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Autore: sundayrose    18/02/2015    2 recensioni
E... se Hermione non fosse mai esistita?
" - Draco... - Tentò lei, con un lieve tremito nella voce.
Lui voltò la testa di scatto e, per la prima volta da quando l'aveva visto, scorse un barlume di umanità in quei suoi occhi così belli. -Come sai il mio nome? -
"So molte cose di te", avrebbe voluto dirgli. Ma tacque. Lui la guardava ancora e improvvisamente si accorse che era cambiato, sì. Era immensamente più bello, seppur più magro, sofferente. Quella bellezza che viene solo da chi ha sofferto tanto. Aveva il fascino dell'angoscia negli occhi. "
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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* Un destino diverso *

 

I cattivi muoiono tardi

 

“I migliori non possono eludere

il loro destino: i buoni muoiono

presto, e i cattivi muoiono tardi.”

- Daniel Defoe -

 

Arrivò prima il freddo, intenso, gelido, così affilato da penetrarle perfino nelle ossa.
Poi arrivarono le voci, confuse, urlanti, mescolate ad immagini sfocate, inconsistenti.
Infine arrivò il dolore, straziante e muto, come se qualcuno l’avesse ridotta a brandelli e, di seguito, ricomposta in modo casuale, senza alcuna logica né attenzione.
Galleggiava dolorosamente tra il sonno e la veglia. Frammenti di sogno e di parole scivolavano attorno a lei ai margini dell’incoscienza: una stanza; urla; lacrime sul suo volto…
- … non capisci che ti sta solo usando? -
- Sei orribile…! –
- Non sei come pensavo che tu fossi… Vorrei che… -
Cercò di afferrare con forza quelle parole, di aggrapparsi a quelle immagini sbiadite per poter ritornare a galla. Ma era come voler afferrare fumo con le mani, oppure voler trattenere l’acqua con le dita: impossibile. E mentre tentava ancora di provare a ricordare l’aveva già dimenticato.

 

Non ricordò come fosse finita sul pavimento, ma la sensazione fredda e sgradevole delle pietre a contatto con il suo corpo la fece tornare subito in sé.
Aprì gli occhi e impiegò qualche secondo a riconoscere il soffitto ad arco e pieno di ragnatele di uno dei corridoi di Hogwarts. Ma non era colpa sua. Quella parte del castello era stranamente buia, nonostante le torce crepitassero sempre al loro posto. Era come se la luce del fuoco non contribuisse a rischiarare l’ambiente, né a renderlo più caldo.
Nuovi brividi di freddo l’attraversarono e lei provò ad alzarsi, ma se ne pentì quasi immediatamente. Un dolore lancinante alla testa e un senso di terribile nausea la investì, facendola crollare di nuovo sul pavimento con gli occhi spalancati e il respiro corto.
Che diavolo le stava succedendo?
Cercò di ricordare con forza che cosa l’avesse portata lì, in quel corridoio, che cosa le fosse successo. Cercò di ricordare gli istanti che avevano preceduto la sua perdita di conoscenza, ma la sua mente era buia e vuota. E silenziosa.
Questo la spaventò più di qualunque altra cosa.
Provò ad alzarsi di nuovo, cauta, stavolta più lentamente, ma non fece in tempo a fare forza sulle braccia che un sussulto e passi affrettati la fecero sobbalzare a sua volta e, meno di mezzo secondo dopo, una testa piena di riccioli biondi coprì la sua visuale del soffitto.
- Ehi! Cosa ti è successo? Ti senti male? -
La ragazzina aveva i colori di Tassorosso, parlava velocemente e i suoi occhi castani erano grandi e spaventati. Si guardò intorno, ansiosa.
- Riesci ad alzarti? – Le chiese alla fine, con un accento nella voce che denotava apprensione e qualcos’altro, forse paura, ma non per lei.
Non aspettò nemmeno la risposta che quella le mise due mani sotto le ascelle e la tirò in piedi, a fatica.
Una nuova ondata di vertigine e nausea la investì e le gambe le cedettero, facendola crollare contro il muro del corridoio. Le pareti giravano in modo così vorticoso da costringerla a chiudere gli occhi, cercando di ricacciare indietro la bile che le era salita in gola.
- No, no, no! Ti prego non cadere! Non ti fermare! Sarò costretta a lasciarti qui se non ti muovi. – Singhiozzò la ragazzina, in maniera così isterica da chiedersi che cos’era che la spaventasse tanto. E’ vero che girare per i corridoi dopo il coprifuoco era severamente vietato, ma nessuno l’avrebbe punita per aver dato una mano ad una ragazza che si era sentita male.
Tuttavia non aveva la forza di replicare, per cui si lasciò trascinare quasi di peso lungo il corridoio.
- Sei una Grifondoro, vero? – Le chiese, gettando un’occhiata ai colori della sua divisa - Ti riporto alla tua Torre, ma dobbiamo fare presto! -
In quel momento non ci fece caso, ma in seguito avrebbe capito che quella era la prima avvisaglia del fatto che qualcosa non andava. Tutti sapevano chi era lei e a che Casa apparteneva, non era necessario osservare i colori della propria cravatta o lo stemma del Grifone sul mantello per capire che fosse una Grifondoro.
- Forse… forse è meglio che tu mi porti da Madama Chips. – Balbettò lei con voce flebile – Non mi sento molto bene. -
Di solito non era il tipo di ragazza che andava in infermeria se non ci era costretta, ma quella volta si sentiva davvero morire e il solo pensiero delle cure amorevoli e delle medicine dell’infermiera la fecero già sentire meglio.
Ma la strana ragazzina era di un altro avviso. Voltò di scatto il volto verso di lei e, per la prima volta da quando l’aveva trovata, la osservò davvero, socchiudendo gli occhi sospettosa, quasi se stesse decidendo dentro di sé se fosse pazza o avesse solo preso una grande botta in testa.
- Mi dispiace, ma non è possibile. – Borbottò alla fine, evitando il suo sguardo e continuando a trascinarla per il corridoio.

