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Autore: Atlantislux    07/12/2008    4 recensioni
Con estrema cautela, quasi con reverenziale timore, Midori posò la mano sullo stipite. “Questo è il cancello per il Valhalla, Mai.”
Lei dovette trattenersi dall'urlare. Non voleva sentire parlare di quelle cose. Soprattutto, dell'ineluttabilità del destino. Era qualcosa che avrebbe combattuto con tutte le sue forze.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mai Tokiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Earth'
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Un paio di note: questa storia non ha nessuna relazione con le altre che sto pubblicando ma, essendo la "Terra" di Mai HiME nello stesso multiverso di Earl e Earth, ho creduto di doverla almeno nominare di tangente. E la cosa è stata un po' una scusa per parlare del gruppo delle Hime ad un paio d'anni dalla sconfitta del Signore d'Ossidiana.
Quindi, chi non sta seguendo Versus può tranquillamente leggerla come una cosa a sé stante, magari il preludio a qualcosa che potrei scrivere in futuro, tutti gli altri... beh, fate caso alla data e capirete dove sta il collegamento ^^



Affinità


Fuuka Gakuen, 26 marzo, ore 15.00

“Mai... MAI!”
La ragazza si girò, sorpresa, verso l’amica che l’aveva chiamata a gran voce.
Sbatté le palpebre, lentamente realizzando di averla davanti.
“Mikoto?”
Il faccino della sedicenne era teso, con le sopracciglia unite in un cipiglio preoccupato. “Perché non mi rispondevi?”
“L’ho fatto.”
“Ora. Ma è da minuti che fissi il palazzo della biblioteca senza nemmeno vedermi.”
Lo sguardo di Mai tornò verso l’imponente struttura. Senza capire. Rifiutando il panico che da qualche giorno sentiva montare dentro di sé.
“Mai è preoccupata!”
Le braccia di Mikoto le circondarono la vita nanosecondi dopo l’urlo di avvertimento, e la testa bruna le si posò su una spalla.
Mai era lieta che la ragazza fosse cresciuta abbastanza da non incunearle più il capo tra i seni, ma non era ancora riuscita a farle capire che i suoi abbracci rischiavano ogni volta di fracassarle la gabbia toracica.
“Mikoto, non stringermi così forte...” disse, mentre un attacco di risate minacciava di soffocarla e completare l’opera dell’amica. Gli occhi dorati, però, quando si alzarono verso il suo viso le fecero morire in gola il gesto. L’ultima volta che li aveva visti così angosciati, Mikoto brandiva il suo Element, e stava per ucciderla.
“Sta succedendo qualcosa” la ragazza esalò, un sussurro che andò dritto all’anima di Mai. Gelandola.
Non resistette, e la sua testa scattò ancora una volta verso la biblioteca.

