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Autore: AngelWing99    16/02/2015    3 recensioni
Questa storia è ambientata durante COHF, ho pensato che Sebastian volesse riportare in vita sua madre per governare il mondo insieme a Clary.
* Dal testo*
"Lei è un demone e si comporta da umana, io sono un umano e mi comporto da demone. Ci completiamo a vicenda, lei puoi impara da me ad essere un demone ed io posso imparare da lei ad essere umano. Ma non andrà così, lei mi serve per altro, e adesso morirà. "
Genere: Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jonathan, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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" Caro diario, è da tempo che non vengo qui a scrivere due righe, ma stato molto impegnato, con la Coppa Infernale; con Clary che si ostina a non voler venire con me e che non vuole accettare il fatto che noi ci apparteniamo, perché quella ragazza deve fare così tanto la difficile? Perché non vuole capire che lei è solo mia e che non può appartenere a nessun altro? men che meno a quello smidollato di Jace! È stupida, ma perché con questa sua stupidità mi attrae sempre? Forse è proprio vero che mi sono innamorato completamente di lei... Ma passando oltre -tanto lei un giorno sarà mia, a costo di uccidere ogni essere vivente in questo mondo- non sono venuto qui per scriverti di Clary o di qualche mi piano per conquistarla o qualche piano per conquistare il mondo, sono venuto qui per scriverti quello che ho appena fatto. Ho invocato mia madre, Lilith, le dovevo chiedere consiglio per la Coppa Infernale, ma lei mi ha interrotto dicendomi che aveva trovato un modo per tornare in vita: serve un rituale -che farò fare ad un mago- e di una ragazza demone che serve come contenitore per la sua anima. La ragazza è metà umana e metà demone e per questo dovrebbe essere una maga, ma mia madre l'ha maledetta, -Lilith non è voluto entrare nei dettagli sul perché l'aveva maledetta- le ha tolto qualsiasi potere, gliene ha lasciato solo uno, il più ambito e temuto di tutti i poteri, ma anche il più difficile da controllare, e così ora la ragazza è come me: distrugge qualsiasi cosa incontri, uccide qualsiasi cosa solo toccandola. Non so come trovarla, Lilith mi ha detto solo che l'ha abbandonata per strada nel mondo dei mondani, quando era appena nata, così ora mi ritrovo a cercare un ago in un pagliaio. So solo che la ragazza per nutrirsi beve sangue di demone, ha i capelli neri e occhi rossi, insomma la solita forma in cui i mondani immaginano i demoni -che inutili essere i mondani. Troverò la ragazza, lei non sa nulla della sua vera identità, la convincerò a venire con me e poi farò il rituale, così mia madre tornerà e governerà il mondo insieme a me e a Clary - quanto vorrei che lei fossi ora qua con me, almeno non starei a scriverti e starei facendo cose poche caste con lei. Con questo ho scritto tutto, spero di non scrivere mai più, mi sento come un ragazzino adolescente.