- Ma… non credo che gli insegnanti ci punirebbero se dicessimo che stiamo andando in infermeria. – Tentò di nuovo lei, mentre la vista le si annebbiava e il pavimento cominciava a dondolare pericolosamente davanti ai suoi occhi. Si accasciò sulle ginocchia.
- Io… non mi sento bene. Devo… devo andare in infermeria. –
- No! Dobbiamo andarcene di qui! – La voce della ragazza si era fatta acuta, quasi isterica.
- Non riesco ad alzarmi. – Si lamentò lei – Ti prego, aiutami! –
Ma la ragazza bionda non la guardava più. Un rumore di passi lontani l’aveva impietrita e ora guardava con terrore crescente l’ombra che si allungava all’angolo del corridoio.
Le sfuggì un gemito e, senza dire altro, si girò e cominciò a correre dalla parte opposta, abbandonandola lì, sul pavimento, mentre i passi rimbombavano sulle pareti vuote del corridoio.
Non corse a lungo. L’uomo e il fascio di luce verde sbucarono nello stesso istante dal corridoio laterale e, senza nemmeno un lamento, la ragazza si accasciò al suolo, morta.
Lei rimase senza fiato per l’orrore. Non era possibile! Cos’era successo? Chi aveva fatto entrare un assassino ad Hogwarts?
Girò la testa verso l’uomo che ora si stava avvicinando sempre di più a lei. Non lo vedeva bene, la sua vista era sfocata, ma lo svolazzare del suo mantello nero era ben visibile ad ogni passo.
Con la forza della disperazione si aggrappò al muro e si alzò sulle gambe malferme, mentre con una mano cercava la bacchetta nella veste da strega. Ma le dita si chiusero sulla stoffa vuota e fu con un sussulto di orrore che comprese che la bacchetta non era al suo posto.
- Ferma! -

Quell’ordine sibilò come una frusta scoccata nell’aria e lei sobbalzò, come se la frusta l’avesse colpita davvero.
- Cosa credevi di fare, ragazzina? – Sbottò l’uomo, colmando i pochi metri che li separavano con tre lunghe falcate.
Ora poteva vederlo bene e, nonostante la sua vista non fosse più sfocata come prima, temette seriamente di aver riportato un grave danno agli occhi o, in alternativa, di essere uscita di senno.
Davanti a lei, con i capelli neri e lunghi, il naso adunco e la carnagione giallastra, si ergeva il suo vecchio insegnante di Pozioni: Severus Piton.
Il fiato le si mozzò in gola, mentre il colore le defluiva quasi dolorosamente dalle guance già pallide.
No! Non era possibile! Piton era…
- Lei è morto! – Esclamò in un sussurro, forse più per convincere se stessa. Forse credendo che, se l’avesse detto ad alta voce, il professor Piton sarebbe scomparso, ritornando nel regno dei morti, dove avrebbe dovuto essere.
Ma quello non si mosse da lì, anzi, un lieve ghigno di divertimento gli increspò il viso – Mi dispiace deluderla, signorina, ma io sono tutto fuorché morto. Purtroppo per lei. – La guardò dall’alto in basso con quei suoi occhi scuri e guardinghi, la bacchetta ancora sguainata – Come ha fatto ad entrare? –
L’assurdità della domanda le fece per un attimo dimenticare l’altrettanto assurda e illogica visione che aveva davanti. - Come? - Balbettò confusa.
Piton socchiuse gli occhi – Come ha fatto ad entrare qui dentro? Questa scuola è protetta da incantesimi difensivi potentissimi, nessuno che non sia uno studente o un insegnante può avervi accesso. –
La ragazza lo guardò come se, all’improvviso, la pazza non fosse più lei ma lui – Professor Piton, io sono una studentess… -
Lo schiaffo arrivò improvviso e doloroso, molto doloroso, tanto da girarle la faccia dal lato opposto. Si portò una mano al viso, tremante, e quando la allontanò vide che le dita erano macchiate di sangue.
- Crede forse di potermi prendere in giro? – Gli occhi del professore fiammeggiavano, non l’aveva mai visto così arrabbiato – Io conosco ogni singolo studente di questa scuola e lei non rientra fra quelli, mia cara signorina. -

