatto nel quale una trave aveva fracassato la testa del pover’uomo, dovette alzarsi per prendere l’enciclopedia medica e continuare la macabra descrizione. Infatti, mentre risolveva il caso, aveva appuntato tra quelle pagine delle deduzioni importanti. Come sospettava non era al suo posto. John l’aveva consultata giorni prima.

Chiamò l’amico che era chiuso in bagno da almeno mezz’ora e, assicurandosi che non fosse caduto nel gabinetto, si fece dire che fine avesse fatto l’enciclopedia. La trovò in soffitta, abbandonata tra la polvere e tra ciarpame vario. La prese e, prima di riscendere, la sua attenzione venne catturata da una scatola più scura delle altre e a lui familiare. Prese pure quella e ritornò in salotto.

Tralasciando il blog per qualche minuto, si dedicò alla scatola. Nella parte superiore, scritto con una calligrafia elegante, vi era il suo nome. All’interno aveva conservato gli effetti personali a lui più cari. Ulteriore dimostrazione che non possedeva un cuore di ghiaccio. Ricordi, emozioni passate, pezzi di sé. Il cappellino da pirata, il suo primo saggio teorico dell’università, una foto con i genitori (e sì, c’era anche Mycroft), il primo dentino da latte, un trenino di plastica, un biglietto di carta bianca ripiegato più volte. Lo prese incuriosito e, delicatamente, lo aprì.

Avete presente l’incantesimo di pietrificazione? Quando Sherlock lesse il contenuto del biglietto fu come se dal nulla fosse spuntato un mago e gli avesse gridato “Petrificus Totalus!” e con un pop tornato da dove era venuto.

Infatti John venne totalmente ignorato quando questi chiamò il consulente investigativo.

“Sherlock, ti ho chiamato cinque volte! Secondo te è meglio la cravatta blu o beige?”

Il dottore continuava ad accostare alternativamente le due cravatte alla camicia bianca e si rimirava nel riflesso della porta. “Non so proprio decidere. Sherlock mi stai ascoltando?”

“Cosa… eh?” si riscosse. “John, su quella che tu definisci ‘beige’, sembra che ci abbia vomitato qualcuno. Blu. Ovvio.”

“Va bene, va bene. Oh, cavolo, sono in ritardo”, disse mentre tornava a profumarsi. Sherlock alzò gli occhi al cielo e tornò subito a prestare attenzione al biglietto, stretto ancora tra le sue mani.

Una mano di bambina, molti anni prima, aveva impresso un messaggio:

 

TI AMO

-Molly H

 

Un turbine di ricordi, oscurati per trent’anni, lo colpirono.

 

“Dammi la palla!”

“No, è mia. Cercatene un’altra.”

La bambina strinse i pugni. “Sei cattivo!”

Lui la guardò scappare via, indifferente.

 

Qualche tempo dopo, gli stessi bambini, ma di 5 anni ciascuno.

“Posso sedermi vicino a te?”

“Uhm?” Il bambino dai folti boccoli neri la guardò appena. Era tutto impegnato ad osservare le figure di un libro di favole. “Sì, certo”. I grandi occhi nocciola della bambina gli sorrisero e lei gli si sedette accanto. Portava un grazioso vestitino lilla e il caschetto di capelli le incorniciava le gote.

Sherl, che cos’è?”

“Storie di pirati! Voglio diventare un pirata!” le guance gli diventarono rosse per l’emozione.

La bambina rise e prese dalla tasca un biglietto. Mentre ascoltava l’amico parlare, lo rigirava tra le mani, indecisa se darglielo o meno.

L’altro si accorse che la bambina aveva cambiato espressione. “Cos’è?” le chiese.

“Niente!”

“Dai fa vedere!”

“Uffa, va bene”.

Gli passò il foglietto e lui lo aprì. L’amica si alzò subito in piedi. “Io devo andare” gli disse velocemente e poi, troppo imbarazzata per vedere la reazione del bambino al biglietto, corse via.

