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Autore: Najade    16/02/2015    5 recensioni
Per la prima volta Castiel affronta i suoi limiti e si interroga sugli uomini; cosa li rende speciali? Cos'è quell'attrazione che prova nei "loro" (o suoi?) confronti? Ma soprattutto, quale è il loro scopo? Perché è chiaro che sono totalmente inferiori agli angeli.
Troverà una risposta oppure dovrà arrendersi e riconoscere il suo limite?
I classificata al "I’m no Superman contest"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione, Contesto generale/vago
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Prima classificata al I’m no Superman contest
Hola ~
Ripiombo in questo fandom con un'altra one-shot che partecipa al contest I’m no Superman, indetto da rhys89 sul forum.
Il prompt, per così dire, era "storie in cui almeno uno dei vostri protagonisti si trovi alle prese con i propri limiti" e così eccoci qui, con un povero Castiel che proprio non riesce a capire gli umani; spero di averlo reso plausibile, l'ultima frase era la citazione che dovevo usare.
Spero gradirete, fatemi sapere cosa ne pensate ♥




Il tuo pomo d’Adamo - e anche qui, ci sarebbe da domandarsi cosa diamine c’entri il primo uomo con la tua gola - sale e scende mentre ti bagni le labbra con quel liquido che ti ostini a chiamare “nettare degli dèi”, come se delle creature divine necessitassero di soddisfare bisogni tipicamente umani, imperfetti; non riesco a comprenderlo, non riesco a comprendere te, la tua razza, la specie dinnanzi la quale mi sono inginocchiato, la specie a cui ho giurato amore eterno per volere del Padre. Amore eterno, ma non comprensione.
Perché in effetti non riesco a capire; e ci ho provato, oh devi credermi, ci ho provato così tanto e così a lungo che è frustrante accorgersi di trovarsi ancora al punto di partenza.
Dapprima, ero solo curioso come potrebbe esserlo un agnellino appena svezzato ed i miei fratelli continuavano a riprendermi e suggerirmi di prestare attenzione, non avvicinarmi troppo perché altrimenti avrei rischiato di macchiarmi per sempre della vostra impurità.
Ti sorprende sapere che non avevo capito neanche allora? Immagino di no.
Siete i figli prediletti di mio Padre, come potevate essere corrotti? Fin dal principio mi convinsi del fatto che la vostra razza costituisse uno dei misteri più affascinanti del Creato, mi stupivo di come poteste vivere lontani dalla Grazia di Dio, dotati del vostro cosiddetto libero arbitrio - l’ennesimo enigma, per me - emblema dello smisurato amore che Lui ha nutrito per voi fin dall’inizio, amore che neanche avete considerato, preferendo servirvi del più prezioso dei doni per perseguire il male cosicché il divario tra noi si facesse sempre più profondo ed incolmabile.
Credevo.
Da quando mio Padre se ne è andato, il Paradiso si è chiuso sempre più in se stesso, nella sua bolla di pacifica perfezione, immobile eternità, inscalfibile purezza; lasciavamo agli uomini il dominio sulla terra nera, valle di lacrime, come vi piace chiamarla, tenevamo le distanze perché il vostro animo non ci avvelenasse, perché ormai eravate perduti.
Credevo.
La distanza è più breve di quanto pensassi: un semplice tocco mosso dai più nobili intenti; ne porti il segno visibile sulla tua spalla, ma anche io da allora sopporto un peso non trascurabile, che grava nell’animo: il peso della dannazione.
Però ancora non capisco. Siete solo umani, da dove giunge dunque tutta la vostra influenza? Da dove traete tutto il potere di attrazione che potete esercitare? Che puoi esercitare su di me?
Non dovrei provare alcun interesse, alcuna curiosità, perché siete inferiori sotto ogni aspetto, eppure continua a sfuggirmi qualcosa, quella scintilla che vi anima e che ho scoperto sopita nei miei fratelli; tremolante, sfuggente, precaria in maniera frustrante.
Effimera.
Proprio come voi, così deboli, piume sottili legate a fili altrettanto instabili, la vostra vita non è altro che un battito di ciglia in confronto all'eternità di cui noi siamo invece padroni; curioso vedervi contorcere nel tentativo di sfiorare l'immortalità, lo sforzo che compiete nell'allungarvi allo stremo per lasciare un segno nelle vite altrui, altrettanto fugaci. Cosa vi resta, poi? Il buio di un aldilà in cui neanche credete.  
Mi domando quale sia il vostro scopo, dato che evidentemente non è compiere il volere di Dio.
Continuo a pormi domande, spiarvi da lontano, allungare un po' il collo, osare più di quanto abbiano mai osato gli angeli, sporgermi quel poco che basta per vedere.
Per cadere.
 
Sapevo che fosse qualcosa, prima ancora di capire cosa; percepivo che fosse giusto, benché non ne afferrassi la ragione; ero convinto di dover difendere una causa che neanche comprendevo.
Perché ho visto.
Ti ho visto commettere crimini orribili e compiere opere grandiose.
Ti ho visto agire da eroe e poi sprofondare nelle tenebre più impenetrabili.
Ti ho visto ripudiare un fratello, perché troppo simile a ciò che di norma cacciavi.
Ti ho visto mentre spingevi quel carrello enorme al super mercato anche se avresti voluto solo startene su un letto, semplicemente perché non ti era sfuggito il fazzoletto macchiato di sangue del fratello che infine avevi salvato, e che ancora una volta sacrificava così tanto. E tu sacrificavi per lui.
Ti ho visto comportarti da umano.
E non ho dubitato neanche per un istante che fossi un uomo giusto, che avrei voluto essere al tuo fianco, combattere per la tua causa; quella scintilla, un poco opaca a dire il vero, mi attraeva come una fiammella la falena, sempre più vicino, pericolosamente vicino.
Ho finito per bruciarmi.
Allora ho capito.
Ho capito perché continui a lottare senza speranza, nonostante tu sia solo umano; ho capito perché continui a dibatterti senza pace, nonostante le forze esigue.
Ho capito come sia possibile che un essere tanto dilaniato, ridotto a brandelli, possa rimettersi a posto e tenere duro per il tempo necessario a combattere un'altra battaglia.
Credevo fosse il vostro più grande difetto, quando invece la vostra precarietà costituisce il vostro maggiore punto di forza; essere mortali è un dono, lo scorrere del tempo vi induce ad apprezzarlo al meglio, viverlo.
E allora sono le piccole cose che acquistano valore; allora ogni gesto nasconde molto ti più, e quando sei abituato a lottare, ad incassare, conscio che non potrà durare per sempre, allora forse alla fine l'unica cosa che puoi sperare è che il tuo ultimo pensiero sia piacevole... anche se si tratta solo di una lattina di birra bella fresca. 
  
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