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Autore: Lordvessel    15/02/2015    1 recensioni
Questa è una storia basata sulla leggenda metropolitana dello Slender Man ideata da Victor Surge. Un 28enne sociofobico di nome Andrea scoprirà attraverso una terapia con l'ipnosi che la sua patologia (la quale non gli consente di parlare con nessuno se non con il proprio psicologo) è dovuto ad un trauma mentre era in vacanza dai suoi zii a Boston: un incontro ravvicinato con il leggendario Slender Man. Tornerà a Boston per rivisitare il luogo in cui aveva visto la terrificante creatura e sarà sempre qui,alla fine, che lo incontrerà di nuovo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage
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Il giorno seguente io e zia Margaret,accompagnati dal solito Dottor Meis, andammo al parco: 
- “Ci venivamo sempre assieme ai tuoi genitori, vedi lì vicino a quella panchina, facevamo spesso dei picnic e mentre noi mangiavamo tu leggevi, come sempre, disteso sull’erba con il volto ricoperto verso il sole riparandoti però dai suoi raggi con la copertina del libro.” – disse Zia Margaret.
- “Sarà molto utile per la terapia allora!” – Così esclamò il Dottor Meis di tutta risposta mentre io mi limitai solo ad annuire e a sorridere.  Zia Margaret allora insistette nel farci porre il telo da picnic in quel medesimo posto per rivivere i vecchi i tempi. Io per non essere da meno mi distesi all’improvviso,come da bambino, su quel suolo d’erba guardando verso il cielo, come se aspettassi che qualcosa accadesse. Di quella mia reazione si accorse immediatamente mia zia che commossa scoppiò in un pianto di gioia. Questa volta non iniziai a leggere nulla però, guardavo l’intrecciarsi delle candide nuvole, volevo dimenticare chi fossi, cosa fosse accaduto ieri, almeno per un istante. Ci volle poco per appisolarmi, quando riaprii gli occhi mi guardai attorno ma non vi era nessuno a parte le fronde degli alberi mosse dal vento, forse ci ero riuscito: dimenticandomi di me gli altri avevano fatto lo stesso. Ero forse nell’Eden di cui tutti parlavano? In quel momento mi sentivo un tutt’uno con la natura e mi piaceva, la natura esiste, si manifesta , è tutto e nulla, il vento delle foglie ordiva la trama di un canto, i raggi solari ravvivavano il mio volto mentre il profumo dei fiori spiravano in me. Spalancai delicatamente gli occhi e mi ritrovai accerchiato da bambini che giocavano producendo un piacevole rumore puerile: c’è chi saltava la corda, chi giocava a tana libera tutti…Tutti ridevano e quella mia pace si interruppe. Non per il rumore, per carità, ma perché inevitabilmente mi facevano riflettere sulla mia infanzia perduta. Una ragazzina mi sorrise, si avvicinò e disse: “Sai lui ti sta cercando, credeva di averti perso.” Pensai si riferisse al Dottor Meis ma all’improvviso puntò il dito in una direzione, tutti i bambini erano scomparsi. Cominciai ad udire dei passi molto pesanti, paragonabili al forte battito di un cuore a pochi centimetri dall’orecchio. Comparve un uomo alto, dalle lunghe braccia, vestito in nero, ma soprattutto calvo e senza tratti somatici del volto: era lui. Cominciò ad avanzare verso di me, più si avvicinava e più il rumore dei passi diventava forte. Come l’ultima volta ero immobile, non riuscivo a muovermi, terrorizzato, paralizzato. Il senso di impotenza quando una fine che ci sembra inevitabile è ormai vicina. Pose il suo volto poco sopra il mio, mi toccò con le sue gelide mani e sentii “You belong to me.” Non aveva aperto bocca eppure riuscivo a sentire cosa volesse dirmi, era come se mi fosse entrato in testa. Dal suo viso si aprì la bocca e cominciò a strillare come aveva fatto l’ultima volta. I suoi denti si avvicinavano sempre di più, mi sentii inghiottire il volto e bruciare il cuore.
- Andrea!Andrea! Riprenditi figliolo! – Urlò il Dottor Meis scuotendomi con forza. 
- “C..Cosa è successo?”
- “Ti avevamo lasciato disteso sul prato, ma all’improvviso sei andato in preda alle convulsioni!Tua zia ha chiamato immediatamente l’ambulanza e ora siamo in ospedale.”
-  “Lei dov’è ora?”
-  “Fuori a parlare con tuo zio.”
- “L’ho sognato ancora…Lo Slender Man.”
- “Solito sogno?”
- “Peggio. Questa volta mi ha parlato.”
- “Parlato?Ne parleremo meglio a casa, ora hai bisogno di riposo.”
Poco dopo entrarono zia Margaret e zio Mark che subito dopo avermi chiesto come stessi mi presentarono il Dottor Bolton, un uomo alto, ben pettinato, con la barba e le mani ben curate, che dava l’impressione di essere qualcuno con sempre le cose in ordine. Il mio inglese nonostante le mie numerose permanenze qui non è mai stato geniale e infatti fu zia Margaret a tradurre ciò che disse: “Il Dottor Bolton dice che non sono ancora riusciti a risalire alla causa dell’accaduto, quindi ci ha raccomandato di tenerti qui un paio di giorni sotto osservazione, anche per non rischiare che si verifichino ancora convulsioni in ambienti che potrebbero rivelarsi pericolosi, come una vasca da bagno…”.
Feci cenno al Dottor Meis di poter fare le mie veci. Al mio contrario lui l’inglese lo parlava molto bene, ancora una volta comprendevo quanto fossi fortunato ad avere quell’uomo occhialuto tanto in gamba come amico fidato.
Il Dottor Meis espose la mia situazione al Dottor Bolton chiedendogli se poteva rimanere assieme a me per il periodo di permanenza all’ospedale. Egli acconsentì sorridendo e dicendo di essere sempre stato ben legato alla mia famiglia. L’idea di un pernottamento in ospedale non mi piaceva affatto, o meglio ormai non mi piaceva più l’idea di dormire.  Lo Slender Man mi aveva parlato e precisamente aveva detto che gli appartenevo.  Ora avevo la certezza che sarebbe tornato e ciò mi spaventava non poco. Fino ad ora ero stato sempre svegliato dal Dottor Meis, ma cosa sarebbe accaduto se fossi stato da solo l’ultima volta? Questa situazione di ignoto mi metteva ansia. Si era fatto tardi e un’infermiera entrò spegnendo le luci ed augurandomi sogni d’oro. Ironico no?
  
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