 

Molly, la sua Molly. La patologa fidata che per anni lo aveva aiutato e gli era stata accanto. Non aveva mai collegato la bambina timida del biglietto alla stessa Molly Hooper con cui aveva parlato fino al giorno prima in obitorio. Non era riuscito mai a buttare quel vecchio biglietto, ormai ingiallito dal tempo, segno di una prima amicizia, di qualcuno che gli aveva voluto bene, prima che lui inevitabilmente l’avesse fatta piangere. Dopo aver frequentato l’asilo, entrambe le famiglie si erano trasferite altrove e non si erano più rivisti. Fino a quando Sherlock non aveva incontrato la patologa al San Bartholomew Hospital per indagare su un cadavere. Ora riusciva a collegare i grandi occhi nocciola a quelli dolci della donna. I capelli non erano più corti, ma lunghi e raccolti sempre in una fluente coda di cavallo. Il suo profumo, i suoi modi di fare, la sua vicinanza, non erano più indifferenti all’uomo. Aveva iniziato a farla soffrire fin da piccolo. L’aveva sembra fatta andare via da lui, irritata, arrabbiata, piangente, frustata e rassegnata.

Un sentimento, che aveva provato raramente, si fece strada dentro di lui, e capì che doveva subito parlare con la donna.

E poi non le aveva mai dato una risposta.

 

 

Sentì suonare il campanello e John lo sorpassò velocemente e scese ad aprire. Dal piano di sotto si sentivano le voci allegre della signora Hudson e Mary che si salutavano e, subito dopo, la padrona di casa si informava dell’andamento della gravidanza.

Sherlock spense il computer e infilò il cappotto. Prese dal tavolino del salotto il cellulare e aprì il menu dei messaggi.

 

A: Molly Hooper

19:02 - Posso passare da te? SH

 

Mentre attendeva impaziente la risposta, John e Mary aprirono la porta.

“Dobbiamo uscire fuori a cena e già ho mangiato tre pasticcini. Povera me.” Esclamò Mary. “Buonasera Sherlock!”

Mmm, a te Mary. Perché non li hai rifiutati?”

“Oh, erano così invitanti. Poi mi era venuta voglia.” Sherlock la guardò scettico. Lei trattenne una risata. “Per il bene della bambina!”

John nel frattempo cercava la giacca e girava frenetico per la casa. “Oggi non me ne va bene una. Dov’è la giacca adesso?”

“Nel tuo armadio, terza anta, sotto la plastica per conservare gli abiti”, gli gridò Sherlock.

“Eccola!”

Il consulente sbruffò e tornò a guardare lo schermo del cellulare.

Nel frattempo Mary si era accomodata sul bracciolo della poltrona. “Che farai stasera? Non vorrai passare San Valentino nuovamente solo.” Ricevette uno sguardo seccato.

“Secondo te come avrei passato gli altri anni? E lo sai come la penso sulle ricorrenze perpetrate negli anni solo per spulciare soldi alle ‘coppiette felici’”, fece le virgolette con le dita.

Un botto e John ritornò in salotto. “Sono pronto. Andiamo.”

“Sherlock mi dispiace se non è potuta venire.”

“Venire chi?”

“Sai, la babysitter. Ti possiamo lasciare solo, vero?”

Sherlock prese il cuscino più vicino a lui e glielo lanciò.

“Scappiamo Mary!” e, ridendo, andarono via.

Rassegnato al pensiero che Molly non gli avrebbe risposto, stava valutando il fatto di introdursi in casa sua o ordinare una pizza.

Poi, finalmente, il cellulare vibrò.

 

19.25 – Scusami Sherlock, stavo finendo il turno. MH

19.25 – Certo che puoi venire :) MH

 

E fu così che per la prima volta, il nostro consulente investigativo ebbe un impegno per San Valentino, e  questo non fu con il proprio lavoro.

 

 

La patologa era arrivata da pochi minuti in casa quando sentì suonare il campanello. Era strano che lui non fosse entrato dalla finestra. Lasciò perdere il computer ed andò ad aprire. “Oh, ciao Sherlock.”

“Buonasera Molly”. Per qualche attimo rimasero in silenzio a fissarsi. “Non mi fai entrare?”