Addio 
Jonathan Christopher Morgenstern" 



 
Era una giornata qualsiasi, mi alzai malvolentieri dal mio dolce e caldo letto per andare all'armadio e prendere i miei soliti jeans stretti, un lupetto nero, uno scaldacuore verde scuro e i miei stivaletti neri con due centimetri di tacco; andai al bagno dove tentai di sistemare quella massa nodosa di capelli neri come la pece, mi misi le lenti a contatto verdi smeraldi, per nascondere gli occhi rossi sangue che la gente tanto odiava. Mi trascinai al piano di sotto dove feci la colazione portatemi dal maggiordomo di casa: frittelle con abbondante sciroppo, come piaceva a me. Beh la giornata cominciava al meglio. Salii le scale, presi lo zaino a tracolla viola, uscii e andai verso la limousine nera, che mi aspettava appena fuori casa per accompagnarmi fino a scuola, pensai che dentro non c'era nessuno, così buttai lo zaino a terra e mi misi ad ascoltare la musica
< < Buongiorno anche a te > > disse una voce accanto a me, sobbalzai e per poco non diedi una testata al tettuccio della macchina, mi girai e vidi mio zio vestito con il solito completo nero con la camicia bianca
< < Come fai a comparire così all'improvviso? > > chiese guardandolo di sottecchi
< < Non sono apparso dal nulla, idiota > > mi ringhiò, era sempre così, era sempre arrabbiato con me senza motivo; lui non sapeva cosa avevo fatto anni fa, non poteva saperlo, nessuno sapeva
< < Da quanto stai lì? > > chiesi un po' titubante
< < Da sempre, solo che tu sei così idiota che non te ne sei accorta > > ringhiò
< < È sempre bello sapere che tu mi consideri un genio zio > > dissi io sorridendo sarcastica
< < Smettila di fare la stupida > > 
< < Sai che ridere fa bene alla salute? A te farebbe molto bene > > dissi solo per irritarlo, mi piaceva un sacco stuzzicarlo di prima mattina perché non mi poteva farmi nulla
< < Sono solo credenze popolane > > disse lui e guardò fuori dal finestrino
< < Davvero? Io non credo. Sai che mostri molti più anni di quanto tu non hai? > > dissi facendo il solito sorriso che lui detestava e trovava tanto irritante
< < Smettila stupida ragazzina > > ringhiò irritato, gli vidi la vena sul collo iniziare a pulsare, cosa che succedeva solo quando era molto arrabbiato
< < Perché? È tanto divertente > > dissi io sorridendo soddisfatta, ero riuscita ad farlo incazzare di prima mattina; potevo ritenermi soddisfatta. Lo vidi alzare il braccio pronto a darmi uno schiaffo < < davvero? Così mi lascerai il segno e tutti vedranno cosa mi fai > > dissi con voce provocatoria, sapevo che lui non voleva che la gente sapesse cosa mi facesse tutte le sere quando tornava da lavoro, lui mi rispose ringhiandomi e abbassò la mano. Il viaggio continuò tranquillo, in completo silenzio; io guardavo fuori dal finestrino mentre sorridevo soddisfatta.
Arrivata a scuola scesi senza neanche salutarlo e saltellai verso la mia migliore amica, anche se in verità era l'unica che avevo
< < Ehi, come mai sei tutta saltellante? > > mi chiese sorridente
< < No, niente di che, ho fatto solo incazzare mio zio, nulla di insolito > > disse io sorridendo soddisfatta
< < Un giorno ti ucciderà > > disse lei esasperata, si passò una mano fra i capelli castoni, era molto carina, aveva i capelli lunghi fino alla spalla, grandi occhi azzurri, i lineamenti delicati, un fisico da far invidia ad una foto modella ed era alta
< < Beh andrebbe in carcere, non vedo quale sarebbe il problema > > dissi confusa 
< < Il problema sarebbe che io non saprei che picchiare tutti i giorni per le cazzate che dici > > disse Nagisa mentendomi un braccio intorno alle spalle e iniziò a trascinarmi verso l'entrata di scuola
< < Ammettilo che mi bene > > dissi io con voce provocatoria
< < Wendy, Wendy... Siamo solo a inizio mattinata e tu hai già sparate due grandissime cazzate > > disse lei sospirando e scuotendo la testa, risi perché in fondo sapevo che mi voleva un mondo di bene
< < Sei la mia marionetta preferita > > disse io ridendo
