Fly away from here
Seduta
sul tronco di un albero caduto, teneva la testa tra
le mani e si sforzava di mettere un freno a tutto quel dolore.
Più
facile a dirsi che a farsi.
Aveva
voluto dimostrare a Turchina che aveva tutte le carte
in regola per essere un’ottima fata e invece aveva finito con
il perdere magia
e ali. Aveva voluto fare una buona azione, aiutando Regina, ed era
così che era
stata ripagata.
Il
gracchiare di un corvo la fece trasalire.
L’uccello
era appollaiato su un ramo e la osservava con aria
incuriosita. Gli occhi erano di una singolare sfumatura tra il nero e
il rosso,
ricordavano quasi i tizzoni ardenti.
-
Va via – disse, agitando una mano nella sua direzione.
Un
luccichio passò nelle iridi della creatura. Sembrava
quasi che fosse divertita, ma era assolutamente ridicolo. Gli uccelli,
per
quanto intelligenti potessero essere, non possedevano il senso
dell’umorismo.
-
Ti ho detto di andare via – insistè.
Ancora
nulla.
Poi
notò un guizzo. Lieve, appena accennato, e
l’animale
cominciò a contrarsi in preda agli spasmi.
Allarmata,
balzò in piedi.
Voleva
che se ne andasse, non che gli accadesse qualcosa di
male. Stava giusto per avvicinarglisi, decisa ad aiutarlo, quando le
piume
cominciarono a scomparire e gli occhi mutarono.
Appoggiato
al tronco dell’albero, le braccia incrociate al
petto, c’era adesso un ragazzo.
-
Magari, se lo chiedi con gentilezza, potrei anche decidere
di assecondarti. –
Le
rivolse un sorriso sornione, accompagnato da una
scintilla predatoria negli occhi grigi, mentre abbozzava un inchino
elegante.
-
Sono Daemon … ma tu forse mi conosci come Fosco. –
Trilli
arretrò leggermente. – Il … il figlio
di Malefica. –
E
del
Signore Oscuro
avrebbe voluto aggiungere. O almeno della
creatura che aveva risposto a quel nome finchè Tremotino non
ne aveva preso il
posto.
Annuì,
mentre il sorriso si allargava come se percepisse
chiaramente il suo disagio. Del resto lei era una fata, non era
abituata a
mentire.
-
E tu sei Trilli. –
Non
era una domanda, quanto piuttosto una semplice constatazione,
eppure annuì brevemente.
Una
fata senz’ali … e senza magia
le ricordò prontamente quella
vocetta fastidiosa che le ronzava nella testa e che spesso e volentieri
assumeva la tonalità di Turchina.
Le
girò intorno con studiata lentezza, come avrebbe fatto un
lupo con la sua preda. – Perché stavi piangendo?
–
La
domanda la colse impreparata.
Raddrizzò
la schiena, lanciandogli un’occhiata piccata. – Io
non stavo piangendo. E, anche se fosse, non sarebbero affari tuoi.
–
-
Ah, no? –
Allungò
una mano verso di lei, sfiorandole una guancia e
raccogliendo l’ultima lacrima che non aveva ancora
abbandonato il suo viso. La
portò alle labbra, assaporandola lentamente.
-
Strano, perché quella assomigliava proprio molto a una
lacrima … e anche il sapore era quello giusto –
concluse.
-
Non sono affari tuoi – rimarcò, calcando bene su
ogni
parola come avrebbe fatto con qualcuno decisamente lento di
comprendonio.
Riecco
quel sorrisetto snervante.
Ah,
se solo avesse avuto ancora un pizzico di magia avrebbe
potuto facilmente cancellarglielo dalla faccia in un battito di ciglia.
-
Sei carina quando ti arrabbi, sai? –
No,
non era proprio la reazione che si sarebbe aspettata.
-
Tu invece non sei carino per niente. –
Daemon
inarcò un sopracciglio, beffardo. – Hai ragione.
Non
sono una persona carina, sono cattivo e mi piace esserlo. –
Corrugò
la fronte, presa in contropiede. – Non intendevo in
quel senso, ma in senso estetico. –
-
Credevo che le fate non mentissero mai -, rise, - eppure
questa è una bugia bella grossa. –
Trilli
lo osservò con attenzione, dalla testa ai piedi.
La
carnagione era dello stesso colore dell’alabastro, il
volto aveva tratti decisi e cesellati ed era incorniciato da una massa
di
ciocche corvine leggermente scompigliate. Ma la cosa che mozzava il
respiro
erano gli occhi: non credeva di aver mai visto in tutta la sua
esistenza un
grigio tanto pallido e perfetto. Sembrava che due schegge di ghiaccio
fossero
state unite a frammenti di neve e posizionate nelle sue orbite.
D’accordo,
non si poteva dire che fosse meno che
incredibilmente bello. Tuttavia era anche arrogante, borioso,
inopportuno e costantemente
deciso ad avere l’ultima parola. Il genere di persona che
avrebbe volentieri
strangolato con le sue mani e che le ricordava lei.
La
causa di tutti i suoi mali: Regina.
Sembrava
essere una sua copia al maschile. E quella
consapevolezza le confermò ciò che in cuor suo
già sapeva: quel ragazzo portava
guai, era meglio girargli alla larga.
