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Autore: Hotaru_Tomoe    18/02/2015    8 recensioni
Raccolta di oneshot ispirate dalle fanart o prompt che ho trovato in rete su questa bellissima serie. Per lo più Johnlock centriche, con probabile presenza di slash.
Aggiunta la storia I'll be home for Christmas:Sherlock è lontano da casa per una missione, ma durante questo periodo il legame con John si rinforza. John gli chiede di tornare a casa per Natale, riuscirà Sherlock ad accontentarlo?
Questa storia, in versione inglese, partecipa alla H.I.A.T.U.S. Johnlock challenge di dicembre.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Davanti a questa foto mi sono immaginata un giovane Sherlock al ballo di fine anno. Ci avevo scritto una piccola ficlet in inglese su Tumblr, poi ci ho accidentalmente rovesciato sopra un barattolo di melassa.
E credo che qualcuno prima o poi mi arresterà se continuo a usare titoli di film e canzoni.

SAVE THE LAST DANCE


“Lascio qui la tua biancheria pulita - aveva detto John poggiandola su una sedia del salotto - ricordati di metterla via.”
Sherlock, sdraiato sul divano con gli occhi chiusi, aveva emesso un vago borbottio, che poteva significare ‘sì’, ‘no’, ‘ti ho sentito ma non mi interessa’, ‘il mondo è stupido e noioso’.