Per giorni, settimane, mesi, dopo che tutto fu finito, i passi di Mai l’avevano riportata davanti a quel luogo di mistero e sofferenza. Era impossibile resistere, ed ogni giorno doveva andare a controllare che tutto fosse in ordine, paventando ogni volta l’avvento di un nuovo pericolo. Mentre di notte, a volte, si svegliava inquieta, convinta di avere udito nel dormiveglia una sommessa risata, e stupendosi di non trovare il bizzarro messaggero del Signore d’Ossidiana appollaiato sul suo davanzale.
Due anni non le erano bastati a dimenticare l’incubo del Carnival, e sapeva che mai sarebbe successo. Eppure, nonostante tutte le sue paure, nessuna minaccia si era concretizzata. I suoi poteri non erano tornati a lei, come il marchio tanto temuto.
E allora perché da qualche giorno mi sento così? Perché i miei sogni si sono fatti sempre più terrorizzanti?’ pensò silenziosamente, accarezzando il capo di Mikoto. ‘Che davvero tutto stia per ricominciare?’
Sospirò, chiudendo gli occhi e decidendo di darsi una calmata. Farsi prendere dal panico non sarebbe servito a cambiare niente, se qualcosa, da qualche parte, era in serbo per loro.
Appoggiò le mani sulle spalle dell’amica, allontanandola da sé. “Raccontami.”
Mikoto strinse gli occhi, e l’espressione le si fece ferale. Mai ebbe paura.
“Non so, Mai. Forse è solo una brutta sensazione, ma non importa. Qualunque cosa sia, questa volta non permetterò che facciano del male a quelli che amo.”
Con il cuore in tumulto la ragazza più grande cercò di sdrammatizzare il momento scuotendo la testa, e forzando le labbra in un tenue sorriso. “Non dirlo nemmeno per scherzo. Probabilmente siamo solo entrambe stanche per gli esami. È un periodo un po’ particolare.”
Vide che l’espressione di Mikoto non si rasserenava, e non poté darle torto. Che entrambe fossero assalite da quei lugubri pensieri era troppo strano per dirsi una sfortunata coincidenza. Si morse le labbra. ‘Al diavolo! Non vi permetterò di rovinare un’altra volta la mia vita.’
“Lasciamo perdere” esordì, questa volta esibendosi in un sorriso decisamente più convinto. “Non ho nessuna intenzione di perdere altro tempo davanti a questo affare. Qualunque cosa succederà, non è il caso di fasciarci la testa prima di essercela rotta. Non ti pare?”
Un attimo di incertezza, e poi anche Mikoto annuì vigorosamente. “Sì, Mai!” esclamò convinta.
Al che l'amica la prese per mano, dando le spalle alla biblioteca e avviandosi con ampie falcate verso l’uscita del campus. “Tra l’altro stiamo facendo tardi! Tate penserà che siamo le solite ragazzine ritardatarie. Che imbarazzo.”
“Allora corriamo, Mai.”
E senza aggiungere altro Mikoto scattò come una consumata velocista, mentre alla sua povera Mai non restò altro da fare che tentare in qualche modo di raggiungerla.
Non cambierà mai...’ pensò con un ampio sorriso, stavolta sincero, in un attimo dimentica di quello che aveva provato qualche minuto prima. Il Carnival le aveva inflitto molte sofferenze, e lasciato in eredità incubi e inquietudini, ma anche cementato la sua amicizia con un gruppo di persone che lei reputava straordinarie. Malgrado tutto, a volte era quasi grata di essere stata una Hime.

***

Mai poté vedere da lontano l’espressione di disincantato divertimento che campeggiava sul volto di Tate. Che si trasformò in sgomento quando Mikoto gli si proiettò addosso più simile ad una palla di cannone che ad una teenager.
La ragazza sbuffò, alzando melodrammaticamente gli occhi al cielo. ‘Quando mai imparerà che è troppo grande per fare queste scene in pubblico? Passi io, ma con tutti gli altri è meglio che impari a dominarsi.’
Li raggiunse, ansimando leggermente per la corsa, e Tate le lanciò un sorriso di sbieco, mentre cercava di liberarsi dalla stretta di Mikoto.
“Hey, ciao.”
“Scusa il ritardo” esordì lei, mettendosi una mano dietro la testa.
“Non importa, non è da molto che aspettavo. E poi lo immaginavo che sareste arrivate tardi” il ragazzo le rispose, facendole l’occhiolino e allungandosi per darle un veloce bacio sulla guancia. “Ben arrivate, comunque.”
Mai non poté impedirsi di arrossire. Per quanto fossero oramai insieme da quasi due anni, e amanti da poco di meno, i baci in pubblico erano una cosa che ancora la ragazza trovava deliziosamente imbarazzanti. E sapeva quanto il suo ragazzo fosse sensibile a quei suoi rossori. Lo vide emozionarsi a sua volta, biascicando un ‘come stanno le mie ragazze’ per sdrammatizzare.
In un qualunque altro momento Mai si sarebbe messa a ridere deliziata, come faceva sempre ma, quella volta, quella innocente domanda spense d’un tratto il sorriso sul suo viso.
Aprì la bocca per rispondere, ma le uscì solo una specie di rantolo.
Immaginava di avere in volto un’espressione atterrita, perché lo sguardo del suo ragazzo si fece improvvisamente angosciato. Tate la prese tra le braccia, e lei si aggrappò alla camicia di lui stringendo il tessuto tra i pugni serrati.
“Mai!” le urlò, ma lei non riuscì a rispondere dalla tensione. Tremando come una foglia si nascose nel suo abbraccio, passandogli le braccia dietro la schiena e sentendo anche Mikoto che li raggiungeva in quella stretta consolatoria.
Nei confronti di chi o cosa Mai non lo sapeva; qualunque cosa fosse, avrebbe voluto scomparire piuttosto che incontrarlo.

