-Autore: MusaTalia
-Titolo: Equilibrio
-Fandom: FullMetal Alchemist
-Personaggi ed eventuali pairing: Grumman,
Roy Mustang, Riza Hawkeye, Roy/Riza
-Tarocco: La Giustizia | Parole: la Moralità, il Melograno | Situazione: Un personaggio dovrà
guarire da una grave malattia, oppure mettere al mondo un figlio! Dovrà esserci molto equilibrio tra i
personaggi, una buona intesa, tutti devono andare piuttosto d’accordo, anche
nelle situazioni più tristi. Devono essere compatti e uniti, anche se
potrebbero verificarsi delle spaccature come lutti, o interruzione dei legami
affettivi! Se usciranno da una situazione spiacevole, lo faranno insieme!
-Rating: Giallo
-Avvertimenti: Nessuno
-Introduzione: "Il tempo
si era fermato a cinque giorni prima. Nulla era stato spostato nel salotto
della villa presidenziale a Central: la sedia rovesciata, la tazza in frantumi
sul pavimento, le carte sparpagliate sul tavolo. Molte erano rovesce, giusto un
paio dritte; tra queste, una regina in trono con una spada in mano che
osservava immobile, statuaria, imperscrutabile il soffitto, era stata testimone
di ciò che era accaduto. Nulla era stato spostato, ma tutto era cambiato."
-Note (non obbligatorie): Nel
volume 6 del manga Riza afferma di voler essere un soldato fino a quando Roy
non avrà raggiunto il suo obiettivo: diventare comandante supremo. La storia è
ambientata dopo, quando Roy governa il paese e Riza ha potuto congedarsi
dall'esercito per stare a fianco dell'uomo che ama. + vedi alla fine della
storia.
EQUILIBRIO
Il
tempo si era fermato a cinque giorni prima. Nulla era stato spostato nel
salotto della villa presidenziale a Central: la sedia rovesciata, la tazza in
frantumi sul pavimento, le carte sparpagliate sul tavolo. Molte erano rovesce,
giusto un paio dritte; tra queste, una regina in trono con una spada in mano
che osservava immobile, statuaria, imperscrutabile il soffitto, era stata
testimone di ciò che era accaduto. Nulla era stato spostato, ma tutto era
cambiato.
Riza osservava quel fermo immagine sostenendosi
allo stipite della porta. Entrò nel salotto con passo da processione, lento e
corto, e andò a tirare su la sedia. Lasciò i cocci sul pavimento. Più tardi,
qualcuno se ne sarebbe occupato più tardi. Anche le carte rimasero così
com'erano sul tavolo. Riordinarle avrebbe significato accettare quello che era
successo, lasciarselo alle spalle e Riza era troppo provata anche solo per pensare
di andare avanti. Si andò a sedere sulla poltrona, che dava le spalle al
giardino. Il melograno al centro del giardino aveva fatto i frutti, solo un
altro po' di pazienza e sarebbero maturati, pronti ad essere colti. Ridicolo!
Una vita si concludeva in maniera così inaspettata e il melograno, la natura
continuava imperterrita a rifiorire. Era un'ingiustizia. O forse il naturale
scorrere delle cose.
Il melograno era stato un regalo, alquanto inaspettato,
da parte dei rifugiati di Ishbar che erano potuti tornare a casa, nella terra
dei loro padri grazie all'impegno del generale Mustang e di tutto il suo staff.
L'avevano regalato a Riza per le nozze. Era tradizione in quella terra arida e
desertica regalare una pianta di melograno alle coppie di neosposi come simbolo
di fertilità e abbondanza. La nuova coppia doveva piantarlo e prendersene cura
fino a quando non avesse dato i frutti. Una bella immagine, a tratti poetica:
due individui che si prendevano cura l'uno dell'altro fino a quando il loro
amore non germogliava in una nuova vita.