< < Quando smetterai con questa storia della marionetta? > > mi chiese ancora esasperata
< < Oh avanti non mi dire che credi davvero che questo mondo si muova da solo? È ovvio che c'è qualcuno che muove i fili della nostra vita > > dissi con un irritante voce da sapientona
< < Per favore non iniziare > > disse lei sempre più esasperata, io sbuffai e sorrisi divertita. Andammo in classe e passammo la solita triste e noiosa giornata di scuola. Finita quella tortura andai verso casa, mio zio aveva deciso di non farmi venire a prendere dalla limousine perché diceva che serviva a lui, quando poi non era vero, ma non mi dispiaceva in fondo più stavo lontano da quella maledetta casa meglio era e poi così potevo incontrare Henry. Avevo appena svoltato l'angolo quando lo vide insieme al suo solito gruppetto di amici, sorrisi maliziosa e camminai a testa alta facendo finta che lui non esistesse
< < Ehi principessina non si saluta? > > mi chiese una voce che conoscevo troppo bene, mi girai sorridendo divertita
< < Perché mai dovrei salutare un coglione? > > chiesi io divertita, adoravo quel momento, andavo a scuola solo perché dopo c'era lui
< < Piccola non voglio farti male > > disse lui avvicinandosi a me, era un ragazzo alto, muscoloso, capelli corti di un biondo scuro e grandi occhi marroni
< < Ma se alla fine l'unico che si fa male qua sei tu > > dissi più divertita che mai
< < Siamo in cinque e tu sei una sola, non credo che la passeresti liscia > > 
< < Che ne dici di provare? > > dissi buttando lo zaino a terra
< < D'accordo > > mi venne addosso con il pugno già pronto per colpire il mio viso, ma io come al solito sono più veloce si lui, mi abbassai, mi slanciai in avanti e gli diedi un pugno nello stomaco e uno in viso così da mandarlo a terra, un ragazzo mi venne addosso con un pugno che mi doveva colpire il mio stomaco, ma lo devia, gli diedi una spinta e lo feci andare addosso ad un altro, un terzo mi stavo venendo addosso, ma io gli diedi un calcio così da mandarlo addosso la quarto. Qualcuno mi prese da sotto le ascelle, intreccio le dita dietro il mio collo, così che le mie braccia furono bloccate, un ragazzo mi venne addosso pronto a darmi un pugno sullo stomaco, ma usai il tipo che mi aveva preso da dietro come leva e gli diedi un calcio all'inguine e poi uno sulla tempia, un altro subito dopo mi venne addosso, ma non feci in tempo a deviare il pugno che mi prese in pieno stomaco, facendomi leggermente piegare dal dolore poi ne arrivò un altro, riuscì a bloccare il terzo pugno e gli diedi un calcio un faccia. Quando misi un piede a terra con l'altro piede schiaccia il piede a quello che mi teneva che allentò la presa, riuscì a liberare un braccio e gli diedi una gomitata sull'inguine; quello mi lasciò immediatamente, mi girai -quello che mi stava dietro era "stranamente" Henry- e diedi un calcio sul viso. Gli altri tre mi saltarono addosso e io, per puro miracolo, schivai o devia quasi tutti i colpi, anche se alcuni mi colpivano. Alla fine riuscì a dare pugni e calci e tutti furono a terra, presi lo zaino e andai verso casa soddisfatta. 
Appena entrai a casa mi chiusi nella mia camera, mi tolsi le lenti e mi buttai sul letto, poco dopo qualcuno bussò
< < Signorina, di sotto il pranzo è pronto > > disse la voce del maggiordomo
< < C'è lo zio? > > chiesi quasi urlando
< < No, suo zio torna stasera > > disse e io saltellai alla porta felice, la spalancai, trovai James che stava davanti alla porta
< < Allora che c'è di buono? > > chiesi sorridendo 
< < Le ho preparato un piatto di pasta e come secondo le spinacine fritte. Va bene? > > disse lui camminando dietro di me verso la cucina 
< < Più che bene > > dissi lo presi a braccetto e lui mi sorrise dolcemente, era molto più alto di me - gli arrivavo a malapena al suo gomito- lui stava con lo zio da prima che io arrivassi, mi aveva sempre trattato bene, come se per lui io fossi la faglia che non ha mai avuto. Pranzammo insieme e subito dopo mi misi sdraiata sul divano a vedere i cartoni e poco dopo mi addormentai. 
