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Autore: _diana87    16/02/2015    5 recensioni
"E va bene, vi dirò tutto, ma voi dovete lasciarmi parlare senza interrompermi, okay? Fate finta che vi stia raccontando una storia... agente, lei sa come funziona un romanzo, mi auguro... c’è un prologo, che potremmo identificarlo in questo momento, in cui il bravo ragazzo viene scambiato per un traditore e cerca di convincere la polizia che lui non c’entra niente... poi c’è il corpo, che è la parte centrale in cui vi racconto come si sono svolti i fatti... infine, c’è l’epilogo, in cui c’è la resa dei conti e la morale della storia... perché ogni racconto ha sempre la sua morale..."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Solo dopo qualche ora sull’elicottero, Castle ha il coraggio di voltarsi verso quella barella coperta con un lenzuolo bianco.
Sente brividi di angoscia percorrergli il corpo. Rivede l’immagine di Nasir a terra, coperto di polvere e di sangue, e in quel momento realizza che è tutto finito.
Però si trova a sospirare guardandosi le mani. Le unghie sono annerite, dovrà lavarsele, e ha ancora tracce del sangue, ormai asciutto, di Yoel sui suoi abiti. Scuote la testa e prende ad abbracciarsi. Ci ha provato. A lui piace trovare il lato buono delle persone, perché è fatto così.
Ha tentato di dissuadere Nasir nel portare avanti una guerra che non gli appartiene, perché ha visto la sua parte migliore. Quella del ragazzo spensierato che desidera fare ciò per cui sono addestrati i suoi coetanei: studiare, uscire e giocare con gli amici ai videogiochi.
Ha tentato anche con Yoel. Voleva dargli una seconda possibilità di vita, cambiando paese e ricominciando da capo. Lui era stato il primo amico conosciuto in territorio nemico che gli aveva dato tanto, e si sentiva debitore.
Entrambi avevano incontrato lo stesso destino. Una morte atroce.
Nasir aveva fatto i suoi danni, ma poteva ancora riabilitarsi.
Yoel meritava di riscattarsi dalla sua miseria vita.
Torna a guardare la barella dove giace quel giovane capo di Al-Qaida e trema. Dovrebbe essere felice, eppure sente una fitta di amarezza.
L’atterraggio sul suolo americano avviene alle tre del pomeriggio. I due elicotteri vengono accolti nella base aerea di Washington da una banda che intona l’inno americano. Castle si alza, appoggiandosi per capire chi è quella signora stravagante che sta agitando le mani in maniera troppo vistosa. Gli basta poco per realizzare che è sua madre, ma non si vergogna al pensiero che lei lo stia mettendo in imbarazzo.
Scorge una figura snella accanto a lei con i capelli arancioni liscissimi. È Alexis. Le gote della figlia si tingono di rosso, invece.
Quando le eliche hanno finito di girare, il pilota al comando dà l’okay per scendere, facendo aprire il portello.
Castle scende le scalette dell’eliccotero affaticato, zoppicando anche. Ma sorride.
Dopo esser stato quasi stritolato da Martha e Alexis, ritrova Kate.
La sua Kate.
Vestita in tenuta da detective, come Esposito, Ryan e la Gates, sembra stiano aspettando solo lui per la cerimonia ufficiale di bentornati. C’è anche Lanie in un abito blu scuro lungo fino alle ginocchia e tacchi.
I due amanti si guardano e si sorridono. Forse i sorrisi più ampi che abbiano mai fatto. Non hanno bisogno di dirsi nulla. Entrambi sanno che avranno tutto il tempo per parlare. Si abbracciano e chiudono gli occhi per assaporare il momento. Le grandi e forti braccia di lui la sostengono, e lei ritrova quel calore perduto del suo corpo. Lui, invece, riscopre quel profumo di ciliegie che gli era tanto mancato.
“Mi spiace interrompervi, piccioncini,” è la voce divertita di Kevin, che finge di fare il finto offeso insieme a Javier. Quando Rick e Kate sciolgono l’abbraccio e vedono le espressioni dei due scoppiano a ridere. Si dondolano come bambini e arricciano le labbra. “Non è giusto che solo Beckett ti abbracci.” Conclude il portoricano.
La detective si fa da parte e con un gesto della mano indica loro che “è tutto vostro.”
