La mano di Arwen è gelida e pesante fra le sue e Bilbo
la sfrega delicatamente per scaldarla.
Ha scoperto per caso le condizioni della figlia di Elrond,
e da quella sera, in cui per la prima volta ha visto in lei una debolezza
e una sofferenza così profonda da farlo
commuovere, ha iniziato a farle visita nella speranza di darle un minimo di conforto.
Anche se la realtà è che è Bilbo quello a provare
vero sollievo nella vicinanza dell’Elfa.
Da tempo incubi orribili hanno iniziato ad infestare ogni sua notte. Visioni di
sangue e morte dove la Battaglia dei Cinque Eserciti viene vista e rivista
dallo Hobbit senza che possa fare nulla per cambiarne
gli esiti.
-Dovresti dormire Bilbo.-
Bilbo scrolla la testa prima di alitare sulle sottile
dita di Arwen.
Questa sera l’Elfa sembra stare peggio del solito. È
stesa su un divano, inerme, il capo reclinato verso una spalla e il respiro
affrettato nel petto.
Arwen non sopravvivrà
a lungo al
male che si sparge da Mordor gli
ha detto Elrond e per la prima volta Bilbo ha davvero paura che la Stella del Vespro sia sul
punto di spegnersi per sempre.
-Non riesco a farlo, dolce signora.-
-Perché?-
È una domanda così semplice che Bilbo sente l’impulso
di mettersi a ridere. Da quando gli incubi sono iniziati tutti non hanno fatto
altro che dirgli che è tutta colpa dell’Anello e della sua lontananza, ma
nessuno gli ha mai chiesto perché non riesce a dormire.
Oh sì, il suo caro anellino gli manca. Lo rivorrebbe tanto indietro, ma no, non è quello a turbare i suoi sogni. Perché
non è l’Unico e il desiderio di tornare a stringerlo fra le mani a popolare le
sue notti, è qualcos’altro. O meglio, qualcun altro.
-Perché…-
L’espressione di Arwen è così tenera e attenta che le
labbra dello Hobbit si muovono senza che lui se ne
renda pienamente conto - Perché c’è un luogo che mi attende da molto tempo mia
signora, ma a quanto pare, dovrò morire senza poterlo vedere un ultima volta.-
-Immagino che sia un luogo molto importante per te.-
Bilbo annuisce mentre la mano di Arwen
stringe la sua.
-Se è così, Bilbo Baggins,
è già nel tuo cuore.-
-Nel mio cuore non c’è più nulla, l’Unico si è preso tutto.-
-L’Unico Anello non ha rubato nulla, ha solo nascosto. Io lo vedo.-
Arwen sembra così seria, così sicura di sè, ma Bilbo non riesce a credere
che nel suo cuore ci sia ancora qualcosa.
Perché ogni notte cammina per le sue strade e ognuna di essa lo porta a
inginocchiarsi accanto ad un Thorin Scudodiquercia ormai morente.
-Il mio cuore è un cimitero mia dolce signora.-
-Il tuo cuore è un giardino che ha solo bisogno di un po’di cura.-
Nonostante
le parole di Arwen e la sua carezza leggera sul viso,
gli incubi aggrediscono Bilbo puntuali non appena
chiude gli occhi.
È di nuovo quel giovane Hobbit che, infischiandosene
dei pericoli, attraversò correndo il campo
di battaglia ai piedi della Montagna Solitaria come, fino a qualche tempo
prima, non avrebbe osato fare nemmeno nelle sue fantasie più sfrenate. E allo stesso tempo, è anche il vecchio
consunto sé stesso che sa benissimo come andrà a finire quella corsa contro il
tempo.
A Bilbo sembra che gli incubi che ogni notte gli
fanno visita, non siano altro che la manifestazione del dolore che, per anni,
per colpa dell’Unico, ma anche sua, non ha potuto provare a pieno.
Perché ha sofferto per la morte di Thorin. Lo ha
pianto per molto tempo, la notte, con la bocca premuta contro il cuscino, ma
non è mai arrivato al punto di sentirsi saturato di quella sofferenza.
Non l’ha mai abbracciata completamente fino a farla sua. Non l’ha mai portata
con sé come una ferita da portare con orgoglio. Perché se è vero che ha perso Thorin e lo ha visto morire senza poter fare nulla, lo ha
conosciuto. E grazie a lui, è diventato un Hobbit
migliore.
Ha scacciato ogni dolore relativo al Re sotto la Montagna. Non si è mai
permesso di provarlo davvero. Di sentirsi triste davanti a quella quercia sotto
alla quale, l’estate fuma la sua erba
pipa e ripensa al suo viaggio
inaspettato. Non ha mai accettato che, negli anni, gli è mancato tutto di Thorin, in un modo in cui, la sua parte Baggins,
definirebbe sconveniente.
