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Autore: Jessy Pax    16/02/2015    2 recensioni
Quando Oliver e Felicity sembrano poter vivere le loro vite da eroi e amanti senza alcun problema, ecco che il destino si intromette con prepotenza.
Una tempesta sta per arrivare, e una epica collaborazione sta per nascere tra gli eroi di Starling City e Gotham.
Arrow e Batman uniranno le loro forze per sconfiggere i criminali che assediano la città del Cavaliere Oscuro. Ogni eroi avrà il suo nemico e ogni eroe sarà costretto a sconfiggere i propri demoni.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Nuovo personaggio, Oliver Queen
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Prima di iniziare a leggere la mia nuova fan fiction, vorrei spiegare un po' di cose. 
Prima di tutto, la mia nuova storia è il continuo di un'altra fan fiction a tema Arrow/Olicity e potete trovarla qui: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2689438&i=1
 Quindi, il contenuto di "Sorgere dell'alba" riprende un paio di mesi dopo il finale della fan fiction sopra citata. Inoltre, nella nuova storia, ho inserito citazioni che conoscete già, perché ho preso alcuni dialoghi che sono stati presenti negli episodi della terza stagione (televisiva) di Arrow, e alcune frasi/battute sono prese dalla trilogia del Cavaliere Oscuro di Chistopher Nolan (ergo, i personaggi sono strettamente collegati al film; tipo i cattivi che vi saranno e Catwoman).
Direi che con le avvertenze ho finito... ah, un'ultima cosa. In questo primo capitolo troverete citata una canzone di Taylor Swift e, se vi va di ascoltarla, potete farlo qui: https://www.youtube.com/watch?v=nfWlot6h_JM

Con questo è tutto, ovviamente le recensioni sono apprezzate e spero vivamente che vi piaccia questa mia nuova raccolta di capitoli, sperando ulteriormente di essere costante nell'aggiornamento! Baci, Jessy! ♥






 

Arrow VS The Dark Knight




 

“È solo un appuntamento. Non sto per gettarmi sotto un treno in corsa!”
Felicity non faceva altro che ripeterselo da quando Oliver Queen l’aveva invitata a cena per quella sera stessa. Aveva affrontato Slade Wilson mentre minacciava di ucciderla con una lama affilata sul proprio collo, eppure, un appuntamento con Oliver la spaventava più di qualsiasi altra cosa.
Era seduta sul letto grande e fissava con sguardo nervoso e impaziente quell’armadio colmo di abiti colorati ed eleganti. Felicity non sapeva cosa mettere per questo evento speciale.
Stringeva al petto l’asciugamano da bagno e sentiva formicolare le dita delle mani per la forza che stava impiegando. “Rosso o blu?” La ragazza era indecisa su quale colore scegliere, il blu le sembrava essere una tonalità troppo fredda, pensò che se l’avesse scelta, l’appuntamento avrebbe preso una piega troppo reale e perfetta. Come se ciò che stava per vivere, andando a cena con Oliver, era solo una menzogna, un piccola realtà beata e tranquilla nella quale l’unico problema che dovevano affrontare era: vino bianco o vino rosso?
A Felicity non piacque l’idea di rilegare ad Oliver una realtà così banale e priva di avventura. Le aveva confessato di amarla, si erano scambiati il primo bacio ma lei sapeva bene che loro due non sarebbero mai stati una coppia normale, come le altre. Oliver non era come gli altri ragazzi, lui era una sorgente di dubbi, pericoli, disavventure, insicurezze, paure e impossibilità. E tutto questo Felicity lo aveva compreso da molto ormai, le aveva dato la conferma il fatto che lui non aveva scelto di stare con lei, aveva preferito far finta che non fosse accaduto niente quel giorno alla fonderia, aveva preferito invitarla a cena dopo un paio di mesi.
La biondina smise di rimuginare il passato e si concentrò nuovamente sul presente, facendole venire ulteriormente un attacco di ansia al pensiero dell’incontro. Respirava profondamente ma al tempo stesso velocemente, si alzò in piedi, mise gli occhiali e scrollò le spalle sperando così di alleggerire la tensione.
«Perché non ho un’amica?» Felicity rimproverò se stessa che, in quel momento, avrebbe desiderato vivamente avere al proprio fianco un’amica che l’aiutasse a prendere una decisione e farle coraggio. Prese un bel respiro e accese lo stereo facendo partire una canzone inserita già nel lettore MP3 «Taylor, ho solo te. Per favore supportami!» non era un singolo che preferiva, ma ascoltare Taylor Swift in certe situazioni, l’aiutava a ritrovare la calma persa. Ma in quel caso, nemmeno “Shake It Off” avrebbe adempito quel compito.



