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Autore: wearesotogether    17/02/2015    4 recensioni
[Questa storia partecipa alla Klaine Wedding Challange organizzata da Ginny_Potter e Flan]
Kurt Hummel è un wedding planner, sebbene non creda poi molto nel matrimonio. Blaine Anderson arrossisce per qualsiasi cosa, ed è convinto di aver trovato l’amore in Dave. Eppure basteranno quattro mesi di preparativi perché entrambi si rendano conto che, a volte, le cose inaspettate sono molto meglio di quelle programmate.
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Dal primo capitolo: “Blaine ridacchia appena, prima di voltarsi verso il suo futuro marito e fissarlo con un cipiglio interrogativo. Dave ruota gli occhi, ma sorride per la prima volta da quando Kurt l’ha conosciuto. “Va bene amore, ti meriti il matrimonio dei tuoi sogni” dice rassegnato, prima di sporgersi verso Blaine e baciarlo dolcemente sulla bocca. E quando Blaine sorride sulle sue labbra, Kurt proprio non capisce perché il cuore gli sprofondi un po’ nel petto.”
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: wearesotogheter
Titolo: “Not broken, just bent – and we can learn to love again”
Prompt: “The Wedding Planner: se ispirarvi al film di Jennifer Lopez oppure no è una vostra scelta, ma in questo caso, uno è il wedding planner dell'altro, che si sposa con una terza persona.”
Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel, Rachel Berry, Santana Lopez, Sebastian Smythe, altri
Pairing: Kurt/Blaine, Blaine/Dave
Warnings: Niente in particolare.
Note: La storia è in terza persona, ma racconta principalmente il punto di vista di Kurt, perché lo sento sempre un po’ più mio.
Inizialmente nasceva come OS, ma alla fine è venuta davvero troppo lunga e ho deciso di dividerla in quattro capitoli. Uno oggi, uno domani, uno dopodomani e uno il 20. E sì, qualora ve lo stiate chiedendo, ogni capitolo ha come titolo una canzone significativa che i nostri Klaine hanno cantato in Glee. Perdonatemi, non ho potuto resistere.













Capitolo I
Teenage dream





Kurt Hummel non aveva mai considerato il matrimonio come una gran cosa.
 
Il che è strano, per uno che svolge il suo lavoro, ma la verità è che quando vedi certi dettagli ogni giorno della tua misurabile vita, a lungo andare le cose importanti diventano solo – ordinarie. E all’improvviso dimentichi che damigelle, fiori bianchi, riso, promesse, luci e torte a più piani non sono esattamente la quotidianità di ogni persona.
 
Kurt questo lo aveva dimenticato già da tempo, ma erano anni ormai che non era più un problema. Era bravo nel suo lavoro. Era capace di rendere felici le persone nel giorno più bello della loro vita.
 
Questo bastava. In nessun contratto era scritto che avrebbe dovuto farlo anche per se stesso.
 
***
 
La porta del bar tintinna appena quando Kurt la spinge per entrare. Un cameriere dall’aria vagamente raffinata lo saluta con un cenno del capo, che il ragazzo ricambia con un sorriso, prima di dirigersi verso un tavolino vuoto all’angolo del locale.
 
Una cameriera dalla pelle leggermente ambrata e i lunghi capelli neri si avvina a lui, con passo seducente e un blocchetto in mano.
 
“Ciao porcellana, che ti porto oggi? Il solito noiosissimo latte macchiato scremato?”
 
Il ragazzo scuote il capo, prima di incrociare le gambe sotto il tavolo e tirare fuori alcuni fogli dalla cartelletta che ha appoggiato ai suoi piedi. “Ciao Santana, come stai oggi?”
 
La ragazza sbuffa impercettibilmente, poi si siede davanti a lui. “Uno schifo, questo posto diventa sempre più una noia”
 
“Perché non te ne vai allora?” chiede Kurt, senza staccare gli occhi dai suoi documenti.
 
Santana lo guarda un secondo in silenzio, prima di rispondere. “Lo sai, non posso permettermi di perdere il lavoro proprio adesso. Io e Brittany stiamo cercando un nuovo appartamento, così quello zoticone del nostro padrone di casa non potrà più piombarci in casa ad ogni ora della giornata per chiederci l’affitto solo perché pensa di averne il diritto. L’ultima volta eravamo in doccia, per dio!”
 
Kurt storce il naso alle parole della ragazza, ma lascia correre. “Come sta Britt?” chiede invece, sollevando appena lo sguardo.
 
La ragazza sospira. “È in tour fino a giovedì con Mercedes. Poi hanno finalmente due mesi di pausa, così potremo stare un po’ insieme” esclama con un sorriso sognante.
 
Kurt sospira appena, ma ricambia il sorriso.
 
Santana e Brittany stanno insieme dai tempi del liceo. Si sono sposate quattro anni dopo, si sono trasferite insieme a New York e da allora sono inseparabili. Non esattamente il suo stile di vita, ma se c’è qualcuno su cui Kurt avrebbe scommesso allora e su cui scommetterebbe ancora oggi – beh, quelle sono loro.
 
“Dunque, sul serio – cosa ti porto?”
 
Kurt fa un gesto con la mano, prima di tornare ai suoi documenti. “Niente per ora. Aspetto due clienti”
 
Santana ridacchia. “Oh oh, nuova coppia felice?”
 
“Già” sbuffa Kurt, prendendosi la testa tra le mani. “Tali Blaine Anderson e Dave Karofsky”
 
“Oh, è il tuo campo” Santana gli rivolge un occhiolino malizioso che Kurt non comprende del tutto. “Passo più tardi allora” aggiunge poi, prima di alzarsi e allontanarsi sculettando.
 
Kurt la guarda per qualche secondo, e sorride tra sé e sé.
 
Perché Santana forse non è perfetta, e di errori nella vita ne ha fatti tanti, ma è parte della sua famiglia da più di dieci anni ormai. E in questi casi la perfezione non serve quasi mai.
 
***
 
“Kurt Hummel?”
 
Una voce quasi irreale lo risveglia dal suo stato di torpore. Kurt solleva gli occhi dai documenti che stava leggendo con attenzione, e all’improvviso si ritrova proiettato nella profondità di due pozzi color del tramonto.
 
Il viso che lo guarda con curiosità è fresco e dolce, e a Kurt serve qualche secondo per rendersi conto che forse dovrebbe rispondere.
 
“Sì – sì, sono io. Dave Karofsky?” chiede titubante, schiarendosi la voce e alzandosi per stringere la mano all’uomo, che lo guarda ora con un sopracciglio alzato.
 
È più basso di lui. E indossa uno strano papillon a strisce che fa fastidiosamente a pugni col colore della sua camicia, ma il sorriso che gli rivolge mentre stringe con forza la sua mano è – rassicurante. Come un salvagente capitato per caso mentre sei disperso in mezzo al mare.
 
E Kurt davvero non sa perché la sua mente abbia partorito un tale paragone, ma, mentre sente  il caldo della pelle dell’uomo contro il suo palmo, non può fare a meno di sorridere anche lui.
 
“No, io sono Blaine Anderson. Lui è Dave” dice con una risata, indicando l’uomo accanto a lui.
 
Dave è un uomo robusto, la faccia imbronciata, i capelli corti e la cravatta elegante. Rivolge a Kurt uno sguardo scettico, poi, senza neanche stringergli la mano, afferra una sedia e si accomoda, alzando un braccio per richiamare la cameriera.
 
Kurt lo fissa con un sopracciglio alzato, e maledice mentalmente se stesso per avere la pessima abitudine di accettare incarichi per telefono. Con la coda dell’occhio non può fare a meno di notare Blaine che si gratta il retro della testa e arrossisce appena, chiaramente a disagio.
 
E Kurt lo trova adorabile, anche se non riesce a capirne il perché.
 