Riza si portò una mano sulla pancia,
carezzandola. Non poteva proprio fare a meno di tornare con la mente a cinque
giorni prima.
Era
l'inizio di ottobre, l'aria cominciava a raffreddarsi e le nuvole ad
addensarsi. Prometteva continuamente pioggia, ma alla fine il cielo si rivelava
essere capriccioso e volubile; cadevano giusto due gocce e poi smetteva. Riza,
la nuova first lady di Amestris, se ne stava in casa, costretta al riposo e
guardata a vista da un'intera squadra di bodyguard. D'altra parte aspettare il
figlio del Comandante Supremo significava anche questo. Le sue giornate erano
allietate dalle visite degli amici che venivano a intrattenerla con racconti e
partite a scacchi o a carte. Il visitatore preferito di Riza era suo nonno, il
precedente Comandante Supremo Grumman, un arzillo e malizioso vecchietto.
«Allora, avete deciso il nome del mio nipotino?»
domandò quel fatidico pomeriggio Grumman, mentre scartava un due di coppe.
«In realtà siamo d'accordo sul nome solo se è un
maschio». Riza guardava le sue carte, indecisa su cosa scartare.
«Beh, mia cara, vi conviene muovervi a
decidere!».
«Manca ancora un mese. Non c'è fretta».
«Un mese passa veloce. Credi a me. Chiuderai gli
occhi e quando gli riaprirai ti ritroverai con il tuo bambino tra le braccia».
«Sarebbe un sogno se fosse tutto così semplice».
Finalmente Riza si decise a scartare un dieci di spade. Portò una mano sul
ventre. Quella mattina si sentiva strana. Ma forse era solo il tempo;
finalmente si era deciso a piovere ed ora era venuto un bell'acquazzone.
«E comunque sono sicuro che l'avrai vinta tu su
Roy. L'hai sempre vinta tu su tuo marito!». Grumman rise e posò le carte sul
tavolino per allungarsi ad afferrare la sua tazza di tè.
«Lo so bene, ma gli faccio credere il contrario».
Anche Riza posò le carte sul tavolo e cominciò ad accarezzare il pancione con
movimenti circolari. Potevano prendersi una pausa dal gioco. Non c'era nessuna
fretta.
Un momento prima Grumman stava girando lo
zucchero nel tè, un momento dopo la tazza era caduta a terra andando in pezzi e
lui respirava a fatica, premendosi una mano sul petto. Riza rimase bloccata
sulla sua sedia, vittima di uno dei peggiori ricordi della sua vita: suo padre
che si accasciava sulla scrivania e moriva in un rantolo soffocato. All'epoca
c'era Roy con lei. Adesso era sola. Circondata da quattro guardie del corpo, ma
sola.
Fortunatamente quegli uomini sapevano muoversi
nelle situazioni di crisi: uno aveva già chiamato un'ambulanza, mentre un altro
era accorso subito a prestare il primo soccorso all'anziano, un altro ancora si
era avvicinato a lei per aiutarla ad alzarsi e spostarsi sulla poltrona. Nel
trambusto alcune carte sul tavolino si erano rovesciate e la sedia su cui era
seduto Grumman ora era riversa sul pavimento. Lui ansimava in preda ad un
attacco di cuore.
Riza lo chiamò con voce flebile «Nonno...» mentre
con una mano si teneva il pancione. Sentiva le lacrime riempirle gli occhi.
Rimase seduta immobile, sotto shock ad attendere
che lo strazio finisse, che venisse qualcuno a stringerla e rassicurarla. Che
Roy venisse. Ma Roy era in ufficio, impegnato a preparare una visita
diplomatica del principe di Aurego.
Arrivarono i paramedici. Le persone attorno a lei
si muovevano frenetiche, ma tutto sembrava andare troppo lento o troppo veloce.
