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Autore: _Ella_    18/02/2015    4 recensioni
"Il mondo era sospeso. C'erano la Genei Ryodan, Kuroro, c'era la vendetta, c'erano Gon e Killua e Senritsu, la paura e l'angoscia di non farcela, ma erano tutti lontani anni luce come stelle.
C'era solo Kurapika, adesso."
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kurapika, Leorio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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come pioggia 
(umido, leggero, improvviso)

 

"[...] La bestia che mi porta,  
stanca del mio dolore si trascina lenta,  
costretta a sostenere il peso che mi affligge, […] 
[…] Lo sprone insanguinato  
con cui la rabbia a volte le trafigge il corpo - 
e la risposta è un gemito - è più doloroso  
per me che non la fitta nel suo fianco: 
perché quello stesso lamento mi avverte 
che il mio dolore è avanti, e la gioia alle spalle." 
Shakespeare, Sonetti (sonetto 50) 

 
York Shin City era una città corrotta, e con profonda sicurezza Leorio poteva ammettere di provare profondo disgusto da quando vi aveva messo piede: odiava le persone che camminavano tra quegli alberghi a cinque stelle, bazzicando da un'asta all'altra alla ricerca di un modo per spendere i milioni di jeni di cui non avevano bisogno; odiava i sobborghi occupati da i mercanti morti di fame, perché gli ricordavano fin troppo la sua infanzia rubata; odiava le notti troppo lunghe, passate insonni a riflettere senza un punto d'arrivo nella camera di un motel, tra l'odore dolciastro di un liquore scadente e l'assordante rumore dei clacson che provenivano dalla strada. 
Dal primo istante in cui era arrivato, dal momento in cui era uscito dall'aeroporto e si era guardato in giro, aveva avuto l'impressione di essere stato catapultato dall'alto del suo sogno che andava realizzandosi all'acqua putrescente di un passato che non voleva lasciarlo andare. Si era reso conto, sentendo le parole di quei due ragazzini, di quanto forte fosse la Genei Ryodan, ed aveva avuto paura: per Kurapika, che con gli occhi spenti ed il viso smunto continuava a grattare con le unghie il terreno alla ricerca di una forza di volontà che andava vacillando; per Gon, per Killua, troppo giovani, spavaldi ed incoscienti per capire che quella situazione era un Leviatano che in un battito di ciglia avrebbe potuto avvolgerli e soffocarli nel suo corpo serpentino. 
Aveva avuto paura per sé. Paura di non farcela, paura di non essere abbastanza forte per poter sostenere i suoi amici, troppo debole per riuscire a sorreggere Kurapika ed il suo odio che gli stava corrodendo il cuore con catene imbevute di veleno. 
Forse aveva pregato, una di quelle notti, steso sul materasso con le lenzuola che gli avvolgevano le caviglie, gli occhi puntati sul soffitto e la barba incolta di giorni in cui aveva avuto a stento il tempo per ricordarsi di respirare. Aveva pregato per tutti loro, perché riuscissero a farcela. 
Quella sera pioveva fitto e sottile come punte di spilli, come le lunghe ciglia di Kurapika, che continuava ad ostentare quella sicurezza e quella razionalità che lo avevano sempre caratterizzato anche adesso, mentre era ad un passo dal tirarglielo fuori dai pantaloni, in una situazione che di sicuro e razionale non aveva niente.  
Leorio aveva sempre amato le belle donne, quelle che da bambino fissava sui televisori dei bar fatiscenti dalla strada, il naso premuto sulla vetrina e gli occhi persi ad immaginare quanto sarebbe stato bello baciarle e carezzarle, stringerle e farci l'amore una volta diventato più grande, più uomo. Ma Kurapika era quanto più lontano ci fosse da una donna, nonostante la parrucca dai lunghi capelli biondi che indossava in quel momento, con la frangia che gli baciava gli occhi scuri come pozzi, nonostante avesse la bocca più bella che avesse mai visto, dalla quale sospirava rauco mentre Leorio stringeva la presa sul suo sedere tondo. Le sue mani non erano da donna, per quanto fossero piccole e sembrassero delicate, perché lo stavano masturbando con una bravura sconcertante, perché nella frizione del sesso contro il suo palmo riusciva a sentire il ruvido dei calli che si era guadagnato con l'allenamento, perché quelle mani neppure un soffio di ore prima erano riuscite ad uccidere il numero undici della Genei Ryodan. 
Non c'era niente di razionale neanche in Kurapika quella notte, nonostante pretendesse di esserlo. Perché se fosse stato razionale, se fosse stato più lucido, più in sé, non gli avrebbe mai chiesto di spogliarlo, non gli avrebbe mai chiesto di baciarlo con le labbra che sfioravano i peli ispidi della sua barba, non avrebbe mai sfregato l'erezione contro la sua mugolando più forte di quanto necessario e non lo avrebbe mai pregato di nuovo di baciarlo, di toccarlo o fare qualsiasi cosa, eccetto andarsene, sebbene fosse palese che Leorio non sarebbe mai stato in grado di farlo. 
Mentre lo baciava con un'urgenza che gli stringeva lo stomaco, Leorio ringraziava che le luci fossero saltate poco prima per il temporale, perché così Kurapika non avrebbe potuto vedere quanto fosse rossa la sua faccia, mentre gli abbassava i pantaloni ed i boxer sotto il sedere liscio, mentre tratteneva un gemito roco assecondando le spinte tra le sue cosce, mentre con vergogna premeva il palmo contro la sua nuca, chiedendogli di andare più in basso. 
Il mondo era sospeso. C'erano la Genei Ryodan, Kuroro, c'era la vendetta, c'erano Gon e Killua e Senritsu, la paura e l'angoscia di non farcela, ma erano tutti lontani anni luce come stelle.  
C'era solo Kurapika, adesso. C'erano i suoi occhi bui, le pupille dilatate per l'eccitazione, i suoi sospiri contro la sua erezione, la sua bocca sul suo sesso, le sue mani che gli carezzavano i testicoli e le gambe; c'erano i suoi capelli, quelli veri, perché Leorio gli aveva tirato via la parrucca al primo affondo nelle sue labbra, per stringerli tra i palmi abbastanza forte da poterli strappare, e se fosse successo ne sarebbe stato felice, perché di lì a poche ore sarebbero successe tante di quelle cose che avrebbe potuto perderlo, e quelli sarebbero stati l'unica cosa rimastagli di lui oltre che i ricordi. Inarcandosi venne nella sua bocca senza averlo neppure avvisato, per dispetto, per punirlo. Per fargliela pagare di aver osato avere così tanti ascendenti su di lui da catapultarlo in quella situazione (quel piano suicida, quella mezz'ora di piacere o entrambi, non importava specificarlo) senza nemmeno sforzarsi; per ricordargli che ovunque sarebbe andato, alla ricerca degli altri membri della Genei Ryodan, sarebbe comunque stato suo, che qualunque altro uomo avrebbe avuto lui sarebbe stato sempre il primo. Kurapika si abbandonò contro il suo petto, il viso rosso nascosto in parte dai capelli. «Dobbiamo andare» sussurrò, e soffice come si era poggiato su di lui si alzò, senza dargli la possibilità di toccarlo, rivestendosi nella penombra della stanza. 
Mentre si abbottonava la cintura di cuoio, Leorio capì che aveva paura, più di lui, più di tutti, ed alzandosi per abbracciarlo, custodendo la sua schiena china sotto il peso del Mondo contro il petto, si disse che sarebbe riuscito a sorreggerlo, perché Kurapika era abbastanza forte da infondergli quella sicurezza di cui aveva bisogno. 
Pioveva ancora, su Tork Shin City. Leorio adesso poteva odiarla un po' di meno.