“Certo! Scusami, ma oggi al lavoro hanno portato sei cadaveri e…”

“Giornata piena.” Sherlock chiuse la porta dietro di sé e si avvicinò al bancone della piccola cucina.

“Giornataccia.” Anche se molto stanca, Molly gli regalò uno dei suoi caldi sorrisi e lo invitò a sedersi. “Che ci fai qua? Cioè, volevo dire, posso offrirti qualcosa?”

“Un pancreas.”

“Cosa?”

“Hai un bel pancreas.” Molly sbarrò gli occhi. Sherlock si corresse “No, no. Hai un pancreas?”

“Un pancreas?”

“Sì, un pancreas.”

“Dove?”

“Qui.”

“Io non ho pancreas in casa! Però in obitorio c’è quello del povero Smith.”

“No, no. Parlo del tuo.”

La donna lo guardò stranita. “Ti senti bene?”

“Certo, perché non dovrei esserlo.”

“Oh, cielo. Sei così strano. Va bene che lo sei sempre, però…”

“Molly.”

“Sì?”

“Accetto molto volentieri qualcosa da bere.”

Poco dopo erano entrambi davanti a due tazze fumanti di thè ai mirtilli, seduti sui comodi sgabelli del bancone della cucina. Avevano anche acceso la televisione, che in quel momento trasmetteva un noto quiz serale.

“Come può sbagliare pure questa? Era Capitan Uncino!”, disse Sherlock tutto infervorato facendo ridacchiare Molly.

“Forse non gli avranno mai raccontato una favola quand’era bambino.” Ipotizzò lei mentre sorseggiava il thè. Lui si limitò a storcere il naso.

“Sherlock, non vorrei sembrarti scortese, ma perché sei venuto? Non è da te venire a trovarmi.”

“Tu eri irrimediabilmente occupata stasera?”

“No. Ero liberissima.”

“Allora va bene così.” Guardò il fondo della tazza, ormai vuota. “Il tuo era un bel thè.”

“Grazie”, rispose Molly e, con fare noncurante, ritornò a vedere se l’ultimo concorrente avrebbe vinto il montepremi.

“E anche la tua tazza è bella.”

La patologa lo guardò di sottecchi. Non riusciva a capire il perché di tutti quei complimenti, prima fatti agli organi umani e poi alle sue stoviglie. “Va bene.”

“Hai anche delle belle rughe.”

“Sherlock!” lo rimproverò subito lei, ma non si era offesa.

“Cosa? Sto dicendo la verità.”

“Stai insinuando che io sia vecchia?” scherzò lei, divertita dalla perplessità del consulente.

“Beh, considerando che nel Medioevo la vita media era di 30 anni, dovresti ritenerti fortunata se sei ancora viva.”

“Oh, ma insomma! E poi anche tu rientri in questa fascia. Le vedi?” gli indicò la fronte “Anche tu hai le rughe!”

Lui si toccò sopra le sopracciglia.

“Molly ho un problema.”

“Esistono il lifting e la crema antirughe, non preoccuparti” gli rispose punzecchiandolo.

“No, un altro problema.”

Il viso della donna si fece subito serio. “Non vorrai per caso far finta di suicidarti un’altra volta?”

“No, per carità. John mi verrebbe ad ucciderebbe personalmente.”

“Cos’è successo?”

“Ho un problema con te. Devo risolverlo.”

“Sherlock se ti ho detto o fatto qualcosa di sbagliato, sarà stato sicuramente per errore e…”

“Tieni.” Aveva uscito il biglietto dalla tasca e glielo stava porgendo. “Aprilo.”

Titubante, Molly lo prese e lo aprì. Inizialmente Sherlock la vide leggere le parole con un’espressione di pura confusione. Successivamente, dopo che ebbe letto il biglietto molte altre volte, l’uomo comprese che Molly iniziava a capire e ricordare.

Alzò lo sguardo su di lui, rossa in viso come una ciliegia. “Come fai ad averlo tu?”

“Ero io quel bambino.”

“Tu?”

Lui annuì.

“Ero piccola allora, non sapevo che quel bambino fossi tu. Dio, non ricordavo assolutamente di averti già conosciuto. Come ho fatto a scordarlo? Oh, dimentica tutto!”

