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Autore: WindWater    17/02/2015    0 recensioni
Una storia forse vera o forse no che cerco di raccontarvi, tra l'horror, il thriller e il giallo con una punta stentata di gotico. Il tutto prende forma in una piccola cittadina italiana, in cui il degrado ed il pettegolezzo portano alla creazione di un mostro, di un serial killer, ma non posso dirvi di più. Questo primo capitolo è un'introduzione al luogo in cui avvengono i fatti... o forse no...
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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La nostra storia si ambienta in una piccola città, non ci importa né dove né quando, ma ci importa cosa e chi. Tutto comincia nel dopoguerra, per la piccola città italiana fu costruita una bellissima stazione ferroviaria in grado di collegare settentrione e meridione, in grado di favorire uno scambio continuo di merci e cultura. Il problema è che la cittadina era molto antica, ci dicono le fonti, e Mussolini aveva lì mandato tempo prima intere generazioni di criminali e di pazzi, per l’aria salubre, che una volta fuori dai luoghi di detenzione si stabilirono lì, e così il male stesso fu alle radici della città. Tuttavia quando la stazione fu costruita, diverse generazioni si erano già succedute, e la ferrovia prese forma  in un luogo distaccato dal centro cittadino, in cui viveva la borghesia, ameno, d’elite, che da quel momento entrò in declino. Le famiglie della classe media cominciarono a trasferirsi e chi decideva di restare doveva adattarsi a vivere con prostitute, transessuali che battevano la strada, tossicodipendenti e spacciatori, ubriaconi, criminali, insomma il peggio del peggio. Quella zona della città un tempo famosa per i suoi salotti e le sue biblioteche era stata spazzata via e sostituita con una ben peggiore. Con il tempo, fino ai giorni della nostra narrazione, le cose migliorarono, diverse famiglie tornarono a vivere lì, e si trovò quasi un equilibrio tra la “feccia” e la “brava gente”,  convivevano, si ignoravano e ciascuno continuava a condurre i propri affari. La strada che portava alla zona della stazione dei treni era unica, una lunga strada in basolato, che attraversava la città e che alla fine si apriva come una conca. Una strada andava verso ovest, verso un parcheggio ed altre diverse abitazioni, l’altra andava verso est, verso delle scuole ed il cimitero. Nel mezzo c’era una strada divisa da uno spartitraffico, una corsia per andare fin sotto la stazione, l’altra per tornare. Sul lato di marciapiede della strada che andava, c’erano cinque o sei villette, non ricordo, oltre le quali si arrivava alla grande rotonda, che permetteva di imboccare il lato di strada per tornare, su cui si erigeva una grande statua di una Gorgone, con le braccia verso l’alto, le gambe divaricate ed i seni che fuoriuscivano dalle vesti, in onore di un film erotico girato anni prima dal regista Pinto Gass “Il tempo delle Gorgoni”, che aveva portato grande fama alla nostra città, era stato girato interamente lì e la protagonista era la nostra concittadina Remé Dalliea. La fama non era giunta per la bellezza della pellicola, ma per il caso mediatico costruito intorno alla morte della donna, avvenuta nella sua camera da letto, nella notte dopo le riprese, pugnalata talmente tante volte da rendere il suo corpo irriconoscibile. Immediatamente fu arrestato il marito, un noto macellaio della città, poiché sul pugnale erano state trovate le sue impronte, e di conseguenza il figlio dodicenne fu spedito in orfanotrofio. Il sindaco aveva così deciso, tra un’intervista e l’altra, di dedicarle quella statua nel mezzo alla rotonda. Come dicevo la ferrovia era un luogo speciale, era lì che abitava la famiglia. La stazione era un grande edificio rosa, con due entrate, sormontato da un grande occhio onniveggente, ovvero dall’orologio, grande e possente. Sul lato di strada che permetteva di tornare dalla ferrovia c’erano invece altre villette, e due palazzi popolari.

   
 
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