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Autore: _Fire    14/02/2015    5 recensioni
Conosco una storia. Parla di due persone che si sono amate.
Magnus e Alec. Alec e Magnus.
Ma a chi interessa una storia che parla d’amore e di morte?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19.
And if we go down with this ship, we go down together
 



«Grazie mille dottore.» disse Magnus con un piccolo sorriso, reggendosi al braccio di Alec.
Era felice, perché dopo aver supplicato tutti all’ospedale di dimetterlo, nonostante non riuscisse a camminare benissimo da solo, i dottori avevano acconsentito.
«Per tutto.» aggiunse Alec dopo di lui.
Le labbra del dottor Smith si curvarono in un sorriso, un sorriso che lasciava suggerire una velata tristezza, presente anche nei suoi occhi ogni volta che li guardava. «E’ il mio lavoro.» rispose. Si lisciò il camice bianco con le mani, imbarazzato, e sembrò indeciso se aggiungere qualcosa oppure tacere. Alla fine poggiò una mano sulla spalla di Alec, proprio come aveva fatto il giorno in cui era entrato nella stanza di Magnus per la prima volta e mormorò: «Vi auguro il meglio, ragazzi.»
Alec annuì e ringraziò con un cenno del capo, prima di uscire lentamente con Magnus, sempre sotto il suo braccio.
Magnus si era rimesso i suoi vestiti: un jeans, –Alec l’aveva obbligato a non metterne di troppo stretti- una t-shirt blu e rossa e converse. I capelli erano di nuovo acconciati con un gel glitterato e gli occhi truccati, stavolta con una linea blu.
Mentre percorrevano il corridoio verso l'uscita, passando davanti a diverse sale e camere, Magnus non riuscì a nascondere ad Alec uno sguardo triste, per tutte quelle persone che erano ancora lì. Guardò la sala operatoria per un'ultima volta, rabbrividendo: rivivere quei momenti anche se solo con il pensiero, era comunque doloroso. Sentì gli occhi pizzicare per le lacrime, ma si disse di essere forte. Non poteva cedere.
Alec se ne accorse comunque, dopotutto lo conosceva meglio di chiunque altro; gli accarezzò il dorso della mano con il pollice, prima di sollevarla e lasciarci un piccolo bacio.          
Una volta arrivati alla macchina di Magnus, Alec lo fece sedere sul sedile posteriore, in modo che potesse stendersi e stare più comodo.
«Non trattarmi come un disabile.» piagnucolò lui.
«Sei voluto uscire prima dall’ospedale, ora dovrò fare in modo io che le tue costole riescano a guarire senza interferenze. Quindi non lamentarti. E poi sarà solo per un paio di settimane.»
Magnus brontolò, ma non rispose, perché sapeva che Alec aveva ragione, e si sentì immensamente fortunato ad avere un fidanzato meraviglioso che lo supportasse sempre, in ogni modo e in ogni momento.
«Alec» lo chiamò, mentre il ragazzo saliva al posto del guidatore. «Se fossi rimasto paralizzato, mi avresti lasciato?» domandò, curioso ma anche un po’ spaventato di sentire la risposta. Magnus pensò che avrebbe esitato, o risposto in modo vago: invece Alec parlò immediatamente, come se non fosse mai stato più sicuro di niente.
«No.» disse, sorridendogli nello specchietto retrovisore dell’auto. «Assolutamente no.» ribadì. «Io ti amo, Magnus. E ti amerò sempre, qualunque cosa accada. E non mi interessa se sarebbe stato difficile, niente sarebbe peggio di starti lontano.»
«Ti amo anch’io. Tanto, Alec, tantissimo.» rispose Magnus, sereno. Non aveva mai pensato che si sarebbe mai potuto sentire così, innamorato, felice, grato di ogni istante che gli era permesso passare con Alec. Non lo spaventava nulla quando era con lui, perché pensava solo al presente. Ad un presente bellissimo. Sospirò quando il suo stomaco brontolò.
«Ho fame.» dichiarò. «Prendiamo qualcosa al bar-» si bloccò non appena Alec lo fulminò con lo sguardo.
«Non credo sia il caso di tornare lì.» sussurrò, irremovibile. Magnus sbuffò, non potendo negare che Alec aveva ragione per la seconda volta nel giro di venti minuti.
«Potresti prepararmi una torta.» suggerì.
Alec ridacchiò. «No, non potrei. Primo, non ho gli ingredienti per fare una torta, secondo, non so come si fa una torta, e terzo, non sono la tua puttanella
Magnus lo guardò con un sopracciglio sollevato, trattenendo una risata, con un sorriso a metà tra il beffardo e il malizioso. «Ah sì?» chiese. «E io che ero convinto del contrario.»
Quando Alec arrossì fino alla punta delle orecchie, il sorriso di Magnus si allargò, mentre capiva –di nuovo- perché si era innamorato di quel ragazzo.
Alec deglutì, «Ordineremo qualcosa.» mormorò, dichiarando la questione “chiusa” e Magnus rise. Si raddrizzò un po’, allungando la mano verso quella di Alec, che tolse la sua dal volante per un momento per stringerla forte, come se volesse comunicargli quanto lo amasse con quel piccolo gesto.
«Abbiamo superato anche questo.» sussurrò, pensando a quanto fosse solido il loro legame, sicuro che sarebbe sopravvissuto a qualunque altra sfida avessero dovuto affrontare. Alec si ricordò di Helen, e capì quello che intendeva quel giorno all’ospedale. «E siamo più forti di prima.»
 