***
 
“Dunque, signori–”
 
“Blaine e Dave. Ti prego, chiamaci coi nostri nomi”
 
Blaine lo dice balbettando, prima di nascondere il viso dietro la tazza di cioccolata che sta bevendo, e Kurt non può fare a meno di annuire con un sorriso.
 
È assolutamente ridicola la facilità con cui Blaine arrossisce per ogni cosa, e Kurt sa che la troverebbe ridicola in circostanze normali. Ma per un motivo a lui ancora abbastanza sconosciuto, queste circostanze non sono esattamente normali.
 
Perché un Kurt in circostanze normali non noterebbe mai come gli occhi di Blaine si illuminino ogni volta che ingoia la bevanda. E non noterebbe mai quanto sianoo rosse le sue labbra quando ci passa lentamente la lingua sopra. Così come non noterebbe mai e poi mai il modo dolcissimo con cui si passa le dita sottili tra i capelli leggermente ingellati, come se avesse quasi timore di disturbare il naturale ordine delle cose nel farlo.
 
Eppure Kurt lo fa. Nota tutte queste cose e molte altre, e davvero non riesce a spiegarsi il perché.
 
Nel dubbio, decide di scuotere leggermente la testa, per allontanare la confusione. “Okay – Blaine e Dave, allora. Avete già qualche idea generale?” chiede a bassa voce, sorseggiando il suo caffè.
 
Blaine ridacchia amabilmente – amabilmente? Davvero, Kurt? – prima di girarsi verso il suo futuro marito. “Noi – volevamo sposarci il prima possibile, ecco”
 
Dave annuisce convinto. “Si, e possibilmente senza spendere un capitale” aggiunge con un movimento delle dita, mentre si infila in bocca un pezzo della sua brioche.
 
Blaine, che stava bevendo, tossisce appena, coprendosi la bocca con una mano. “Sul serio Dave? Pensavo ne avessimo già parlato!” dice sottovoce, come se non volesse farsi sentire da Kurt. Che invece, ovviamente, lo sente e distoglie lo sguardo.
 
“Senti tesoro, lo sai che ti amo, ma che senso ha spendere migliaia di dollari per una cerimonia che il giorno dopo sarà finita?”
 
Blaine sembra sconvolto. “Una cerimonia? Per dio Dave, è il nostro matrimonio!” esclama esasperato, gesticolando più di quanto forse dovrebbe.
 
Dave sembra voler ribattere, ma alla fine lascia perdere e incrocia le braccia, sprofondando ancora di più sulla sedia rivestita in pelle. Blaine sorride trionfante. Accavalla le gambe e ci poggia su le mani incrociate, prima di voltarsi di nuovo verso Kurt con un sorriso imbarazzato.
 
Piantala di arrossire in questo modo adorabile.
 
Kurt deve usare tutta la sua forza di volontà per non esordire con un “Cominciamo bene”, prima di schiarirsi la voce e parlare. “Posso farvi sposare tra quattro mesi, non prima. È l’organizzazione base. E il prezzo dipende da quello che volete. Oppure, se preferite, potete dirmi un prezzo e io sarò talmente bravo da indovinare cosa volete rimanendo nel budget” dice con un sorriso, tirando fuori un foglio bianco e scrivendoci qualche appunto.
 
Blaine ridacchia appena, prima di voltarsi verso il suo futuro marito e fissarlo con un cipiglio interrogativo. Dave ruota gli occhi, ma sorride per la prima volta da quando Kurt l’ha conosciuto. “Va bene amore, ti meriti il matrimonio dei tuoi sogni” dice rassegnato, prima di sporgersi verso Blaine e baciarlo dolcemente sulla bocca.
 
E quando Blaine sorride sulle sue labbra, Kurt proprio non capisce perché il cuore gli sprofondi un po’ nel petto.
 
***
 
Chiamata in uscita: Rachel Berry
 
“Buoooongiorno splendore!”
 
“Mhm, ciao Rachel”
 
“Accidenti, non esagerare con l’entusiasmo, che ti si scioglie la faccia”
 
“Ti prego Rachel, vengo proprio ora da un appuntamento di lavoro e sono esausto”
 
“Ma non sono tipo le dieci di mattina lì?”
 
“Si, esatto”
 
“E sei già esausto?”
 
“Eh. Nuovo incarico”
 
“Ahia”
 
“Lasciamo stare. Li conosco da un’ora e già non li sopporto. O meglio, uno dei due è insopportabile. Sai, esattamente quel tipo di persona che non sposerei mai nella vita”
 
“Come se volessi sposarti mai! Uomo e uomo?”

“Già”
 
“Ugh, i peggiori”
 
“Ehi!”
 
“Scherzo, lo sai. E l’altro?”
 
“L’altro cosa?”
 
“L’altro sposo! Hai detto che uno è insopportabile. L’altro com’è?”
 
“…”
 
“Kurt, ci sei?”
 
“Sì, ci sono”
 
“Non ti sentivo più, pensavo fosse caduta la linea”
 
“No, io – pensavo”
 
“Devo preoccuparmi? Di solito non è un bene quando pensi”
 
“Ah-ha! È solo che – no lascia stare, è una cosa stupida”
 
“Adoro le cose stupide”
 
“Sì, lo so. Sarà per questo che sei così egocentrica e narcisista”
 
“Ugh, vedo che il tuo umore sta migliorando. Ne sono davvero felice. Ora dimmi. Quanto stupida?”
 
“È solo che è strano, insomma, sai quanto io trovi ridicola tutta questa cosa dei matrimoni, e del vero amore, e bla bla bla”
 
“Sì, lo so. E ancora non capisco come tu sia diventato un wedding planner”
 
“Che ci vuoi fare, adoro il bianco. Comunque, il punto è questo: l’altro sposo si chiama Blaine. È basso. Moro. Porta uno stupido papillon e non sa abbinare i colori. E ha gli occhi color – infinito? Si può avere gli occhi color infinito?”
 
“Stai divagando”
 
“No non lo sto facendo. Te lo sto descrivendo per un motivo. Perché insomma, Adam invece era alto, biondo, bello, impossibile e ben vestito. Ed era il mio tipo”
 
“…okay, dove vuoi arrivare?”
 
“Voglio arrivare al fatto che i suoi occhi mi hanno confuso”
 
“Cominci a preoccuparmi Kurt”
 
“Lo so. Comincio a preoccupare anche me. Forse dovrei – prendermi una pausa”

“O forse dovresti semplicemente scopar–”
 
“Rachel Berry!”
 
“Sul serio Kurt, qual è il problema? Blaine ti piace? Perché se così è, vorrei ricordarti che si sta per sposare. Con una persona che a quanto pare è l’opposto di te. Perciò la vedo un po’ tragica. Senza contare il fatto che tu sei un bel bocconcino e potresti avere chiunque in quella città”
 
“Questo lo so, ma tranquilla, non ho intenzione di rovinare un matrimonio, per quanto male assortito possa sembrarmi. È solo che – è stato strano. Lui arrossisce per tutto, capisci?”

“Oh cielo. Hai decisamente cambiato gusti”
 
“Così pare. D’altronde sono passati tre anni da Adam”
 
“Sarebbe anche ora. Quando lo rivedi?”
 
“Ma chi, Adam?”
 
“Sì, certo. A quanto pare il giovane hobbit ti ha confuso davvero. Blaine, Kurt. Quando rivedi Blaine”

“Oh. Tra due giorni. Mi hanno lasciato carta bianca su tutto, a parte il budget”
 
“Sembra uno spasso. Tienimi aggiornata”
 
“Sai che lo farò. Tu come stai?”

“Ah sai, solite cose. Spettacoli in giro per il mondo. Prove fino a tarda sera. Sto bene. Lo spettacolo sta andando bene. È – quello che volevo”
 
“Mhm – hai sentito Finn?”
 