Gli abbracci tra uomini dovrebbero essere quelli più duri e mascolini, invece sono tutti teneri. I tre si dondolano.
Lanie si avvicina e agita il dito indice.
“Ora tocca a me. Fatevi da parte.”
L’abbraccio tra la dottoressa e lo scrittore è quasi da soffocare. Senza farsi notare, Lanie lo prende per l’orecchio e lo fa voltare verso Kate. “Non ti azzardare mai più a lasciare questa donna da sola!”
Kate la rimprovera divertita.
Arriva la Gates che si schiarisce la voce. Castle già non ne può più di tutti questi abbracci e Kate se ne accorge. Ha solo bisogno di riposare.
Il capitano mostra i palmi delle mani per dar importanza al suo vestito rosso di Chanel. “Signor Castle, la abbraccerei ma non vorrei rovinare il mio abito. Sa, è un modello nuovo.”
Castle sorride con fare sornione e le fa l’occhiolino. “Capitano, andiamo. Lo so che sotto sotto è felice di rivedermi.”
“L’accoglierò nel mio distretto solo se si sarà dato una bella lavata. E soprattutto, veda di non sparire di nuovo, altrimenti non so più come gestire la detective Beckett.”
Kate si morde le labbra trattenendo le risate. Rick rotea gli occhi. Deve subire anche la ramanzina dalla Gates. Resta a fissarla mentre si allontana, impressionato. I due bro lo salutano con una pacca sulla spalla, lasciando che la famiglia Castle si ricomponga.
La detective torna ad abbracciarlo, lasciando che la testa si poggi sulla sua spalla. “Lo sai che in fondo ti vuole bene. E vuoi sapere l’ultima? Mi ha anche abbracciata una volta.”
“Iron Gates che abbraccia? Forse era un alieno che aveva preso le sue sembianze!”
Lei si morde il labbro e gli dà un colpetto sul torace per scherzare. “Non cominciare!”
I due s’incamminano, seguiti da Martha con Alexis sottobraccio, raggiungendo il resto della squadra dentro alcune limousine.
Poco lontano, Christina Finch e Mike Jones, entrambi con gli occhiali da sole hanno assistito alla scena. A disagio, assistendo a uno spettacolo che non appartiene a nessuno di loro. Silenziosi, lei con le braccia incrociate e lui con le mani in tasca, salgono nella macchina blu apposta per loro.
Tutte le autovetture sono dirette a Langley.
 
“Oggi è un gran giorno. Il numero uno di Al-Qaida Nasir Sayf-Al Islam è stato ucciso dall’agente della SWAT Ray Lewis durante un blitz notturno in Iraq, e con lui anche alcuni membri dell’organizzazione terroristica. Grazie a questo intervento repentino, abbiamo potuto riportare sul suolo americano lo scrittore di gialli Richard Castle, prigioniero di guerra per ben due anni da Al-Qaida.”
Stringe le mani del suo uomo e lo guarda orgogliosa.
Lui respira e gonfia il petto, sorridendo per il fatto che la persona di prestigio che sta parlando da quel palco, in giacca e cravatta, l’abbiamo chiamato ‘scrittore’ e non ‘terrorista’ o ‘ex pentito’. Nomignoli dati solo ai carcerati o prigionieri. Sospira di nuovo. Per fortuna il suo paese non ha dimenticato che una volta Richard Castle era uno stimato scrittore di gialli.
La platea ascolta in silenzio dentro l’aula delle conferenze stampa della Casa Bianca. I giornalisti occupano le prime due fili, i fotografi si destreggiano da entrambi i lati per cogliere il profilo migliore del Presidente. Dietro, la terza fila è riservata alla CIA, dove siedono Christina Finch, Hayley e alcuni impiegati che hanno svolto un ruolo nel blitz, all’Interpol con gli agenti Jones, Preston e Rodiguez, e infine ai militari dello SWAT che hanno partecipato in prima linea al blitz, tra cui spicca Lewis, che ha ucciso Nasir. Nelle restanti fili, sono seduti, in ordine sparso, la Gates, Esposito, Ryan e Lanie, e poco più in fondo, la famiglia Castle coi suoi quattro componenti.
“Inoltre, è stato possibile salvare la vita al noto giornalista della CNN John Storm, che è presente con noi oggi.”