***

Fissò il fondo della sua tazza di caffè, come se avesse potuto leggerci dentro il futuro. E si maledisse per non saperlo fare, neppure in quel modo infantile che era a volte insegnato sulle riviste per ragazze. Senza pensarci due volte avrebbe dato una parte importante del suo corpo per conoscere cosa riservava il futuro a lei e ai suoi cari.
Sospirò profondamente, stringendo forte la mano che Tate le offriva. Alzò la testa per guardarlo, seduto dall’altra parte del tavolo, trovando la forza di esibire un sorriso che volle essere il più possibile rassicurante.
“Va meglio, grazie per il caffè.”
“Mai...”
Mikoto, reclinata accanto a lei, e con le braccia saldamente attorno alla sua vita, le lanciò uno sguardo addolorato.
La ragazza alzò la mano libera per accarezzarle i corti capelli neri.
Mikoto aveva sostituito nella sua vita il fratello che oramai sapeva cavarsela da solo, e Mai l’amava come la sorellina che non aveva mai avuto. E, con Reito impegnato negli studi universitari, era Tate che stava ricoprendo il ruolo di fratello maggiore per Mikoto. O quasi di padre, come ogni tanto amava stuzzicarli Chie, facendo arrossire per le implicazioni sia Mai che il fidanzato.
“Stai tranquilla, adesso va molto meglio. Scusatemi se vi ho fatto preoccupare” si schernì con entrambi. Che non sembrarono disposti a fargliela passare liscia.
Lo sguardo di Mikoto si incupì, mentre Tate stringeva a pugno l’altra mano.
“Non ti è ancora passata l’abitudine di tenerti tutto dentro, non è vero? Non capisci che così fai soffrire quelli che ti circondano?” la sgridò lui.
Sciogliendo la mano dalla presa di lui, Mai le unì strettamente davanti a sé. “Oh, avanti, cosa vi dovevo raccontare? Ho solo bisogno di tante ore di sonno, tutto qui.”
“Ma anch’io non riesco a dormire, Mai! Anch’io faccio quegli orribili sogni...” la voce di Mikoto si spense in un sussurro, e Mai si sentì in colpa per il maldestro tentativo di minimizzare tutto. Ma ammetterlo avrebbe significato renderlo in qualche modo reale. Accettare che entrambe avvertivano il pericolo, voleva dire che una minaccia alla loro felicità realmente esisteva.
La ragazza si nascose la faccia tra le mani. Non aveva il coraggio di guardare in faccia la sua amica, la sua sorellina, mentre la feriva. “E allora perché non me l’hai detto? Anche tu me l’hai tenuto nascosto.”
La sentì ritrarsi bruscamente e, anche senza vederla, poteva immaginare che avesse gli occhi lucidi di lacrime. Dal Carnival, Mikoto era sempre rimasta fin troppo sensibile alle sgridate di Mai.
Come altre volte, fu il ragazzo davanti a loro che rimise insieme i cocci di quella giornata con il suo goffo tatto.
“Ma guardatele, sembra proprio un litigio tra madre e figlia...”
Mai alzò il viso di scatto, di nuovo rosso dall’imbarazzo. “Che dici? Sono troppo giovane per avere una figlia della sua età!”
Al che Mikoto rincarò la dose con un borbottio offeso. “Mai mi strapazza sempre. È proprio come se fosse mia mamma.”
“Smettila anche tu.”
Insieme al rimprovero arrivò a Mikoto un leggero scappellotto. “Siete impossibili” dichiarò solenne Mai incrociando le braccia davanti a sé e distogliendo lo sguardo, offesa.
Dopo secondi di silenzio, i tre scoppiarono simultaneamente a ridere.
Le braccia di Mikoto la strinsero di nuovo, mentre le dita di Mai tornarono ad intrecciarsi a quelle di Tate.
“Che facciamo?” sospirò, guardandolo negli occhi nocciola.
In quel momento il cellulare di Mai squillò. La ragazza non fu in nessun modo sorpresa di sentire dall'altro capo della linea la voce di Sugiura Midori.

