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Autore: ArtemisiaSando    18/02/2015    0 recensioni
[Ryse: Son of Rome]
Ancora una volta un incipit per una nuova sezione. Questo racconto è ispirato alla recente opera videoludica Crytek: "Ryse: Son of Rome".
Roma. Epoca neroniana. Marius Titus è un giovane aspirante soldato, nato e cresciuto in una nobile famiglia romana presto conoscerà il sapore amaro della guerra e della sconfitta in terre lontane, ma non tutto è ancora perduto. Un incontro cambierà il suo destino per sempre...
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Nono

 

Il banchetto sembrava essere iniziato da ore interminabili, eppure Marius non poteva che essere distratto. Era grato a suo padre per aver voluto celebrare il suo ritorno tanto calorosamente, di come lo sentiva raccontare di lui agli altri senatori eppure la coppa rimaneva piena di fronte a lui. Le giovani figlie dei generali ballavano timidamente al centro della sala in un fiume d’oro e così anche sua sorella Giulia.

La sola a cui forse avrebbe potuto raccontare quello che era accaduto, i sentimenti che da troppo tempo agitavano il suo cuore eppure al tempo stesso non voleva caricarla di quel fardello o forse era solo paura quella che provava. La sciocca paura di non poterle rimanere accanto.

Padrone e schiava, una storia vecchia come il mondo. Molti dei soldati che conosceva erano figli bastardi nati dal sodalizio fra generali e serve barbare, eppure Marius si sentiva rivoltare lo stomaco al solo pensiero che qualcuno avesse potuto accusarlo di aver solo voluto scaricare certe pulsioni sulla ragazza.

L’amava. Da più tempo di quanto riuscisse a ricordare e non avrebbe permesso al mondo di negare quei suoi sentimenti.

Fissò il lungo tavolo imbandito con occhi vuoti, cosciente del sorriso di sua madre, di quello che stava sussurrando all’orecchio della sua vicina. Avrebbe voluto vederlo sistemato con una di quelle giovani ragazze e Marius avrebbe voluto accontentarla, più di qualsiasi altra cosa, ma ormai non c’era modo di tornare indietro.

- Padre, con il tuo permesso vorrei ritirarmi. – esordì dopo poco voltandosi verso Leontius alla sua sinistra, sorrideva, lo sguardo orgoglioso di chi sta guardando la propria impresa più riuscita.

- Ma certo, Marius. Va pure. – rispose dopo un istante di esitazione ed il ragazzo gli fu tacitamente grato per non aver chiesto il motivo di quella sua momentanea fuga. E per un attimo Marius sembrò cogliere un lampo di consapevolezza negli occhi chiari di lui, quasi sapesse.

Lasciò la sala con discrezione, lanciando un unico fugace sguardo verso sua sorella ancora intenta a ballare, senza voltarsi indietro, senza portare con sé quel vortice d’oro.

Rimase a lungo indeciso sul da farsi, non aveva voluto portare con sé nessuna delle sfarzose lampade ad olio della sala principale, sperando che il buio della casa potesse lenire anche solo per un attimo la sua irrequietezza. Era sempre stato così, dacché aveva memoria. Non era mai stato calmo come l’acqua della vasca del peristilio nelle lunghe notti d’estate, qualcosa si era sempre agitato sotto la superficie.

Era nato e vissuto nelle passioni, nel sangue e nella polvere aveva mosso i suoi primi passi, nulla era mai stato agio e velleità, si era guadagnato ogni cicatrice, ogni vittoria. E quegli stessi sentimenti avevano dominato il suo amore per la ragazza.

Dentro gli occhi d’aquila di lei aveva sempre visto quel fuoco che da una vita guidava ogni sua azione, poteva sentirne ancora il calore, impresso sulla pelle e nel cuore. Le aveva promesso di essere il migliore e lo era stato, ma non le aveva mai promesso che sarebbe tornato, eppure lei lo aveva aspettato.

C’era una strana armonia, un fragile equilibrio in quel loro amore. Si erano amati per anni senza mai essere davvero vicini, Marius aveva marcato a fuoco nel proprio cuore il nome della ragazza senza che mai fosse stata sua, ed ora che quel vuoto, quella distanza erano stati colmati nulla avrebbe potuto impedirgli di legarsi a lei. Lo avrebbe detto al mondo, a che prezzo non aveva la benché minima importanza.