Ha negato i suoi sentimenti e ora questi sono tornati a presentargli il conto.
L’incubo è
lo stesso di ogni notte e la parte cosciente di Bilbo
che si muove in essa, sa che non può fare nulla per impedirlo.
Deve vedere.
Deve dirgli addio.
Deve sentire infondo alla gola il sapore delle lacrime.
Perché in questi anni non ha fatto altro, e il suo cervello lo punisce. Non ha
tenuto nel cuore il suo ricordo, lo ha allontanato, ridimensionato fino a farlo
diventare un ombra sfocata priva del sentimento che in esso si nascondeva.
-Mi
dispiace di averti messo in un tale pericolo.-
La mano di Thorin trema nella sua e Bilbo la stringe forte -No…- sussurra - …Sono contento di
aver condiviso con te i tuoi pericoli, dal primo all’ultimo. È molto di più di
quanto meriti un Baggins qualsiasi.-
-Addio.-
Bilbo sa cosa sta per accadere, cosa sta per udire.
Il dolore è come una fiamma che incendia ogni fibra del suo corpo, e in questo
stato febbrile ode la voce di Arwen che lo esorta a
ricordare. A ricordare davvero.
Ricorda il tuo cuore.
Ricorda com’era.
Così devia
dalla verità dei ricordi e preme la fronte contro quella di Thorin
affondando la mano libera nei suoi capelli intrisi di sudore e sangue.
-Io ti amo.- sussurra dando finalmente voce a quella
sua parte Tuc, irruenta e scapestrata, che infondo
avrebbe voluto gridarlo a Thorin ogni volta che
finivano con il litigare per un inezia -Io
ti amo così tanto.-
Bilbo chiude gli occhi e lo ripete una, due, tre,
quattro volte. Lo ripete fino a sentirne il sapore in bocca e il suo calore nel
cuore.
-Mi dispiace di averti scacciato dal mio cuore.-
-Scassinatore
si può sapere dov’eri finito?-
Bilbo apre lentamente gli occhi. Il corpo di Thorin è sparito e le sue mani non sono più piene di
sangue, ma di fiori.
-Viole del pensiero.- sussurra.
Alza la testa di scatto, si volta, Thorin è in piedi
dietro di lui e lo sta fissando fra l’arrabbiato e l’annoiato mentre il resto
della compagnia aspetta sul sentiero.
Giorni celesti è così bello, come ha potuto dimenticarlo? Come ha potuto
sprecare così tanto tempo a sognarlo e a pensarlo da morto, invece che
ricordarlo con quell’espressione così irritante e adorabile assieme.
-Lo sai che non mi piace aspettare. Su, andiamo.-
-No, aspetta!-
Bilbo si lancia sulla schiena di Thorin
facendolo sbilanciare in avanti di un passo e affonda il viso nel suo mantello
ridendo e piangendo assieme -Non possiamo restare in questo giardino ancora per
un po’ ?-
Una mano grande e calda sfiora la sua e
anche se Bilbo non può fare a meno di pensare a
quando l’ha stretta per la prima e ultima volta, la trova così bella da perdere il senno.
-Ti prego Thorin, rimani con me per un po’.-
-Sono sempre stato con te Bilbo, anche quando tu non
riuscivi a vedermi.-
La mattina
dopo Bilbo si sveglia sentendo la solita chiazza di
lacrime sotto al viso, ma non gli
importa. Sono lacrime di gioia.
Non ha perso nulla, l’Anello non gli ha portato via nulla.
Lui è ancora lì.
-È ancora con me.-
-Viole del pensiero?-
Arwen osserva il vaso pieno di fiori sul suo comodino -Gradevoli, non trovi padre?-
Elrond sorride alla figlia
mentre sfiora con la punta delle dita i petali delicati -Sembri stare meglio
quest’oggi, mia cara.-
-Un cuore che accetta l’amore e il
dolore che esso porta, è una medicina portentosa.-
Elrond corruga lievemente la
fronte, ma non fa domande. Arwen sembra stare bene e oltre la finestra, riesce a vedere
Bilbo intento a annaffiare i fiori del suo giardino.
C’è luce a Gran Burrone questa mattina, è questo gli basta.
FINE CAPITOLO.
LO SO, LO
SO, è una vaccata pazzesca.
Purtroppo ho talmente tanti bagginshield –feels che devo buttarli fuori in qualche modo.
Se vi va, fatemi sapere che ve ne pare :D
Nel linguaggio dei fiori il significato delle
Viole del pensiero "pensa sempre a me, io penso a te"