Il nominato alza lo sguardo dal suo tablet, dove stava riportando la conferenza stampa in diretta sui social network. Sistema gli occhiali da vista e fa un lieve sorriso, voltandosi verso i suoi colleghi e a chiunque possa riuscire a vederlo. Sul volto ha ancora i segni di chi è stato trattenuto prigioniero. Segue un momento di pausa per rispettare il suo operato.
“Tuttavia, il governo degli Stati Uniti, la CIA e l’Interpol sono consapevoli che queste uccisioni non porranno fine al terrorismo. C’è ancora tanto lavoro da fare, e lo svolgeremo in maniera professionale e repentina, come abbiamo sempre fatto.”
Le pause sono importanti durante un discorso presidenziale, soprattutto se fatto in diretta mondiale. Il Presidente volge lo sguardo alle telecamere. Fermo e deciso su ciò che sta dicendo, per fare in modo che quelle parole restino impresse nelle menti di tutti.
“Ringrazio Christina Finch della CIA, e Mike Jones dell’Interpol londinese, per il gran lavoro svolto sul campo nel corso di questi ultimi anni.” I due nominati fanno un cenno con la testa a segno di ringraziamento. Data la confidenza con il Presidente, Christina alza anche una mano per salutare e farsi notare. Vicino al funzionario della CIA, Hayley cerca di sfuggire alle telecamere, imbarazza dosi per il primo piano su di lei. “In particolare, il merito va all’agente Jones, che ha catturato Nasir Sayf al-Islam, dopo un ventennio di ricerche sulla sua famiglia. Non è riuscito a catturare suo padre, ma ha riscattato le vittime degli attentati catturando suo figlio. Gli Stati Uniti la ringraziano.”
Mike non si scompone, torna a fare cenni col capo e si sistema la cravatta. Le telecamere adesso vengono puntate su di lui.
Il Presidente ritira il suo discorso, saluta i giornalisti, non concedendo interviste. Al suo seguito, il Vicepresidente e la First Lady, che si ritirano nelle loro stanze.
La famiglia Castle resta lì seduta. Lo scrittore è impietrito e un po’ amareggiato.
Sperava che almeno venisse fatto un accenno al suo operato sottocopertura, del resto gran parte dello sporco lavoro è stato possibile grazie a lui.
Kate gli stringe ancora più forte la mano e con l’altra gli sfrega il braccio indolenzito. Lui la guarda e fa spallucce, cercando di mostrarsi indifferente. Non poteva pretendere dei ringraziamenti. Per due anni, copertura o non, quando è rimasto da solo, ha fatto della sua prigionia una missione per tornare a casa dei suoi cari, uccidendo e diventando un’altra persona.
La nazione non conosce questa parte della storia. Per l’opinione pubblica, Richard Castle è stato ritenuto prima un prigioniero di guerra e poi un membro di Al-Qaida, tornato in patria grazie all’opera buona delle forze governative, che lo hanno riportato sulla retta via.
La Gates, Lanie, Javier e Kevin si avvicinano alla famiglia con un’aria da funerale, prontamente spazzata dall’umorismo di Castle. “E’ morto qualcuno per caso?” una domanda che sa di humour nero, considerando che effettivamente era morta più di una persona durante il blitz. Ma lui non voleva ricordare il suo amico Yoel come l’aveva visto in quella pozzanghera di sangue. Vuole ricordarselo come un amico.
Quando i giornalisti e i fotografi lasciano finalmente campo libero, Christina si avvicina a Mike che sta guardando la medaglia data dal Presidente.
“Onore e gloria, a te Mike.” Canticchia, prendendolo in giro.“Ora non ti montare la testa.” Gli punta il dito indice fissandolo serio. Suona più come una minaccia.“E non azzardarti a dire che ti ho concesso questa vittoria o ti espatrio. Sai che mi basta-”
“...una chiamata al Presidente per togliermi tutto? Dai, sto scherzando.” Finalmente anche l’agente Jones può concedersi una sana risata.
 
Cammina per l’edificio da sola, sentendo solo il rumore dei suoi tacchi.
Con una scusa, aveva chiesto di andare in bagno, senza che né Alexis e né Lanie l’accompagnassero. Aveva aggiunto che una passeggiata l’avrebbe aiutata a sgranchirsi le gambe, dopo il lungo viaggio seduta. Le due l’avevano lasciata fare senza chiedere altro.