Una settimana più tardi, e senza grossa sorpresa da parte del dottore, la biancheria è ancora lì dove l’ha lasciata e inizia a ricoprirsi di polvere, così il buon dottore si rassegna a metterla a posto, prima che da bianca diventi grigia e qualcuno (assolutamente a caso) sia costretto a rilavarla.
L’impresa è meno semplice del previsto, perché i cassetti del comò di Sherlock sono stracolmi di cose, e non necessariamente di vestiario, come il secondo, pieno zeppo di tergicristalli (John ne conta almeno una quarantina, tutti diversi, e non vuole sapere altro).
Finalmente trova un po’ di posto libero nell’ultimo cassetto in fondo, ma l’angolo di una foto in bianco e nero che esce da una busta ingiallita attira la sua attenzione.
Sa che non dovrebbe, ma Sherlock non ha alcun riguardo per la sua privacy, quando demolisce impietosamente la cronologia Internet sul suo portatile, quindi sfila la foto dalla busta, sperando che sia qualcosa di imbarazzante con cui poterlo prendere in giro, ad esempio un boccoloso piccolo Sherlock che stringe un orsacchiotto di pezza.
Non è nulla del genere e l’ex soldato si ritrova a deglutire rumorosamente: è la foto di uno Sherlock appena maggiorenne e vestito con un completo elegantissimo, i capelli più corti ma ugualmente mossi, un viso di porcellana e uno sguardo meno affilato di quello di adesso.
E’ così bello da provocargli il batticuore, quasi come la prima volta in cui ha finalmente capito di essere perdutamente innamorato di quella bizzarra creatura.
Una minuscola porzione della sua mente (quella che non è impegnata a consumare la fotografia con gli occhi) realizza che Sherlock avrà sempre quell’effetto su di lui, anche quando saranno vecchi.
“John, cosa stai facendo nella mia stanza? Hai di nuovo scombinato il mio ordine dei calzini, non è vero?”
Il dottore sussulta sentendo la voce di Sherlock alle sue spalle ed il suo primo istinto sarebbe quello di provare a nascondere la foto, perché anche se ora condividono quella stanza molte notti a settimana, questo non lo autorizza a frugare nei cassetti del compagno; tuttavia sa che sarebbe perfettamente inutile: il detective probabilmente ha già capito cosa stava facendo.
“Stavo solo mettendo via la biancheria e ho trovato questa senza volerlo.”
Solleva la foto e gliela mostra.
“Oh - il moro agita una mano, quasi infastidito - è solo una vecchia foto del ballo dell’ultimo anno delle superiori, non è proprio nulla di interessante.”
“E allora perché si trova qui?”
“Mia mamma mi proibì di buttarla via, dio solo sa perché.”
“No, dio la benedica.” ribatte John riportando lo sguardo sul giovane Sherlock ed il suo profilo quasi regale.
“Non vedo perché: i balli di fine anno sono solo una seccatura, nulla che valga la pena ricordare.”
John ricorda il suo, di ballo, ricorda di essersi sentito ridicolo ed impacciato nello smoking che non era abituato a indossare, rammenta di aver sudato freddo davanti allo sguardo intimidatorio del padre della ragazza che accompagnava (Therese Qualcosa… ora non riesce nemmeno a ricordarne il nome) e gli raccomandava di riportala a casa per le dieci e mezza in punto. Nonostante tutto, però, fu una bella serata, piacevole e divertente.
“Invitasti una ragazza al ballo?” vuole sapere, e Sherlock lo guarda con la stessa disapprovazione con cui fissa i poliziotti di Scotland Yard quando non riescono a risolvere da soli un caso da quattro.
“Non essere ridicolo, John! Fosse stato per me, sarei rimasto a casa: fui costretto ad andare al ballo dai miei genitori, ma per nessun motivo avrei ballato con una gallina dalla testa vuota.”
John ridacchia mentre ripone la foto nel cassetto, lo chiude e si rialza.
“Scommetto che trascorresti l’intera serata appoggiato alla tappezzeria deducendo gli altri ragazzi e spaventandoli a morte.”
Un angolo della bocca di Sherlock si solleva appena.
“Probabile. Ad ogni modo ho cancellato dal Mind Palace la serata, non ricordo.”
A John viene un’idea: è un po’ incerto mentre si avvicina a Sherlock, perché non si può mai dire con certezza come potrebbe reagire e non è certo un uomo romantico in modo tradizionale, ma muore dalla voglia di farlo da quando ha posato gli occhi su quella foto.
“Se fossi stato lì, ti avrei fatto ballare.”
“E perché avresti fatto una cosa del genere?”
“Perché in quella foto sei splendido.”
Sherlock si stringe nelle spalle ed il suo sguardo si sposta dal viso di John a un punto indefinito del pavimento, in quello che il dottore ha imparato a interpretare come un (adorabile) gesto di difesa per quando è imbarazzato.
“E’ la mia solita faccia.” borbotta.
“Sei così giovane.”
"Essere giovane non è un pregio o un talento."
"Innocente."
"Non penso di essere mai stato innocente in vita mia."
"Vergine."
A queste parole Sherlock si agita nervosamente.
"Sai bene che lo ero, prima di te."
"Vergine, e così bello che mi vien voglia di mangiarti." mormora il dottore.
"J-John..."
"Vorresti vedere come si sarebbe concluso il nostro ballo di fine anno?"
Sherlock lancia uno sguardo al letto alle loro spalle e annuisce.
"Dio, sì."
“Ma prima ti avrei fatto ballare.”
John gli appoggia una mano sulla schiena e l'altra sul braccio sinistro, e poiché Sherlock non protesta e sembra voler accontentare il suo capriccio, intreccia le dita della mano con le sue e accenna qualche passo di danza.
Non è mai stato un ballerino provetto, ma nemmeno ha mai pestato i piedi alle sue partner, se la cava, e in più Sherlock si sta facendo guidare docilmente, assecondando i suoi movimenti e così i due si muovono fluidi per la stanza, in perfetta sintonia.
Quando John accenna a bocca chiusa le note di Only You, il suo compagno sorride e china la testa sulla sua spalla, dando così la possibilità a John di sprofondare il viso nel suo collo. Decide di ignorare il leggero odore di fumo che percepisce, dal momento che Sherlock non ha detto nulla sulla scelta di una canzone così banale e sdolcinata.
"Balli molto bene." offre John.
"Ho studiato danza classica da ragazzo."
"Ovviamente." La cosa non lo sorprende affatto.
"Ma non mi sono mai impegnato al punto tale da diventare un professionista, trovavo gli esercizi di base estremamente noiosi."
"Ovvio anche questo." John ridacchia mentre segue col naso il profilo delle pieghe sul collo di Sherlock.
"E tu ballavi spesso da ragazzo?" chiede Sherlock, stringendogli più forte la spalla.
"Conoscevo solo qualche rudimento utile per invitare le ragazze in discoteca, ma non ho mai preso lezioni, ero già abbastanza impegnato come capitano della squadra di rugby."
"Un rugbista e un ballerino classico."
"Al ballo avremmo fatto faville."
"John - Sherlock sospira con una nota di indulgenza nella voce - erano gli anni '90: a scuola non avrebbero preso molto bene una coppia di maschi che ballavano un lento."
Ha ragione: loro due adolescenti che ballano abbracciati avrebbero suscitato risatine ironiche e insulti, prima che gli insegnanti li cacciassero via dalla festa.
“Ma - insiste John - in un mondo ideale avremmo vinto il premio per la coppia più bella.”
Sherlock solleva il viso dalla spalla di John e gli appoggia le labbra sulla fronte.
“E dopo il ballo mi avresti portato ad amoreggiare sull’auto di tuo padre?”
“Mio padre aveva una Skoda 105 del 1980: era già tanto se si riusciva a starci seduti - ricorda John con un sorriso - e in ogni caso l’auto l’avrebbe avuta Harry. No, temo che ti avrei riaccompagnato a casa a piedi, però - John smette di ballare e porta le mani dietro al collo di Sherlock - se per strada non ci fosse stato nessuno, ti avrei trascinato dietro a una cabina telefonica e ti avrei baciato.”
“Sarebbe stato il nostro primo bacio?”
“Sì: c’era stato un colpo di fulmine tra di noi, ma non avevamo mai trovato il coraggio, prima d’ora.”
Per John è facile far scivolare una mano sulla nuca di Sherlock e attirarlo in un bacio casto a labbra appena socchiuse.
“E poi?” chiede Sherlock, spostando le labbra sul lato del suo naso.
“Ti avrei accompagnato fin sulla porta di casa e sperando in un bacio della buonanotte.”
Sherlock non si fa pregare e circonda il viso di John con le mani, baciandolo dolcemente.
“E se i miei genitori non fossero stati in casa?” gli sussurra all’orecchio.
“Non ne avrei approfittato: mai al primo appuntamento.”
“Un vero gentiluomo.”
John riporta le labbra su quelle di Sherlock e si perde talmente nel movimento lento e seunsuale delle loro bocche che non si accorge che Sherlock l’ha spinto contro il letto finché le sue ginocchia non toccano il materasso.
Si stacca da lui fingendosi scandalizzato, ma Sherlock inarca un sopracciglio e lo guarda ammiccando.
“Ora però permettimi di mostrarti cosa sarebbe successo al nostro terzo appuntamento.”
Il materasso rimbalza sotto il loro peso le la pila di biancheria di Sherlock, precariamente appoggiata in un angolo, cade a terra sparpagliandosi ovunque, ma - pensa John mentre si solleva in ginocchio e si sfila il maglione - è un prezzo di poco conto da pagare.

   
 
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