“No. Immagino mi stia lasciando – il mio spazio. E così anch’io”
 
“Dovresti comunque sentirlo. Sai lui – non vuole che te lo dica, ma – non sta esattamente bene”
 
“Kurt lo sai che io – non posso farci nulla. Io sono qui, e lui è lì, e io–”
 
“Lo so. Lo so, è solo che–”

“Mi chiamano Kurt, devo tornare alle prove. Ne riparliamo. Non innamorarti troppo mentre io non ci sono”
 
“Non lo farò. Ciao Rachel”
 
“Ciao tesoro, ti voglio bene. E mi manchi”
 
“Ti voglio bene anch’io. E mi manchi anche tu Rach”
 
***
 
Prima ancora di vederlo, Kurt riesce a percepirne il profumo.
 
È un noioso venerdì mattina, lui è seduto alla sua scrivania con il naso infilato in una quantità esagerata di depliant e riviste di abiti e location, quando all’improvviso l’aria si riempie di un dolcissimo profumo di caffè.
 
Kurt fa appena in tempo a sollevare lo sguardo dalla scrivania, quando gli occhi spalancati di felicità di Blaine Anderson compaiono nel suo campo visivo.
 
“Buon giorno, wedding planner”
 
Kurt storce il naso, ma sorride. “Puoi chiamarmi Kurt, sai, non c’è bisogno di essere professionale”
 
Blaine sorride e annuisce appena, prima di porgergli una delle due tazze di caffè che ha in mano. “Tieni. L’ho preso per te” dice poi, mentre le sue guance si tingono di rosso. “Latte macchiato scremato”
 
Kurt solleva un sopracciglio – smetterà mai di arrossire? – mentre afferra il bicchiere, e il suo corpo inspiegabilmente trema quando le sue dita sfiorano quelle dell’uomo. “Sai come prendo il caffè?” chiede sorpreso.
 
Blaine arrossisce ancora di più, se possibile, e il suo viso si apre in un sorriso che sfiora l’adorabile. “Ho solo notato il tuo ordine di ieri. Spero vada bene”
 
Kurt cattura un sorso della miscela tra le labbra e sorride a sua volta. “È perfetto” sussurra, e non è ben sicuro se si riferisca effettivamente al caffè. “Grazie”
 
Blaine solleva leggermente le spalle, mentre le sue guance diventano ancora più rosse. “Mi sembra il minimo, per la persona che organizza il mio matrimonio” dice con tono vagamente stanco, mentre i suoi occhi saettano verso il basso.
 
Kurt lo nota. Nota quel cipiglio. E il suo cuore accelera giusto un po’, ma la sua testa decide che forse è solo colpa del caffè. “Dave?” chiede invece.
 
“Oh sta arrivando, è andato a parcheggiare”
 
Blaine si accomoda davanti a lui, sorseggiando il suo cappuccino – perché Kurt potrà anche non dirlo mai ad alta voce, ma a se stesso non può negare il fatto che anche lui abbia fatto attenzione all’ordine di Blaine. Si capiscono tante cose di una persona dal caffè che beve.
 
Un silenzio vagamente imbarazzante cala tra di loro, intervallato solo dal rumore delle loro labbra sul bordo dei bicchieri.
 
“Allora” Blaine si schiarisce la voce. “Di che parliamo oggi?”
 
Kurt sospira. “Lista degli invitati prima di tutto, così posso regolarmi per scegliere la location e la disposizione dei tavoli”
 
Blaine non fa in tempo ad annuire, che la porta dell’ufficio di Kurt si spalanca di colpo, lasciando apparire un Dave particolarmente trafelato. “Dio, in questa strada non c’è un parcheggio neanche a pagarlo” dichiara sbuffando, il cellulare in una mano e la giacca scura nell’altra.
 
Blaine si sistema meglio sulla sedia, distogliendo lo sguardo dal viso di Kurt e girandosi verso il fidanzato. “Beh, ora l’hai trovato, perciò forza, mettiamoci al lavoro”
 
Dave stringe la mano che Kurt gli porge in fretta, prima di sedersi accanto al suo futuro marito, incrociando le gambe. “Sono d’accordo, ho un appuntamento tra mezz’ora”
 
Blaine sbuffa, e sembra che voglia dire qualcosa, ma Kurt è già stanco e non gliene da la possibilità. “Allora, avete già pensato a un numero indicativo di invitati?”
 
Blaine sembra rassicurato dal cambio d’argomento, e sorride amabilmente, incrociando le braccia al petto prima di parlare. “Pensavamo a qualcosa di intimo, parenti più stretti e qualche amico. Perciò non penso che supereremo la cinquantina”
 
Kurt annuisce appena, ma dentro di sé esulta non poco, perché sistemare cinquanta persone in una sala è davvero un gioco da ragazzi, e ci sono già almeno una decina di posti, che sarebbero perfetti e che gli balenano nella mente proprio in quel momento.
 
Posti che si infrangono all’improvviso ai bordi del suo cervello quando Dave esclama: “Io voglio invitare i parenti del Canada. E i miei amici delle superiori. E anche i giocatori della squadra di football”
 
E a Kurt basta uno sguardo fugace alle guance rosse di Blaine, per capire che quello non era previsto. E che probabilmente potrebbe diventare un Problema con la P maiuscola.
 
“Pensavo ne avessimo parlato Dave, non vedo la necessità di invitare tutti i tuoi parenti del Canada. Sono centinaia, e comunque sarebbe scomodo per loro venire fin qui. E i tuoi amici delle superiori poi, davvero? Non li senti da secoli
 
Dave sembra a disagio. Incrocia le braccia al petto e alza gli occhi al cielo. “Hai deciso la data, hai deciso il matrimonio in grande stile, hai deciso il wedding planner, hai deciso di sposarti a New York. Posso almeno invitare chi voglio io?”
 
Blaine solleva le mani all’improvviso e si gira verso il fidanzato, gli occhi spalancati e la faccia paonazza. “Non voglio che ci siano estranei che neanche si ricordano il mio nome al mio matrimonio”
 
“Pensavo che fosse il nostro matrimonio, Blaine, grazie tante”
 
Kurt si fa piccolo sulla sedia, mentre finge di leggere qualcosa e non ascoltare la discussione – cosa ovviamente impossibile, dato che entrambi stanno letteralmente urlando a meno di un metro da lui.

“Perché queste cose non me le dici quando siamo a casa e devi per forza aspettare di essere davanti a Kurt per farle uscire?”
 
Dave spalanca la bocca. Si volta verso il wedding planner e sembra particolarmente contrariato dal fatto che sia lì. Come se Kurt non ci fosse stato per tutto il tempo e fosse apparso solo ora, all’improvviso.
 
“Sai che ti dico, Blaine? Me ne lavo le mani”
 
Kurt solleva lo sguardo e fissa i suoi occhi azzurri spalancati sulla figura di Dave, che si alza velocemente dalla sedia e si infila la giacca.
 
Blaine stringe i pugni intorno alla tazza di caffè che ha ancora in mano – cappuccino, è cappuccino – e le sue labbra rosse si spalancano appena, mentre balbetta. “C– cosa vuol dire che te ne lavi le mani?”
 
“Vuol dire che ti lascio carta bianca. Tanto con te non si può discutere. Organizza questo matrimonio e chiamami quando avrai finito. Sempre se ti servirò ancora”
 
Dave è così arrabbiato che, per un momento, Kurt è sicuro che rimarrà presto disoccupato – cosa che, si sorprende a pensare, non gli dispiacerebbe poi più di tanto.
 
I suoi occhi azzurri volano veloci verso Blaine, che guarda paralizzato il suo fidanzato mentre afferra le chiavi della macchina ed esce sbattendo la porta.
 
***
 
“M– mi dispiace, io–”
 
“Non importa Blaine, non preoccuparti”

“Ti giuro che di solito non fa così, non so cosa gli sia pr–”
 
“Blaine, stai tranquillo. Assisto a questo genere di cose continuamente. È tutto a posto”
 
Kurt vorrebbe dirgli che, di solito, quando le coppie vanno da lui hanno già la maggior parte delle idee ben chiare, e che raramente assiste a litigate di tale portata. Ma Blaine è già abbastanza sconvolto senza che lui infili il coltello nella piaga.
 