Senza accorgersene il ragazzo si ritrovò nel cortile più remoto della casa, quasi in disuso dato che a poca distanza suo padre aveva predisposto gli alloggi della servitù.

Eppure non erano le voci e le risate provenienti dalla sala del banchetto a disturbare la quiete sopra lo spoglio peristilio. Poteva sentirle mescolarsi alla melodia di più di un flauto traverso, un suono più rozzo di quello a cui era abituato, più concitato, eppure il ritmo era lo stesso a cui sua sorella stava ancora ballando all’interno della villa.

Non aveva lasciato un festeggiamento per unirsi ad un altro, per di più uno a cui di certo non poteva che presentarsi come ospite sgradito, ma non poté resistere all’impulso di avvicinarsi.

Si accostò alla semplice architrave in legno grezzo e sbirciò all’interno. I piccoli alloggi erano diventati niente più che un turbinio di corpi in movimento, di risate sguaiate, di festeggiamenti sommessi.

- Fermi, basta, mi gira la testa! – avrebbe riconosciuto la sua voce fra mille, il suono leggero della sua risata ed il cuore sembrò affondare di un poco quando vide la ragazza comparire fra quella piccola folla, uno dei bambini della servitù teneramente afferrato alle mani piccole e tiepide che solo fino a qualche ora prima aveva stretto fra le proprie.

- Allora canta una canzone! – pretese lo stesso bambino, la tunica grigia troppo grande per il corpo minuto, il sorriso sdentato da lattante.

- Si, si ti prego! – intervenne una seconda mocciosa, prima che la madre potesse afferrarla già era sgattaiolata ai piedi della ragazza, aggrappandosi alla chiara tunica azzurra.

- Va bene, va bene. – rise come poche volte aveva riso di fronte a lui, al resto della sua famiglia. Avrebbe potuto rimanere nel gineceo quella notte, godersi di riflesso il grande banchetto in suo onore come avevano preferito fare molte delle ancillae di sua madre. Ma Estel non era come loro, non lo era mai stata e questo Marius lo aveva sempre saputo.

Sentì nascere un sorriso sulle labbra chiare mentre la ragazza si sedeva ad un lato della stanza, prendendo a cantare una di quelle vecchie canzoni che aveva imparato da sua sorella, un latino più sicuro, la voce più limpida di una volta, la stessa che pure Marius ricordava nei suoi sogni.  

Non riuscì guardare il suo viso, l’ascoltò attentamente, la schiena premuta contro la pietra fresca della casa, ma preferì non posare lo sguardo sulle labbra rosee schiudersi ad ogni parola, sui capelli ramati ondeggiare sulle spalle seminude temendo che il cuore sarebbe esploso.

Troppo tardi si accorse della bambina comparsa accanto a lui, la stessa che aveva pregato la ragazza di cantare per loro. Guardò nei grandi occhi azzurri e non lesse alcuna paura, solo una sincera curiosità. Non sapeva neppure se la bambina sapesse di lui, di chi avesse di fronte mentre la manina tiepida e sporca di terra si aggrappava al bordo della sua vecchia tunica virile[1].

La ragazza stava ancora cantando quando la bambina senza nome cominciò a strattonarlo piano, invitandolo ad entrare. Marius avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa che avesse potuto convincere la mocciosa a desistere, ma si sentiva pure terribilmente a disagio quasi avesse potuto ferirla anche solo rimanendo fermo dov’era. Raramente aveva dovuto avere a che fare con dei bambini e quasi sempre non v’era stato bisogno di nessun tipo d’interazione.

- Stavi guardando. Perché la stavi guardando? – chiese ad un certo punto, abbastanza forte da arrivare alle sue orecchie, ma senza sovrastare la musica, quasi fosse stata la cosa più naturale del mondo, lasciandolo spiazzato. Una domanda semplice, la risposta più difficile della sua vita.

La ragazzina lo strattonò tanto insistentemente che quasi non si accorse di essere entrato, la donna all’angolo della stanza, la stessa che prima aveva trattenuto quella che doveva essere sua figlia, raggelò.

La musica cessò all’improvviso. Parecchi si voltarono a guardarli, lui, il figlio maschio del padrone, l’erede di qualunque cosa quegli uomini e quelle donne avessero mai avuto, erede persino delle loro stesse vite con un piede sulla soglia, la bambina dai biondi capelli arruffati a guidarlo dentro.