 

Poche ore dopo
 

 
Felicity era seduta al tavolo del ristorante italiano e aspettava agitata l’arrivo di Oliver.
Si guardava intorno e, nonostante le tante coppie che ridevano e mangiavano con serenità, lei riusciva solo ad immaginare che Oliver non sarebbe mai arrivato e sarebbe rimasta sola in quel tavolino con le sole lacrime a farle compagnia. Provò a scacciare via quei brutti pensieri dovuti all’ansia, così prese ad esaminare il proprio vestito. “Ho scelto il rosso, forse è eccessivo. Forse sono troppo elegante. Magari Oliver penserà che mi aspetti qualcosa da lui questa sera.” “Un momento, mi aspetto davvero qualcosa da lui?” “Sto vaneggiando” La ragazza si rese conto che parlava troppo anche nei suoi pensieri e per tranquillizzarsi non doveva far altro che smettere di formulare riflessioni, dubbi o qualsiasi altra cosa.
Un bel respiro e… voltò il capo spostando le onde morbide dei capelli biondi, ed Oliver era lì che la osservava da lontano con un sorriso che non gli aveva mai visto prima. A differenza sua, sembrava molto più rilassato e sovrappensiero, come se appena l’avesse vista, tutte le paure fossero crollate all’improvviso. Sorrise anche lei e appena la raggiunse, si abbracciarono buffamente impacciati.
«Sei bellissima.»
«Grazie, anche tu.» sia Oliver che Felicity si fissarono inebetiti e nessuno dei due sapeva cosa dire, quei pochi secondi di imbarazzo furono spezzati dal giovane che rise sommessamente. «Che c’è?» chiese Felicity.
Oliver scosse la testa e alzò lievemente le spalle prima di posizionare il tovagliolo di stoffa sulle gambe «È da folli no? Cosa c'è da essere nervosi?».
Felicity annuì stendendo perfettamente il tovagliolo e rispose senza peli sulla lingua: «Abbiamo già parlato di tutto ciò che si dice ad un primo appuntamento. Ed a un secondo e ad un terzo e ad ogni appuntamento.» si fermò brevemente per poi prendere la forchetta in mano e osservarla come se fosse la cosa più interessante mai vista prima «E se dobbiamo dirla tutta, ti ho già visto senza maglia. Moltissime vote. Senza maglia. Sempre.» sentiva lo sguardo di Oliver fisso su di lei e sapeva anche che stava anche sorridendo e Felicity non volle assolutamente alzare gli occhi per confermare la sua teoria. Ma le andava bene così, era ovviamente in imbarazzo ma con Ollie non aveva mai tenuto a freno la lingua.
Fortunatamente l’arrivo del cameriere salvò la ragazza dal suo farneticamento.
«Può portarmi dello scotch. Liscio.»
«Per me solo acqua, grazie.»
«Ne sei sicura? Forse con l'alcol... » Lo sguardo di Oliver si fece immediatamente preoccupato e spaventato, credeva realmente che l’alcol avrebbe aiutato entrambi ad essere più a loro agio.
«L'alcol non va bene se mentre ascoltavi Taylor Swift hai ingerito una dose discutibile di ansiolitici.» sorrise gentilmente al cameriere per congedarlo e sospirò poggiando gli avambracci sulla tovaglia bianca del tavolo.
«Tu ascolti Taylor Swift?» nel tono di Oliver si percepiva della sana curiosità mista al divertimento.
Felicity lo guardò ridacchiando «Chi non l’ascolta? È un rimedio naturale a chi soffre d’ansia e nervosismo.»
«Tu non sei una persona nervosa!» Oliver strinse gli occhi e aggrottò la fronte stupito e allegro.
