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Autore: Vincent 92    16/02/2015    1 recensioni
Una ragazza ricca, una vita normale. Fino a quando un gruppo di ragazzi la rapisce per avere dei soldi da suo padre. Ma cosa succederà quando uno dei rapinatori, David , si innamorerà della loro prigioniera? Per sapere come andrà a finire leggete e commentate.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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2 capitolo Mi svegliai con un forte mal di testa, aprii gli occhi e vidi una stanza dalle pareti bianche, i una luce soffusa. Mi alzai leggermente dal materasso, davvero ridotto male, sul quale mi trovavo per andare verso la sola porta che riuscivo vedere, ma ovviamente era chiusa. Non c'erano finestre, non c'era niente in quel piccolo spazio. Speravo che fosse soltanto un brutto sogno, che non fossi mai stata rapita, ma quella era la verità: ero stata rapita da qualcuno e non ne conoscevo il motivo. Mi misi in un angolo sedendomi a terra e cominciai a piangere chiedendomi cosa mai volessero quelle persone da me. Sentii dei passi provenire da fuori. 'E ora cosa vogliono?' Avevo una paura non sapevo che cosa mi avrebbero fatto. Sentii la chiave girare nella toppa e la porta aprirsi piano. Ero ancora seduta per terra quando entrarono 4 uomini con il passamontagna. Io alzai lo sguardo per incrociare i loro occhi, ma nessuno dei quattro era quello dagli occhi smeraldo. Forse me lo ero immaginato, o forse non era lì. "Ti sei già svegliata a quanto vedo..." disse uno dei quattro che, lentamente, si stava avvicinando a me. "Che volete da me?" stavo incominciando a tremare quando lui si inginocchiò di fronte a me. "Sssh non ti faremmo del male." Stavo incominciando a tranquillizzarmi, ma poi un altro uomo parlò. "Se tuo padre paga il riscatto, ovviamente." Cosaaa? Era per i soldi che mi avevano rapita? L'uomo davanti a me si alzò e si avvicinò ai suoi amici "Mio padre non pagherà." dissi con la voce spezzata, pensando a quello che mi aveva detto quella mattina. "Non capisco. Perché tuo padre non dovrebbe pagare il riscatto sei la sua unica figlia?" disse uno dei quattro. "Semplice, perché io sono stata adottata e, inoltre, lui mi odia." Ma perché stavo spiegando la mia storia a dei sequestratori, ai miei aguzzini? "COSAA? Noi abbiamo rapito questa puttana per niente? Abbiamo rischiato tanto per nulla?" Riconobbi la voce, era quella del ragazzo a cui avevo morso un dito. "Calmati amico." gli disse uno, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo che mi aveva appena chiamata puttana. "CALMATI UN CAZZO! Questa troia mi ha morso pure il dito." Ora basta, ero stufa di sentirmi insultare, di sentire gli altri rivolgere parole amare contro di me anche quando ero in loro presenza! Mi alzai piano andandogli incontro. "Senti pezzo di stronzo, io non sono una puttana. Se ti sei fatto dei conti sbagliati, non te la venire a rendere con me, ok?" dissi, pentendomene subito. Lui mi prese il braccio, stringendolo forte. Io cercai di liberarmi, ma prese il mio volto tra le sue mani con forza, facendomi male. "Guardami, puttana." Alzai lo sguardo verso di lui, aveva tutta la mia attenzione. "Sei solo una povera illusa se pensi che ti possa lasciare libera." Merda, merda, merda! Questo qui mi avrebbe uccisa senza pensarci su due volte! Mi scese una lacrima, ma dovevo farmi vedere forte così se mi avrebbe uccisa non avrebbe avuto la soddisfazione di vedermi impaurita. Presi un respiro profondo e gli dissi "FOTTITI" Mi incenerì con lo sguardo, lasciò la presa sul mio viso e pensai che ora mi avrebbe lasciata in pace, ma non fu così. Mi diede un forte schiaffo che mi fece cadere a terra. Le lacrime cominciarono a scendere, mentre mi toccava il viso dolorante. Alzai lo sguardo e vidi solo tre dei quattro uomini che mi fissavano. Dov'era finito quel mostro? Capii che era dietro di me nel momento in cui incominciò a tirarmi i capelli, sollevandomi da terra. Non riuscii a trattenere un lamento di dolore. "Ahi! Così mi fai male, lasciami!" II miei capelli erano ancora stretti tra le sue mani quando lui rispose alla mia protesta. "Guardati, volevi fare la coraggiosa, quella sfrontata con me. Be, ora ti meriti una lezione." Mi lasciò i capelli per poi darmi un altro schiaffo sulla faccia, che ormai sembrava essere a fuoco. Mentre stava per ripetere il gesto che aveva appena compiuto, la porta si spalancò. "CHE CAZZO STAVI FACENDO?" Non lo vedevo, ma sapevo che era lui, l'uomo dagli occhi smeraldo. "Amico, questa troia mi ha provocato. Meritava una lezione." David, se non ricordavo male era quello il suo nome, si avvicinò un po' a noi. Quando il suo sguardo trovò il mio, vidi spegnersi quella luce che rendeva i suoi occhi così brillanti. Si inginocchiò davanti a me, la sua mano sfiorò la mia guancia rossa. Ero spaventata, ma allo stesso tempo mi sentivo protetta da quel ragazzo meraviglioso. "Stai bene?" mi chiese. Io annui alla sua domanda, così lui si alzò e andò verso il suo amico. Lo prese per il collo e lo sbatté al muro con violenza. "Ma che cazzo le hai fatto? Lei non si tocca!" gli disse. Prima di lasciarlo andare lo fece sbattere un'altra volta contro il muro, poi si voltò verso gli amici che erano ancora sconvolti. "E voi, perché non lo avete fermato?" Uno di loro abbassò lo sguardo e disse "Perché lei ha detto che suo padre non avrebbe pagato il riscatto visto che in realtà non è sua figlia. Perciò avevamo pensato che era il momento di toglierla di mezzo." David mi guardò sbattendo un paio di volte le ciglia. "Come scusa? Tu non saresti sua figlia?" Si avvicinò con fare minaccioso, pianissimo. Io di istinto mi allontanati, strisciando. "Ti prego, non farmi del male..." gli dissi, impaurita. Lui mi fissava come se non capisse. "Questa troia è stata adottata." disse lo stronzo che poco prima mi aveva picchiata. "Uscite." disse David alzando la voce. "COSAA? " disse lo stronzo. "CAZZO, VI HO DETTO DI USCIRE! TUTTI QUANTI!" Uscirono uno dopo l'altro, sbattendo la porta. Il mio sguardo poi si spostò su di lui, che si inginocchiò davanti a me. 'E ora cosa vuole lui da me? Perché ha mandato via tutti? Che cosa voleva farmi?' Mentre io mi facevo tutte queste domande, lui provo a toccarmi il viso ancora una volta. Io, però, sfuggii di nuovo al suo tocco, impaurita. Lui doveva averlo capito perché mi guardò e disse "Non ti farò del male." abbassando subito la mano che era accanto al mio viso. "Ti prego, ti prego lasciatemi libera. Non dirò niente a nessuno, lo giuro." Lui abbassò lo sguardo e fece cenno di no con la testa. Rialzò lo sguardo verso di me, si alzò e distolse lo sguardo di nuovo da me, dicendo "Sicuramente avrai fame. Cosa vorresti mangiare?" Cosa? Lui mi viene a chiedere se ho fame? Dopo tutta questa merda mi chiede se ho fame? "IO SONO STATA RAPITA, PICCHIATA E TU MI CHIEDI SE HO FAME?!" Ero arrabbiata per tutto quello che mi stava succedendo, molto arrabbiata. Lui mi guardò, scioccato per il tono che avevo appena usato. "Senti, forse non hai capito qual è il tuo ruolo qui. Sei una prigioniera, capito? E non sei nessuno per rivolgerti così a me. Ok?" Si fermò e riprese fiato. Era come se si stesse trattenendo dal fare qualcosa