Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! ZEXAL
Ricorda la storia  |       
Autore: KH4    20/02/2015    3 recensioni
Nuova raccolta di One-shot con protagoniste la Sharkbaitshipping e la Negativeshipping.
Romanticismo, dramma e situazioni al limite della decenza umana si mescoleranno a ironia e umorismo, con giusto un pizzico di perversione e sadismo che non guastano mai. Ogni capitolo conterrà due One-shot, una Sharkbait e una Negative, per un totale di otto One-shot in quattro capitoli (se decidessi di non aggiungerne altre). Come per Bonds, il quinto capitolo sarà dedicato alla coppia che più avrà riscosso voti, quindi, nuovamente, a voi l’ultima parola!
 
1) Neko (Sharkbaitshipping)/ Ombrello (Negativeshipping).
2) Hand (Sharkbaitshipping) / White Day (Negativeshipping).
3) Foto (Sharkbaitshipping) / Demons (Negativeshipping).
4) Bite (Sharkbaitshipping / Responsabilità (Negativeshipping).
5) Gift (Sharkbaitshippig).
Note: OOC, Triangolo, Gender Bender.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bekuta/Vector, Rio, Ryoga/Shark, Yuma/Yuma
Note: OOC | Avvertimenti: Gender Bender, Triangolo
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Neko.
 
“Che diavolo hai combinato?”
Doveva essere una giornata normale, la sua. Probabilmente con un concetto della suddetta normalità differente da quella umanamente concepita, ma comunque una giornata all’insegna di una quotidianità che non l’avrebbe sbattuto a terra con la coscienza a chiedersi perché mai, fra tutti gli esseri esistenti nell’Universo, lui fosse sempre fonte di indiscusso interesse per qualsiasi nefasta novità d’origine apocalittica. Pace. A volte sembrava per davvero che chiederla implicasse preghiere ultraterrene, pazienza infinita e complicanze riguardanti catastrofi che, puntualmente, convergevano sulla luce nascosta in fondo allo stesso buco dentro cui si era precipitati, ma Reginald Kastle non si era mai permesso di ambire a tanta perfezione. A lui piaceva la semplicità, cose di giorni tediosi che alla fine te ne facevano apprezzare la tranquillità: sfrecciare a tutta velocità fra le strade di Heartland City alle prime luci dell’alba, godersi un pranzo scandito da voci divenute parti integranti della sua vita o divertirsi con qualche duello per evitare l’impigrirsi delle abilità. Evidentemente chiedeva troppo anche in quel contesto.
“Vuoi spiegarmi?” Il leader dei Bariani si voltò furente verso la gemella, quasi rischiando di infilzarsi il palmo con le unghie e frantumarsi i denti per il troppo serrarli.
“Mi serviva una cavia per il mio esperimento” Rio si scostò un ciuffo oltremare dagli occhi screziati di rosa, sospirando tranquillamente “Avrei preferito continuare a esercitarmi sugli oggetti inanimati, ma mi stava facendo impazzire.”
“E tanto per sapere, che pensavi di ottenere?”
“Niente di quello che ti sta facendo consumare gli occhi per la gelosia”, proseguì l’Imperatrice del Ghiaccio, dopo aver incrociato le braccia dietro la schiena senza dar peso all’aura trucidante che traboccava dal fratello “Non ti capita mai di sbagliare?”
“No, affatto! E non in maniera tanto devastante!” Almeno così le avrebbe detto se la sua coscienza non gli avesse ricordato tutti i precedenti commessi, le sottomissioni a poteri nocivi e i tradimenti che lo qualificavano come la persona meno adatta a rimproverare gli errori altrui. Il cielo solo immaginava cosa fosse passato per la mente della sorella al voler testare i suoi poteri su Vector, personaggio di discutibile salute psicologica che minava qualsiasi concentrazione e serenità emotiva semplicemente esistendo, e se in un primo momento Rio