La ragazza era troppo sconvolta per riuscire a parlare. Tremava vistosamente e si guardava le dita insanguinate come se non potesse credere a quello che vedeva. Alzò la testa, mentre lacrime calde le scendevano lungo le guance – Lei non può fare questo! Schiaffeggiare uno studente è contro le regole… – Ma le parole le morirono in gola quando si rese conto che quel gesto non era il peggiore che avesse compiuto. Pochi minuti prima aveva ucciso una studentessa senza alcun motivo.
Le girava la testa. Che diavolo stava succedendo?
- Mi risponda! – Sbottò all’improvviso, afferrandole il polso e strattonandolo forte – Come ha fatto ad entrare? Anzi, chi l’ha fatta entrare? -
Ma lei non rispose, troppo sconvolta per dire alcunché.
- Crede forse che non lo scoprirò? Anzi, crede forse che io non lo sappia già?  – Ghignò malvagiamente – Voi dell’Ordine siete così maledettamente stupidi da pensare di poterla sempre fare franca. Credevate davvero di potermi trarre in inganno solo con un misero travestimento? Evidentemente siete molto più idioti di quanto pensassi. -
La ragazza rimase a bocca aperta. L’Ordine? Stava parlando dell’Ordine della Fenice?
Il professore la strattonò di nuovo – Mi vuoi rispondere, stupida ragazzina? –
Ma lei non lo fece. Non era più in grado di articolare alcun pensiero, figurarsi qualche parola.
- Bene, magari il preside le scioglierà la lingua. – E detto questo le voltò le spalle e la trascinò quasi di peso lungo il corridoio da cui era venuto.
Lei non si oppose nemmeno. Forse nella caduta aveva battuto la testa. Forse quello che stava vivendo era solo un sogno, o meglio, un incubo! Non poteva esserci nessun’altra spiegazione.
Severus Piton la stava trascinando rudemente su per le scale di pietra. Severus Piton aveva appena ucciso una studentessa innocente. Quello stesso Severus Piton che avrebbe dovuto essere morto e che, cosa ancor più incredibile, non l’aveva riconosciuta.
Tuttavia, nell’assurdità della situazione, la ragazza non potè fare a meno di rilasciare un sospiro di sollievo. Se Piton era vivo, anche Silente avrebbe dovuto essere vivo, e lui sicuramente l’avrebbe riconosciuta e l’avrebbe creduta. Ma quella flebile speranza soffocò non appena si rese conto che, se Silente fosse stato vivo, non avrebbe mai permesso che un professore facesse del male ad un suo studente.

Ma allora Piton da chi la stava portando? Chi era il preside di Hogwarts in quel mondo assurdo e così oscuro? Perché ora ne era convinta, quella non era la stessa Hogwarts in cui aveva vissuto per quasi sette anni. Lo percepiva perfino dalle mura di pietra attorno a lei, così fredde e buie nonostante le torce accese. E poi c’era un silenzio tombale, inquietante, che le faceva accapponare la pelle molto più dell’aria gelida che le si insinuava sotto i vestiti.
La ragazza si lasciò trascinare senza opporsi su per quattro rampe di scale e attraverso una decina di corridoi e in tutto quel percorso mai, nemmeno una volta, percepì un’altra presenza oltre la loro. La scuola sembrava completamente vuota.
Dopo circa una decina di minuti il professor Piton si fermò di fronte un muro completamente spoglio, dove un tempo c’erano stati la coppia di gargoyle di pietra, il quale si aprì non appena lui vi poggiò sopra il palmo della mano, rivelando una scala a chiocciola che saliva verso l’alto. Quando furono arrivati in cima, Piton bussò due volte contro la massiccia porta di legno, poi entrò, senza aspettare alcuna risposta.
Lo shock che provò non appena fu entrata nella stanza fu quasi peggiore di tutto il resto. L’ufficio era ingombro di oggetti, come al solito, ma non erano i soliti fragili e scintillanti strumenti che si potevano vedere quando Albus Silente era preside di Hogwarts. Gli scaffali, le mensole, i tavolini a tre gambe e le librerie erano ingombri di oggetti chiaramente oscuri e, alcuni, decisamente raccapriccianti, che inondavano lo spazio di una luce cupa e gelida, molto diversa dallo splendore festoso di un tempo.
Il camino era vuoto e freddo e le candele erano spente. La ragazza rabbrividì, di nuovo, e di nuovo non per la mancanza di calore o di luce.
Lo strano e raccapricciante silenzio si percepiva anche lì, ma questa volta capì a che cosa era dovuto. Le pareti erano vuote e fredde: i ritratti dei presidi erano spariti e quindi anche il loro quieto ronfare.
Il professor Piton la spinse più avanti, al centro della stanza, dove la scrivania del preside svettava sul pavimento sopraelevato. Ma dietro di essa non c’era nessuno, la sedia era vuota. La ragazza si chiese che cosa dovesse guardare. - Vi ho portato una spia, mio signore. – Disse ad un tratto il professore, la voce ormai priva della rabbia di poco prima.
- Io non sono una… - Cominciò lei, ma le parole le morirono subito in gola.