La biondina sollevò la mano a mezz’aria e mostrò al suo amico quanto tremasse senza ritegno «Sono tremendamente una persona nervosa!»
Ollie sorrise solennemente e prese la mano della ragazza nella sua, stringendola piano. Con il pollice accarezzò delicatamente la pelle chiara di lei e tentò di dire qualcosa di concreto, qualcosa che non aveva mai azzardato a raccontare «Per tutto il tempo che sono stato via, non ho mai potuto… fidarmi completamente di qualcuno. E quando lo fai per così tanto tempo, smetti di vedere le persone… come persone. Vedi minacce. O bersagli. E quando ho deciso di tornare a casa, io non sapevo come abbandonare quella parte di me. Poi sono entrato nel tuo ufficio. Sei stata la prima persona che sono riuscito a vedere come… una persona. C’era qualcosa in te…»
Felicity ascoltò il discorso con il respiro fermo in gola, Oliver Queen si stava finalmente aprendo con lei, le stava mostrando quella parte di se che teneva sempre nascosta, al sicuro. Ricordò perfettamente quel giorno di cui Ollie parlava, era una mattina indaffarata, Felicity stava armeggiando come sempre con il suo computer e quando lui entrò nel suo ufficio, pensò che non poteva essere realmente vero.
«Beh, stavo mangiucchiando una penna.»
«Era rossa.» la IT girl rimase a bocca aperta ma la chiuse istintivamente per sorridere con gli occhi lucidi. Era incredibile come Oliver ricordasse il colore della penna, era assurdo ma assolutamente inaspettato e si senti sciogliere come burro ma dovette darsi un contegno. Strinse maggiormente la mano a quella del ragazzo e a breve intrecciarono le dita insieme.
«Ricordi quando ti ho detto che a causa di quello che faccio, non pensavo di... poter stare con qualcuno a cui... tenevo sul serio?»
E come dimenticarlo? Felicity lo teneva sempre bene in mente «Sì, me lo ricordo.»
«Forse mi sbagliavo.» Fel credette di star vivendo sul serio un sogno. Oliver aveva deciso di dichiararsi per la seconda volta? Forse aveva capito che potevano stare finalmente insieme? Fu pervasa da una felicità primitiva, una contentezza che si prova solo in momenti rari ed unici, è quel tipo di allegria ed euforia che non si piò spiegare. È una sorta di incantesimo che ti pervade tutto il corpo, è come se galleggiassi su di una nuvola vaporosa e morbida. Come se niente potesse rovinare una tale utopia.
Felicity provò a dire qualcosa ma le luci si spensero all’improvviso.
Il ristorante cadde in un buio totale e sconcertante. Anche la città fu investita da un blackout fulmineo. «Oliver…»
Felicity cercò istintivamente il braccio del compagno e fu afferrata velocemente. «Sono qui, usciamo da questo posto devo…» Oliver prese a tossire. Tutte le persone che erano presenti erano cadute in uno stato di panico assoluto. Un odore forte di gas, così acre e pungente, costrinse i clienti a cadere a terra. Ollie portò una mano alla gola sentendosi soffocare ma fino all’ultimo istante si preoccupò di tenere al sicuro la sua Felicity, facendole respirare il meno possibile quel fumo trasparente che ricordava di aver inalato in precedenza.
Nonostante non vedesse, Oliver era certo che la testa vorticava e non riusciva a rimettersi in piedi, era consapevole di non poter reggere ancora, così si lasciò andare. Chiuse gli occhi e tutto ciò che avvenne dopo fu completamente privo di logica.
 