Sta respirando a malapena, il fiato corto e il petto che si alza e si abbassa di continuo. È come se l’aria non entrasse nei suoi polmoni. Sembra quasi che abbia un attacco di panico, ma i suoi occhi sono lucidi e attenti. Vagano ininterrottamente dalle sue dita agli occhi di Kurt, dal pavimento alle labbra di Kurt, dal soffitto alle mani di Kurt.
 
È come se Kurt fosse la sua ancora, l’orbita del suo pianeta, l’unico modo per non perdere il controllo. La sua casa.
 
Kurt ne è spaventato e lusingato allo stesso tempo.
 
Si alza dalla sua sedia e gira intorno alla scrivania, avvicinandosi lentamente a Blaine. Si piega sulle ginocchia – dio, spero che questo non rovini i miei jeans di Marc Jacobs – e appoggia una mano sul bracciolo della sedia su cui il ragazzo è seduto, guardandolo negli occhi.
 
La gamba di Blaine comincia ad andare su e giù con nervosismo, non appena incontra lo sguardo intenso di Kurt.
 
“Facciamo così, per oggi basta parlare di matrimonio. Potete – potete tornare tra qualche giorno, magari quando vi sarete chiariti, e ne possiamo riparlare. Okay?”
 
Kurt si sente stupido. Gli sembra quasi di parlare con un bambino indifeso – il che non è ovviamente il caso, ma non può proprio farne a meno. Qualcosa – negli occhi spalancati di Blaine, nel suo labbro intrappolato fra i denti, nelle sue dita intrecciate intorno al tessuto della camicia, qualcosa in tutto quello gli fa provare un incontenibile senso di protezione nei confronti del ragazzo che arrossisce – pare che il suo cervello l’abbia spontaneamente soprannominato così.
 
Blaine annuisce appena, senza slacciare i suoi occhi da quelli azzurri – quasi blu di Kurt, e sembra calmarsi giusto un po’, sebbene la sua gamba continui a fare su e giù velocemente.
 
E Kurt non sa perché lo fa, non sa perché il suo cervello smetta all’improvviso di funzionare e i suoi muscoli comincino a muoversi da soli, ma con dolcezza appoggia la mano sinistra sulla gamba dondolante di Blaine e stringe appena i polpastrelli sul tessuto dei suoi jeans.
 
Può letteralmente sentire il calore della sua pelle anche attraverso la stoffa, e il suo cuore impazzisce come un tamburo quando la gamba di Blaine trema leggermente sotto il suo tocco.
 
“Vieni, ti offro il pranzo”
 
Kurt davvero non riesce a spiegarsi perché proprio oggi le sue facoltà l’abbiano abbandonato. Non riesce a spiegarsi come sia possibile che le parole gli rotolino fuori dalle labbra senza che lui neanche se ne accorga. E davvero non riesce a capire perché il calore della pelle di Blaine sotto il suo palmo sia così piacevole.
 
Ma quando Blaine sorride ed annuisce appena, gli occhi ancora incollati ai suoi e le guance più rosse che mai, Kurt non può fare a meno di pensare che forse non è poi così male, perdere il controllo.
 
***
 
“Oddio, perciò hai davvero lavorato con Isabelle Wright? Lei è tipo una leggenda nel campo della moda!”
 
“Lo so, è praticamente fantastica. Pensa che un giorno uno stagista imbranato ha per sbaglio rovesciato del caffè ustionante sulla sua camicia nuova di Alexander McQueen, durante una riunione, e lo sai lei che ha fatto?”

“Cosa?”
 
“Se l’è tolta davanti a tutti i rappresentanti, ha tirato fuori dalla borsa una maglia con su scritto “I don’t care about the style” e se l’è messa, senza dire nulla! E ha finito la riunione così!”
 
La risata di Blaine è fresca e rassicurante, quasi come una boccata d’aria dopo giorni di prigionia.
 
Kurt non ha mai incontrato, nella sua vita, qualcuno così entusiasta come Blaine. È come un cucciolo, un cagnolino che scopre il mondo e si emoziona per qualsiasi cosa gli capiti. Ride continuamente, mentre mastica con grazia il suo pollo in salsa agrodolce, gesticola spesso, parla e soprattutto ascolta.
 
Ascolta qualsiasi cosa Kurt decida di raccontargli, ed è una novità, perché di solito quello che ascolta, nelle conversazioni – soprattutto con Rachel e Santana, è sempre lui.
 
“E poi come hai deciso di diventare wedding planner?”
 
Kurt ci pensa su un attimo, mentre finisce di masticare il suo tortino di verdure. “Il mondo della moda è meraviglioso, ma è stressante da morire. Orari improponibili, gente sclerata, richieste assurde. A volte devi organizzare una sfilata in due ore e tutti pretendono sia perfetta”
 
Blaine spalanca gli occhi, stupito e seriamente interessato, e Kurt sorride, perché lo fa sentire – importante.
 
“Perciò ho deciso, a malincuore, di mollare. Isabelle era distrutta quando gliel’ho comunicato, ma avevo 24 anni, di sogni nel cassetto ne avevo ancora a bizzeffe e immagino che abbia influito anche il fatto che le cose cominciassero a diventare serie tra me ed Ada–”
 
Kurt si blocca all’improvviso, e neanche lui sa il perché. Blaine lo guarda incuriosito per un secondo, prima di capire e abbassare lo sguardo.
 
“Il tuo fidanzato?” chiede sottovoce, e Kurt sa di sbagliarsi, ma gli sembra quasi di percepire della – delusione, nella sua voce.
 
“Ex. Ex fidanzato. È finita da tre anni ormai”
 
Ancora una volta Kurt è sicuro di essersi sbagliato, ma sembra che gli occhi di Blaine siano un po’ più luminosi ora.
 
“Oh, mi dispiace”
 
“È okay, è passata ormai. Non avrebbe mai funzionato, comunque. Troppo diversi. Lui era un ballerino all’inizio della sua carriera e rimanere a New York l’avrebbe ucciso. Io avevo un’agenzia appena aperta e lasciare New York sarebbe stato un suicidio. Fine della storia”
 
Kurt non è malinconico mentre lo dice. Adam è davvero storia passata. Ci ha fatto l’abitudine, a lasciar andare le persone.
 
Anche se all’inizio era stata la cosa più difficile che avesse mai fatto. Adam era stato il ragazzo di tutte le sue prime volte più importanti. Prima storia seria, prima convivenza, prime litigate, primi pic nic a Central Park, prime vacanze insieme, primi pranzi di famiglia, primi progetti per un futuro anche troppo lontano.
 
Kurt non si era mai pentito di avergliele regalate tutte, ma a volte si sentiva come se avesse già vissuto tutto quello che c’era da vivere nella sua esistenza. E ora che Adam non c’era più, a lui cosa rimaneva?
 
“Kurt?”
 
La voce di Blaine lo risveglia dal torpore dei suoi pensieri. I suoi occhi sono lucidi e preoccupati, ma il suo sorriso è rassicurante.
 
“Scusami, ero distratto” dice Kurt, riempiendosi la bocca con un pezzo di peperone e abbassando lo sguardo. Non riesce a credere di essere imbarazzato, eppure il calore delle sue guance è inconfondibile.
 
Blaine ridacchia appena. “L’ho notato. Ti eri incantato” esclama divertito, mentre gioca col cibo rimasto nel suo piatto.
 
Kurt scuote leggermente la testa e sorride, perché si sente stupido, ma stranamente la cosa non lo infastidisce. “Tu invece? Come hai conosciuto Dave?” chiede a voce stridula, più per cambiare argomento che per vero interesse.
 
Blaine sospira, mentre si pulisce la bocca col tovagliolo. “Un piccolo cliché. Io cantavo in un locale, lui era un cliente. Abituale. È venuto a sentirmi ventidue volte prima di decidersi finalmente ad offrirmi da bere”
 
E Kurt vorrebbe davvero essere interessato al continuo di quella che, ne è sicuro, dev’essere stata una struggente storia d’amore, ma la verità è che no, non è molto interessato al modo in cui il burbero e scontroso Dave si è lasciato conquistare dal cantante dolce e gentile.