Marius tentò un sorriso, il cuore improvvisamente accelerato, e la bambina dovette avvertire il suo disagio tanto che lasciò scivolare la mano minuscola nella sua, quasi volesse in qualche modo giustificare la sua presenza.

 

Estel si sarebbe aspettata qualunque cosa tranne vederlo comparire a quel modo. Eppure per un istante i loro due mondi sembrarono avvicinarsi a dismisura, quasi avessero potuto toccarsi. Non riuscì a trattenere un sorriso vedendo l’imbarazzo disegnarsi sul volto squadrato, severo che così bene conosceva.

I loro sguardi s’incontrarono oltre gli schiavi della famiglia Titus presenti nella stanza umile, raffazzonata ed Estel non poté che riprendere a cantare, lasciando che la presenza del ragazzo diventasse una gentile certezza.

I flauti e le lire sghembe ripresero a seguire la sua voce e di nuovo molti dei presenti ripresero a sorridere e ballare, quasi l’interruzione dell’erede fosse stata solo una parentesi di poca importanza. Estel avrebbe voluto poter dire lo stesso, ma la presenza dell’uomo aveva cambiato ogni cosa. Da quando si erano incontrati i loro sguardi non si erano più lasciati oltre la piccola folla e, per una sola volta, la ragazza si concesse qualcosa che in altri tempi non avrebbe mai permesso al proprio cuore.

Lasciò che le parole morissero fra le note appena stonate e raggiunge Marius accanto alla porta nuda, dove ormai il legno laccato della porta era stato consumato da pioggia e troppa usura. Non gli avrebbe chiesto perché era venuto, non voleva saperlo, voleva solo vivere qualche istante ancora nella certezza che fosse per lei, che quella loro unione avrebbe potuto avere un significato più profondo di quello che la società in cui era nato e cresciuto poteva accettare[2].

- Danza con me. – sorrise porgendogli gentilmente la mano. Vide una linea sottile comparire fra le sue sopracciglia mentre valutava la sua proposta, eppure fu certa che il respiro si fosse fatto più svelto.

- Non conosco i passi. – rispose Marius con una delicatezza che poche volte la ragazza aveva sentito nella sua voce e di nuovo gli occhi verdi di lui incontrarono i suoi, sinceri come nient’altro al mondo.

- Non ha importanza. A volte devi solo imparare ad unirti alla danza. –

Questa volta la mano di Marius raggiunse quella di lei in una stretta leggera e fiduciosa, lasciandosi guidare verso il centro della stanza. Afferrò entrambe le mani del ragazzo fra le proprie impartendo il ritmo ad entrambi, un ritmo che le scorreva dentro fin da quando era bambina, lo stesso che per anni aveva seguito con sua madre intorno ai grandi bivacchi. Ora avrebbe potuto insegnarlo a lui, una danza barbara per uno dei figli patrizi[3] di Roma.

 

La ragazza non lasciò mai le sue mani mentre danzavano sulla terra nuda, sulla paglia calpestata al ritmo familiare dei flauti traversi. Erano anni che Marius non provava quella leggerezza, era rimasto lontano così a lungo da riuscire a dubitare di qualunque cosa avesse lasciato indietro.

Era tornato ad essere felice di quella familiare felicità che aveva provato sin da ragazzino, sapendola accanto a sé. Da quando l’amicizia si era trasformata in amore non avrebbe saputo dirlo, eppure si fidava di lei, sapeva che se solo glielo avesse chiesto sarebbe rimasta con lui, forse per sempre.

La guardava sorridere e sapeva che avrebbe dato qualunque cosa pur di amarla da donna liberta[4], era facile immaginare un futuro per entrambi, per quanto complicato fosse. Avrebbe solo dovuto intraprendere il proprio cursus honorum[5], diventare tribuno in pochi anni assicurando ad entrambi una vita tranquilla, lontana dalla schiavitù che da sempre li aveva divisi.

Sorrise, lasciandosi guidare, lasciando che la polvere sporcasse i calzari, che il sudore impregnasse i capelli corti, la tunica pulita, senza abbandonare la sua stretta. 

 

La risata della ragazza si confuse a quelle degli altri presenti, alla musica appena stridente per un tempo che parve stranamente indefinibile. Il flauto e la lira suonavano ancora quando si fermarono, il respiro pesante, avvicinandosi in uno strano concerto. Le mani di lei sfiorarono le sue braccia scoperte al caldo della sera con un’esitazione che da sempre aveva condizionato il loro rapporto, eppure sorrideva ancora oltre il tepore confuso dei loro respiri. Non le avrebbe chiesto di baciarlo, non le avrebbe chiesto alcunché, quello che da lei aveva ricevuto era già molto più di quanto avesse mai osato sperare.