Due ore più tardi




La gola era secca e irritata, la testa le girava pericolosamente.
Si lamentò con tono grave e provò ad aprire gli occhi.
Felicity non ricordava cosa era successo, era con Oliver e poi si ritrovò a terra priva di sensi.
Si guardò attorno e costatò che la città era luminosa, le luci erano tutte al loro posto; non sa perché, ma questo particolare per lei sembrò essere importante.
«Dove mi trovo?» biascicò le parole e batté più volte la lingua sul palato per via della bocca impastata dallo svenimento.
«Tu dove credi di essere?» una voce spaventosa. Quella voce le fece tornare in mente qualcosa, o meglio, qualcuno. Era sicura di averla già sentita prima.
Felicity strinse gli occhi corrugando la fronte, provò a voltarsi verso quell’uomo che aveva sentito parlare ma appena lo fece, avvertì il vuoto sotto il suo piede destro. Guardò in basso e urlò dal terrore. «Oh mio Dio!» venne afferrata da un polso e si trovò di fronte una maschera di iuta che conosceva perfettamente. Quello psicopatico che pochi mesi prima aveva cercato di uccidere Laurel e anche Oliver, quel pazzo che era stato rinchiuso all’Arkam Asylum di Gotham e, evidentemente, era riuscito ad evadere: lo Spaventapasseri.
«Come puoi essere qui? Che cosa vuoi?» Felicity era paralizzata dalla paura, ma trovò lo stesso il coraggio di parlare al volto dell’uomo coperto da quel cappuccio vecchio, logoro e maleodorante. Ogni tanto sentiva che i tacchi delle proprie scarpe sgretolavano il cornicione dell’ultimo piano di quel palazzo altissimo. Le macchine giù strada,  da quell’altezza, erano notevolmente piccole.
Lo Spaventapasseri rise malignamente e continuò a stringere il polso della povera ragazza «Ehi, Arciere di Smeraldo! Non avrai mica creduto che non ci saremmo più visti, vero?!»
Felicity sollevò gli occhi e guardò oltre le spalle dello psicopatico e, una figura verde scura, si stagliò nell’ombra della notte. Arrow era arrivato.
«Lasciala andare. Il problema è nostro. La ragazza non centra nulla.» la voce camuffata dell’eroe era astiosa e severa. Incoccò la freccia, pronto a tirarla al primo passo falso del villano.
Fel tremava e non sentiva più il sangue scorrerle normalmente nelle vene; lo Spaventapasseri si voltò verso Arrow e urlò con una isteria fuori luogo «Sembri un uomo che si prende troppo sul serio. Vuoi un consiglio? Accenditi un sorriso!» infilò una mano nella sacca della sua giacca e gettò nella direzione di Oliver un accendino. Il pavimento dell’ultimo piano prese fuoco in un nano secondo e tra Arrow e lo Spaventapasseri fu creata una barriera di fiamme rosse e gialle.
Lo Spaventapasseri si rivolse nuovamente alla giovane donna «Non c'è niente di cui avere paura... tranne la paura stessa!» sganciò la mano dal polso minuto della ragazza e Felicity, in quell’istante, capì che stava per morire.
«FELICITY!» Oliver saltò nel fuoco divampante ma quando raggiunse il cornicione dove pochi secondi prima c’era la sua amata, lo Spaventapasseri era scomparso in una nube di gas che, con i residui di esso, non fece altro che incrementare le fiamme.  Arrow si buttò repentinamente dal palazzo per seguire quella corsa folle che la sua Felicity stava facendo nel vuoto, sparò una freccia tentando di agganciarla ad una facciata di un altro grattacielo.
Felicity stava per schiantarsi al suolo e Oliver la stava per perdere per sempre, non era così veloce, non era così scaltro. Se solo ci fosse stato Barry lì con loro. Se solo avesse potuto fare qualcosa per essere più scattante!
Ormai era troppo tardi.
Il grido disperato e straziante di Felicity arrivarono alle orecchie di Oliver come una lama in pieno stomaco. Faceva male. Fin troppo.