***

La primavera era arrivata solo da pochi giorni, e faceva ancora freddo la sera. Mai si strinse nel cappotto, strofinandosi le mani l'una contro l'altra per scaldarsele.
“Quella pazza... non ci posso ancora credere che le abbiamo dato ascolto.”
“Non è una cattiva idea, dopotutto. Se non altro staremo insieme... insomma, è anche un'occasione per rivedersi” le rispose Tate da sotto i metri di calda lana che si era avvolto attorno al collo.
“Chissà, magari ha anche pianificato una qualche attività collaterale.”
Il fidanzato le lanciò uno sguardo tra il preoccupato e lo scandalizzato. “Ti prego, non il karaoke anche questa volta. E poi non sarebbe il luogo adatto.”
“Quante storie! Solo perché a te non piace vuoi rovinare il divertimento a tutti noi.”
“Mai...” la richiamò la vocetta pigolante di Mikoto.
“Che hai?”
La ragazza sembrava abbattuta, ma Mai immaginava che le sue preoccupazioni risiedessero in quel momento in qualcosa di diverso rispetto a ciò che attanagliava lei. Sospirò rumorosamente. “Lo so che sono la migliore cuoca. Ma Haruka ha insistito per portare la cena al sacco per tutti.”
“I suoi sandwich sono terribili” si lamentò Mikoto, mentre Tate soffocava una risata.
“Migliorerà. Deve solo fare esperienza.”
Mai sorrise. Sì, dopotutto non era stata affatto una cattiva idea. Si affrettò verso la meta trascinandosi dietro il resto di quella che amava considerare la sua famiglia. L'ultima riunione delle Hime Sentai era stata un paio di mesi prima, e non vedeva l'ora di riabbracciare le amiche.