Alza la testa per osservarsi intorno. Le pareti bianche le danno un senso di freddo. Giunge al memoriale, quello composto da circa un centinaio di stelle, alcuni di loro hanno nominativi ignoti, che rappresentano tutte le persone che sono morte sul campo svolgendo la loro missione. Resta a fissare quel muro per un attimo, avvolta in un silenzio religioso. Fruga nella tasca destra, e tira fuori un pennarello nero.
Eccitata come una bambina, si morde il labbro inferiore guardandosi attorno. Nessuno nelle vicinanze.
Toglie il tappo, avvicina il pennarello al muro, dà un’occhiata alla stella adiacente e inizia a ricopiarla, tracciandone una identica accanto all’ultima. Non sarà uguale all’originale, stampate con altri metodi per far sì che il segno resti indelebile, ma non le importa.
Quella stella è Richard Castle.
E il suo amico Yoel Zurk.
Non gli hanno dato un riconoscimento, pazienza. Non si sono congratulati con lui. Può passarci sopra.
Ma chi ha detto che quelle stelle debbano rappresentare solo persone morte sul campo? Nessuno le dirà nulla, né si accorgerà della sua marachella. Castle e Yoel si meritano un posto d’onore perché hanno quasi rischiato la vita laggiù, in quel posto il cui nome le fa tremare le labbra.
Conclude la sua stella, restando a fissarla per un attimo, compiaciuta. Abbassa la testa in segno di rispetto ai caduti, quindi richiude il pennarello e lo ripone nella tasca. Di nuovo si guarda intorno.
Infine, ritorna fuori, indisturbata, portando dentro di sé la soddisfazione di aver avuto l’ultima parola contro la CIA.
 
“Oh, Richard, avrebbero dovuto darti una medaglia! Come si sono permessi a non citare il lavoro che hai svolto per loro?”
Kate raggiunge Castle prendendolo sottobraccio e si appoggia con la testa sulla spalla, sorridendo. Un gesto abitudinario, spontaneo, a cui neanche Martha, che gli sta sistemando la cravatta brontolando, ci fa caso.
“Madre, non preoccuparti. Va bene così. Non è che abbia fatto esattamente la parte del bravo ragazzo...” Rick lascia la frase in sospeso alludendo all’attentato alla metropolitana di New York e alle sue conseguenze. Persone ferite, gente morta. Sorride facendo spallucce, mentre tiene stretta la mano di Kate, senza mai lasciarla. Anche adesso sta recitando nella parte che gli è stata assegnata fin dalla nascita, quella che Yoel aveva riconosciuto.
Il sognatore che fa sorridere le persone con il suo umorismo. O con la brutale realtà.
Kate lo percepisce. Da quando è sceso da quell’elicottero, una parte di lui è rimasta laggiù. È difficile dimenticare ciò che ha vissuto e quel che ha fatto.
Segue un silenzio che porta la detective ad abbassare e poi rialzare lo sguardo verso Martha.
“E comunque poi si sarebbe montato la testa con una medaglia, quindi meglio lasciare le cose così.” Commenta con una smorfia di presa in giro.
“Visto? La mia fidanzata mi conosce bene!”
La diva guarda prima uno e poi l’altra con uno sguardo sospettoso. La complicità di quei due è strabiliante.
Pizzica le guance a suo figlio e poi dà una carezza a Kate. “Ci vediamo a casa. Vi aspetta un pranzetto coi fiocchi!”
Alexis saltella vicino a sua nonna.
“Nonna, ricordi che non ci sono? C’è l’incontro con gli studenti pre-laurea!”
“Aspetta...” Castle è lì. Allunga la mano con fare pensante. Il tempo per immagazzinare l’informazione. Ritrae la mano posandolo sugli occhi prima di sparare la sua sentenza, che arriva all’apparenza ingenuamente, ma semplicemente logica. “Al, stai per laurearti e io non sapevo nulla?”
“E’ tra due mesi la data.” La ragazza lo guarda e lo vede spaesato. Forse avrebbe dovuto aspettare. Suo padre è un po’ sotto shock. Dolcemente gli prende la mano e gli sorride. “Tranquillo, papà. A casa ti dirò tutto quanto!”