-
Non mi piace ripetermi, quindi vuoi rispondermi? –
-
Ti ho già risposto. –
-
Hai solo blaterato una serie di sciocchezze sul fatto che
non siano affari miei. Però,
notizia del
giorno, voglio saperlo lo stesso. Perciò, avanti, parla!
–
Questa
poi … ma chi credeva di essere?
-
Sei dispotico e insistente – sentenziò.
-
Non mi dici nulla di nuovo, principessa. –
-
E non mi piaci neanche un po’ – concluse.
Daemon
scosse la testa. – Mi pareva avessimo già assodato
il
fatto che questa fosse una bugia. –
D’accordo,
così non andavano da nessuna parte. E, se lui già
sapeva chi era, allora con ogni probabilità la notizia della
perdita delle sue
ali gli era già nota.
-
Sono stata privata delle mie ali e della mia magia. E sì,
stavo piangendo per questo. Ora ti senti realizzato? –
sbottò.
Era
una sua impressione o il sorrisetto si era congelato sul
suo volto? Forse la voce non era stata così rapida a
diffondersi come aveva
creduto oppure non si sarebbe aspettato una vera confessione.
-
Mi dispiace. –
Quelle
due semplici parole le raggiunsero le orecchie ed
ebbero il potere di farla sobbalzare. Si era aspettata una battuta
oppure
qualcosa per sdrammatizzare, ma di certo non quello.
-
Non mi serve la tua compassione. Te l’ho detto solo
perché
così avresti smesso di darmi il tormento. –
Rimasero
in silenzio per una manciata di secondi. Lunghi,
interminabili, e tremendamente imbarazzanti.
Poi,
trascinando il piede con nervosismo, Daemon riprese la
parola: - Sai, dicono che ci sia un posto in cui si riesce a volare
anche senza
ali –, iniziò cautamente, - La chiamano
l’Isola che non c’è. Però
dicono anche
che una volta arrivati lì sia impossibile andarsene.
–
Lo
osservò, cercando di capire se si stesse semplicemente
prendendo gioco di lei. No, sembrava mortalmente serio. Valeva la pena
vivere
il resto della sua esistenza su un’Isola sconosciuta solo per
poter provare
nuovamente l’ebbrezza del volo, del vento che le scompigliava
i capelli e si
infrangeva contro la sua pelle?
Conosceva
già la risposta.
-
Come si arriva su quest’isola? –
-
Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto
fino al mattino – recitò.
L’entusiasmo
si raffreddò all’istante.
Il
tragitto presupponeva la facoltà di volare. Sentì
le
lacrime affacciarsi nuovamente nei suoi occhi. Li strinse con vigore,
imponendosi di non cedere a quell’istinto che le urlava a
squarciagola di
lasciarsi andare, di rassegnarsi a un’eternità di
sofferenza e nostalgia.
Daemon
le prese il mento con gentilezza, costringendola ad
alzare lo sguardo e a fissarlo negli occhi: - Basta tristezza,
principessa. Ti
ci porto io. –
-
E se non funzionasse? Rimarresti bloccato lì per nulla.
–
Si
strinse nelle spalle. – Mi piace esplorare posti nuovi e
poi, male che vada, avrei la compagna di una bella biondina. –
Arrossì.
La
trovava bella.
Nessuno
le aveva mai fatto un complimento simile. Certo
sapeva di essere carina, ma sentirselo dire da un ragazzo era tutta
un’altra
cosa.
-
Oh, sì, ti piaccio proprio. Sei diventata rossa come un
pomodoro – rise.
Questa
volta non riuscì a trattenersi e lo colpì con un
piccolo pugno.
-
Cos’era quello, solletico? Forza, principessa, è
ora di
partire. –
Lo
osservò mutare nuovamente.
Il
corvo la guardò, reclinando la testa con fare buffo. Lo
accarezzò, sorprendendosi nel notare quanto il suo piumaggio
fosse morbido, e
lo vide chiudere gli occhi con espressione soddisfatta.
Poi,
senza preavviso, le artigliò l’abito
all’altezza delle
spalle, facendo attenzione a non ferirla, e spiccò il volo.
La
tirò su come se non pesasse nulla e puntò in
direzione
del cielo notturno.
Eccola
lì, la seconda stella.
Era
la più luminosa di tutte … e poi dritti, fino al
mattino.
[1.340
parole]
Spazio
autrice:
Adoro
il personaggio di Trilli (lo adoravo anche da bambina nel cartone della
Disney,
mentre non ho mai sopportato Wendy u.u) e in OUAT ho molto apprezzato
sia la
caratterizzazione che ne è stata data che
l’interpretazione dell’attrice (che
tra l’altro ho trovato decisamente azzeccata per il ruolo).
Fosco l’ho
rivalutato con Maleficent, devo essere sincera, perciò ho
pensato di inserirlo
nel fandom come “stregone/mutaforma” e come
prestavolto gli ho accostato Ian
Somerhalder (poco bello insomma xD). Spero che questa OS vi sia
piaciuta e che
vogliate farmi sapere che ne pensate. Ah, quasi dimenticavo, la storia
partecipa al contest: “Stars” indetto da
katniss_jackson sul forum con la
citazione di “L’Isola che non
c’è” di Bennato.
Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt