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Autore: Mister_Rust    16/02/2015    1 recensioni
Essere Nicolas Cage racconta in modo buffo com'è vivere nei panni di questo famosissimo attore.
In realtà scoprirete che il tutto è una metafora della vita quotidiana.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Non bisogna illudersi, nella vita noi possiamo fare qualunque cosa, mettendoci il massimo impegno ma più di quanto noi non vogliamo accettare, sarà sempre la fortuna a governarci. Quante erano le probabilità che uno spermatozoo di nostro padre, tra miliardi trovasse il singolo uovo che ci ha fatti? Meglio non pensarci altrimenti verrebbe un attacco di panico all’intera umanità. Non voglio comunque annoiarvi con dei monologhi paranoici sulla vita, anche perché io ho una bella storia da narrarvi. Intanto inizierei a facendo un piccolo riassunto della mia biografia, Io mi chiamo Nicolas Kim Coppola e sono nato il sette gennaio del 1964, nella città di Long Beach, contea di Los Angeles, California. Ho origini italiane, infatti i miei nonni erano cittadini del regno d’Italia e quando da piccolo andavo a scuola e nessuno aveva queste radici come me, mi piaceva dire che fossero stati loro ad aver inventato la pizza. Little Nero’s Pizza, era la catena più famosa di pizza d’asporto, ne ordinavo sempre una quando potevo. Ovviamente la mangiavo da solo, non avevo amici, sempre da solo. Era in quelle serate che guardandomi allo specchio iniziavo a fare le imitazioni, facevo boccacce a me stesso. Un giorno volevo essere Marylin Monroe e mi buttai sul cuoio capelluto la tinta bionda di mamma, il giorno dopo tutti mi presero in giro a scuola, ma a me non interessava, io volevo essere Marylin. Non fu questo che mi spinse a diventare un attore, diventai un attore per mio zio. È lui che mi ha raccomandato. Voglio bene a zio Francis ma dopo che mi assicurai la raccomandazione, per pararmi il culo cambiai il mio nome. Mi chiamavo Nicolas Kim Coppola e dovevo trovare un nome d’arte per non far capire che ero il nipote di Francis Ford Coppola che però mi aveva garantito parti buone e i “Big Money”. Quale nome d’arte usare? Fu un dilemma! Il nome Nicolas lo avrei tenuto, ma dovevo eliminare Coppola. Avrei potuto tenere solo Nicolas Kim ma mi resi conto che era troppo gay. Poi, un giorno, l’illuminazione divina; la mia cuginetta Sofia stava leggendo un fumetto di Luke Cage. Sì, mi sarei potuto chiamare “Cage, Nicolas Cage”. Se devo essere sincero non fu un’illuminazione. Dovevo firmare il contratto per il mio primo film e non sapevo che cazzo di nome scrivere, presi tempo, andai in bagno a fare la cacca e tra le riviste c’era il fumetto di Luke Cage. Io personalmente preferisco la versione della cuginetta che legge ma mi sono promesso di scrivere solo la verità. So cosa vi starete chiedendo ora: “Quindi sei quel Nicolas Cage?” Sì, sono io! Un premio Oscar, Un Golden Globe e oltre quaranta film in tutta la mia carriera. Ma com’ era fino a un anno fa essere Nicolas Cage? Sveglia alle sette in punto del mattino, sauna nel mio bel villone di Los Angeles, dal quale vedevo la scritta Hollywood. Caffettino per omaggiare il mio sangue italiano, una botta alla mia personalissima cameriera/compagna di vita con la quale ho fatto anche un figlio, poi salivo sulla mia bellissima Lamborghini a cui avrei voluto riservare lo stesso trattamento della cameriera, ma ovviamente non potevo, quindi mi dirigevo verso lo star system hollywoodiano. Registi, attori, mendicanti, gangster e il sottoscritto: Nicolas Cage. Accettavo qualsiasi tipo di ruolo, l’importante era fare soldi per mantenere la cameriera/compagna di vita. Viaggiavo anche per i vari set e mi rendo conto che come attore faccio schifo al cazzo, ma voi, nei miei panni cosa avreste fatto se aveste avuto uno zio che porta il nome di Francis Ford Coppola che vi promette di farvi sfondare nel cinema? Insomma, ero il ritratto dell’indifferenza, ero come una ragazzina che legge “Colpa delle Stelle” mentre dovrebbe fare i compiti, ero