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Autore: Hupa    04/12/2008    2 recensioni
Avete letto la FF Lady Doll? Questo doveva essere un suo capitolo, ma staccava troppo la storia e non avevo intenzione di riadattarla. Questa è quindi una one-shot collegata ad essa, ma si può non leggere come leggere. E' leggibile anche senza aver letto Lady Doll e chi ha letto Lady Doll può anche non leggerla. Insomma... è leggibile in ogni caso a meno che non vi piaccia. Incentrata su Kei, parla di lui e di come ha perso i suoi genitori. Buona lettura!
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LADY DOLL by Hupa

 

STRUCK BY DEFLATION

 

"Oh! Lady Doll, Lady Doll!

Struck by deflation,

you can’t understand.

How stronger your heart could be,

if only the wind stopped

to blow away your affections."

 

Una piccola sagoma ferma sulla soglia.

Gli occhioni rubini fissi sul baldacchino.

Una lacrima silenziosa scendeva lucente sulla piccola guancia soffice.

E lui che col suo musetto spiava oltre la soglia…

A forza due piccole manine paffute spinsero la pesante porta in ciliegio per farsi spazio.

Voleva sapere.

Perché?

Perché era così triste?

Cosa capiva il suo cuore che la mente non afferrava?

Sul letto stava un profilo addormentato.

Il corpo abbandonato sulle coltri turchesi.

Il volto pallido e il petto immobile.

Silenzioso, mosse i primi passetti nella stanza.

I domestici all’esterno non poterono fermarlo.

Non l’avevano visto.

Non potevano vederlo quando erano troppo preoccupati ad asciugarsi le lacrime.

Coi piedini sulle punte allungò il collo per osservare.

Ma qualche centimetro in più non gli bastava per sovrastare l’altezza del grande letto coperto da veli e coperte.

La stanza era semibuia.

La poca luce passava dalla finestra in fondo alla stanza, ma non riusciva a toccare tutto il baldacchino.

Suo padre era seduto su un fianco del letto.

Stringeva una mano.

L’accarezzava e la baciava.

Piangendo e singhiozzando.

Di riflesso, altre lacrime scesero dai suoi occhioni vermigli.

Piccoli pometti rossi cominciarono a formarsi sulle gote pallide.

Eppure continuava ad avvicinarsi.

Voleva vedere.

Voleva vedere quella bella addormentata che riposava sul letto.

Nessuno poteva impedirglielo.

Raggiunse il giaciglio, ma solo quando, nel tentativo di arrampicarsi sul letto, cominciò ad aggrapparsi sulle coperte e sui pantaloni neri del padre l’uomo si accorse di lui.

Trattenne il respiro osservando il piccolo esserino che teneva salda la presa sulla stoffa nera.

Il pugnetto con le nocche sbiancate per lo sforzo.

Il cuore gli si strinse nel petto, mentre con tutta la dolcezza che poteva afferrò il corpicino e lo posò sulle sue ginocchia.

Gli parlò con dolcezza, ma Kei non lo ascoltava.

Cercava di voltarsi per poter vedere il volto della donna.

Cercò di mettersi in piedi ma il padre lo abbracciava impedendoli di girarsi.

Infine voltò la testa e quasi la vide.

Suo padre se ne accorse e gli coprì gli occhi con una mano così grande che gli copriva quasi tutto il viso.

Una mano così grande che gli permise di scorgere la bella attraverso le fessure fra le dita.

Ecco.

Quello era il volto.

Il bellissimo volto perlaceo e addormentato della donna.

Le lunghe ciglia nere, calate come un sipario sugli occhi chiusi.

I capelli corvini che le incorniciavano il viso e ricadevano a ventaglio sul cuscino.

Altre lacrime continuarono a scorrere sulle guancette arrossate bagnando la mano che le ricopriva, ma la boccuccia rosata si incurvò in un dolce sorriso.

“La mamma è bellissima.”

L’uomo sobbalzò nell’udire quella voce cristallina rimbalzare sul suo petto.

Smise di soffocare le lacrime e abbracciò con più forza il corpicino sulle sue ginocchia infondendogli calore.

Il profumo di suo padre.