Qualcosa gli dice che la laurea non è l’unica cosa che Alexis ha da raccontargli.
Quanto è cambiata sua figlia.
Dalla timida studentessa a una ragazza indipendente, pronta a fare il grande salto nel mondo. Quel vestito nero, stretto ai fianchi con una cinta bianca a decorarli, e lungo fin sotto le ginocchia la rendono più donna. Gli stivaletti neri la fanno più slanciata. Il viso è meno arrotondato, il sorriso le traspare ogni volta che afferra il cellulare e guarda sul display.
Martha si avvicina alla nipote e le chiede incuriosita chi è, e lei furtivamente nasconde il rossore sulle guance riponendo il telefonino in borsa.
Rick sorride e sospira.
Ha tanto da recuperare. Non è stato parte di sua figlia durante i suoi anni di prigionia e quasi se ne fa una colpa.
Kate segue il suo sguardo malinconico, ma orgoglioso.
“Mia figlia si laurea. Come è successo?”
“Sono passati due anni, Castle.”
Lo sente di nuovo sospirare, stavolta più pesantemente. Scruta gli occhi appassiti, bisognosi di tornare a casa. Come in risposta al suo sguardo, Rick le fa segno di allontanarsi per godere di uno spazio privato, tutto per loro. Indica Lanie, Javier, Kevin e la Gates che stanno chiacchierando tranquillamente come un gruppo di vecchi amici. Se sgattaiolassero, neanche se ne accorgerebbero.
“Signor Castle!”
Si voltano e vedono Hayley giungere timidamente con un libro in mano. Sorride mostrando i denti stretti, fissando Castle.
“Mi scusi se glielo chiedo di nuovo ma...” gli porge il libro e gli occhi di lui brillano quando ne riconosce la copertina viola “potrebbe farmi un autografo sul romanzo di Storm?”
“Ancora vanno in giro questi libri?” scherza, trovandosi a mettere la sua firma sulla prima pagina bianca. Una calligrafia incerta e tremolante. Fa tenerezza guardarlo scrivere.
“Volevo dirle che il mio capo è diventato una sua fan.”
Kate strabuzza gli occhi. “Christina Finch si è messa a leggere i romanzi di Nikki Heat?”
“Intendi l’alto funzionario della CIA? Colei che ha guidato il blitz?” domanda Castle, restituendo il libro a Hayley.
“Praticamente è una Gates della CIA.”
“Visto, amore? Anche le donne più dure alla fine non resistono al mio fascino.”
“Prima fra tutte la tua fidanzata.”
Kate si mette le mani sui fianchi inclinando la testa. La sua faccia si contorce in una smorfia: incrocia gli occhi e gonfia le guance facendo l’espressione da pesce lesso. Lo sta facendo ridere. Lui si meraviglia, pensando che il ruolo del mattatone di turno, nella loro relazione, spettasse proprio all’uomo.
Hayley si sente di troppo e stringe il suo libro al petto. “Spero ci sentiremo ancora, Kate. Mi ha fatto piacere lavorare con voi. E anche alla Finch, sebbene lei non lo ammetterebbe mai. Arrivederci, signor Castle.”
“Ti prego, chiamami Rick. Potresti essere mia figlia!”
La traduttrice saluta entrambi con la mano e l’ultima immagine che hanno è lei che saltella, felice per il suo autografo, per poi ricomporsi non appena Christina intercetta il suo sguardo. Con un gesto, l’alto funzionario della CIA le indica di sedersi nel posteriore dell’auto blu. Indossa gli occhiali scuri e schiocca le mani, facendo segno all’autista di partire.
Kate sorride, consapevole che passerà del tempo prima di rivedere Hayley e la Finch tra i corridoi del distretto. Forse un po’ le mancherà quel trambusto che si era creato al Dodicesimo. È sempre dura tornare alla normalità.
Come se riuscisse a leggerla nel pensiero, Rick segue il suo sguardo. Sentendosi gli occhi addosso, lei ricambia, tornando a prendergli la mano per incamminarsi nella direzione opposta.
“Signor Castle. Detective.”
La voce profonda dell’agente inglese li fa voltare.
Impossibile non notare la medaglia al valore sul petto. Nonostante tutto, Rick accenna un sorriso e allunga la mano per stringergliela.