Entrarono nella biblioteca in silenzio, percorrendo l'atrio e varcando la soglia della sala di lettura vera e propria. Là, Mai si bloccò, lasciando che il suo sguardo abbracciasse tutto l'ampio spazio, gli scaffali colmi di libri, i tavoli ai quali mai dopo il Carnival era riuscita a sedersi tranquilla, la passerella circolare che correva a metà strada tra il pavimento e l'alto soffitto e, soprattutto, la struttura che sporgeva dal muro più distante dall'entrata, curiosamente simile ad una immensa porta.
Trattenne il respiro, perché la sensazione che qualcosa non andava si era in qualche modo acuita, fino a quando una voce piuttosto rude non ruppe l'incanto.
“Era ora che arrivaste! Che ci fate lì impalati, scendete a darci una mano!”
Mai sbatté le palpebre e soffocò un sorriso. Haruka era sempre la stessa...
Si avviò con gli altri verso il gruppo di amici arrivati prima di loro, che si erano accampati attorno al tavolo di lettura più ampio, mentre il suo stato d'animo gradualmente si rasserenava.
Arrivata, distribuì emozionati sorrisi a tutti; a Yukino, impegnata a scartare cartocci dalla forma molto strana, a Shizuru, accompagnata dall'ormai inseparabile Natsuki, che stavano estraendo dei thermos dallo zaino, alla burbera Haruka, impegnata a litigare con il suo nuovo ragazzo, quello stesso Takeda che per anni aveva inutilmente corteggiato Natuski, a Nao, seduta in disparte su un angolo del tavolo, che le rispose con solo un cenno del capo.
Mai non se la prese, notando come il cellulare assorbiva ancora tutta l'attenzione della ragazza. 'Come il brutto carattere di Haruka, certe cose non cambiano proprio mai.'
“Sorellona! Finalmente siete arrivati” la salutò il fratello, accorso verso di lei con alle calcagna la compagna Akira.
“Non dargli retta, Mai. Anche noi siamo arrivati da due minuti. Il signorino qui ha deciso all'ultimo momento che non si poteva non presentare con almeno una torta.”
Mai rise di cuore. Quei due erano una bella coppia, come tutte quelle presenti quella sera. 'Come me e Tate, del resto.'
Scoccò uno sguardo al fidanzato, occupato, con Mikoto appesa al braccio, a difendere il suo senpai Takeda dalla sfuriata di Haruka.
'Quando imparerà che tra moglie e marito...' pensò con una smorfia divertita. In quel mentre qualcuno le afferrò una spalla, sorprendendola. Si girò, trovandosi faccia a faccia con Midori. Una Midori dallo sguardo decisamente esaltato, che non fece nemmeno finta di scusarsi per averla spaventata.
“Grazie per essere venuta a questa riunione d'emergenza dell'Hime Sentai” le fece invece, in un tono che a Mai strappò un sorriso. L'aveva sentito solo in quei film d'azione che Tate adorava.
“Non avrei potuto fare altrimenti, non quando mi hai detto che anche tu... beh...”
Abbassò lo sguardo. La rivelazione che Midori le aveva confidato al telefono quel pomeriggio l'aveva scioccata. Non solo lei, ma anche tutte le altre ex Hime da qualche giorno soffrivano di incubi ricorrenti, e le loro giornate erano rovinate da tetri presagi. Vedersi quella notte era il minimo che potessero fare, anche se Mai avrebbe preferito un altro luogo.
L'espressione di Midori si fece pensierosa. “Vieni di sopra, ti devo parlare” le sussurrò.