§
 

Alec girò la piccola chiave argentata nella serratura, spinse la porta e entrò nell’appartamento di Brooklyn. Non appena mise piede nell’ingresso, Chairmain Meow si aggrappò con gli artigli alla gamba di Magnus, che non lo allontanò perché ma dai Alec, gli sono mancato.
Ordinarono da Taki’s e passarono la loro prima serata a casa dopo tanto tempo. Mentre mangiavano, Magnus si guardò attorno con gli occhi ridotti a due fessure, che sembravano sempre più simili a quelli di un gatto.
«Cosa c’è?» chiese Alec.
«Queste pareti…» gesticolò l’altro, indicando il salone. «Sono troppo bianche. Mi ricordano quelle dell’ospedale.»
Alec sospirò, non potendo dargli torto, dato che quei muri li aveva visti tante volte anche lui, l’ultima cosa che vedeva quando si addormentava e la prima quando si svegliava.
«Vuoi dipingerle?» lo prese in giro.
«E perché no? In questo puoi aiutarmi. Non si tratta di una torta.»
Alec arrossì, mentre Magnus gli baciava piano tutte le dita della mano per convincerlo. Gli sfuggì un gemito quando l'altro spostò le labbra sul suo collo.
«Di che- Magnus- colore?»
Il fidanzato si staccò dalla pelle e passando il polpastrello sul segno appena lasciato, sembrò pensarci. «Pensavo a un viola simile.» disse, prima di sorridere maliziosamente, con un’espressione da saputello.
Alec si fiondò su quel sorriso, mordendogli le labbra.
In quel momento, suonò il campanello. Magnus gettò la testa all’indietro, esasperato, facendo segno all’altro di andare ad aprire. Alec si alzò e aprì la porta. «Jace?» …e un secondo dopo: «Isabelle?»
«Interrompiamo qualcosa?» chiese la sorella, chiaramente divertita.
«No.» tagliò corto lui, non scostandosi dalla porta.
«Io credo proprio di sì.» si intromise Jace. «Alec, ma che hai sul collo? Sembra un…morso.»
Mentre il ragazzo si copriva il segno con una mano, i due fratelli sghignazzavano dandogli di tanto in tanto delle gomitate. Senza togliere la mano dal collo, Alec li incenerì con lo sguardo.
«Perché siete qui?»
«Volevamo solo vedere come stava Magnus.» spiegò Izzy, con un’alzata di spalle, cercando di entrare.
Alec socchiuse di più la porta, tenendoli fuori e impedendogli di vedere l’interno del loft. «Benissimo, ma sta riposando. Potete passare domani.»
«Quindi quello te l’ha fatto dormendo, eh?» Alec arrossì, mentre Jace dava il cinque alla sorella. «Volevamo solo essere sicuri che andasse tutto bene. Io –noi ci siamo se avete bisogno di qualcosa, okay?»
Il ragazzo annuì, felice di avere una famiglia simile, anche quando lo mettevano terribilmente in imbarazzo. «Lo so. Per me è lo stesso.» rispose, prendendo le mani dei suoi fratelli, come quando erano bambini e giocavano a essere dei supereroi in un mondo parallelo dove loro erano come una squadra magica, i Lightwood. Fece un sorriso sincero, ora aveva tutto quello che aveva sempre desiderato. Compreso uno splendido fidanzato sul divano che lo stava aspettando.

 
§
 
Isabelle camminava per Brooklyn, affiancata da Jace. Si infilò le mani nel cappotto blu, che aveva spudoratamente copiato a Magnus. Avevano deciso di lasciare Alec in pace e di lasciarlo da solo con il fidanzato.
«E’ così bello vederlo felice.» disse a Jace.
«E’ vero. Se lo merita.» rispose lui.
Isabelle sorrise, augurando in cuor suo il meglio a suo fratello. Alec era sempre stato protettivo verso di lei, ma nessuno lo era mai stato con lui. Aveva dovuto lottare tutta la vita, non solo contro la malattia –da quella purtroppo nessuno poteva proteggerlo- ma anche contro i pregiudizi, dai quali non aveva avuto nemmeno la protezione dei suoi genitori.
Ed era per questo che Isabelle era contenta: perché finalmente anche Alec aveva qualcuno che si prendesse cura di lui.



 

Note:
Lo so, non mi faccio sentire da un sacco di tempo. Scusatemi, ma ultimamente ho proprio la testa da un'altra parte, e non volevo pubblicare qualcosa che fosse un totale disastro.  Spero infatti che non lo sia...è piuttosto breve, ne sono consapevole, ma era di passaggio e poi dato che è San Valentino volevo darvi qualcosa di felice, un po' di tregua a questi due poveri ragazzi. Mi auguro di riuscire a farmi risentire presto, in ogni caso mi trovate sempre  qui 
Ringrazio tutte le persone che seguono ancora la storia, e soprattutto grazie alle persone che trovano un po' di tempo per recensire e che mi incoraggiano ad andare avanti. 
 Fire



 
 
 
 

 
   
 
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