In ogni caso era difficile cogliere i movimenti. Qualcuno, molto probabilmente
un paramedico, le aveva messo una mano sulla spalla e le aveva chiesto
«Signora, tutto bene? Posso fare qualcosa per lei?».
Fu allora che emerse la regina, la prima donna di
Amestris. «Chiamate subito il Comandante Supremo. Vorrei venire con voi in
ospedale». Riza, con la sua compostezza, era nata per stare su un trono, per
guidare e comandare.
Attorno a lei il mondo continuava a girare
confuso. C'erano dei dettagli chiarissimi, come gli occhi azzurri dell'uomo che
le si era avvicinato, la bocca secca e il retrogusto amaro del tè poco
zuccherato, l'assordante suono della sirena dell'ambulanza, il freddo ai piedi
che si erano bagnati entrando in una pozzanghera che non aveva notato mentre
saliva in macchina, l'odore di tabacco sui vestiti della guardia del corpo che
si era seduta affianco a lei sul sedile - Roy l'avrebbe licenziato subito, non
appena avesse scoperto che fumava; come poteva fumare e prendersi cura di sua
moglie incinta? Le due cose erano inconciliabili. E c'erano passaggi che Riza
non riusciva a spiegarsi perché era come se non li avesse vissuti. Per esempio:
quanto tempo era passato da quando aveva sentito la tazza infrangersi contro il
pavimento? Pochi minuti? Un'ora? Qualche giorno? Una vita intera? E come erano
arrivati lì? Che strada avevano fatto? E Roy? Dov'era Roy? L'avevano avvisato?
Certo che l'avevano avvisato. L'aveva ordinato lei. Era sicura d'averlo fatto.
E Riza Hawkeye non era il genere di donna abituata a non essere presa sul
serio, a non essere ubbidita.
Una sola certezza continuava a risuonare nella
sua testa: stava giocando a carte con suo nonno che si era sentito male ed ora
si trovava in ospedale. Anche lei non si sentiva bene. Forse era stata la
concitazione. Sicuramente era stata la concitazione. Doveva solo restare seduta
e respirare come se si trovasse a Ishbar su una torre diroccata, il fucile in
mano, durante la guerra. Il battito del cuore sarebbe rallentato, i muscoli si
sarebbero rilassati e la mente si sarebbe distesa. Respirazione da cecchino.
Ma non stava funzionando.
I medici si erano asserragliati dietro a delle
porte bianche e lei era rimasta da sola, di nuovo, con il fiato corto, la testa
che girava e il bambino che scalciava. No, non era veramente sola. Come aveva
potuto dimenticarsi del suo pulcino? Rivolgendosi a lui con una carezza sulla
pancia disse «Vedrai che andrà tutto bene».
Roy
era al suo fianco poco dopo. Le passò un braccio dietro la schiena, come per
aiutarla a sostenersi, e con la mano le carezzava la spalla. Riza lasciò che la
sua testa ciondolasse fino ad appoggiarsi sulla spalla solida e forte del
marito. Si sentiva tanto stanca. La testa vorticava.
«Che notizie abbiamo?» domandò il Comandante
Supremo al personale che lo circondava, senza mai lasciare la stretta intorno
alla vita della moglie.
Non una sola parola aveva senso nella testa di
Riza, troppo impegnata a ricordarsi come si faceva a stare in piedi. Le gambe
cedettero all'improvviso, la vista si oscurò e la testa si svuotò completamente
da ogni preoccupazione, ogni pensiero. Era il vuoto.
«Presto!
Un medico!» Roy si ritrovò ad urlare colto dal panico. Sua moglie gli era
svenuta tra le braccia. Per fortuna la stava già sorreggendo.
Un medico accorse con una barella, su cui fu
depositato il corpo pallido e freddo della donna. «Che cosa è successo?».
«Mia moglie ha perso i sensi».
«Ha avuto qualche problema durante la
gravidanza?».
«Solo un po' di stanchezza. Ma niente di più».