- Non costringeteci ad assistere a qualcosa che non vogliamo sapere. Vi prego. – esordì qualcuno alle spalle della ragazza, qualcuno che Marius riconobbe come una delle schiave di sua madre. Sorrideva appena interrompendo il loro scambio di sguardi, ma il legionario non poté che darle ragione. Nessuno avrebbe potuto scambiare quella loro vicinanza per pura lussuria, nessuno avrebbe potuto giustificare quello che sarebbe avvenuto in seguito.

Con un cenno di gratitudine lasciarono l’alloggio dirigendosi mano nella mano, come la notte precedente, verso la parte maschile della villa.

I rumori del banchetto, il calore dei grandi bracieri erano ormai un ricordo lontano quando il sonno li sorprese ancora una volta fra le stesse lenzuola. Tutti gli invitati avevano ormai rovesciato le ultime gocce di vino sul pavimento come ringraziamento ai loro déi muti[6], lasciando la villa immersa in un vago odore di fiori ed incenso spento, in un tetro silenzio, un silenzio che ai due ragazzi era parso come una benedizione. Il buio aveva nascosto il loro amore rubato, aveva avvolto i loro respiri in una stasi senza fine, imprigionandoli per sempre fra quelle mura.

Anche Marius aveva compiuto un voto quella notte rovesciando la coppa. Un voto di fedeltà. Verso quelle quattro mura, quei sussurri nascosti, quelle ore rubate alla notte, verso la donna che per due notti si era concessa ed aveva giaciuto con lui, la stessa donna che a lui aveva dedicato gli anni più soli e ardenti della sua vita.

Si addormentò stringendola a sé, ma ancora una volta al suo risveglio la ragazza se n’era già andata.

NOTE 

[1] =  La toga virilis veniva indossata per la prima volta a 16 anni per fare il primo ingresso nel foro con un rito di passaggio dall'adolescenza alla maturità. 

[2] =  Non erano rari nell'età Romana, ed in particolare quella Imperiale, i figli nati da rapporti extraconiugali fra schiave e padroni, anzi era quasi considerato sano intrattenere certi tipi di rapporti per un uomo romano.  Un uomo poteva avere più di un'amante (lo stesso non valeva per le donne ovviamente anche se in età Imperiale i costumi  si erano già in parte logorati dando alle donne molta più libertà sessuale rispetto al passato), poteva avere con tali amanti figli bastardi, addirittura alcuni degli schiavi erano deputati appositamente oltre che alla cura estetica dei padroni anche a soddisfare i loro capricci sessuali. 

[3] = Per Patrizi si intende l'elite romana, i ricchi e potenti del tempo per intenderci.  

[4] = I liberti erano schiavi liberati col denaro. Potevano essere i padroni a liberarli dopo anni di fedele servizio, oppure loro stessi potevano comprare la propria in caso avessero  raccolto una sufficiente somma di denaro.

[5] =  Il cursus honorum era in sostanza la carriera politica che l'uomo romano poteva intraprendere. Conteneva un insieme di cariche politiche e militari.  Essendo i cittadini divisi in tre classi (ordine senatorio, equestre e plebei), i membri di ciascuna classe potevano intraprendere una ben distinta carriera politica. Essendo Marius un legionario avrebbe sicuramente intrapreso la carriera nella milizia equestre, il cui grado più alto a cui avrebbe potuto aspirare sarebbe stato il prefettorio.  

[6] = Come per i Greci un'usanza tipica era quella di rovesciare in terra le ultime gocce di vino a fine pasto come preghiera o in un certo senso come buon auspicio. La coppa poteva essere anche vuotata interamente per compiere un voto, come fatto da Marius. 

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Bentornati! Come promesso in questo capitolo ho inserito delle note :) spero possano essere interessanti da leggere e che chiarifichino qualche eventuale dubbio! Questo era un capitolo di passaggio o in un certo senso di conclusione, si perchè la prima parte della storia si è ormai conclusa. Dal prossimo capitolo le cose si faranno davvero movimentate! Spero continuiate a seguirmi ^^ Grazie ancora a tutti i miei lettori (vecchie e nuovi che siate)!

   
 
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