Mi sveglia quando sentii una porta sbattere, balzai a sedere e mi trovai una coperta addosso, sentii dei passi pesanti venire in salotto e io d'istinto mi buttai a terra, mi mise accanto al bracciolo del divano e vidi mio zio che entrava in salotto; era arrabbiato, si vedeva lontano un miglio, non vedendomi sul divano ringhiò irritato e andò verso le camere, molto probabilmente a cercare me. Mentre io mi diressi verso la porta d'ingresso silenziosa come un gatto, fuori avevo un enorme giardino e davanti camera mia c'era un albero di pesco abbastanza alto da arrivare fino alla mia finestra, mi appollaiai sui rami dell'albero che mi nascondevano dalla finestra. Lo vidi entrare ed urlare più irritato che mai, io invece sorridevo divertita, era troppo bello come spettacolo: lo zio quando urlava diventava tutto rosso tendente al viola, gli occhi quasi gli uscivano fuori dalle orbite e si contornavano di una luce rossa simile ai miei occhi. Quando uscì io entrai in camera silenziosa e andai verso la mia libreria per prendere un libro da leggere, ma non mi accorsi che sopra al libro che volevo c'era un altro libro così quando tolsi il libri che volevo non feci in tempo a prenderlo e quello cascò a terra, imprecai ad alta voce e lo zio entrò in camera. Io provai ad andare alla finestra per scappare, ma lui mi prese per il polso, mi girò verso di lui e poi mi diede un schiaffo che mi mandò a terra
< < Dov'eri? > > mi ringhiò lui
< < In giro > > dissi io sorridendo divertita mentre mi mettevo a gattoni per rialzarmi, ma lui diede un calcio fra le costole e mi mandò di nuovo a terra, non mi diede neanche il tempo di rialzarmi che un altro calcio mi colpì sul petto; mi prese per il collo, mi alzò e mi sbatté al muro, la vista per un attimo mi si annebbiò e sentì solo un colpo allo stomaco, mi lasciò e caddi in ginocchio tenendomi lo stomaco, mi arrivò un calcio sul fianco che mi mandò a terra, continuò a prendermi a calci sul fianco, sullo stomaco, sul petto mentre io tentavo di proteggermi con le braccia, ma senza molto successo 
< < Basta > > mormorai a malapena, il corpo mi urlava di dolore e sentivo la bile che iniziava a salire in bocca insieme al sangue, lui mi ringhiò, un altro calcio mi colpì allo stomaco e poi mi se ne andò via sbattendosi dietro la porta. Io stavo stesa a terra inerme, non riuscivo a muovere nessun muscolo, tremavo come una foglia e mi uscì qualche lacrima. James arrivò poco dopo la mise sul letto e mi posso il ghiaccio sopra i lividi e poco dopo mi addormentai.
 
Mi sveglia, il corpo continuava ad urlare di dolore, aprì gli occhi, ma rimasi ferma, le lacrime iniziarono a rigarmi il volto; era così da quando mi ero trasferita da lui cinque anni prima. Ogni sera era così, lui tornava da lavoro arrabbia e si sfogava con me, di solito, quando era molto arrabbiato mi picchiava fino a quando non svenivo o arrivava James a fermarlo, oppure mi picchiava fino a quando non gli chiedevo di smetterla. Era così, e io avevo troppa paura di lui per difendermi, anche se non era giusto, ma la paura che provavo superava tutto. James arrivò, mi vide mentre piangevo così mi si avvicinò e iniziò a coccolarmi
< < Signorina, perché non se ne va da sua nonna? Lei non le farebbe mai tutto questo > > disse lui dolcemente
< < Sai che lui non mi farebbe mai andare > > piagnucolai io stringendomi a lui
< < Signoria, non ci ha mai provato > > disse lui dolcemente continuando a coccolarmi
< < James, lo sai, io ho provato a chiedere affidamento alla nonna, ma non hanno accetto > >
< < Signorina, io intendevo... Perché non prova a scappare? > > disse abbassando la voce
< < Per andare dove? Non posso andare dalla nonna, lui la farebbe arrestare > > dissi io guardandolo negli occhi
< < Potrebbe venire a casa mia > > disse lui sempre a voce bassa
< < No, il secondo a cui controllerebbe la casa saresti tu e infine casa di Nagisa... Non posso andare da nessuna parte > >  dissi affondando il viso sul suo petto bagnandogli la maglietta di acqua salata. James rimase con me finché non mi addormentai di nuovo.