Un movimento ai margini del suo campo visivo attirò la sua attenzione e, dove prima c’erano solo ombre, ora c’era un ragazzo alto, dalla carnagione pallida e i capelli scuri. Davvero attraente se non fosse per quella luce malvagia che gli illuminava gli occhi.
Il ragazzo si avvicinò e lei si sentì morire. Nonostante non l’avesse mai visto di persona con quell’aspetto l’aveva riconosciuto immediatamente: Tom Riddle. Tom Riddle con ancora la bellezza della gioventù. Tom Riddle non ancora trasformato in un mostro ma, se possibile, ancora più terribile.
- Quale grazioso dono mi hai fatto, Severus. – Un sorriso diabolico gli attraversò il viso. Si avvicinò di più e allungò due dita verso di lei, fino a toccarle la guancia coperta di sangue. – E’ davvero carina. -
- Non mi tocchi! – Sbottò lei impulsivamente, ritraendosi dalla sua mano.
- E morde anche. – Sghignazzò divertito – Potrei metterla incatenata a guardia dei questo ufficio. Sono sicuro che farebbe molta più paura dei gargoyle di Silente. –
La ragazza era senza parole, letteralmente. La paura e lo sgomento ora avevano lasciato il posto alla rabbia, all’incredulità, all’indignazione. Come poteva quel mostro essere lì? Al posto di Silente, al posto che ora avrebbe dovuto occupare la McGranitt? Possibile che non l’avessero davvero distrutto? Possibile che, dopo tutti i loro sforzi, fosse ancora vivo?
E Piton? Anche lui era morto. Harry l’aveva visto con i suoi occhi. Harry era lì.

Harry!
- Dov’è Harry? – Chiese all’improvviso, guardando prima l’uno e poi l’altro con espressione interrogativa e spaventata. Gli doveva per forza essere successo qualcosa. Lui non avrebbe mai permesso tutto questo. Non avrebbe mai permesso che Tom Riddle divenisse preside di Hogwarts.
Quest’ultimo, per la prima volta, tradì un’espressione di sorpresa – Harry?-
- Harry. – Ripeté lei – Harry Potter! -
- Harry Potter?! – Una risata sincera e, per questo, molto più raccapricciante, fuoriuscì dalle sue labbra perfette di diciassettenne, mentre un rossore giovanile gli colorò le guance pallide.
Nonostante tutto, nonostante l’assurdità di quella situazione, lo sconcerto, la paura, la rabbia, la ragazza notò quanto gli donasse quel rossore, rendendolo più affascinante di quanto non fosse già. E in quel momento capì come, da giovane, fosse riuscito ad accattivarsi tanta gente e a portarla drasticamente dalla sua parte.
Ma quei pensieri sciocchi e inutili si dissolsero come brina ai primi raggi del sole quando lui pronunciò le parole fatali: - Harry Potter è morto. –
E di colpo tutto fu buio e freddo, mentre il barlume di speranza che ancora provava venne estirpato a sangue dalla sua anima con uncini di ferro. E lei si sentì morire, ancora.

 

 

NOTE DELL’AUTRICE:

Un saluto affettuoso a tutti quelli che hanno letto il primo capitolo di questa mia piccola long. In realtà avrebbe dovuto essere una one-shot, ma scrivendo mi sono resa conto che, concentrando tutto in un solo capitolo, non sarei riuscita ad esprimere al meglio tutti gli aspetti e le sfaccettature di questa storia e, naturalmente, dei suoi personaggi.
I capitoli in tutto dovrebbero essere cinque ( salvo imprevisti) e li pubblicherò a una distanza di quattro giorni l’uno dall’altro ( salvo imprevisti).
Bene, spero che il primo capitolo della mia storia vi sia piaciuto e che abbia instillato in voi quel po’ di curiosità per far sì che continuiate a leggerla.
Baci.
Sundayrose
 

  
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