“Agente Jones. Volevo ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me. E intendo tutto.”
Restano in silenzio, assimilando le parole, guardandosi fissi, ma entrambi sanno che lo scrittore si sta riferendo a Kate.
“E’ il mio lavoro.” Replica semplicemente lui, nel suo tipico modo da inglese, senza scomporsi più di tanto.
Castle si schiarisce la gola e si sfrega le mani.
“Vado a salutare quei brontoloni di Esposito e Ryan” dice e allunga lo sguardo per vedere i due detective che stanno conversando tranquillamente con gli agenti Preston e Rodriguez. “Si sono già lamentati perché non ho portato neanche un souvenir dall’Iraq.”
Mike e Kate lo vedono mentre raggiunge i due detective e i due agenti. Di spalle, la camminata è zoppicante, probabile causa di tutto ciò che ha passato laggiù, nell’Inferno più ostile, ma appena poggia le mani sulle spalle di Kevin e Javier e si volta, il sorriso appare rilassato. Le rughe si adagiano tranquillamente sulla pelle.
“Sta bene.” Osserva Mike.
“Così sembra. Ma io so che finge.” Lui si volta per guardarla.“Credo sia il suo sorriso.” Spiega Kate, continuando a fissare lo scrittore come se lo stesse studiando. “Lo estende al massimo, tanto da sembrare forzato. E poi si stringe nella sua giacca, come tentasse di mantenere una certa posizione.”
“E tu come stai?”
“Bene.” Anche lei finge.
Mike sospira e volge lo sguardo su Castle. Sta facendo esattamente le stesse mosse che Kate aveva predetto. “Odio ripeterlo. La guerra cambia le persone. Non puoi aspettarti di ritrovare il Rick Castle che conoscevi. Ci vorrà del tempo prima che ritorni ad esserlo, e tu stessa l’hai già notato.”
Kate sostiene lo sguardo dell’agente con decisione. “Lo so. Ora tocca a me fare il lavoro inverso.”
“Cioè?”
Entrambi tornano a fissare Castle. Sta ridendo mentre stringe ai due agenti dell’Interpol. Ritirando il braccio, però, senza esser visto, se lo tocca e fa una smorfia di dolore.
“Abbattere il suo muro.” Si ferma quando vede che Mike rimpicciolisce gli occhi cercando di capire il senso della sua affermazione. Lei muove la mano per scacciar via il pensiero. “Lunga storia.”
Jones vede Preston e Rodriguez andare verso l’altra macchina blu che li condurrà in aeroporto.
Sospira, capendo che è il momento dei saluti. Si avvicina a Kate e le stringe la mano, trattenendo un sorriso.
“E’ stato bello lavorare con te. Per qualunque cosa, chiamami.”
“E tu correrai da Londra a New York in un battibaleno?” dice, muovendo due dita come se fossero le sue gambe sopra il palmo dell’altra mano.
Quel gesto lo fa ridere. “Non sottovalutare il potere dell’Interpol!”
Tornano seri e lei lo saluta un’ultima volta sventolando la mano. “Ci vediamo, Mike.”
“Buona fortuna, Kate.”
Castle sta salutando anche Ryan ed Esposito e raggiunge la sua musa, rimasta a guardare l’uscita di scena dell’agente Jones e dell’Interpol.
Lui le circonda le spalle con il braccio e appena si rendono conto di esser finalmente rimasti da soli hanno un unico pensiero: rifugiarsi nella loro oasi di pace.
 
Le onde infrangono dolcemente la riva, grazie al poco vento che verso la sera decide di riposarsi, concedendo alle coppie il giusto rilassamento di un tramonto sul mare. Una coppia in particolare è seduta sulla spiaggia, appena fuori la loro casa. Scalzi, stanno gustando il panorama davanti a loro. Sulla linea dell’orizzonte, il sole si intravede a malapena, lasciando dietro di sé, una scia di rosata,che rende il cielo di un colore magico.
Lei sorrise e si coccola sulla spalla del suo uomo, che posa il capo sui suoi morbidi capelli, per poi baciarglieli. Sorridono.
“Ti mancavano gli Hamptons?”
“Mi mancava tutto. Soprattutto il cibo.” Come offesa, lei alza di scatto la testa e gli dà un pizzicotto sul braccio. Quel poco che basta per fargli capire che ha capito che la sta stuzzicando. Lui si difende. “Scherzo!”
Ma lei è stanca di scherzare.
Gli strofina il braccio appena pizzicato e lo guarda. “Smettila di fingere, Castle.” Gli dice seria, costringendolo a voltare lo sguardo verso di lei. “Con me, almeno. Sii sincero.”
Castle la fissa con le labbra leggermente aperte, cercando di non distogliere i suoi occhi, ma lei sembra decisa più che mai a non mollare la presa. Arrendendosi, lui torna a guardare l’orizzonte. “Non capisco cosa vuoi dire.”
Lei sospira. Le onde del mare e i gabbiani sono gli unici rumori intorno a loro.
“Sei stato due anni lontano da casa, lontano da me. Hai visto cose che io neanche posso immaginare... e non hai nulla da dire?”
“Ho ucciso delle persone, Kate.”
Era questo che lei voleva sentirsi dire? Quando non la sente ribattere, né trasalire, Rick sa che è giunto il momento di svuotare il sacco. Del sole ormai non v’è più traccia, e il cielo si tinge di rosso fuoco con contorni di azzurro, dando spazio alla notte. Gli sembra di ritornare in Iraq con quel tramonto.
“Laggiù ho vissuto l’Inferno. Guarda il mio corpo...”
La invita a toccargli il braccio, togliendosi la felpa a chiusura lampo che ha indosso. Kate si siede sulle ginocchia e con il dito, guidato da lui, segue il suo ritmo attraverso la sua pelle. “Lividi, cicatrici... torturato, gettato in cella, costretto ad armarmi per combattere qualcosa che neanche io conoscevo...” la voce si smorza, trattenendo i singhiozzi. “E ho continuato a fare la parte e... ad un certo punto mi stava anche piacendo il tener in mano quei kalashnikov...” Kate lo aiuta a rimettersi la felpa. Non aspettava certo di sentire queste parole e quasi si sente in colpa per averlo ‘forzato’. Segue lo sguardo dello scrittore, perso sempre oltre la linea dell’orizzonte, come se la sua mente fosse ancora in Iraq. “C’era il mio amico Yoel. La sua storia era simile alla nostra, ma il destino ha diviso lui dalla donna che amava. Lei si è rifatta una vita, e lui è morto, nello stesso Inferno che lo aveva allontanato da lei.”
Kate poggia la mano sulla sua spalla. Vuole che smetta, ha sentito abbastanza e non vuole che soffra.
“Rick...”
Quando lui si volta, le lacrime gli coprono il viso. Forse lei un pochino si spaventa. Essendo stato lui la sua roccia, vederlo indifeso, senza la maschera dello scrittore di gialli che combatte il crimine col suo umorismo, Kate si sente messa a nuda, per la prima volta. Di fronte a quel muro di bugie dietro cui lei stessa si era nascosta anni fa.
“Io non so se riuscirò mai a superare questa vicenda... non credo di esserne capace...”
“Ci sarò io qui con te.”
Rick si copre il volto con le mani e scuote la testa. Non si aspetta che Kate comprenda cos’abbia provato, nessuno riuscirebbe. Non si sente pronto a tornare alla vita che aveva prima, ecco la verità. Sa che al distretto lo guarderanno sempre con sospetto, fingendo sorrisi perché ‘gli ha fatto pena’. Per il pubblico, lui sarà il prigioniero volontario e poi eroe che è riuscito a salvarsi.
Non riesce a convivere con un simile peso. E l’idea di non aver salvato né Nasir dal suo triste destino, né Yoel dal suo tragico epilogo, lo tormenta.
E quando ripensa a come impugnava quel kalashnikov, e poi a come ha piazzato quella bomba nella metropolitana, improvvisamente gli manca il respiro.
Che tipo di persona era diventato? Si guarda attraverso le fessure delle dita e prova disgusto per se stesso.
“Sarei dovuto morire anche io durante il blitz.”
“Che diavolo dici?” Kate lo scuote, tentando di farlo ritornare in sé.
Tra i singhiozzi esclama con rabbia, “Ho ucciso delle persone, come fai a starmi vicino?!”
Lei sorride dolcemente e genuinamente. Gli prende quelle mani bagnate e le stringe tra le sue. “Perché io ti amo. E se tu fossi morto, io non so come avrei fatto. Non mi sarei rifatta una vita come volevi tu, o come ha fatto la donna che amava Yoel. Perché sarei morta anche io con te, in quel momento. Tu volevi salvare Nasir e Yoel, perché sei buono. E vuoi sempre trovare il buono nelle persone, fino all’ultimo. E abbatteremo insieme questi muri che ti circondano. Nello stesso modo in cui tu hai fatto con me.”
Lui ricambia il suo sguardo etereo. Lei lo ha capito. È quello che lui prova, è quello che lui ha provato.
Si abbracciano, tornando a guardare il mare. L’oscurità sta per invadere anche il paradisiaco Hamptons e Kate sente i brividi sulla pelle. Rick l’avvolge più che può con il suo grande e forte braccio.
“Sai c’è una parola in dialetto palestinese che mi ha insegnato Yoel.” Stringono l’abbraccio per un attimo e lei lo guarda con ammirazione. Cos’altro nasconderà dal suo cilindro magico per sorprenderla? “Deyman. Significa ‘sempre’.” Fa una pausa, accarezzandole i capelli.
“Starai sempre accanto a me, Kate? Anche se per abbattere il mio muro potrebbe volerci del tempo?” pronuncia quelle parole con un timore infantile.
Ha paura di averla scossa con quello che le ha confessato. Teme che lei non possa sopportare.
Invece, Kate non risponde, ma gli afferra il viso con entrambe le mani e preme le labbra sulle sue, come a suggellare una promessa. I loro visi restano per un istante vicini, poggiando le fronti l’una sull’altra.
“Inizieremo togliendone uno per volta. Vivendo, giorno per giorno. Io e te, insieme. Sempre.”
Gli tocca le guance, sentendo altre cicatrici, poi passa il dito sulla fronte, percependone un’altra. Ci vorrà del tempo perché scompaiano, e il suo viso torni ad essere quello splendente e fantastico che lei ha sempre visto.
Tornano a guardare l’orizzonte. L’immenso mare si fonde col colore del cielo. Inizia a far freddo, ma stando abbracciati l’un l’altro, a sostenersi, riescono a riscaldarsi. La mano di Kate raggiunge il suo petto. Tocca il suo cuore e lo sente pulsare a ritmo irregolare. Abbozza un sorriso, trattenendo le lacrime. Rick fa lo stesso, consapevole che la sua musa riesca a percepire cosa stia provando in quel momento.
Potrebbe volerci una vita, al contrario, perché quelle cicatrici interne scompaiano del tutto.


 
Angoletto dell’autrice (poco) sana di mente:
E siamo giunti alla fine.
Grazie a tutte le persone che hanno letto, che si sono presi del tempo per recensire e a quei lettori silenziosi che hanno seguito questa storia.
Un finale dolce-amaro per i nostri Caskett, che sono sì insieme, ma le ferite interne che entrambi riportano saranno dolorose da guarire. La nostra Kate dovrà fare il processo inverso e aiutare Rick ad abbattere il suo muro :) il fattore 'tempo' nella storia viene rimarcato: Alexis deve laurearsi, e Castle si chiede, giustamente, come si è arrivati a questo... due anni sono passati. Scherza in apparenza, ma dentro di sé ancora pensa a quanto accaduto e credo sia una cosa del tutto normale. Nessuno saprà mai che Kate ha disegnato la stella sul memoriale... facciamo che resta un nostro segreto :p ci tenevo che lei avesse l'ultima parola su tutto.
Inoltre, volevo a precisare che i fatti e i nomi della fanfic non sono reali, sebbene gli eventi narrati, purtroppo, accadono spesso nel mondo, anche se il telegiornale non li riporta tutti. Se ci fossero più persone, come il Rick Castle della storia, a comportarsi da eroi, allora il pianeta sarebbe un posto migliore. Infine, ringrazio i miei studi e la mia passione per la cultura islamica se ho potuto concepire un'altra storia di questo genere, ma dalla prossima, ve lo prometto, si torna al demenziale XD
Non ho altro da aggiungere se non che aspetto un vostro riscontro, almeno per capire se vi è piaciuta oppure no ;)
Alla prossima!
D. *-*
   
 
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