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Autore: xxFALINExx    21/02/2015    5 recensioni
"Cos’è morire sul colpo? Quanto dura il colpo? Un secondo? Dieci?"
"L’aveva avuto, il tempo per rivedere in un flash tutta la sua vita? Io c’ero? Jake c’era? "
Ma soprattutto .... QUALI SONO STATE LE ULTIME PAROLE DI ALASKA YOUNG?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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{ “Se non altro, è stato sul colpo. È stato senza dolore, almeno.”
Stava solo cercando di consolarmi, lo sapevo, ma non ci riuscì. C’era, il dolore. Nelle mie viscere, un dolore sordo, continuo, che non passava nemmeno quando mi inginocchiavo sulla pedana di legno della doccia, gelida da far male, a vomitare aria.
E poi, cos’è morire sul colpo? Quanto dura il colpo? Un secondo? Dieci? In quei secondi il dolore deve essere stato atroce, con il cuore che le si spaccava, i polmoni che le si schiacciavano, niente più ossigeno né sangue al cervello, e nient’altro che panico allo stato puro, che cavolo vuol dire “morte istantanea”? Niente è istantaneo. Il riso istantaneo è pronto in cinque minuti, il budino istantaneo in un’ora. Ho i miei dubbi che un istante di dolore accecante sembri particolarmente istantaneo.
L’aveva avuto, il tempo per rivedere in un flash tutta la sua vita? Io c’ero? Jake c’era? }

 
 
 
 
 




Una luce bianchissima, accecante.
Luce ovunque.
Troppa luce.
Poi un movimento lievissimo nell’aria lattea.
Un petalo immacolato volteggia lentamente e si posa al suolo, rigorosamente bianco.
Finalmente riesco a distinguere qualcosa, un oggetto, un fiore.
Una margherita che sta perdendo i suoi petali.
Mi piacciono le margherite. Mamma me ne metteva così tante tra i capelli quando ero piccola.
Ora non più, perché è morta. L’ho uccisa io, sua figlia.
Ora ricordo, l’ho di nuovo delusa, ho dimenticato di andare a trovarla.
Come ho potuto?
Qualcosa, mi ha distratta.
L’ alcool.
No.
Qualcuno.
Miles.
È che lo amo, lo amo così tanto. Ho capito che anche lui mi ama, ma non potrei mai stare con lui.
È un bravo ragazzo, non dovrebbe nemmeno essere amico di una come me, che uccide le persone che ama.
Mamma.
Mi dispiace tanto, ho fatto il possibile per raggiungerti.
Credevo di riuscire a superare quell’auto.
Dovevo arrivare da te. Voglio arrivare da te.
Ma come? Non sento  più niente, il mio corpo, nessun odore o gusto. Niente che mi riveli dove sono.
Forse sono morta, e se dovrò vivere, o meglio, morire per sempre con questo faro puntato sugli occhi, beh l’eternità è una grande fregatura. Bello schifo.
Percepisco un lieve ronzio. Cos’è, ci sono interferenze nell’aldilà?
Poi capisco, l’origine del rantolio. Sono io.
Non sono morta, o almeno non ancora. Sto morendo.
Il mio corpo sta morendo.
La cosa assurda è che mi soffermo vagamente sul ricordo di quelli a cui voglio bene.
Il Colonnello, Ciccio, Takumi, Lara, Jake, papà, l’ Aquila. Perché hanno questi soprannomi? Quali sono i loro nomi?
Mi sto spegnendo, e con me la mia memoria.  Come la fiamma delle candele che conservo nella mia camera, anche io tremo esposta ai soffi, alle correnti.
Gracile e delicata, pronta a consumarmi.
“Il più delle volte le persone muoiono come sono vissute. Perciò le ultime parole possono dirti molto sul carattere di una persona, e sul perché è diventato il genere di persona di cui si scrive la biografia.”
E le mie… le mie ultime parole, quali saranno?
Dritto e veloce, è stato quello che ho fatto, ma queste parole non sono mie.
Ecco, ecco che la luce finalmente si spegne.
Sto uscendo dal labirinto.
L’ ultimo petalo di una margherita ormai spoglia vola via.
Le persone muoiono come sono vissute.
Devo farlo, voglio farlo.
Penso di urlare, ma al mio rantolio per un attimo si sostituisce una parola appena sussurrata, ma tanto familiare.
E così, mentre finalmente mi sento libera dopo tanto tempo, il mio corpo accartocciato è sempre più lontano, già freddo e troppo bianco, irriconoscibile.
Però eccolo lì, riesco ancora a scorgerlo. Un sorriso beffardo, appena accennato, solca teso il mio viso, in una smorfia eterna.
Labbra ruvide e bluastre, che provano a trattenere il soffio caldo di sei lettere che nessuno sentirà.
 
“Alaska”

 
 
 
 
 
 
 
 


Hem.. si. Per me le ultime parole di Alaska Young sono state… “Alaska”.
Ho pensato tanto a quali potrebbero essere state, e così è come ho immaginato la sua morte.
Miles? Mamma? Dritto e veloce? Mi sono sembrate scelte troppo scontate per una ragazza così poco scontata come Alaska.
Ho provato a rendere il tutto poetico e drammatico nello stesso tempo, non so fino a che punto sia riuscita nell’ intento, soprattutto verso il finale, da sempre il mio tallone d’ Achille.
 

Credo che pronunciare il suo nome un’ ultima volta possa essere scambiato per un atto di egocentrismo, caratteristica facilmente imputabile a lei. In realtà questa scelta l’ ho fatta perché credo che nessun altra parola avrebbe potuto sintetizzare al meglio la sua vita, senza escludere niente.
Udendo per l’ ultima volta il suono del suo nome, Alaska Young saluta definitivamente quello che è stata, consapevole dell’ amore e del dolore che l’hanno formata fino a diventare quello che è. E con questa consapevolezza abbandona la sua vita, saluta quasi se stessa, in un ultimo atto che non so perché, mi sembra voglia ribadire la sua libertà.
Sono consapevole che il risultato sia un bel po’ incasinato, ma spero che qualcuno di buona volontà apprezzi lo sforzo.
Grazie se avete letto fin qui, un abbraccio.
xxFALINExx 
  
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