Essendo l'edificio costruito in modo da assorbire i rumori, sulla balconata le risate giungevano a loro attenuate ma chiare; eppure ogni tanto si spegnevano, come se il gruppo stesse improvvisamente ricordando il motivo per il quale tutti erano riuniti lì.
Mai, in piedi davanti al gigantesco portale, guardò Midori in cerca di una spiegazione. L'altra scosse la testa.
“Non so che dirti. In tutte le mie ricerche non si fa cenno ad un ritorno del Signore d'Ossidiana dopo che la Stella è stata distrutta.”
“E allora, perché?”
“Lo ignoro, ma in ogni caso è qualcosa legato a noi. Non è possibile che abbiamo tutte le stesse orrende sensazioni. E questo posto sembra esserne, ancora una volta, il fulcro. Ne siamo attirate. Cosa credi? Possiamo anche nascondercelo l'una all'altra ma, dalla scomparsa della Direttrice, tutte abbiamo fatto ronde qui davanti. È stato... inevitabile.” Midori indicò il portale. “E questo, secondo quello che mi ha rivelato Fumi, è l'accesso al Bifröst, il ponte dell'arcobaleno che unisce la Terra ad Asgard, la dimora degli Dei. Ricordi le lezioni di mitologia? Il ponte sul quale le Valchirie cavalcavano per portare gli spiriti dei guerrieri defunti al cospetto di Odino.”
Con estrema cautela, quasi con reverenziale timore, Midori posò la mano sullo stipite. “Questo è il cancello per il Valhalla, Mai.”
Lei dovette trattenersi dall'urlare. Non voleva sentire parlare di quelle cose. Soprattutto, dell'ineluttabilità del destino. Era qualcosa che avrebbe combattuto con tutte le sue forze.
Il pensiero la portò dove non avrebbe voluto.
“Quindi? Che cosa dovrebbe discendere stavolta da Asgard? E hai pensato che, anche se qualcosa succedesse, noi non sapremmo come affrontarlo? I nostri poteri sono svaniti insieme ai nostri Child.”
Le parole le uscirono con difficoltà. Ricordare Kagutsuchi, e il distacco da lui, era ogni volta una spada di sofferenza che le si conficcava nel petto.
“Lo so. Ma questi sogni significano qualcosa, è certo. Noi siamo legate a questo luogo, e a quello che siamo state, non possiamo negarlo. E se qualcosa stanotte succederà, è meglio che lo combattiamo insieme.”
Cupamente, Mai annuì. “Sì, anche se non è detto che riusciremo a fare qualcosa. Tra l'altro, abbiamo anche portato qui le persone che amiamo.”
“Perché loro sono la nostra forza, non dimenticarlo.” Lo sguardo di Midori si fece fiero. “E io non vorrei essere in nessun altro posto al mondo, stanotte, con nessun altro al mio fianco se non voi.”
Un sorriso accese il volto di Mai, non rincuorata dalle solite, retoriche parole di Midori, ma rassicurata dal fatto che nemmeno la rossa era cambiata in quei due anni. Forse non sarebbe davvero successo nulla ma, in ogni caso, qualunque cosa l'avrebbe affrontata con le persone che più amava e stimava al mondo.
Si girò verso la balconata, per guardare giù il gruppo.
“Manca qualcuno?” chiese a Midori.
“Yukariko ha preferito rimanere a casa. Sai, con due figli piccoli. Fumi invece è passata prima, per accertarsi che tutto andasse bene. Ci raggiungerà più tardi, come Akane e Kazuya.” Midori lanciò uno sguardo all'orologio. “Shiho invece dovrebbe essere qui... oh, eccola, sta entrando ora.”
Mai si voltò verso l'ingresso della sala di lettura. E la bocca le si aprì in una 'O' quasi perfetta. Shiho, deliziosa con i capelli lasciati sciolti sulle spalle, invece che legati nei mostruosi codini che amava tanto da ragazzina, sorrideva felice a tutti. Avvinghiata al braccio di Reito Kanzaki.
Mai li indicò, girandosi verso Midori. “Tu sapevi!?”
“Erhm... no, devono aver tenuta nascosta la cosa molto bene. Neppure a Chie sono arrivate voci. Il che è davvero impressionante.”
“Lo puoi bene dire... che dici? Scendiamo?”
Uno sguardo malizioso la trafisse. “Sei preoccupata per il tuo fidanzato?”
Mai arrossì, alzando entrambe le mani davanti a sé. “No di certo. Ma si chiederanno cosa abbiamo da confabulare tra noi, se manchiamo troppo a lungo.”
“Come no...” rise Midori sotto i baffi, dandole le spalle e avviandosi verso le scale.
Mai la seguì, non senza aver dato un'ultima occhiata al portale dietro di lei. Pregando con tutto il cuore che qualunque cosa celasse se ne stesse ben rinchiusa dall'altra parte. Su un altro pianeta, in un'altra dimensione, o nella mitica terra degli Dei.
Dal basso suo fratello la chiamò, e lei alzò la mano per fargli un cenno che si congelò a mezz'aria. Si affrettò a scendere, ansiosa di riabbracciare Tate, Mikoto, e tutti i suoi amici. Per godere del loro calore, sperando che cancellasse la risata beffarda che appena aveva sentito risuonare nelle orecchie.
  
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