Kastle si era lasciata influenzare dal miscuglio di rabbia e paura che ne aveva fatto muovere le mani in avanti appena un paio di giorni addietro, adesso ne ammirava l’effetto insperato dispiegarsi in tutta la sua atroce spontaneità, con giusto il perverso desiderio di dargli un’ulteriore spintarella per far così capitolare definitivamente la stoica facciata del fratello. Da dietro l’algida compostezza, ne osservava il faticoso tentativo di non esplodere in mezzo alla strada, l’indifferenza sgretolarsi sotto quello spettacolo inguardabile che minacciava di farlo trasformare davanti a ignari passanti e scatenare il panico assoluto. E in tutto ciò, Shark sapeva – oh, se sapeva! – che lei ci stava godendo da matti, ma il problema non era tanto il rimpicciolimento di Vector a un moccioso di sei anni momentaneamente privato della sua memoria, o l’averlo dotarlo di orecchie e coda feline perché, nel mentre Rio procedeva con l’incantesimo, un tenero micio aveva avuto l’ardire di strusciarsi contro la sua gamba; IL PROBLEMA – e fu sua premura scolpirselo nel cervello – era che quella faina travestita da finto cerbiatto abbandonato dalla mamma, tra tutte le persone presenti, fosse andato dritto da Yuna e si stesse facendo coccolare e carezzare come un bambino viziato!
“Come sei carino!” Una frase che scaraventò sulla testa di Shark pentolate di desolazione tutta indirizzata al suo orgoglio.
Le manine paffute di quella subdola miniaturizzazione stringevano la maglia della ragazza cercando di tenere su di sé la sua attenzione, la testolina a strusciare contro il suo seno, staccandosi giusto per compiere qualche piccolo starnuto che subito gli sporcava il nasino.
Guarda come se la gode…” Non desiderare di guardare lo obbligava a protrarre quell’auto tortura masochista che lo colpì immediatamente con un nuovo gancio allo stomaco: un enorme cane era appena passato di fianco alla panchina di Yuna, spaventando Vector con abbaio forte al punto da ingrandirne gli occhi lucidi di lacrime.
“No, sta tranquillo: va tutto bene, ci sono io.” Altra frase dal peso innominabile che aggiunse un consistente surplus di agonia per l’aver colto la ragazza regalare un bacio al bambino, oltre ad accarezzarne la soffice chioma all’insù.
Non era geloso, no! Figurarsi se poteva perdere le staffe per qualcosa che nemmeno aveva una base logica sopra cui costruire la sua impalcatura. Soltanto era ripugnante constatare che la stupidità di Yuna – d’accordo, l’eccessiva bontà d’animo che tutto perdonava a prescindere dalla gravità della colpa –passasse sopra qualunque trama ordita da quel maniaco psicopatico a cui avrebbe tanto volentieri sfondato il fondo schiena a furia di calci, se non si fosse staccato da lei entro dieci secondi. Gelosia e preoccupazione non stavano sullo stesso piano e lui non aveva ragioni di essere invidioso perché non era affatto infatuato della sua migliore amica, ma con tutti i guai che si tirava inconsciamente addosso, qualcuno doveva pur prendersi cura di lei - e un altro paio di millisecondi spesi a sorbirsi il sorriso ebete di quel finto tonto, lo avrebbero seriamente costretto a toccare l’unico reato che ancora mancava alla sua già fiorente fedina penale: l’omicidio. -
“Sai, penso che risolveresti tutti i tuoi problemi se, invece di mangiarti il fegato, provassi a uscire dal tuo guscio”, gli suggerì la sorella “Magari potrei aiutarti rimpicciolendoti. Scommetto che, sotto sotto, muori dalla voglia di essere al posto di Vector: farti cullare da Yuna-chan, imboccare, dormire nel suo stesso letto…Ti ho già detto che stasera faranno il bagnetto insieme?”
“Io non…CHE HAI DETTO?!?!?”