“No, no, no. È qui che sorge il problema.”

“Quale problema?”

“Non hai mai avuto una risposta.”

Un pennarello rosso vermiglio sarebbe impallidito di fronte alla tonalità delle guance di Molly.

"Una r-risposta?" Si alzò di scattò dallo sgabello e indietreggiò, "Non c'è bisogno che tu mi dia una r-risposta".

Anche lui si alzò e la raggiunse. "Certo che devo dartela!" le rispose come se fosse la cosa piú ovvia del mondo.

Molly si limitò a torturare nervosamente con le mani la manica del maglione.

"E q-quale sarebbe?"

Sherlock si avvicinò per osservarla in volto.

"Ti stai surriscaldando".

"N-no. È colpa del tempo!"

"Ma se fuori ci sono 2 gradi".

Si fecero più vicini.

"Quindi sei giunto ad una conclusione?"

Nessuna risposta.

Sempre più vicini. Molly avrebbe potuto contargli le ciglia.

"Oh, guarda, un’altra ruga...

E poi fu paradiso.

Quando Sherlock poggiò le labbra sulle sue, Molly si convinse che quello era un sogno. Sicuramente si era addormentata in laboratorio. Doveva essere così e non poteva essere altrimenti.

In nessun universo, reale o alternativo, l’uomo di cui era da sempre innamorata l’avrebbe baciata.

Lei era l’unica che contasse, ma non era la Donna.

Tuttavia, quel bacio, lieve e delicato, non sarebbe potuto essere così reale in un sogno; il modo in cui lui le stava accarezzando la guancia, la sensazione di inspirare il suo profumo così intensamente, di assaporare le sue labbra e di udire il suono dei respiri che risuonavano all’unisono nella piccola cucina.

Quando si separarono fu come se la mezzanotte fosse arrivata troppo presto. Lui poggiò la testa su quella della donna e strofinò il proprio naso con quello di lei.

“Sherlock?”

Mmm...”

“Puoi darmi un pizzicotto?”

“Non voglio farti del male”.

“Ma no, voglio sapere se ho capito bene la risposta”.

Lui alzò la testa e le sorrise.

“Se vuoi te la posso spiegare meglio”.

Lei ricambiò il sorriso.

“Sono tutta orecchi”.

 

O tutta baci, fate voi.

 

 

 

-----

 

 

 

Erano le otto di sera in Baker Street. Particolarmente innervosito, John cercava di leggere un libro in salotto, comodamente seduto sulla propria poltrona. Era da almeno mezz’ora che dalla stanza accanto Sherlock continuava a fare un trambusto molto fastidioso per la lettura del dottore.

“John! John!” Il consulente investigativo gli si piazzò davanti e gli mostrò due camice. “John, porpora o bianca?”

“Stai chiedendo veramente consiglio a me? Non fai altro che criticare il mio modo di vestire”.

“John!”

“E va bene. Porpora. Lo sai che piace a tutte”.

L’altro annuì e tornò in camera. Credendo di poter proseguire con la lettura, John riaprì il libro. Tuttavia Sherlock tornò alla carica con due giacche, una nera e l’altra grigio scuro.

“Nera”, lo precedette il dottore, “Nera andrà benissimo, è quella giusta”.

Sherlock lo guardò e sembrò rilassarsi. “Hai ragione, è quella giusta”.

Con più calma di prima andò a vestirsi, e John seppe che finalmente avrebbe potuto leggere in pace.

“Sono in ritardo!”

Più o meno.

 

 

FINE

 

 

 

 

 

****

Buon San Valentino a tutti!

Spero che la storia vi sia piaciuta! Se ho reso i personaggi un po’ OOC (ad esempio Sherlock xD) è stata una scelta volontaria. Un pizzico di dolcezza non fa mai male a nessuno. Ovviamente aspetto sempre i vostri commenti –positivi e negativi-.

 

Oggi cercate di non farvi regali forzati, ma di continuare a volervi bene (per chi è già fidanzato) o di non deprimervi e odiare tutte le coppiette (per chi è single - *alza la manina*).

Alla prossima!

 

Irene.

 

 

 

 

 

 

 

  
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