È per questo, forse, che anziché continuare il discorso, chiede: “Canti in un locale?”
 
Blaine sorride appena ed arrossisce – Kurt ormai non se ne sorprende neanche più, anche se continua a farci caso. “Sì, sono tre anni ormai. Anche se sto lavorando anche ad alcune canzoni mie, nel frattempo”

“Wow! Perché non me l’hai detto subito? Possiamo farti cantare al matrimonio!”
 
Blaine porta avanti le mani e scuote la testa. “Per carità, i miei amici non sopportano più la mia voce” dice preoccupato, ma il sorriso sulle sue labbra lo tradisce.

Kurt sorseggia un po’ di vino e lo guarda negli occhi. “Ma io non l’ho mai sentita”
 
E davvero, per la quarta volta nel giro di poche ore, Kurt non sa perché le parole sfuggano dalle sue labbra così velocemente.
 
Perché in realtà non è deciso da nessuna parte che lui debba avere il diritto di sentirlo cantare. E non sta scritto in nessuno contratto che il wedding planner debba essere invitato ai matrimoni che organizza. E in nessun universo è normale che Kurt brami dalla voglia di sentirlo cantare.
 
Ma poi Blaine spalanca leggermente le labbra e sorride – sorride in quel modo dolcissimo che solo lui può fare, prima di dire: “Allora canterò per te” in un sussurro che sembra quasi un sospiro.
 
E allora Kurt non può fare a meno di permette al suo cuore di battere un po’ più veloce. Solo un po’.
 
***
 
“No dai, non ci credo”

“Cosa? Che sono di Westerville? Purtroppo è così, e credimi, nessuno mentirebbe sull’essere dell’Ohio. Ti giuro, quel posto è un totale disastr–”
 
“Dio, lo so, vengo anche io dall’Ohio!”
 
Blaine quasi rischia di strozzarsi con la torta alla crema, mentre i suoi occhi si spalancano. “Non ci credo”

Kurt scoppia a ridere. “Te lo giuro! E poi l’hai detto tu stesso, nessuno mentirebbe sull’essere dell’Ohio. Vengo da Lima”
 
“Oddio, ma sono solo poche ore di macchina da Westerville”
 
“Eh, lo so! Una volta il nostro Glee club ha gareggiato con quello della Dalton, che è a Westerville, se non sbaglio”
 
Gli occhi di Blaine si spalancano come finestre, mentre si porta una mano alla bocca. “Ma io ero nel Glee club della Dalton!”
 
Adesso è il turno di Kurt di strozzarsi col suo profiterole. “No dai, non è possibile. Un visino come il tuo me lo sarei ricordato” esclama a labbra strette, il viso accaldato dall’emozione.
 
Blaine ridacchia. “Non ero così bello al tempo” dice spavaldo, ma le sue guance si colorano comunque di un rosso tenue. Kurt scuote la testa, ma ride anche lui.
 
“Aspetta, ma quindi eri nel Glee club della tua scuola?”
 
Questa volta è il turno di Kurt di arrossire – solo un po’. “Ebbene sì, ecco l’oscuro passato che torna in superficie”
 
“Allora dobbiamo assolutamente cantare insieme, un giorno di questi”
 
Blaine lo dice con così tanta naturalezza ed ingenuità, che Kurt non riesce a dirgli che in realtà sono anni che non canta e che probabilmente la sua voce non è più neanche lontanamente all’altezza di quella di un cantante professionista.
 
“E non hai mai pensato di intraprendere una carriera artistica?”
 
Kurt sospira, perché quella domanda arriva sempre, in un modo o nell’altro. “Quando ero al liceo, ero convinto che sarei diventato un attore di Broadway. L’idea era venire qui a New York con la mia migliore amica, laurearmi alla NYADA e diventare il protagonista di un musical scritto da me”
 
Blaine sorride, lo ascolta, non lo prende in giro come hanno invece sempre fatto tutti nei suoi miserabili quattro anni di liceo. E forse è per questo che Kurt va avanti.
 
“Ma poi la NYADA non mi ha preso, e io mi sono scoraggiato, forse un po’ troppo in fretta. La botta è stata così forte che ho smesso di cantare quel giorno e non l’ho più fatto. Ho cominciato a lavorare un po’ ovunque, bar, ristoranti, alberghi, finché un giorno non ho conosciuto Isabelle ad un convegno allo Standard e – beh il resto lo sai”
 
Blaine annuisce piano. “E ti manca quel mondo?”
 
Kurt ci pensa un attimo, prima di rispondere. “Sì, mi manca. Mi manca la sensazione elettrizzante che ti percorre la schiena ad ogni applauso. Mi manca il brivido del palcoscenico, la gola in fiamme dopo uno spettacolo, le lacrime dopo ogni canzone. Mi manca la musica, ma questa è la mia vita ora, e direi che è comunque piuttosto soddisfacente. Perciò – va bene così”
 
Kurt beve un sorso d’acqua appena smette di parlare, e rimane in attesa. Ha il fiatone.
 
Non ha mai raccontato così tanto di sé a qualcuno che non conoscesse da almeno sei mesi. Rachel probabilmente lo scorticherebbe viva, perché lei ha dovuto aspettare quasi nove mesi prima di sapere che è gay, e invece ora Blaine sa già quasi tutto di lui dopo un pranzo di meno di un’ora.
 
Kurt non sa perché sia così facile parlare con lui.
 
Forse è per i suoi occhi, troppo chiari, troppo profondi, troppo sinceri. Forse è per le sue mani, calde, rassicuranti, ferme. Forse è per le sue guance sempre rosse, o per il suo naso che si arriccia quando sorride.
 
O forse è perché Blaine sembra sempre pensieroso, attento, concentrato, quando Kurt parla. Lo guarda fisso negli occhi e tiene la testa piegata, come se fosse davvero interessato. Ha sempre uno sguardo strano, quello sguardo che sembra un po’ dire a tutti – ehi, hai bisogno di essere salvato?
 
Ma no, Kurt non ha bisogno di essere salvato. Non più ormai.
 
***
 
“E tu? Hai sempre saputo che la musica era il tuo destino?”
 
Blaine sospira, mentre gioca col suo tovagliolo di carta e lo spezzetta in piccoli quadratini. “No, a dire il vero. O meglio, sì, l’ho sempre saputo, ma non me ne sono accorto subito. Mio padre non ha mai – apprezzato molto questa mia passione. Perciò ho ripiegato su medicina”
 
“Wow, medicina?!”

Già” Blaine ridacchia. “Fare il dottore è sempre stato un mio sogno. Più piccolo del cantante, ma comunque un sogno. Ed ero bravo, eh! Ma dopo due anni mi sono reso conto che non era giusto. Non era giusto rinunciare al mio sogno più grande senza neanche provarci. Perciò ho preso un treno e sono partito per New York. Senza niente. Ho cominciato con lavoretti di fortuna, cantando per strada e nelle peggio bettole di Brooklyn, finché il proprietario del locale in cui canto ora non mi ha trovato e mi ha praticamente obbligato a firmare un contratto di cinque anni”
 
Gli occhi di Blaine brillano come due stelle, mentre parla. Kurt riesce a percepire l’orgoglio che prova per se stesso, per quello che ha fatto e per quello che è diventato. Ed è una cosa che gli fa venir voglia di abbracciarlo.
 
“Sei davvero straordinario” sussurra, ancora una volta prima che il suo cervello possa bloccare le parole.
 
Blaine solleva lo sguardo di scatto, cattura gli occhi azzurri di Kurt nel verde caramellato dei suoi e sorride, con quel suo sorriso sincero che potrebbe smuovere gli oceani.
 
“Grazie” balbetta in un soffio, mentre le sue guance si tingono di un leggero rosa scuro e il suo labbro inferiore rimane intrappolato nei denti.
 