 
Mi svegliai un altra volta, questa volta per colpa della sveglia che emetteva il solito suono stridulo e irritante, mi alzai a sedere, il corpo mi faceva male, ma era abbastanza sopportabile. Buttai a terra la sveglia così che quel suono assordante smettesse di trapanarmi le orecchie. Mi alzai a fatica e mi vestii per andare a scuola e passare la solita giornata noiosa. Entrai a scuola, buttai lo zaino a terra e poi mi sedetti sulla sedia, Nagisa saltellò fino a me
< < Ehi ieri tutta saltellante e oggi depressa, che è successo? > > chiese lei sorridendo 
< < Oh niente il solito > > dissi io scrollando le spalle
< < Capito.... Oggi rimani con me? Devo portare un libro in biblioteca > > 
< < Certo, tanto non ho nulla da fare > > dissi con occhi che brillavano, amavo troppo stare in biblioteca, ci sarei stata giorni interi anche senza mangiare; i libri erano il mio mondo, l'unico modo che avevo per allontanarmi dalla crudele realtà che mi tormentava ogni giorno, insieme alla musica. A fine scuola, mangiammo insieme alla mensa della scuola. Verso le quattro andammo alla biblioteca, stavano ridendo come pazze, entrammo e subito azzittii Nagisa con una gomitata: in biblioteca non si parlava! Andai tra i corridoio con la mia amica che mi seguiva leggermente seccata, lei odiava i libri, quello che aveva ora era quello che io gli avevo dato costringendola a leggerlo. Amavo troppo perdermi tra il libri, tre le righe di una storia inventata; stavo ogni volta le ore lì dentro, se fosse stato per me sarei rimasta una vita là dentro, mi sarei anche nutrita di libri. Andai verso la scrivania della biblioteca che si trovava al centro della struttura, conoscevo a memoria quel posto, probabilmente avevo già letto più della metà dei libri lì dentro. Stavo per girare l'ultimo libreria quando sentì degli strani scricchiolii, come ossa schiacciate, bloccai Nagisa, conoscevo fin troppo bene quegli scricchiolii, sbirciai da dietro l'angolo, c'erano: due demoni che assomigliavano a due lucertole a grandezza d'uomo, alzate su due zampe, le squame brillavano di un verde scuro; avevano delle corazze lungo il corpo e solo la testa era scoperta dove c'era due piccole corna bianche e gli occhi che brillavano di un rosso acceso. Sotto di loro c'era un corpo zuppo di sangue che oramai non si muoveva più, distinsi nella pozza di sangue un pezzo di stoffa blu che doveva essere la gonna che teneva quel giorno la bibliotecaria. Trattenni le lacrime, in fondo a quella donna ci tenevo, qualche volta di diceva libri che dovevo assolutamente leggere e poi ne parlavamo insieme. Presi Nagisa per il polso e inizia a correre verso l'uscita, se ci avessero visto sarebbe finita per entrambe; ma lei non sapeva nulla di quello che avevo visto, le scivolò il libro di mano che cascò a terra, il rumore del libro rimbombò tra gli scaffali. Continuai a correre e qualche istante dopo sentì un suono che assomigliava ad una spada che strideva un pavimento di marmo e questo mi spaventò più di ogni altra cosa, imprecai e andai alla porta trascinandomi Nagisa che intanto mi chiedeva cosa succedeva, ma io ero troppo occupata ad elaborare un piano per scappare per risponderle. Aprì