di sbagliato, ero spaventata da quella persona che poco prima mi aveva salvata e che adesso sembrava essere diventato qualcun altro. "Senti, dovresti mangiare qualcosa." disse calmo. Lo guardai stupita dal cambiato così improvviso di umore. "Non ho fame." dissi, era ovvio che stavo mentendo perché stavo morendo di fame. Non sapevo da quanto tempo fossi stata fatta prigioniera, quindi avevo anche perso la cognizione del tempo. "Cazzo, Crystal! Perché mi devi fare incazzare? Non puoi morire di fame." Ma perché stava insistendo così tanto? Io per lui ero solo una prigioniera. "Bene, allora lasciami morire di fame. Anzi no, fai entrare quel bastardo che mi ha messo le mani addosso e fammi uccidere direttamente da lui." Non mi resi conto che stavo piangendo. Lui mi guardò, perplesso. Chiuse gli occhi e si mise le mani in testa, sembrava avvilito... ma non ne ero certa. Tolse le mani dalla testa e si avvicinò a me, stavolta però mi prese fra le braccia per farmi alzare da terra. Quel gesto mi fece mettere in guardia, non sapevo cosa aspettarmi e non sapevo se mi avrebbe fatto del male oppure no. Dopo essermi messa in piedi di fronte a lui, David mi prese il mento per guardarmi in viso, ridotto male da quello stronzo che mi aveva picchiata. Nel frattempo la sua mano era ancora sul mio fianco. Sentii un respiro profondo provenire da quel passamontagna, ma io ero rimasta pietrificata dal suo sguardo che mi stava squadrando. Mi lasciai scappare un profondo respiro perché ora avevo capito che con lui ero salva e che non mi avrebbe mai fatto del male. "Io non ti farò nulla e, d'ora in poi, nessuno ti toccherà più. Questo te lo prometto, ma devi fare quello che ti dico io. Solo così potrai essere libera." Fece una pausa per prendere fiato. "Ti fidi di me?" Come poteva chiedermi una cosa del genere? La parte razionale di me mi diceva che era una cosa stupida, che non mi potevo fidare di lui in una situazione del genere perché avrebbe potuto tranquillamente mentirmi. Ma un'altra parte di me, nella più profondo sentivo che potevo fidarmi di lui. Non ne conoscevo la ragione, ma sapevo che era così. "Sì." dissi sicura di me "Bene." replicò lui, lasciandomi andare il mento e il fondo e si allontanò leggermente. "Ora io esco e ti vado a prendere qualcosa da mangiare, ok?" La paura si impossessò di nuovo di me. Lui se ne stava andando e io avevo paura, non volevo separarmi da lui. "Ti prego, non andare. Ho paura che torneranno per farmi del male." Stavo tremando al solo pensiero di quell'uomo che già mi aveva toccata e non ero di sicuro emozionata all'idea che tornasse. Lui si avvicinò a me e mi prese la faccia con tutte e due le mani, guardandomi fissa negli occhi. "Devi stare tranquilla, nessuno ti toccherà mai più. Te l'ho promesso, non permetterò a nessuno di farti del male. Promesso." Era il mio protettore e mi fidavo di lui. Mi scese una lacrima, ma questa volta era di gioia perché avevo trovato una persona che mi avrebbe protetta. David con il pollice asciugò la piccola lacrima che era sfuggita ai miei occhi, una mano si staccò dal mio viso per andare a spostare un po' il passamontagna scoprendo le labbra e il naso. Con le labbra libere dal passamontagna, mi diede un bacio in fronte, poi se lo rimise a posto. Mi lasciò il viso e si allontanò. "Torno presto, fidati." Si incamminò verso la porta e quando la maniglia fu tra le sue mani, lo chiamai. "David, io mi fido di te." Lui mi guardò, sembrava mi stesse fissando e, anche se non lo vedevo, sapevo che stava ridendo. Aprì la porta e se ne andò...
   
 
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