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Autore: jess_elric    06/12/2008    5 recensioni
"Qual è la tua paura più grande?".
Riflessioni di un militare.
[Seconda classificata al contest "Metal Naruto" indetto da LalyBlackangel e Hipatya]
Genere: Triste, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sai
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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A Urdi, per il sostegno, la competenza e l’affetto profondo.


“Non c'è speranza senza paura né paura senza speranza”.

IO NON HO PAURA

Urla strazianti, urla di gioia, urla che si diffondono nella notte.

Esagerate manifestazioni che non ti permettono di dormire.
Tanfo di piscio e sangue. La morte ha un cattivo odore.
Chiudi le finestre per non insozzare l’appartamento.
Arti amputati, visi straziati, lacrime.
Un forte conato di vomito ti coglie del tutto impreparato.
Correre nonostante il vento, nonostante la pioggia, nonostante il freddo pungente alle ossa.
Avanzi lentamente tra la folla di esagitati.
Amici caduti, abbandonati, calpestati.
Ascolti quel familiare scricchiolio, indifferente.
E graffiare, scalciare, mordere, piangere.
“Cane!”. Non è educato sputare in faccia alle persone.
Corpi scheletrici, fame di vita.
Freddo. Ammiri la linea perfetta di una pistola.
Dio non esiste. Non ora, non qui.
Fissi il tuo aguzzino con aria di sfida.
“Non ti biasimo”.
Qual è la tua paura più grande?
“Io non ho paura”.
Buio.

La prima sensazione è il sapore di terra sulle labbra.
Non vuoi aprire gli occhi, o non ricordi come farlo. Dettagli.
Decidi di occupartene successivamente.
Qualcosa di caldo e ferroso ti riempie la bocca. Sangue? Possibile.
Spari. Vorresti tapparti le orecchie, ma non riesci a trovare le braccia.
Speri con tutto il cuore di averle ancora, le braccia.
Ti sollevi in uno slancio di lucidità. “Merda”. Reazione involontaria.
Non sforzarti di essere normale. Non ha senso ormai.
Poi un tonfo, e ti rendi conto di non essere solo.
“Ciao”. Non sei mai stato un tipo logorroico.
“Akira”, si presenta l’altro. Non te ne frega un cazzo del suo nome, ma cerchi di essere cortese.
“Sai”. La sua mano è protesa verso di te; lo fissi, schifato. Ti chiedi perché, ora, stia sorridendo.
“Addio”.

Uccidere.
Sfregiare.
Rapire.
Stuprare.
Sgozzare.
Gli ordini sono ordini, punto.
Per questo, e solo per questo, non puoi permetterti di morire.
Frastuono assordante, insopportabile, assoluto.

Ogni volta è simile alla prima, eppure completamente differente.
Dal momento della consapevolezza all’atto vero e proprio intercorrono una manciata di secondi, poi solo dolore bruciante e profondo. “Merda”. Di nuovo.
Trema, Akira, e lascia scivolare l’arma sulla terra bagnata.
“Non ce la faccio”.
Cerchi di ridere. Uccidere, per te, è naturale come respirare.
“Addio”.
Occhi. Occhi piccoli e insignificanti, occhi lattiginosi, occhi ordinari, straordinari, occhi profondi e neri, semplicemente occhi. Forse. Cosa vedi?

Fruscio di vento tra le fronde, profumo di muschio e castagne.
“Sai?”.
Un bambino sbuffa, annoiato.
“Che c’è?”.
“Non sporgerti troppo”. E dolcezza, e calore.
“Va bene, mamma”.

Un salotto, un divano, un camino acceso. Il fuoco scoppietta tra le braci, impertinente.
“Se ti fossi coperto di più…”.
Camomilla e miele si sposano alla perfezione.

Tuoni. “Posso dormire con te?”. Sorrisi radiosi, risate sincere, tepore.

Neve fredda e bagnata, brividi lungo la schiena.
“Sai?”. Ancora quella donna, ancora quel bambino.
“Sì?”. Il viso del piccolo scompare in una tazza di cioccolata calda.
“Ti voglio bene”.

[Ti voglio bene.]                     [Ti voglio bene.]                                                                                 [Ti voglio bene.]
                        [Ti voglio bene.]
                                                                                                [Ti voglio bene.]

Terrore nei suoi occhi.
“Io”. Inserisci il caricatore.
“Non”. Azioni il cane.
“Ho”. Prendi la mira.
“Paura”. Premi il grilletto; un fiotto di sangue arterioso ti colpisce in pieno.
Stai bene.
Non sta succedendo niente.
Le gambe non stanno tremando.
Le unghie non sono conficcate nella carne.
Il respiro non è mozzato nel petto.
La testa non esploderà. Non ancora, perlomeno.

Dapprima piccolo, innocuo formicolio, poi acuta e diffusa sensazione di gelo.
Potente, estrema, inspiegabile. La senti?
“Io non ho paura”. Assurda constatazione della realtà.

Stronzate!

E paura di non provarla mai, la paura.




Esplosione di gioia.





L'angolino di Jess:

Questa storia, ispirata alla canzone “10th Man Down” dei Nightwish, si è classificata seconda al contest “Metal Naruto” indetto da Laly e Tya.
Ringrazio le giudici, imparziali e puntualissime.
Naturalmente, non possono mancare i complimenti a bambi88, Kymyt, V@le e Miki.
Un grazie particolare a Urdi, come sempre.
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