SDUNK.

Entrambi sussultarono quando la finestra in fondo alla stanza si aprì con forza.

Un vento gelido proruppe nella stanza.

Le tende sventolarono violentemente, mentre le coltri del letto sbatacchiarono contro i pali del baldacchino e si aggrovigliavano sopra il corpo della donna.

Alcuni fogli poggiati sulla scrivania volarono per la stanza sparpagliandosi sul pavimento.

Kei si voltò spaurito verso la finestra.

La frangetta argentea, spinta via dalla raffica, gli liberava la fronte pallida.

Le lacrime gli furono strappate dal forte vento mentre gli occhi umidi pungevano per l’aria invernale.

La manine chiuse a pugno sul petto del padre.

Le tende gli ondeggiavano davanti agli occhi e non riuscì a scorgervi attraverso.

Trattenne il respiro.

Tornerò.

Sembrò sussurargli il vento.

Poi, come tutto era cominciato, finì.

La brezza cessò.

Le tende si abbassarono.

Il paesaggio oltre la finestra si rivelò ai suoi occhi.

Tetti  e alberi ricoperti di neve.

Scheletri di una città assopita nascosti dietro un manto di ghiaccio.

Un cielo pallido risucchiava le nuvole verso i colli in lontananza mentre l’odore della neve gli riempiva i polmoni.

Kei rabbrividì e allarmato si voltò verso la madre e poi verso il padre.

Altre lacrime minacciavano ancora di riversarsi da quegli occhioni lucidi.

L’uomo ricambio il suo sguardo poi il piccolo scoppiò in un pianto disperato.

- La mamma… ha… ha portato via la mamma. -

 

- _ . - ° * ° -  . _ . - ° * ° - . _ -

 

Lo stava abbandonando.

Lo stava abbandonando in quella casa sconosciuta.

In quella villa grande e fredda.

Da quell’uomo tanto vecchio ai suoi occhi quanto crudele.

Aveva otto anni… e suo padre già non voleva più vederlo.

Non riusciva più sopportare lo sguardo penetrante di quegli occhi scarlatti.

Gli stessi occhi dell’amata.

- Ci sono cose che devo sistemare - Aveva detto. - Tornerò presto a riprenderti. Mi serve solo un po’ di tempo. Il nonno ti tratterà bene, vedrai. Ti vuole bene. -

- Più bene della mamma? – Aveva sussurrato lui titubante.

Suo padre lo aveva guardato colto da un attimo di esitazione.

- No, la mamma ti vuole più bene di tutti. -

“Anche più bene di te?” Aveva pensato, ma non aveva avuto il coraggio per dare voce a quel suo dubbio.

- Tornerò. – Aveva infine ripetuto l’uomo mettendo fine alla discussione e abbracciandolo con affetto.

Tornerò.

E allora perché i suoi occhi erano così lucidi mentre parlava?

Perché non lo fissava negli occhi…?

Perché ogni singolo gesto compiuto sembrava meditato e studiato quasi fosse l’ultimo?

Li stava fissando.

Da quella finestra che dava sul giardino d’entrata illuminato dal sole.

Il vecchio e suo padre.

Parlavano, ma come al solito il vento sembrava essergli ostile portandosi via le loro parole prima che raggiungessero le sue orecchie.

Non vedeva i loro volti, ma la schiena di suo padre sembrava più curva.

Come se qualcosa di opprimente lo stesse schiacciando.

Poco dopo i due uomini si strinsero la mano e suo nonno diede una piccola pacca sulla schiena del figlio.

Il cuore gli saltò in gola.

Suo padre se ne stava andando.

Lentamente si incamminava verso il cancello della villa.

Non l’avrebbe più rivisto…

“Papà.”

Penso cominciando ad agitarsi.

- Papà! – chiamò a gran voce.

- PAPA’! –

Ma nulla.

Il vento soffiava.

Soffiava con forza.

Portava via tutto ciò che riusciva…

…le nuvole, le foglie, le piume…

…le sue parole e le sue grida.

No…no…

Non andare via…

“Ti prego… voltati. Guardami un’ultima volta.”

