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Autore: Kairyporter    19/02/2015    1 recensioni
[The Blacklist]
SPOILER! the blacklist 2x09 2x10 Luter Braxton. Adoro questa serie. Mi sono imbattuta in una FF americana e mi è piaciuta così tanto da volerla tradurre. Ci ho impiegato un po' e sinceramente non so se ci sono errori o cose incomprensibili xD se è così avvisate! Spero vi piaccia
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Non toccarmi!
Una pugnalata nel cuore.
Dio, doveva averlo notato. Come non potrebbe? Quello sguardo deluso. Non era una novità, l’aveva guardato spesso così, ma ora era diverso. Aveva fatto di tutto per aiutarlo. Sapeva quello che stava facendo e aveva tutto il diritto di essere delusa, perché tutte le spiegazioni dell’universo, tutto ciò che aveva fatto e tutte le volte che era riuscito a conquistare la sua fiducia, non valevano nulla. Aveva perso tutto. Puoi smettere di fingere ora, aveva detto. Schiettamente. Sarebbe stato più facile se fosse stato tutto in un attimo, se non avesse sentito il bruciore dentro si lui, se avesse potuto ingoiare tutte le sue accuse senza provare niente, se solo avesse potuto fingere che quelle parole non l’avessero ferito. Sarebbe stato fantastico. Ma era tutto reale. Come le ustioni sulla sua schiena. Come il sapore della cenere in bocca
Aveva capito la sua reazione. Era logico, si aggrappava alla razionalità, ma non gli avevano insegnato che non poteva razionalizzare i sentimenti? The fulcrum, la corrente sotterranea onnipresente nella loro relazione, l’ultimo pezzo di un puzzle ben organizzato. Era tutto chiaro. Altrimenti perché prendersi cura di lei? Ecco dove aveva sbagliato. Se solo poteva crederci. Aveva ascoltato sempre tutte le sue storie. Eppure…
Bene. C’erano stati dei piani. Ricchi di dettagli, tracciati ed abilmente seguiti, indimenticabili. Con impronte cremisi su pavimenti di marmo, cicatrici sulla pelle, certo, erano stati rintracciati ed eliminati, ma non come al solito, non come funzionava normalmente. Ma lei. Una variabile che non avrebbe potuto prevedere. Il difetto, la delicata incognita nella sua equazione. E così i piani erano stati inutili, ignorati, tutto con un semplice tocco delle sue mani, il suo nome sulla punta della lingua come una confessione.
Lei non avrebbe dovuto sopportare tutto questo. I ricordi, le torture, gli avvelenamenti, non aveva bisogno anche di questo, aveva già subito abbastanza in passato. Non avrebbe mai dovuto seguirlo, ma lei era così. Forte e indipendente, o forse mi importa di quello che  succede a te, e se questo fosse vero? Avrebbe indulgiato? Sarebbe mai stato capace di lasciarlo andare?
E poi il vapore e il fumo, l’esplosione, i missili e lei, presa da Braxton. Poteva giurare di aver sentito le sue mani premute sul petto in un massaggio cardiaco – Respira! Respira figlio di puttana!- o forse aveva sognato, aveva desiderato che fosse vero. Braxton parlava di un incendio, non avrebbe mai immaginato che capisse, doveva sparargli a vista e le cose sarebbero andate meglio. Ma i se e i ma non cambiano nulla. Almeno lei era al sicuro. Lu l’aveva salvata. Ma a che prezzo?
Il whiskey era il miglior modo per dimenticare, o forse poteva raschiare solo la superficie dei suoi problemi rendendoli più dolci di quello che realmente erano. Ma ora, con il bicchiere in mano, la consapevolezza di aver perso Lizzie non alleviava la sensazione che il buoi della stanza si addensasse come la nebbia di uaùna gelida mattina invernale. Avrebbe riposato? Si sarebbe fatto consumare da quelle affermazioni infondate? E’ un gioco, una manipolazione. Un ultimo sorso. E’ per questo che sei entrato nella mia vita. E’ per questo che sei qui ora, Si abbottona il cappotto non per me, o per quello che sono per te, indossa il cappello per qualsiasi legame ci unisca, ma per qualche…oggetto, qualcosa… Chiude la porta
No, non l’avrebbe mai fatto.
Che diavolo è questo?
All’interno del coniglio di peluche, di tutti i luoghi, quello è una contraddizione. Il clichè per eccellenza. L’innocente che nasconde il colpevole. Qualunque cosa fosse. Aggregazioni segrete, conversazioni militari. Roba che scotta.
Domande sembravano sommergerla ad un ritmo incessante e lei, bè lei era meravigliata e affascinata da quella piccola cosa che ha sempre tenuto. E’ una meraviglia infantile o qualcosa del genere, ma molto pericoloso. Quell’oggetto aveva cambiato la sua vita e questo non aveva senso. Bussano alla porta e lei, quasi come se si sentisse improvvisamente scoperta per aver commesso un crimine in realtà mai avvenuto. Nasconde tutto. Velocemente. Chiudendo come meglio poteva. Ed era di nuovo un normale coniglio di pezza, uno scrigno custode di un tesoro. Nasconde il conigilio sotto il cuscino. Impugna la pistola prima di udire la voce fuori dalla porta. Lizzie, sono io
Lo ignora, un guizzo di sollievo che dura un secondo, lei è solo un mezzo per raggiungere un fine, solo questo e nulla più. Era un ruolo che avrebbe dovuto giocare. Forse un giorno non avrebbe fatto così male. Un giorno non avrebbe neanche avuto dubbi nell’aprire la porta. Lizzie apre la porta e rimane fermo sulla soglia. Maledizione!