la porta, mi voltai e vidi uno di quei demoni che andava a sbattere contro una libreria, dei libri gli piombarono addosso, mentre l'altro demone gli andò addosso per la troppa velocità con cui era partiti; quello che era andato contro gli scaffali ringhiò contro l'altro, fece per saltargli addosso, ma qualcosa lo fermò, si girarono entrambi verso di noi e ripresero a correre. Intanto noi correvamo tra i corridoi di scuola, Nagisa urlava spaventata e io continuavo a trascinarla, i demoni che continuavano a seguirci. Ebbi un idea che ci avrebbe permesso di guadagnare qualche secondo o meglio solo a Nagisa avrebbe fatto guadagnare tempo, io probabilmente sarei morta. Portai Nagisa accanto a me
< < Continua a correre, non ti fermare mai. Vai in cortile ci incontriamo là > > le disse all'orecchio, lei mi guardò confusa e annuii, mi superò e continuò a correre, io mi fermai dietro una collana dove sapevo che c'era l'estintore, lo aprì e colpì il primo demone che mi stava avendo addosso con la schiuma, lo accecai e quello si fece un po' indietro. Il secondo mi stava per saltare addosso, ma io lo colpì in testa con l'estintore e ripresi a correre lasciando cadere a terra la mia arma. Avevo guadagnato qualche secondo per Nagisa, almeno lei si sarebbe salvata. Scesi le scale e andai nel cortile della scuola, verso l'albero al confine tra la strada e la scuola ma qualcosa mi spinse e io caddi a terra, mi girai e uno dei demoni mi inchiodò a terra, tentò di mordermi, ma io mi parai con le braccia; con la dell'occhio vidi accanto a me un bastone, lo presi
< < Gomennasai* > > mormorai e quando il demone aprì la bocca gli conficcai il bastone che lo trapassò da parte a parte, quello urlò di dolore, si dibatté un pochino spargendo gocce di sangue dappertutto e poi scompari. Trovai una ferita sul mio braccio, ma si cicatrizzò in fretta, come sempre, mi guardai intorno alla ricerca dell'ultimo demone. Sentì un urlo, mi voltai e trovai Nagisa stesa a terra e sopra di lei il demone
< < NAGISA > > urlai, fece per correre verso di lei, ma un ombra mi sorpassò, salì sopra il demone e lo decapitò con una spada che brillava; corpo del demone si dibatte e poi scomparì nel nulla. L'ombra si mise affianco della mia amica, si tolse il cappuccio rivelando un ragazzo di circa diciassette anni, biondo anche se con il sole che ci sbatteva sopra sembravano bianchi, occhi color ambra, i lineamenti scolpiti; era vestito completamente di nero con alcuni tatuaggi neri che spiccavano dalla tuta nera. Non sapevo che fare, l'istinto mi diceva di nascondermi, ma poi l'occhio cadde sul corpo inerme di Nagisa, corsi da lei e mi buttai al suo fianco, notai subito la ferita sul suo fianco destro, inizia a scuoterla < < svegliati dannazione, non puoi farmi questo razza di idiota > > dissi continuando a scuoterla, delle mani mi bloccarono
< < Ferma così peggiori solo le cose > > mi rimproverò il ragazzo
< < Dobbiamo fare qualcosa > > dissi io sentendo le lacrime iniziare a salire
< < Si, ma farsi prendere dal panico non servirà a nulla. Vieni con me, conosco la persona che può aiutarla > > disse prendendo Nagisa in braccio e iniziò a camminare e io lo segui senza fiatare.