E Kurt davvero non può fare a meno di sorridere, perché quella situazione è assurda, eppure il suo cuore non ha mai battuto così forte in tutta la sua vita.
 
Perché andiamo – quante probabilità c’erano di incontrare a New York una persona che, non solo viene da tuo stesso minuscolo stato, non solo è adorabile, puro e piacevolmente divertente, ma la cui strada si è anche incrociata con la tua in passato senza che tu neanche lo sapessi?
 
Kurt al destino non ci crede spesso, ma questa volta – questa volta forse il beneficio del dubbio glielo lascia.
 
***
 
Chiamata in uscita: Sebastian Smythe
 
“Thad, per la miseria, vuoi piantarla di gioc– oh, ciao Blainey”
 
“Thad? Ma non si chiamava così anche quello della settimana scorsa?”
 
“Ah-ha, molto spiritoso. È lo stesso Thad, in effetti”
 
“Aspetta, hai un ragazzo da due settimane e non me l’hai ancora presentato?”
 
“Primo, non è il mio ragazzo. Secondo, da quando devo presentarti tutti i ragazzi che mi scopo?”
 
“Da quando ci esci per due settimane di fila?!”
 
“Hai chiamato per discutere del tempo di durata dei miei scopamici? Perché se è così, io non– Thad vuoi piantarla per carità!?”
 
“No, a dire il vero ho chiamato perché – sai cosa? Non importa, comunque vedo che sei un po’ – occupato”
 
“No, non lo sono. Thad se ne stava andando, vero Thad!?”
 
“…”
 
“Okay eccomi, dicevi?”
 
“Dicevo che ho chiamato perché – avevo bisogno di parlare con qualcuno, sì”
 
“E hai chiamato me?”
 
“Lo sai che non ho nessun altro, Sebastian”
 
“Pensavo che Dave fosse qualcuno”
 
“È di Dave che volevo parlarti, a dire il vero. Cioè, non solo, ma–”

“Ripeto, e hai chiamato me per parlare di Dave?”
 
“Ti prego?!”
 
“…posso vedere i tuoi occhi da cucciolo fino da qui”
 
“Vedi bene allora”
 
“Sto aspettando”
 
“Ho litigato con Dave. Davanti a Kurt”
 
“Okay, una cosa per volta. Chi diavolo dovrebbe essere Kurt?”
 
“Dio Sebastian, ma mi ascolti quando parlo? Te l’ho detto ieri. È il nostro wedding planner”
 
“Ah, la fatina con gli occhi di ghiaccio. Mi ricordavo si chiamasse “bellissimo”, o “adorabile”, o “ha un culo da sballo”. O qualcosa del genere”
 
“Ah-ha, chi è quello simpatico ora?”
 
“Io sono sempre simpatico, non te lo dimenticare Blainey”
 
“Piantala di chiamarmi così”
 
“Va bene, Blainey”
 
“Ti odio”
 
“No, non è vero. Comunque, perché hai litigato con faccia da rospo?”
 
“Non chiamarlo così, Sebastian”
 
“Orso dei monti?”
 
“Sebastian!”
 
“Okay, okay, perché hai litigato con Karofsky?”
 
“Incomprensioni sugli invitati. Vuole invitare qualcosa come duecento persone di cui non avevamo tenuto conto e me lo dice mentre siamo lì con Kurt ad organizzare i tavoli”
 
“Ahia”

“E come se non bastasse, si è alzato e se ne è andato, lasciandomi lì da solo come un carciofo”
 
“E dove sta la parte negativa dell’essere rimasto da solo con bocca di rosa?”
 
“La pianti di dare un soprannome a tutti?”
 
“Perché dovrei? È così divertente, hobbit”
 
“Dio, sei insopportabile”
 
“Ma sono l’unico che sopporta te, quindi fai il bravo. Allora, l’avete fatto sulla sua scrivania e finalmente lascerai testa di latta?”
 
“Dio Sebastian, no! Non siamo tutti come te a questo mondo”
 
“Già, ed è per questo che non funziona. Se fossimo tutti come me, ci sarebbero più gambe aperte e meno cuori infranti”
 
“Lalalala, non ti ascolto”
 
“Quindi? Cosa avete fatto tu e la regina delle fate?”
 
“Mi ha offerto il pranzo. È stato dolcissimo, davvero. Abbiamo parlato per ore. Lo sai che viene da Lima? Ti ricordi quella gara alle regionali, in cui i Warblers hanno perso contro il Glee club del McKinley? Lui era in quel Glee club!”
 
“Ricordo a malapena la gara, figurati se mi ricordo di lui. Comunque straordinario, davvero”
 
“Sei sarcastico, vero?”
 
“Ovviamente. Davvero non riesco a capire cosa tu stia aspettando, comunque”
 
“Di che diavolo stai parlando?”

“Ti senti Blainey? Sei raggiante!”
 
“Sono sempre raggiante, Sebastian. Mi odi quotidianamente per questo, ricordi?”
 
“Anche troppo bene, ma io intendo che sei raggiante in una maniera che è ancora più fastidiosa del solito”
 
“Forse perché mi sposo fra quattro mesi?”

“O forse perché il tuo wedding planner sembra essere una specie di creatura mistica che ti incanta solo a guardarti negli occhi e tu sei completamente, incondizionatamente, irrimediabilmente cott–”

“Sebastian Smythe taci, per l’amore del cielo!”
 
***
 
“Buon giorno, wedding planner!”
 
Kurt non lo ammetterebbe mai se glielo chiedessero, ma la voce di Blaine è già diventata uno dei suoi nuovi suoni preferiti.
 
Ed è una cosa incredibile, per uno che a volte si infila i tappi nelle orecchie quando Rachel Berry parla.
 
“Buon giorno, Blaine. Te l’ho già detto, non devi–”
 
“–chiamarti così, lo so. Ma mi piace farlo”
 
Il suo sorriso è genuino e sincero, come sempre. Indossa una camicia azzurro acceso che valorizza la sua carnagione, un papillon bianco e dei pantaloni rossi un po’ troppo stretti sui fianchi. È così – raggiante, che Kurt quasi dimentica quanto quei colori stiano effettivamente male insieme. Quasi.
 
Blaine appoggia un bicchiere di caffè sulla sua scrivania, prima di sorridere ed avvicinarsi alla finestra a passi lenti. Il sole illumina il suo viso in maniera quasi eterea, rendendolo ancora più bello di quanto già non sia.
 
Kurt si perde tra i lineamenti del suo volto, mentre sorseggia il suo caffè – latte macchiato scremato – e ringrazia mentalmente quella che sembra già essere diventata una loro piccola abitudine. Blaine non è obbligato a portargli il caffè ogni volta che si vedono, ma Kurt di certo non lo rifiuterà finché lui per primo non lo farà.
 
“Dave non c’è?” chiede a bassa voce, ingoiando una grossa sorsata di latte.
 
Il sorriso di Blaine si affievolisce un po’, e le sue mani si stringono più forte intorno al bicchiere del suo caffè, ma è solo un attimo, perché poi i suoi occhi verdi tornano a brillare come due lampadine. “Aveva un – impegno, oggi. Sì. Comunque ha detto che posso scegliere io il posto, perciò–”
 
La frase rimane sospesa in un silenzio carico di tensione. Blaine si massaggia il retro del collo con i polpastrelli, mentre saltella nervosamente su un piede e poi sull’altro.
 
Kurt si concede il lusso di osservarlo qualche secondo di troppo. Le labbra rosse e gonfie, le braccia muscolose, le gambe lunghe e snelle, il sedere–
 
“Allora, hai qualcosa da propormi?”
 
Ancora una volta la voce di Blaine interrompe i suoi pensieri decisamente fuori luogo.
 
Kurt si alza dalla sua sedia in pelle con una mossa elegante e supera la scrivania a grandi passi, raggiungendo Blaine dall’altra parte dello studio. Gli indica un piccolo tavolino appoggiato contro il muro, nell’angolo, e ricoperto da diversi fogli, giornali, riviste, dépliant.
 