Per un istante ebbe l’impulso di saltare dalla finestra, ma era ancora abbastanza lucido da capire che era una follia.

Fissò di nuovo il giardino.

Suo padre era scomparso.

Aveva oltrepassato il cancello e si era perso per le vie di Mosca.

Se ne era andato.

Il cuore gli batteva a mille nel petto.

Gli faceva male.

Si precipitò fuori dalla stanza.

Corse giù per le scale.

Sorpassò suo nonno alla porta.

Attraversò il cancello.

E anche lui si perse per le vie di Mosca.

Raggiunse un piccolo parco da cui era possibile vedere in lontananza un vecchio campanile che sembrava necessitare urgentemente di un bel restauro.

Le lancette arrugginite dell’orologio segnavano le sei della sera.

Tuttavia il sole era ancora alto nel cielo nonostante l’estate stesse ormai per finire.

Il vento tiepido continuava a soffiare con forza.

Gli spettinava i capelli e gli asciugava il sudore addosso.

Inspirò profondamente cercando di recuperare il fiato perso per la corsa.

Si appoggiò con la schiena ad un albero che cresceva a fianco di una panchina in legno.

Adesso era solo.

Abbandonato in una città sconosciuta.

In una casa troppo grande anche per due famiglie insieme e accudito da un uomo che nemmeno conosceva.

Si sentì pervadere dallo sconforto.

Gli sembrò che qualcuno gli avesse iniettato una dose di tristezza e adesso, percorrendo ogni anfratto del suo corpo, si stava riunendo lì, nel piccolo cuore pulsante.

Gli occhi si inumidirono, ma si rifiutò di piangere.

Se lo avesse fatto il vento gli avrebbe rubato ancora quelle preziose lacrime.

E lui non lo avrebbe permesso.

Si voltò sfogandosi invece sul ruvido tronco dell’albero, ma si arrestò subito appena avvertì il dolore e si accorse che le nocche gli sanguinavano.

Fece per ripulirsi la ferita, ma stavolta un’altra raffica di vento lo investì con forza costringendolo a coprirsi gli occhi per proteggerli dalla sabbia e dalla polvere.

Alzò la mano ferita.

Gocce di sangue colarono dal graffio.

Arrivarono sul dorso della mano e caddero rubate anch’esse dal vento.

Lacrime e sangue.

Tutto ciò che rende una persona umana.

Un gemito ruppe il silenzio, ma anch’esso venne presto portato lontano.

Kei si accasciò sulle ginocchia.

Nascose con vigore il viso nelle braccia mentre avvertiva il suo cuore venire sopraffatto dalla rabbia, dalla tristezza e dalla solitudine.

Insieme sembravano corrodergli l’anima portandogli via ogni altro sentimento.

Si indurirono e inspessirono cominciando a formare una corazza, racchiudendo all’interno della loro oscurità il suo cuore.

Tutto il resto…

… tutto ciò che era stato corroso…

… tutto ciò che non era più necessario…

… veniva portato via.

Trascinato lontano dalla forza del vento.

Tornerò.

 

 

 

*Sospiro di sollievo*

L’ho scritta. Ce l’ho fatta! u.u+

Questa one-shot è una specie di parentesi della mia fan fiction “Lady Doll”.

Non centra niente con la storia principale di quest’ultima anche se doveva essere un suo capitolo, ma ho visto che staccava troppo la storia e così ho deciso di trasformarla in una one-shot.

Parla del passato di Kei rivisitato dalla sottoscritta…

Spero che sia piaciuta, non ha un finale proprio alla “happy end”, ma questo perché è associata all’altra ff… ^^’’’’

So che avrei dovuto mettere un’intersezione all’inizio per spiegare la situation, ma a me non piace introdurre le cose… ^^’’’

Ah, giusto!! Deflation significa deflazione, ma quando io mi riferisco a questa parola non mi riferisco al suo significato economico.

La deflazione è anche l’azione che il vento compie quando trasporta via i detriti dalle rocce dovuti alla corrosione.

Forse voi lo sapevate già, ma ad esempio io non lo sapevo -.-‘’’’…

Ok.

Me ne .

Hola!!

 

  
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