 
Senza accorgermene arrivammo di fronte ad una porta di un appartamento al centro di Brooklyn, il ragazzo bussò usando il piede, poco dopo ci aprì un tipo dai capelli neri che andavano da tutte le parti strapieni di glitter, gli occhi un po' da cinese, la carnagione scura con addosso uno strano pigiama color giallo canarino
< < Alec ancora deve arrivare, vuoi aspettarlo nel salotto? > > chiese quello
< < Magnus, mi sembra più che ovvio che non voglio Alec > > sbraitò il biondo
< < Chi è? > > chiese il moro improvvisamente serio
< < Non lo so, amica sua > > disse il biondo indicandomi con la testa, Magnus mi squadrò da testa a piedi 
< < Entra... Portala in una camera > > disse Magnus sparendo dietro la porta, il biondo lo segui e io feci altrettanto, la seguì fin dentro la stanza, ma Magnus mi buttò fuori dalla stanza dicendomi di aspettare in salotto; mi misi sul divano e là mi partì il tic alla gamba che iniziava sempre quando era in ansia o nervosa, iniziai pure a torturarmi i capelli intrecciandoli e sciogliendoli, il ragazzo biondo si mise seduto accanto a me. Restammo per un po' in silenzio, il ragazzo mi fissava osservando tutti i miei tic
< < Dovevamo portala all'ospedale. Lui che può fare? Non mi sembra un medico o qualcosa del genere > > sbottai alzandomi in piedi e iniziando a fare avanti e indietro -di sicuro il ragazzo si stava chiedendo quanti tic avevo
< < In ospedale non avrebbero comunque potuto fare qualcosa > > disse lui scrollando le spalle e passando una mano fra i capelli, io lo guardai sbigottita, mi ripresi ritornai a fare avanti e indietro torturandomi i capelli. Cosa potevo fare? Di stare seduta non se ne parlava, le gambe si muovevano da sole, ma dopo un po' che facevo su e giù iniziò a girarmi la testa, così mi misi seduta sulla poltrona e iniziai con il tic alla gamba. Erano passati pochi minuti quando sentì qualcuno bussare alla porta
< < Vado io > > disse il biondo alzandosi, mentre io tornai a fare avanti e indietro davanti per il salotto in stile ottocento, anche se appena entrata avrei giurata che fosse in stile seicento; dall'ingresso spunto un ragazzo sui diciotto anni i capelli neri, gli occhi azzurri che ipnotizzavano, i lineamenti decisi, indossava un maglione nero e pantaloni dello stesso colore; rimasi a fissarlo chiedendomi se facesse il fotomodello, sarebbe stato perfetto, i calendari hot avrebbero fatto furore.
< < Chi sei tu? > > chiese serio
< < Mi chiamo Wendy > > dissi io decisa < < tu? > > 
< < Io mi chiamo Alec > > disse il moro, in mano aveva una busta 
< < Io sono Jace > > disse il biondo, passandosi la mano fra i capelli, osservando meglio anche lui considerai che chi avesse fatto fare a quei due un calendario avrebbe fatto miliardi a vita
< < Che ci fai qui? > > chiese il moro a andò verso di me
< < Il tuo amico ha portato qui una mia amica, anche se lei avrebbe bisogno di andare in ospedale visto che questo non mi sembra un ospedale o qualcosa del genere > > sbraitai io alzando le braccia al cielo
< < Sono state attaccate da un demone > > disse Jace incrociando le braccia al petto
< < E sono ancora vive? > > chiese Alec alzando un sopracciglio mettendosi seduto sul divano
< < Lei è ancora viva, l'amica è stata ferita e ora Magnus la sta curando... Credo > > 
< < Come credi? > > squittì io 
< < Non facile curare una mondana > > disse lui buttandosi vicino ad Alec
< < Anche tu sei stava ferita > > disse Alec notando la manica della maglietta tagliata
< < No, mi ha preso di striscio > > menti io
< < Ma hai una cicatrice > > disse Jace, iniziando ad avvicinarsi a me e iniziò a squadrarmi da testa a piedi
< < È una vecchia ferita > > dissi io d'istinto
< < Posso vedere? > > chiese lui alzando una mano verso di me
< < Perché? > > chiesi confusa, non era bello vedere delle cicatrici e poi così avrebbe visto il livido sul polso che mi aveva lasciato mio zio
< < Fammi vedere > > insistette lui, io sbuffai e porsi il braccio, lui lo prese subito lo studiò per un attimo < < anche il livido te l'ha fatto il demone? > > 
< < No > > sbuffai
< < Chi te l'ha fatto? > > chiese guardandomi negli occhi
< < Non sono affari tuoi > > dissi e con uno strattone gli tolsi il mio braccio di mano
< < D'accordo > > disse lui e si rimise vicino ad Alec. Dopo ore tornò Magnus, il viso scolpito dalla stanchezza, la fronte impregnata di sudore
< < Questo ai suoi genitori costerà molto caro > > ansimò appoggiandosi allo stipite
< < No, pago io > > dissi subito io, tutti mi guardarono confusi < < Se accetti carta di credito, sto apposto > > 
< < Bisogna vedere > > disse lui squadrandomi da testa a piedi < < deve rimanere qua per circa tre giorni > > 
< < D'accordo.... Io vado a recuperare il portafoglio > > dissi e fece per andarmene
< < Sai ritrovare la strada di ritorno? > > chiese Jace
< < Mh... No in effetti no > > ammisi < < mi vuoi accompagnare? > > lui scrollò le spalle, si alzò, mi raggiunse e uscimmo.