come un gatto ignorante che pensa ai suoi affari mentre il padrone lo sgrida, solo che io ero sgridato dall’intero mondo che mi chiedeva di smettere di fare l’attore. Così, una notte, svegliandomi dissi a me stesso: “Chi sono io per mettermi contro il mondo?” Fu così che iniziò tutto. Una semplice riflessione dopo l’ennesimo commento su Facebook, dove dicevano di mettermi l’Oscar nelle chiappe e massaggiarle per bene. Ricordo bene che uscii di casa a fare una passeggiata e pensando a cosa avrei dovuto fare per migliorare me stesso, ma soprattutto la mia immagine. Camminavo e mi allontanai da casa, ormai avevo passato un’ora a vagabondare per le strade, quando mi ritrovai in un paesino strano quasi totalmente buio. C’era una serie di villette a schiera e difronte ad una di queste vidi un individuo. Una tunica grigia, cappellino strano, occhiali, ma soprattutto una barba e dei capelli lunghi, totalmente grigi. Era un mendicante! Potevo subito iniziare con i miei atti di generosità, mi avvicinai a lui, schiena dritta, sguardo fiero e una monetina da un quarto di dollaro nelle mani. Ma mi fermai subito, scioccato e anche un po’ arrabbiato da quello che era successo. Mi rimisi la mano in tasca e presi mezzo dollaro. Non dovevo più essere tirchio! Ricominciai la camminata verso il barbone quando lui disse qualcosa: <> “Che cazzo dice questo?” Pensai. Poi venni a capo del fatto che tutti i barboni sono pazzi. Così ripresi la mia camminata verso di lui, quando notai che non era da solo, c’era un ragazzo. “Ooh, un barbone con suo figlio, poverini. Fammi prendere una moneta da un dollaro.” La presi e mi trovai difronte a loro. <> Gridai e gli lanciai la moneta. Lui non l’afferrò e mi guardò strano. Poi pronunciò delle parole in modo cantilenante: <>. Lì per lì rimasi scioccato, poi pensai: “Un barbone rumeno, che carino.” Presi un altro dollaro e lo lanciai sul ragazzo. Per sbaglio lo colpii in faccia e lo graffiai. Subito gridai: << Scusami bello, vado a prendere l’acqua ossigenata>> Ma non feci neanche in tempo a parlare che il barbone disse: <> Si buttò in un cespuglio e si nascose. Feci finta di non vederlo, per la sua salute mentale. Così ripresi a camminare. Tornai a casa, felice del mio gesto di generosità. Accesi la televisione dove davano un film con quella balena di merda della mia ex moglie, cambiai subito e molto teneramente e con un sorriso di vaga soddisfazione per aver lasciato un dollaro a due poveri disgraziati, mi addormentai. Mi svegliai la mattina seguente, uscii come al solito di casa, ma questa volta a piedi, con l’intenzione di prendere l’autobus e cercare di aiutare magari qualche vecchia a passare le strisce pedonali. Feci il biglietto, salii con un sorriso a 101 denti ma notai che tutti mi guardavano male, tranne una ragazza, una bellissima ragazza. Bassina, capelli biondi come il grano, occhi di una tonalità di blu quasi indescrivibile, un seno che sapeva il fatto suo. Il nostro sguardo si incrociò per un secondo. Il mio cuore batteva, come mai aveva battuto prima, forse stavo avendo un infarto, ma so solo che mi stava esplodendo la gabbia toracica, come se volesse uscire di lì e buttarsi su di lei. Nello stomaco, delle contorsioni brutali, come se dentro questo stesse frullando il mondo intero ma poi, lei scese. Volevo anzi dovevo seguirla, e fu in quel momento che correndo fuori dal bus per raggiungerla, provai una sensazione, che mai più avrei sentito appartenermi. In 51 anni avevo fatto di tutto e di più. Bungee Jumping, mi ero tuffato da una cascata, in sei film non avevo richiesto le controfigure e avevo provato ogni tipo di droga, ma l’adrenalina più forte la ebbi in quel momento. Scesi dal bus e la sentii, dal primo capello fino all’alluce, il cuore per quanto pulsava, ormai non lo sentivo più, latte alle ginocchia e la vista che piano piano si offuscava, prima di rendermene conto, ero a terra, sull’asfalto e io, non la vedevo. Ukulele, fu il primo suono che sentii, e la voce di una donna, che cantava, poi sentii il freddo, il freddo del letto sul quale ero sdraiato. Poi vidi della dita pizzicare le corde dell’ukulele, Mi bastò quello per capire, che a suonarlo fosse lei. Era bellissima, nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me, forse neanche me la meritavo. È sorprendente pensai, come certe persone siano delicate nell’animo, una delicatezza tanto potente quanto disarmante. Senza prolungarmi tanto, lei mi disse che avevo avuto un infarto e che mi aveva raccolto e portato in ospedale, eravamo lì da tredici ore. La prima cosa a cui pensai fu che se avevo avuto un infarto lo avrebbero dovuto sapere tutti, così andai a controllare il mio profilo Twitter per vedere quanti seguaci avevo in più. E non mi sorpresi sinceramente, a vedere che avevo solo un seguace in più. Eppure i media avevano diffuso la notizia del mio infarto, sarei anche potuto morire. Il seguace in più era lei. Affittai un cottage in montagna e quando uscii dall’ospedale andammo lì. Tutta quella neve, gli alberi, il caminetto, lei che mi preparava la cena, io che le dicevo “donna schiava, zitta e lava” scherzando ovviamente, il sesso e soprattutto la musica country che mettevamo tutto il giorno, ballavamo e ballavamo e non ne volevamo sapere di tornare a Los Angeles. Viaggiammo tutto il mondo visitando le varie città, i vari monumenti, partecipando a concerti e andando al cinema. Era la cosa più bella che mi fosse capitata fino a quel momento. Immaginatevi, una persona odiata da tutto il mondo, che finalmente dopo 51 anni trova una persona che lo ama davvero, beh, non so voi, ma io penso sia meraviglioso! Ero cambiato, mi stava piano piano facendo cambiare. Poi ci ragionai ancora e ancora, io ero cambiato! Io ero cambiato! Ero cambiato! Merda, ero cambiato e non andava bene, perché non accettavo più ruoli e se non accettavo ruoli non avevo più soldi e i miei risparmi stavano piano piano finendo a furia di girare il mondo. Ma poi, una mattina mi svegliai, eravamo nel nostro cottage, appena tornati dalla Svizzera, il sole filtrava attraverso la finestra e lei si svegliò accanto a me. La giornata passava con la solita routine di nulla fare, quando lei, mi disse di voler andare a vivere in Texas, dover c’era anche la sua famiglia, di voler sposarmi e di voler avere dei figli e di voler vivere felici e contenti. Fu lì, che più ispirato che mai dissi di no e la lasciai tornando a Los Angeles. Ma perché? Perché lasciare un angelo sceso per salvarmi? Semplice, perché sono una persona mediocre. Come tutti d’altronde. Il mondo si basa sulla più assoluta mediocrità, in ogni persona c’è un po’ di Nicolas Cage, ovvero un po’ di mediocrità. Potevo vivere in una favola e invece ho scelto di svegliarmi alle sette in punto del mattino, sauna nel mio bel villone di Los Angeles, dal quale vedo la scritta Hollywood. Caffettino per omaggiare il mio sangue italiano, una botta alla mia personalissima cameriera/compagna di vita con la quale ho fatto anche un figlio, salgo sulla mia bellissima Lamborghini e via a recitare come un cane. Morirò così. Se ci penso oggi, dopo un anno, mi viene in mente di non aver mai saputo come si chiamasse lei, quindi realizzo che forse lei non è nemmeno mai esistita. Forse è tutto un surrogato della mia mente. Ma perché creare un surrogato? Ed è così che ogni volta che mi pongo queste domande, vado indietro nel tempo. Quando i miei genitori mi lasciavano solo a casa, quando gli altri mi prendevano in giro perché volevo essere Marylin, quando zio Francis mi faceva recitare solo perché in me vedeva ulteriori soldi, quando iniziai a convivere con la mia cameriera anch’essa interessata solo ai soldi. Ho sempre avuto bisogno di amore. L’amore è la quarta dimensione, la dimensione che trascende tutto, hanno detto in Interstellar. Non è vero. L’amore è semplicemente qualcosa, la cui totale assenza, ti fa diventare Nicolas Cage. Quindi dopo tutto questo, posso solo dirvi di amare sempre, perché nessuno vuole Essere Nicolas Cage. A parte Nicolas Cage.
   
 
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