 



A distanza di più di sette mesi, ritorno qui nel fandom di HunterxHunter, presentandomi con una shot che voleva essere porno ma che poi è venuta su semplicemente lime.
Ammetto di averla scritta di getto, e mi scuso in anticipo se ci saranno errori (nel caso, qualsiasi correzione è ben accetta) ma quello che più mi preme è essere riuscita a restare IC: non ho mai letto fic di questo fandom, o in generale fic su HxH, e per questo così come sette mesi fa mi è piuttosto difficile capire se e quanto i personaggi siano se stessi, ed è per questo che preferisco mantenerli nell'ambientazione originale anziché buttarmi in un'AU.
Detto questo, tengo a precisare che questa shot è orientativamente ambientata tra l'episodio 54 e 55 (saga di York Shin City) del remake del 2011, poiché Kurapika indossa una parrucca bionda anziché mora (come la prima versione dell'anime) ed ha gli occhi scuri invece che azzurri (di nuovo, a differenza della prima versione).
Spero di riuscire a fare breccia nel cuoricino di qualcuno come con "Come foglie d'autunno" (giuro, non so perché entrambi i titoli di queste mie fic siano due similitudini, non è una cosa voluta) perché in fin dei conti sono state quelle quattro recensioni a darmi il coraggio di ritornare (e cazzo, giuro che mi sono accorta adesso di non aver ancora risposto alle recensioni, rimedierò quanto prima!).
Grazie a chiunque si fermi a leggere, e tanto amore a chi si fermerà a lasciarmi una recensione.
A presto ♥

   
 
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