“Si, dunque, avevo selezionato tre posti per voi. Sono vari nel genere, ma sono quelli più carini che sono riuscito a trovare, restando nel vostro butget” dice Kurt in tono pratico, sfogliando velocemente una rivista.
 
Blaine si posiziona di fianco a lui, e accarezza con la mano destra le foto delle varie location, appoggiate sul tavolino.
 
Quando Kurt lascia cadere la rivista che ha in mano sul tavolino, per afferrarne un’altra, le sue dita sfiorano involontariamente quelle dell’altro ragazzo.
 
È  solo un attimo. Kurt ritira la mano di scatto – forse un po’ troppo velocemente, ma Blaine solleva gli occhi spalancati e li fissa nei suoi. Stranamente, non arrossisce.
 
“Scusa” mormora invece a bassa voce, senza smettere di guardarlo. I suoi occhi sono lucidi e carichi di tensione, le pupille dilatate, il bordo di un bruciante dorato.
 
Kurt sente il fiato incastrarsi nel suo petto, e deve aprire un po’ le labbra per fare il modo che l’aria fluisca di nuovo nei suoi polmoni. “Figurati” balbetta in soffio, prima di sbattere le palpebre velocemente e finalmente distogliere lo sguardo.
 
“Dunque” dice poi, tossendo ed alzando la voce. Blaine smette all’improvviso di fissarlo e abbassa lo sguardo sulle riviste, e davvero, Kurt non sente un vuoto allo stomaco per la mancanza dei suoi occhi brucianti su di lui. Neanche un po’.
 
“Il primo posto a cui avevo pensato è la Gotham Hall” continua Kurt, mostrando a Blaine alcune foto del posto. “È una location piuttosto elegante, con una serie di sei stanze possibili. Potete affittarle tutte, e potete affittarne solo una. La scelta è vostra, ma rientra comunque nel vostro budget. È sofisticato, ma non esageratamente – pacchiano. I soffitti sono alti e le pareti–”
 
“Dio, quello è un lampadario?”
 
Blaine lo guarda con gli occhi spalancati, mentre indica la foto di un enorme lampadario dorato. Kurt sorride appena. “Sì, lo è”
 
“Per l’amor del cielo, no. Cioè, non fraintendermi” Blaine arrossisce, davanti allo sguardo curioso del wedding planner. “Questo posto è meraviglioso, ma – no. È davvero – troppo. Non credo che potrei mai sposarmi in un posto in cui i muri sono di marmo antico e i lampadari sono più grossi di me”
 
Kurt non riesce a trattenere una risata, e prima che possa rendersene conto, “Non che ci voglia poi molto” si lascia scappare in un soffio.
 
Blaine lo guarda, un po’ sorpreso, ma poi scoppia a ridere anche lui, in quel modo un po’ spericolato e senza pensieri che caratterizza i bambini. “Ehi, non ti hanno insegnato che non si prendono in giro i nanetti?”
 
“Scusa, non sono riuscito a resistere”
 
Kurt sente male alle guance. Non è abituato a sorridere così tanto, eppure non può negare a se stesso che è bello, per una volta, far finta di essere felice.
 
“Okay, allora niente super lampadari. Cambierei del tutto genere, a questo punto” esclama, afferrando dal tavolino un’altra rivista. “Loeb Boathouse, a Central Park”
 
Blaine sembra incuriosito. Sfoglia le pagine con calma, e i suoi occhi si illuminano un po’. “In fotografia non rende molto” continua Kurt, incrociando le braccia. “Ma posso portarti a vederlo di persona, se pensi che possa interessarti. È all’aperto. Piuttosto spazioso, completamente immerso nella natura. Come vedi possiamo organizzare il ricevimento sotto il gazebo, e dato che vi sposate in primavera non dovrebbero esserci problemi di tempo. Oh, ed è in mezzo all’acqua. Ci si arriva su delle barche a remi, ma tranquillo: sono – piuttosto sicure”
 
Blaine ridacchia appena, e sembra realmente colpito dalla bellezza del posto. Kurt non lo avrebbe mai scelto per sé, ma non può negare a se stesso che di notte, con le luci delle lucciole che riflettono sull’acqua e il profumo dell’erba fresca, Loeb Boathouse fa un certo effetto.
 
“Pensi che possa piacerti?”
 
Blaine ci pensa un secondo, e sembra che stia per annuire, ma poi il suo sorriso si incupisce all’improvviso, e lui scuote la testa. “È bellissimo. Meraviglioso. Ma non penso che Dave lo apprezzerebbe. Tutta quell’erba, e le zanzare. Per non parlare del fatto che odia l’acqua”
 
Kurt lo guarda sconsolato, mentre Blaine continua a parlare di quanto sia importante che “ad entrambi piaccia il posto, sebbene lui mi abbia lasciato carta bianca”. Pensa che forse Blaine si merita qualcuno che non pensa alle zanzare la notte del loro matrimonio, ma non lo dice ad alta voce. Perché comunque vada, non spetta a lui non pensare alle zanzare.
 
“Okay, cambiamo genere di nuovo allora”. Kurt non lo guarda mentre il silenzio cala tra di loro. Sfoglia velocemente qualche rivista, finché non trova quello che cercava e lo passa a Blaine.
 
“Cafe St. Bart’s” dice poi, incrociando le braccia. Ripete tutto come una cantilena, nel modo in cui ha sempre fatto. Con un po’ meno entusiasmo di quanto dovrebbe, forse, ma d’altronde non sempre si può essere perfetti. “Si trova vicino alla chiesa di San Bartolomeo. È semplice, anche questo all’aperto. I tavoli possono essere disposti come preferite, e c’è tanto spazio per – ballare, e per un palco eventualmente”
 
Blaine storce il naso a queste ultime parole. Non si sforza neanche di farselo piacere. “Non odiarmi, ma – non mi convince”
 
Kurt sospira. “Cosa di preciso non ti convince?”
 
“Non lo so, è solo che – non so neanche io cosa sto cercando forse”. Blaine si allontana dal tavolino e si lascia cadere a peso morto su una delle sedie di fronte alla scrivania.
 
Kurt si siede accanto la lui, le gambe incrociate e le mani sulla pancia.
 
“Tu dove ti sposeresti?”
 
La domanda di Blaine lo coglie completamente di sorpresa. Un po’ perché nessuno gliel’aveva mai fatta, un po’ perché Kurt sa perfettamente come rispondere – è solo che non sa se deve farlo.
 
Si stringe nelle spalle. “Non penso che il matrimonio faccia per me”
 
Blaine alza gli occhi al cielo. “Sei un wedding planner, come può il matrimonio non fare per te? Probabilmente lo progetti da quando avevi cinque anni”
 
Kurt si morde il labbro. “Quattro” sussurra, prima di riuscire a trattenersi.
 
Blaine sorride, vittorioso. “Vedi? Allora, dove ti sposeresti?”
 
E Kurt non è sicuro del perché, ma il fatto che Blaine non si fermi mai davanti alle sue spiegazioni superficiali, il fatto che tenti in tutti i modi di scavalcare gli spessi muri di cemento che ha costruito tempo fa intorno al suo cuore – forse è questo a smuovere qualcosa nel suo stomaco.
 
“Lighthouse”
 
Blaine si sporge verso di lui. “Cosa?”
 
“Lighthouse. Mi hai chiesto dove mi sposerei. Beh – mi sposerei lì”
 
Gli occhi del ragazzo si illuminano. “Me la mostri?” chiede sottovoce, come se non volesse disturbare il naturale ordine delle cose con la sua domanda.
 
E Kurt vorrebbe dire di no, e vorrebbe nascondersi dietro la pietra fredda dei suoi muri, ma quegli occhi – dio, quegli occhi sono accecanti.
 