Un’ombra grande, nera e sagomata, inghiottì Felicity come un pipistrello che sparisce nella notte più profonda.
Oliver stupito, si precipitò a terra senza curarsi dell’atterraggio. Non c’era più traccia di Fel, si guardò intorno e non vide nessuno.
Era in un vicolo piccolo, sporco e in penombra, respirava con il fiatone e sentiva le proprie guance bagnate e fredde.
«È salva.»
Arrow si girò con un sobbalzo nel sentire una voce profonda e roca. Vide un uomo grosso e alto almeno quanto lui avvicinarsi con in braccio una ragazza minuta e addormentata. Indossava un costume nero, un lungo mantello e una maschera con delle orecchie appuntite che copriva il volto integralmente. Aveva l’aspetto di un pipistrello gigante e terrificante. Oliver strinse gli occhi dietro la sua mascherina aderente, chiuse l’arco e con un semplice click si ripiegò su se stesso. Aveva una certa idea su chi fosse quell’eroe che era proprio davanti a se, ne aveva sentito parlare su tutti i notiziari ma non riusciva a credere ai propri occhi. «Cavaliere Oscuro…» tutti lo chiamavano Batman, ma Oliver si prese la libertà di identificarlo con il nome che secondo lui infondeva più timore e, al tempo stesso, rispetto. Rispetto che solo tra eroi potevano provare.
L’uomo vestito di nero poggiò Felicity a terra. Oliver si affrettò a raggiungerla e la alzò dal suolo dalle spalle piccole, un braccio lo passò sotto le ginocchia e la sollevò tenendola stretta al petto.
«Che ci fai qui?» chiese l’incappucciato.
Il Cavaliere Oscuro abbassò lievemente il capo e si voltò quanto bastò per nascondere il viso mascherato al suo collega verde. «Stiamo vivendo tempi bui. Ho bisogno del tuo aiuto, Arciere di Smeraldo. Dobbiamo unire le nostre forze per battere la tempesta che sta per arrivare.»
Ad Oliver non bastava quella frase, voleva sapere di più. Di quale tempesta stava parlando? «Di cosa parli?»
«Verrai a conoscenza della verità a tempo debito. Sei con me?» Batman non era un tipo di molte parole e Oliver, nonostante nemmeno lui fosse un tipo loquace, si sentì stranamente irritato da un comportamento del genere perché, infondo, anche lui delle volte si comportava nel medesimo modo.
«Ho bisogno di sapere altro, non mi basta quello che…»
«Sei con me, Arrow?» Ollie fu interrotto bruscamente dalla voce secca e rauca del pipistrello. Oliver chiuse di scatto la bocca e annuì duramente. Aveva passato l’inferno nei cinque anni lontano dalla sua città e se c’era una cosa che aveva imparato a comprendere, era che ad una questione apparentemente importante e grave, non si chiedeva mai perché o per come. Smise di domandare. Se il Cavaliere Oscuro era venuto fino a Starling City solo per chiedere aiuto ad Arrow o perché era stato spinto da qualche altra conseguenza – forse proprio lo Spaventapasseri -, ad Oliver Queen, per ora, non era dato sapere. Ma aveva acconsentito a collaborare e, questo, ad entrambi gli uomini bastò. Spostò il mantello con un gesto secco del braccio e con una piccola rincorsa, spicco il volo nel cielo blu notte di quella sera infinita.
 

 


 

   
 
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