Ombrello.
 
“Uffa…Ma che fine ha fatto?”
Yuna stava cominciando a spazientirsi. Gli occhi di vetro rosso cercavano insistentemente qualcosa che le mani aveva tentato di ritrovare invano mentre, lentamente, l’umidità le arricciava le code inchiostrate di nero e scarlatto. Il profumo della pioggia scrosciante bagnava l’erba e le finestre con gocce informi, di liquide dimensioni che, sempre di più, preoccupavano la povera duellante intenta a rovistare nel portaombrelli semivuoto. Un ritorno a casa senza ombrello significava un ritorno sotto la pioggia o, peggio ancora, in treno, ma treno significava caos e caos, a sua volta, significava ubriaconi a cui bastava adocchiare una gonna troppo corta per provarci senza ritegno. Al solo pensarci, affondò le mani nell’enorme cilindro di plastica nera già perquisito tre volte, determinata a riavere indietro il suo ombrello anche qualora fosse finito in una dimensione parallela alla sua, meta di tutti gli oggetti che, di punto in bianco, decidevano di non farsi più trovare dai legittimi padroni. Non lo aveva dimenticato, non quella volta, e per scrupolo era venuta all’intervallo per controllare che ci fosse, ma da una buona mezzora continuava a rovistare col solo risultato di infradiciarsi le mani. Del suo ombrello non c’era nemmeno l’ombra.
Rubato. Non poteva esserci altra spiegazione dopo aver passato in rassegna tutte le aule frequentate quel giorno, la palestra e i corridoi, perché era inconcepibile che con un acquazzone del genere fosse uscita di casa dimenticandoselo.
“E ti pareva che, fra tutti gli ombrelli, dovessero prendere il…YIKES!!!” Un dito le scorrette lungo la schiena e in un attimo schizzò in aria atterrando dritta sul portaombrelli.
“Konnichiwa, Yuni-chan!*” La salutò una testolina a punta arancione dagli occhietti vispi.
“Vector, insomma! Potresti anche avvertire quando arrivi di soppiatto!” Yuna emerse, sepolta per metà dalla montagna di ombrelli asciutti e bagnati finitile addosso, la mano destra ancora artigliata al petto dove il cuore si dibatteva per uscire dalla cassa toracica. “Come mai sei ancora qua?”
“Aspettavo te, che domande!” Squittì il ragazzo “Dov’è il tuo ombrello?”
“E’ quello che vorrei sapere.” Si batté le mani sulla divisa inumidita un paio di volte, dopodiché cominciò a rimettere a posto il disordine creato “L’ho portato, ne sono sicura, ma non riesco più a trovarlo. Mi sa che qualcuno me l’ha rubato.”
“E che problema c’è? Prendi uno di quelli”, buttò lì lui.
“Sarebbe rubare”, gli fece notare contrariata.
“Allora sei fortunata ad avermi al tuo servizio! Et voilà!” La mano di Vector sfilò dalla cartella un ombrellino nero nuovo di zecca.
“Vogliamo andare?” Le domandò infine, porgendole galantemente il braccio.
Ma…Non è troppo piccolo per due persone?” A suo giudizio, era piuttosto improbabile che un così minuscolo ombrello avrebbe potuto offrire riparo a entrambi “Dovremmo stare appiccicati…”
“L’ho preso apposta per quello, che credi?”
Si ritrovarono sotto l’acquazzone ancor prima che Yuna esprimesse un minimo di remissività per come Vector la cinse saldamente a sé. L’asfalto fumava vapore, con la pioggia zampillante in rivoli fattisi fiumicelli e cascate. Il tessuto leggero dell’ombrellino minacciava di cedere da un momento all’altro, ingobbito e pronto a staccarsi dallo scheletro di metallo sottile, ma il contrasto con la sua pelle infreddolita e il palmo bollente che l’avvolgeva appena sotto le spalle non dava spazio ad altro se non al suo stesso silente effetto, di carattere dominante. Il braccio di Vector la costringeva a pigiare le sue al petto, imprigionandogliele in una morsa attua a tenerla lontana da qualsiasi schizzo. Alla fine l’Imperatore Infido ce l’aveva fatta, ma non era qualcosa di cui avesse dubitato la riuscita, dato il soggetto e il grado dell’impresa; perlopiù, dovette impegnarsi principalmente per fare finta di non essersi accorto del piacevole rossore cosparsosi sulle guance della ragazza, nascoste fra i capelli gonfi di boccoli dove perline d’acqua creavano collanine trasparenti fra le ondulatore piene di riflessi. Giocare con la sua ingenuità non dava mai limite alla sua creatività, le sensazioni scaturite dal successo si disperdevano in un crogiolo di piacere incapace di fermarsi alla prima ondata.
“Domani me lo porto in classe, giuro”, la sentì ripromettersi, ma se anche avesse deciso di legarselo alla schiena, a lui sarebbe bastata una delle sue tante piccole distrazioni per far fare all’ombrello di domani la stessa fine di quello di oggi – gettato abilmente in un cassonetto a due isolati dalla scuola -. Tutto per vederne ancora una volta quel tenero musino girare a vuoto e le iridi scarlatte piene di confusione saettare da una parte all’altra.




Note fine capitolo.
1*) Buon pomeriggio.
E di nuovo sono qua. Temo di essermi presa un’intossicazione per questo fandom perché non riesco a smettere (seriamente, qualcuno venga a fermarmi!). Sono qui immersa dallo studio e da impegni che richiedono la massima concentrazione e io finisco per pubblicare una nuova raccolta che non so quando aggiornerò. L’idea era di fare un solo capitolo con un tot di questi frammenti, ma poi ho pensato di riprendere la base strutturale di Bonds giusto per avere l’imput a finire gli altri frammenti già in cantiere (il più è già fatto) e infine rieccomi qui, sempre e rigorosamente Gender e Bender, ma intenta a far patire a questi ragazzi tante pene, ma tante! Per la prima volta ho cercato di essere semplice, perché chi avrà letto i miei lavori precedenti, soprattutto “When the silence falls”, sa che io adoro complicarmi l’esistenza. In cuor mio, spero non ci siano errori di battitura: alcune storie saranno più leggere di altre, ma ciascuna coppia avrà il giusto riconoscimento, dovrete solo leggere, pazientare e farmi sapere cosa ne pensate ^^. Recensite in numerosi, a presto!
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! ZEXAL / Vai alla pagina dell'autore: KH4