«Prima di allarmarci più del dovuto facciamo
qualche esame».
«Posso venire anch’io?».
«Ma certo, Eccellenza».
La barella e i due uomini sparirono
nell'ascensore, diretti al reparto di ostetricia.
Riza
si svegliò poco dopo, stanca, spossata, come se avesse corso per ore e la prima
cosa che vide fu il viso di Roy deformato in un'espressione di preoccupazione.
«Mio nonno?» domandò.
«Riza, tesoro, mi sei svenuta in braccio. Per il
momento pensiamo a te e al nostro bambino. Va bene?». Roy le accarezzò la
guancia con le nocche.
«Cosa è successo?» domandò agitata, accorgendosi
di trovarsi sdraiata in un letto, con una flebo infilata nel braccio.
Il medico che l'aveva soccorsa e che se ne era
rimasto in disparte nella stanza si fece avanti per spiegarle la situazione.
«Signora Mustang, lei ha perso coscienza per alcuni minuti. Probabilmente è
stato lo shock. Tuttavia ha la pressione molto bassa. Ritengo che sia meglio se
rimane qui sdraiata in tranquillità ad aspettare i risultati degli esami».
«Il mio bambino?» di riflesso portò entrambe le
mani sulla pancia per proteggerla.
«Sta arrivando un'ostetrica a visitarla. Ma non
credo ci sia nulla di cui preoccuparsi».
«Va bene. Grazie».
Il medico uscì portandosi dietro la sua cartella
e lasciando la coppia sola nella stanza. Roy continuava a stare seduto in
posizione rigida e le stringeva la mano più per dare conforto a se stesso che a
lei. «Mi hai fatto morire di paura».
«Mi dispiace».
Il marito le depositò un bacio sulla fronte
ancora molto pallida. «Non preoccuparti di nulla. Posso fare qualcosa per te?
Ti serve niente?».
«Mio nonno. Vorrei sapere come sta. Puoi andare
ad informarti?».
Proprio in quel momento entrò l'ostetrica, che
invitò sua Eccellenza ad accomodarsi fuori. Avrebbe fatto in un attimo. Doveva
essere tra i prerequisiti minimi di ogni ostetrica: avere un bel sorriso confortante
e una voce delicata, dal timbro dolce, pensò Roy mentre usciva dalla stanza
rassicurando la moglie che sarebbe andato ad informarsi sulle condizioni di
Grumman.
In realtà passò più tempo del dovuto a girovagare
per i corridoi dell'ospedale, alla
ricerca della scala giusta da prendere per passare da un reparto
all'altro. Non riusciva a concentrarsi. Dio! Ancora aveva l'immagine di Riza
che sbiancava tutto d'un tratto, i suoi occhi giravano e lei cadeva tra le sue
braccia fredda come la morte. L'aveva vista così bianca solo un'altra volta, il
Giorno della Promessa, quando era quasi morta dissanguata. E all'epoca lei non
era ancora una parte di lui. Erano il Tenente e il Colonnello, compagni
inseparabili, ma non l'uno parte dell'altro. E il bambino... Il loro bambino
che avevano aspettato e cercato così a lungo. Dio! Solo ripensarci gli faceva
venire le vertigini.
Finalmente riuscì a trovare la strada per il
reparto giusto. I sussurri concitati dei medici, i loro volti scuri non
suggerivano nessuna buona notizia. Si avvicinò pronto al peggio.
«Ebbene?».
«Eccellenza, purtroppo non possiamo darle nessuna
notizia confortante. Il Generale Grumman ha avuto un infarto, che ha debilitato
molto il fisico. Adesso è in uno stato di coma, dovuto anche ai farmaci che gli
abbiamo somministrato. Non vogliamo darle false speranze. È molto probabile che
non si risvegli più. Deve quindi pensare a come vuole che procediamo. Possiamo
provare a tenerlo in vita ancora, ma francamente, anche se si risvegliasse,
passerebbe il resto della sua vita in un letto di ospedale».
Decisamente questo non era il peggio a cui Roy si
era preparato. Come avrebbe fatto a dirlo a Riza? Come le avrebbe detto che il
nonno, che tanto amava, con cui si era ricongiunta da poco, l'unico parente
ancora vita, le era praticamente morto davanti agli occhi durante una partita
di tarocco?
Era
passata un'ora. Roy era stato fuori parecchio. Troppo. Non avrebbe portato buone
notizie. Riza aspettava paziente nel suo letto, accarezzandosi la pancia. Cercava
di ricordare le carte che aveva in mano quando lei e il nonno avevano
interrotto la partita. Non riusciva proprio a ricordare.
Sentì la porta aprirsi. Sapeva che era Roy senza
nemmeno aver bisogno di guardare. Si
fissava il pancione come se riuscisse a guardarci attraverso. «Sembra che
questo piccolino abbia ereditato il tuo pessimo senso dell'umorismo. Il dottore
ha detto che preferisce che rimanga qui in osservazione per questa notte».
Roy si avvicinò al letto per sedersi sul bordo e
afferrare una mano della moglie. Faticava a trovare le parole giuste. Che poi,
potevano esistere parole giuste?
«Dillo e basta» disse Riza non appena alzò lo
sguardo per guardare il marito negli occhi. Trovò solo un'espressione
sconsolata.
Roy sospirò «È in coma, Riza. Non si sveglierà
più. Mi dispiace tanto». L'abbracciò forte, nel tentativo, forse stupido, di
darle un po' di conforto. Si stupì nello scoprire che il più bisognoso di
consolazione era proprio lui. Riza era sempre stata la più forte. Salda nella
sua calma equilibrata. Poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui
l'aveva vista vacillare. Lei sapeva sempre quel'era la cosa giusta da fare.
«Ha vissuto la sua vita. È stata una vita piena.
Avrei solo voluto che avesse avuto la possibilità di tenere tra le braccia il
nostro bambino. Anche solo per una volta». La voce le morì in gola mentre
cominciava a piangere silenziosa.
Ora tutto appariva reale. Era come se si fosse
svegliata da un sogno particolarmente agitato e avesse posato i piedi a terra
sul pavimento gelato. Il freddo l'aveva risvegliata completamente. Suo nonno
stava morendo e lei non poteva impedirlo.
Un dolore intenso al ventre la scosse
completamente. S'irrigidì tra le braccia di Roy.
Non poteva essere. Non ora. Mancava ancora un
mese...
No, non era assolutamente possibile.
Qualcuno si stava davvero prendendo gioco di lei.
Quel dio cui si era rivolta di tanto tanto nella vita e che Roy continuava a
dire che non esisteva si stava davvero comportando in maniera ingiusta.
Erano
già passati cinque giorni. Incredibile a dirsi. Le esequie dell'ex comandante
supremo Grumman sarebbero state celebrate il giorno seguente. Ancora per
qualche ora Riza poteva fingere che lui fosse lì con lei. Poteva chiudere gli
occhi e immaginare che da un momento all'altro sarebbe entrato nella stanza,
salutandola con il suo solito modo arzillo; avrebbero poi parlato dei piani di
Roy, del bambino; lui si sarebbe lamentato del brutto tempo e dei dolori alle
giunture dovuti all'eccessiva umidità; avrebbe infine buttato un occhio al
giardino e commentato come stava crescendo bene l'albero di melograno.
Riza sorrise al pensiero, abbandonandosi allo
schienale della poltrona. Ora tutto era diverso. Diverso, non brutto o
infelice. La vita le riservava di sicuro tante sorprese. Una delle ultime cose
che le aveva detto il nonno era stata: «Un mese passa veloce. Credi a me. Chiuderai
gli occhi e quando li riaprirai ti ritroverai con il tuo bambino tra le braccia».
Aveva proprio avuto ragione, come sempre.
Ripensò a tutti gli anni passati con Roy, quando
era un soldato, quando dimenticava di essere una donna, nascosta sotto una
divisa. Non si vedevano le curve del seno o dei fianchi sotto l'uniforme blu.
Non le era mai piaciuto fare il soldato, ma le piaceva stare con Roy. Essere
sua moglie, essere finalmente una donna. Si era sentita donna veramente per la
prima volta quando aveva sentito il primo calcetto del figlio. Si era sentita
una mamma. Ed aveva capito che non poteva più essere un soldato. Era finalmente
giunto il momento di abbandonare le armi per imbracciare la dolcezza e la
saggezza. Non le serviva una pistola per stare al fianco del suo uomo giusto,
per difenderlo; bastava solo guidarlo con la sua salda moralità, con
equilibrati consigli; spronarlo a dare il meglio, a cercare soluzioni invece di
concentrarsi sui problemi. Finalmente era diventata la donna giusta per l'uomo
giusto.
Roy
si fermò un attimo ad osservarla da lontano, prima di entrare nella stanza.
Riza sembrava essersi riappacificata con se stessa: se ne stava seduta
tranquilla e dritta sulla poltrona; il profilo severo si dissolveva
nell'atmosfera serena.
«Qualcuno reclama la tua attenzione». Roy si fece
avanti stringendo tra le braccia un fagottino avvolto in una copertina azzurra.
Riza lo accolse tra le sue braccia. Avrebbe mai smesso di meravigliarsi della
perfezione di suo figlio?
Era strano allattarlo, e allo stesso tempo la
sensazione più naturale del mondo. Roy rimaneva incantato ad osservarli,
sentendosi in parte un estraneo in quel mondo arcano, ma Riza conosceva il
segreto per permettergli di entrare.
«Per fortuna che io e il papà eravamo d'accordo
per il nome. Avevi davvero tanta fretta di arrivare, eh Maes?»
Roy sorrise, posò un bacio sui capelli corti
della moglie e una carezza sulla testa spelacchiata del figlio. «Con una mamma
così, anch’io avrei avuto fretta di conoscerla».
Tutto era in perfetto equilibrio.
UN TUFFO NELLA MIA PSICHE |ATTENTI A NON
ANNEGARE!| : Siccome sono una persona complicata, così sono anche le mie
storie. Partiamo dal titolo: equilibrio dal latino aequilibrium, composto
di aequus «uguale» e libra«bilancia»; la bilancia è il simbolo
per eccellenza della Giustizia. Il tarocco che ho scelto -la Giustizia- è il
numero 8. Riza è incinta di 8 mesi, a 32 anni (8x4). 8 mesi Proserpina può
passare sulla terra insieme alla madre. La figura di Proserpina è legata al
melograno -una delle parole che mi era stata data. In Armenia il melograno è
simbolo di fertilità, abbondanza e matrimonio. L'Armenia come Ishbar si trova ad
est dell'Europa ed è tristemente nota per il "genocidio armeno"
all'inizio del XX secolo (proprio come Ishbar). La secondo parola assegnatami
-Moralità- era più difficile. Ho pensato a Riza come incarnazione della
moralità, della donna giusta impegnata a proteggere e guidare il marito con i
suoi saldi principi. Quale altro personaggio più di lei nell'universo di FMA è
guidato da una morale di ferro? Sempre Riza è l'incarnazione dell'immagine
della giustizia: prima soldato (quindi la spada tenuta dalla Giustizia), poi
first lady (una sorta di regina sul trono). Infine l'equilibrio, rappresentato
dalla bilancia, della vita-morte: muore Grumman, nasce il figlio di Roy e Riza,
la generazione futura che sta tanto a cuore della donna. Se vi siete persi tra
questi rimandi, simboli, giochi intricati, non temete! Vale lo stesso per me!