Annuisce piano, mentre si alza e si avvicina al retro della scrivania. Fruga velocemente nel primo cassetto ed estrae una rivista spiegazzata, la copertina logora e le pagine piegate in più punti.
 
La apre, prima di passarla a Blaine e sedersi accanto a lui.
 
“È – semplice. Un posto piccolo, discreto. Muri bianche e grosse vetrate. C’è lo spazio per la cerimonia, per il ricevimento e per un eventuale after party. E ha questo meraviglioso balcone che si affaccia sul fiume Hudson”
 
Gli occhi di Kurt si illuminano e riflettono la luce di quelli di Blaine, che lo guarda affascinato. “Ho sempre pensato che avrei ballato lì, con il mio futuro marito – sai, il primo ballo e – quelle stupidate lì”
 
Kurt scuote leggermente la testa e si muove sulla sedia, a disagio. “Ma come ho detto, il matrimonio non fa per me, perciò–”
 
“Penso che sarebbe perfetto”
 
Il wedding planner solleva lo sguardo lentamente. “Come?”
 
Blaine sorride, la testa leggermente piegata di lato e gli occhi più luminosi che mai. “Il posto dico, è – perfetto”
 
E per un attimo Kurt vorrebbe urlare.
 
Vorrebbe dire a Blaine che no, il posto non è perfetto. Che lui e Dave non possono permettersi di rubare la location dei suoi sogni. Che Blaine non può sposarsi dove vorrebbe sposarsi lui, non con Dave, non con duecento parenti del Canada, non con uno che beve caffè nero e mangia brioche alla marmellata. Perché non è giusto. Non è così che funziona.
 
E Kurt vorrebbe dirglielo, vorrebbe davvero.
 
Ma le guance di Blaine sono così rosse, e le sue labbra strette tra i denti così lucide, e i suoi occhi sono così brillanti e luminosi, e Kurt – dio, Kurt davvero non ce la fa a distruggere anche i suoi, di sogni.
 
***
 
To: Rachel Berry
Rachel, abbiamo un problema.
 
From: Rachel Berry
Che tipo di problema?
 
To: Rachel Berry
Un problema di occhi.
 
From: Rachel Berry
Occhi? Sei diventato cieco?

To: Rachel Berry
Purtroppo no.
 
From: Rachel Berry
Purtroppo? Kurt così mi spaventi.
 
To: Rachel Berry
Occhi. Meravigliosi, caldi, sensazionali occhi verdi. E dorati. E – non lo so, non riesco neanche a capirne il colore.
 
From: Rachel Berry
Devo mandare Finn a recuperarti? Perché non vorrei doverlo chiamare, ma posso farlo se sei completamente impazzito.
 
To: Rachel Berry
Lascia perdere, posso cavarmela. Solo – occhi, Rachel. Occhi. Hanno un potere strano. Mi controllano.
 
From: Rachel Berry
Farò finta che tu sia solo un po’ ubriaco e non del tutto psicopatico, okay?
From: Rachel Berry
E non guardarlo negli occhi, se è così pericoloso.
 
To: Rachel Berry
Fosse facile Rachel. Fosse facile.
 
***
 
To: Sebastian Smythe
Sebastian.
 
From: Sebastian Smythe
Dimmi, hobbit.
 
To: Sebastian Smythe
Secondo te, desiderare di baciare una persona che non è il tuo futuro marito, è tradimento?
 
From: Sebastian Smythe
Tesoro, secondo me neanche scoparsi una persona che non è il tuo futuro marito nel bagno di un locale è tradimento.
From: Sebastian Smythe
Aspetta, di chi o cosa stiamo parlando?
 
To: Sebastian Smythe
Mhm, di nessuno. Solo – ipotesi.
 
From: Sebastian Smythe
Non me la racconti giusta.
 
To: Sebastian Smythe
Lasciami perdere, davvero.
 
From: Sebastian Smythe
Stai bene Blaine? Perché invece è chiaro che qualcosa non va.
 
To: Sebastian Smythe
Perché non dovrebbe?
 
From: Sebastian Smythe
Perché ti ho chiamato hobbit, e non hai fatto una piega.
 
To: Sebastian Smythe
Dannazione, è vero!
 
From: Sebastian Smythe
Lo vedi! Oddio, stai male? Stai morendo? Gli alieni ti hanno rapito? Hai mangiato qualcosa di avariato?
 
From: Sebastian Smythe
Sebastian! Ho detto che sto bene.
 
From: Sebastian Smythe
Allora cosa, bocca di rosa ti ha scopato così forte da farti dimenticare ogni cosa?
 
To: Sebastian Smythe
SEBASTIAN SMYTHE!
 
From: Sebastian Smythe
Lo so che mi ami.



 

Uhm, dunque. Questo è quanto.
Lo so che non è niente di che, ma è solo il primo capitolo. Volevo presentarvi la situazione in generale, i personaggi e le dinamiche. Spero di esserci riuscita almeno un po’, perché a dire il vero, nel momento in cui mi sono messa a scrivere, mi sono venute in mente così tante idee che la probabilmente avrei potuto scriverci una long di almeno 10 capitoli. Ma il tempo è purtroppo poco, perciò ho dovuto stringere al minimo.
 
Qualche nota di chiarimento (prometto che nei prossimi capitoli non ce ne saranno così tante):

• sebbene sia un AU, ho cercato di mantenere il più possibile i personaggi IC. Tenete conto che Kurt e Blaine hanno ormai 29 e 28 anni, non si sono conosciuti in Ohio e quindi hanno affrontato tutta l'adolescenza e parte della vita da soli. Perciò ovviamente questo ha influito sul loro carattere e sulle persone che stanno loro intorno. Per il resto, spero di riuscire a mantenere almeno i tratti generali di ogni personaggio.
 
• cercate di sopportare per un po’ la coppia Blaine e Dave. So che non funziona, so che fa quasi schifo (sebbene io ami il personaggio di Dave, e non sapete quanto mi dispiace farlo soffrire) e so che soprattutto in questo momento non la sopportiamo, ma la verità è che, nonostante l’AU, ho cercato di seguire quanto più possibile il telefilm, e beh, questo è quanto.
 
• Santana e Rachel migliori amiche di Kurt, Sebastian migliore amico di Blaine. Perché ho sempre amato questi rapporti, sia nel telefilm che nelle ff, ed è così che deve essere. Fine della storia. Chiedo perdono se qualcuno non è d’accordo.
 
• quattro mesi per organizzare il matrimonio. Il che vuol dire che, come potrete immaginare, in quattro mesi Kurt e Blaine si conoscono, si innamorano e si sposano. Lo so che è poco credibile. Lo so che non funziona così nella realtà. Lo so che avrei potuto usare un salto temporale e  farli sposare dopo anni. Ma la verità è che questi sono Kurt e Blaine. Loro non sono la normalità. Loro si sono cercati, e trovati, e amati in ogni vita che hanno vissuto. Perciò passatemi questa licenza poetica, un po’ dettata dal fatto che i capitoli sono pochi, un po’ decisa perché, come potrete vedere, alla fine il matrimonio lo organizzano loro due, e Dave ci mette davvero poco del suo, perciò perché sprecare quattro mesi di impegno e preparazione? Non ha senso. O no?
 
• curiosità: se vi interessa, queste sono le location che Kurt mostra a Blaine:
- Gotham Hall di New York: http://gothamhallevents.com/
- The Loeb Boathouse at Central Park: http://www.thecentralparkboathouse.com/photos-gallery.php
- Cafe St. Bart’s at St. Bartholomew’s Church: http://weddings.about.com/od/weddinglocations/ss/NYCLocations_10.htm#step-heading
La location che effettivamente scelgono alla fine (The Lighthouse) ve la mostrerò solo nell’ultimo capitolo, quando apparirà. Così sarà una sorpresa.
 
Bene, direi che per ora questo è tutto. Scusate se vi ho un po’ annoiato. Ringrazio in anticipo chi leggerà, recensirà o quant’altro. Aspetto vostri pareri. Gay bye.


 
  
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