 
Quando tornammo a casa di Magnus il sole aveva ceduto il posto alla luna. Io stavo letteralmente morendo di fame, non mangiavo da ore e la mancanza di cibo si stava facendo sentire con continui giramenti di testa. Appena entrata misi il mio zaino a terra e mi fiondai in cucina in cerca di cibo, so che non è il massimo dell'educazione però era da stamattina che non mi nutrivo
< < Se vuoi di qua ho del giapponese > > disse una voce dal salotto che mi sembrava quella di Magnus
< < Non ho mai mangiato giapponese > > dissi io andando verso Magnus
< < Mai? > > chiese lui sorpreso
< < Mai > > confermai mettendomi seduta sul divano accanto a lui
< < Allora devi assolutamente mangiarlo > > disse lui porgendomi un contenitore di plastica bianco, io lo presi e trovai degli spaghetti immersi in qualcosa di strano, doveva essere ramen... Forse 
< < Non mi stuzzica tanto > > dissi io osservandolo
< < Assaggia > > spronò lui, io presi le bacchette e iniziai a tentare di prendere almeno uno spaghetto, ma non ci riuscì. Alla fine esasperata presi la forchetta e finalmente riuscì a prendere più di uno spaghetto. Jace se ne era andato, dicendo che doveva andare dalla sua ragazza -il piano di fare soldi a palata andò in fumo, però forse con Alec...- Osservai prima Magnus e poi Alec, li vedevo mentre si lanciavano occhiate di nascosto
< < Io vado da Nagisa > > dissi, mi alzai e andai nella seconda camera a sinistra, entrai, la trovai che stava dormendo tranquillamente, non mi avvicinai, avevo troppa paura che si svegliasse. Era colpa mia se lei ora stava così, non ero stata veloce ad uccidere il demone e lei ora stava così, forse non si sarebbe più svegliata. Scossi la testa non potevo pensare a quelle cose, mi girai e andai nella camera accanto. In teoria dovevo chiamare almeno James per dirgli dove stavo, ma non mi andava, era la prima sera in cui non c'era lo zio e io potevo rilassarmi 
< < Magnus > > dissi andando verso il salotto < < scusa se ti disturbo, posso rimare qua a dormire? > > dissi appoggiata allo stipite, lui mi squadrò un altra volta 
< < Non dovresti tornare a casa? > > chiese lui confuso
< < Mh, preferirei dormire qui > > 
< < D'accordo.... Ma non è un albergo questa casa > >
< < Mai pensato che lo era > > dissi io sorridendo, presi lo zaino e andai alla stanza accanto a quella di Nagisa. Per la prima volta passavo una serata in completa tranquillità, senza aver paura che lo zio potesse entrare da un momento all'altro per picchiarmi. Mi scopri il polso controllando il livido, volevo piangere, ma non potevo, ogni volta lo lasciavo fare mi sentivo sempre in colpa, non so perché, sapevo solo che i sentivo in colpa. Scossi nuovamente la testa, era la mia serata libera, non potevo deprimermi in quel modo, in un attimo mi tolsi le lenti e le misi nell'acqua, tanto erano quelle che duravano per due settimane, mi raggomitolai su me stessa e caddi in un profondo sonno.
 
*Gomennasai in giapponese vuol dire "mi dispiace"
 
~Angolo dell'autrice~
 
Okay questa è la seconda fan fiction che scrivo con Sebastian, lo amo troppo come personaggio, ogni giorno mi viene in mente almeno una storia con lui... Ma comunque, che ne pensate di questa storia? Non so neanche come mi è piaciuto venire in mente... Eh boh.... Fatemi sapere che ne pensate e tutti gli errori.

 
  
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