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Autore: Lady Lucilla    04/12/2008    0 recensioni
Fidati lo faccio solo per te...sentii un respiro caldo sul collo e un dolore lancinante pervadermi tutto il corpo, stavo cambiando...e non sapevo ancora quanto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dal Tramonto All’Alba

Cap. 1 Notti di Caccia

 

La testa si faceva sempre più calda e la fronte scottava come se fosse in fiamme. La vista mi si annebbiava e tutti i sensi erano ovattati da uno strano torpore che mi pervadeva. Non mi sentivo più le mani. Udivo delle voci intorno a me, voci sconosciute, voci che non volevo ascoltare, sentenze che non volevo sentire.

“Tisi…non c’è speranza…non sopravviverà!” avrei voluto tapparmi le orecchie ma le mie mani non si muovevano. Mi agitavo nel letto ma il mio corpo non si spostava. Faceva sempre più caldo e la testa mi esplodeva. Poi finalmente silenzio, il buio intorno a me. Una voce. Una voce sola.

“Fidati, lo faccio solo per te!” chiusi gli occhi, un respiro caldo sul collo e un dolore atroce. Lanciai un grido, le coperte mi soffocavano dal caldo, avrei voluto strapparmi la pelle dal dolore. Volevo porre fine a quella sofferenza. Mani che mi tenevano fermo. Altre parole. Caldo. Dolore. Buio. Buio per sempre!

“AHH!” il sudore mi imperlava il volto e il buio mi avvolgeva. Lanciai lontano le coperte e mi toccai il volto. Freddo. Non era cambiato nulla.

Fuori risplendeva ancora la Luna e io avevo fame. Mi alzai e mi infilai i pantaloni, spalancai la finestra e lasciai che il freddo gelo dell’inverno di Newportland mi investisse e mi rendesse un po’ di fresco. Ma il fresco non arrivò, non arrivava più da anni. La mia pelle non sentiva più niente, né il calore del fuoco né il freddo della notte cacciatrice, saltai sul davanzale della finestra e mi lasciai cadere. In fondo quattro piani non erano nulla per me. Caddi dolcemente sull’erba e sulle foglie umide del bosco che circondava la mia casa. Annusai l’aria e sentii inevitabilmente l’odore del sangue, lasciai che mi pervadesse le narici e che mi saziasse. Scattai e cominciai a correre verso la boscaglia più fitta. I rami non ferivano i miei piedi nudi e la neve non li congelava, gli occhi non temevano il buio e schivavano facilmente ogni ramo e ogni tronco. Mi fermai di scatto e rimasi in silenzio, trattenendo il respiro. Era vicino, molto vicino. Mi alzai diritto e mi guardai alle spalle. Un piccolo cerbiatto annusava l’aria vicino a me. Non mi temeva e, guardandomi, si avvicinò. Sentiva che in fondo non eravamo poi così diversi. Entrambi animaleschi, lui nella forma, io nel comportamento. Tranquillamente e dolcemente lo carezzai sul dorso. La pelliccia calda non fece effetto su di me, non mi solleticò le dita e non riscaldò la mia mano. Non sentivo niente, potevo solamente sentire gli odori, e il suo mi tagliò ancora una volta le narici. Sangue. Non resistetti. Le unghie affondarono nella giugulare del piccolo animale che cercò di ribellarsi, ma la mia forza inumana era troppa e dovette arrendersi. Avvicinai la bocca e morsi bramoso. Il sangue caldo scese per la gola e mi riscaldò quel poco che bastava  per farmi capire che non ero morto.

Bevvi con avidità e quando finalmente l’animale non si mosse più, solo allora, lasciai la presa e mi tolsi il sangue dalle labbra con la lingua ancora avida di fluido. Assaporai di nuovo l’odore della notte e mentre osservavo quel piccolo cerbiatto immobile sul manto erboso del bosco mi resi conto che non ero meglio di quegli assassini che uccidevano per divertimento o per soldi, era vero, io lo facevo per sopravvivere, ma era vita quella? Ero un assassino, uno dei peggiori. Mi guardai le mani sporche di sangue. Bevevo il sangue di altri perché io stesso non ne avevo e perché anche a me era stato tolto da anni. Beffardo il destino.

Ripresi a correre verso casa, avevo sonno ma l’idea di dormire e di sognare di nuovo mi terrorizzava. Ormai i sogni erano le uniche cose che mi mettevano ancora paura. Mi ricordavano l’orrore dell’ultimo giorno della mia vita, della mia vita da umano e l’orrore delle mie prime ore da vampiro. Già, le mie prime ore vissute come un angelo scacciato dal cielo perché assetato di potere e ricolmo di odio verso il mondo. Chi mi aveva detto quella frase? Alicia? No, era stata quella voce che una notte di 150 anni fa salvò un ragazzo dalla tisi ma fece nascere un mostro capace solo di uccidere e di arrecare dolore. Un vampiro. Un servo della notte. Un angelo caduto.

Salve a tutti sono ancora qui.....in ogni caso voglio avvertorvi che questo tipo di storia non è tipica...insomma non sono solita a scrivere generi Fantasy...per me è un'esperienza tutta nuova e spero che arrivino tante recensioni perchè ho bisogno di consigli e di pareri sulla storia sono ancora molto indecisa e quindi ho bisogno di aiuti.....grazie a tutti dalla vostra Lady Lucilla....

 

 

 

  
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