“Cosa vuoi?”
Il suo tono era freddo e ostile.
“Ho bisogno di parlare con te” Disse togliendosi il cappelle e poggiandolo sul comodino, come faceva sempre. Lei non parla ma non protesta
“Non ho nulla da dirti Red”
“Lizzie sai quanto amo parlare con te” Fuori luogo. Aveva bisogno di concentrarsi
“Cinque minuti, poi ti butto fuori” Rispose controllando l’orologio sul comodino
“Giusto”
“Allora?”
“Vorrei raccontarti una storia”
Sembrava ridicolo e non poteva credere che lo stava realmente facendo parlare dopo quello che lui le aveva fatto passare. Dopo le scoperte che aveva fatto. Ma lui era lì, con occhi stanchi e gentili che vuole raccontarle una storia. Sospirando esausta annuisce. La sua voce era calda e profonda
“In messico ci sono dei pesci che hanno colonizzato le grotte di acqua dolce lungo Sierra del Abra”
Ti prego! Di nuovo i pesci no!
“Si erano persi. Hanno provato a vivere nella più completa oscurità. Ma non sono morti. Hanno prosperato”
“Mi hai già raccontato questa storia Red”
“Si” Rispose guardandola negli occhi “Ma non hai ascoltato”
“Ho sentito ogni parola”
“Ma non hai ascoltato. Lizzie ho bisogno che tu ascolti”
“Va avanti allora” Rispose incrociando le braccia
“Hanno prosperato. Si sono adattati. Hanno perso la loro pigmentazioni, la vista, alla fine persino gli occhi. Con la loro sopravvivenza sono diventati mostruosi”
Si ferma solo per un secondo e avanza in attesa di una reazione da parte di Liz. Lei non riesce a muoversi. Da quando Red ha questo dolore negli occhi?
“Raramente penso alla persona che ero un tempo. Ma mi chiedo”
Un passo
“Se un raggio di luce dovesse riuscire a penetrare nell’oscurità…”
Un altro passo
“Sarei in grado di vederlo? Potrei sentirlo?”
Liz riusciva a malapena a respirare. Con le braccia incrociate come per creare uno scudo. Non riesce a riconoscere questo nuovo Red che le si è presentato alla porta.
Ha bisogno di un momento, di un attimo, perché tutto ciò che riesce a pensare è Lizzie sedata su quella maledetta sedia di dentista. Immersa nei ricordi che aveva dimenticato. Le urla, la paura. Lizzie torna indietro, lizzie torna.
“Riuscire a gravitare nel suo calore?”
La sua mano stretta intorno alla sua. Impotente, colpito da un fulmine, ossessionato dal passato. Cicatrici condivise. Non avrebbe mai lasciato che accadesse
“E se lo facessi…”
Teneva a lei in maniera incondizionata. Intima. Cercando di proteggerla da un seguito che non riusciva a controllare. Accecato dal dubbio.
“Mi renderebbe”
Il tempo era scaduto
“Meno mostruoso?”
Bene. Lizzie non sa nemmeno da dove cominciare. Un nodo in gola e un dolore profondo nelle ossa. Si era tenuta rigorosamente a distanza. Ora era di fronte a lei. E aveva ragione. Non aveva ascoltato quella prima volta. Almeno non con attenzione. Aveva preso il quadro generale. Le pause, perfettamente a tempo, per esempio, o gli occhi che non avevano lasciato i suoi neanche per un istante. I motivi silenziosi e le riflessioni erano davanti a lei, in quello sguardo struggente. Le aveva offerto spiegazioni e risposte con una delle sue solite storie apparentemente inutili. E il dolore, si c’era anche quello. L’odio verso se stesso, verso il mostro, in cerca di un riscatto e di un assoluzione dalla grotta buia, un raggio di luce. Come aveva fatto a perderlo? Un fascio di sole sulla mia guancia. Questa sua propensione per le metafore. Niente è peggio che perdere te.
Fidarsi di lui le faceva male. Non erano i ricordi inclini all’inganno?  Non erano le sue dichiarazioni sincere? Infondo non era sempre tornato per lei?
“Red” sussurra incapace di muoversi o di razzionalizzare ciò che accade. Lui si avvicina, le tocca la guancia aspettandosi un urlo, un allontanamento, ma non arriva.
“Non è una sciarada Lizzie”
Scorre le dita tra i capelli scostandole il ciuffo ribelle davanti al viso.
“Non è una farsa”
Senza metafore, allusioni, non c’è spazio per l’interpretazione. Le sta dicendo tutto senza mezzi termini. Senza finzione. La sua mano era calda. Avvicina le labbra alla tempia baciandola delicatamente, sussurrando un Perdonami sincero e ricco di dolore.
E quando un sospiro malinconico le sfugge, lui la circonda con le braccia. Lentamente. Sa che questo è un inizio. Era il perdono che tanto desiderava.
Lei aveva bisogno di lui. Se ne accorgeva dalle piccole cose. Dal modo in cui le afferrava la parte posteriore della giacca, a quando, durante le loro passeggiate  le stringeva il braccio senza opporsi a quel contatto. Questa è la chiave. E’ così che le ferite iniziano a guarire.
Quando si allontanarono nello sguardo di Red c’era reverenza, gratitudine. Poteva finalmente sentire la luce. Poteva avvertire il suo calore e gravitare intorno ad esso.



 
   
 
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