Questa
fanfiction partecipa alla
“Klaine Wedding Challenge” organizzata dalle nostre
F l a n e Ginny_Potter.
Il prompt
che mi è stato
assegnato è questo: Ritenta, sarai
più
fortunato: i nostri Klaine (entrambi o uno di loro) si sono
già sposati in
passato, ma ovviamente le cose non hanno funzionato! Ora si incontrano:
più
adulti, più consapevoli, più disillusi, con un
matrimonio fallito alle spalle.
E' facoltativo aggiungere uno o più pargoli.
Avviso:
questa OS non tiene conto
di quanto accaduto nella sesta stagione rottura nella prima puntata a parte. Ad un certo
punto, quando arriverete
ad una corsa sotto la pioggia, ascoltate questa musica https://www.youtube.com/watch?v=y4fcqHVkxqE (ho sempre
voluto vedere una
scena simile nel telefilm già durante la quarta stagione * *)
Numero di
parole: 6573
Ancora
una volta
C’era
stato un tempo, nella vita
di Blaine Anderson, in cui stare seduto in un bar allo stesso tavolo
con Kurt
Hummel sarebbe stato non solo normale ma soprattutto bello. Ma quello
era il
passato, quindici anni fa, quando erano troppo giovani e spaventati
dalla loro
vita che andava troppo avanti in modo troppo veloce, quando avevano
lasciato
che quella paura li dividesse proprio quando erano sicuri che non si
sarebbero
mai lasciati. Poi, naturalmente, gli anni, la lontananza, la vita che
ognuno di
loro aveva vissuto per proprio conto aveva reso più sfumati
i contorni della
loro storia ma lasciandone intatto il nucleo, dove risiedeva il ricordo
ancora
vivo e pulsante di quello che avevano provato l’uno per
l’altro.
Sembrava
tutto sepolto sotto quei
quindici anni di relazioni mai andate a buon fine, per Blaine, mentre
per Kurt…
non si erano più sentiti né si erano tenuti in
contatto, al massimo si erano
rivisti alcune volte, i primi tempi della loro ultima rottura,
unicamente per
le amicizie in comune, le gare di canto coreografato dei Glee club, poi
le
riunioni degli ex-studenti, finché anche questi incontri si
erano fatti sempre
più sporadici fino ad annullarsi, in maniera così
lenta da impedire persino che
se ne rendessero conto. Blaine aveva saputo che si era sposato alcuni
anni dopo
aver terminato i suoi studi alla NYADA, ma non aveva voluto conoscerne
i
dettagli.
- Buon per
lui – si era limitato
a rispondere. E si era forzato a non pensare più a lui.
Ma era
ritornato nei suoi
pensieri alcuni anni dopo, quando gli dissero, come una di quelle
notizie
buttate lì tanto per fare conversazione – Hai
saputo che Kurt ha divorziato dal
marito?
Per un
momento, la cosa lo aveva
reso crudelmente euforico, quasi non considerava che magari, dietro
quella
separazione potesse esserci un qualche dramma familiare o personale; in
cuor
suo pensava, e sperava, che presto avrebbe ricevuto una visita da parte
di
Kurt. Ma non fu così. E, sempre con l’aiuto del
tempo, ritornò alla sua vita di
ogni giorno come se
quella notizia non
fosse stata fonte di una contentezza momentanea.
Finché
un giorno come un altro si
ritrovò un messaggio personale su facebook.
Ehy,
tutto bene? Ti va se ci incontriamo un giorno di questi? Magari
possiamo berci
un caffè insieme.
Blaine era
rimasto talmente
spiazzato da quel messaggio che aveva fissato per una frazione di
secondo, come
se non riuscisse a ricordare chi fosse, il nome del mittente: Kurt
Hummel.
Si diedero
appuntamento per
quello stesso fine settimana, nel bar di un alberghetto che conoscevano
entrambi. Quando Blaine arrivò era già
lì, comodamente seduto ad un tavolo; non
era cambiato per niente, forse i suoi tratti si erano fatti
più marcati, ma
era… era bello… come l’ultima volta che
l’aveva visto.
Kurt gli
andò incontro sorridente
e gli strinse amichevolmente la mano e il gomito.
- Ma ti sei
fatto la barba? – fu
la prima cosa che gli disse.
Infatti
Blaine aveva preso
l’abitudine di tenere un filo di barba in viso; la sua foto
del profilo su
facebook lo mostrava proprio con un po’ di barba. Ma vista
l’occasione, aveva
pensato di mettersi un po’ in ordine, quindi quella mattina,
oltre alla doccia
e allo shampoo si era anche raso.
- Non volevo
pensassi che fossi
diventato sciatto – rispose, passandosi una mano sul mento
con un mezzo
sorriso.
- Stavi
benissimo, invece –
replicò Kurt – Ho visto alcune tue foto; la barba
ti dà un’aria professionale.
-
Vedrò di farmela ricrescere
solo per farmi ammirare da te, allora – disse Blaine, con
aria da spaccone.
- Vacci
piano! – esclamò Kurt –
Ci siamo appena rivisti dopo secoli. Almeno offrimi un caffè
prima di provarci.
- Se i tuoi
gusti non sono
cambiati, sarò più che felice di
farlo… offrirti il caffè, intendo –
balbettò
Blaine, maledicendosi per il fatto che si sentisse arrossire come un
adolescente. Per toglierlo dall’imbarazzo, Kurt lo
invitò a sedersi al tavolo,
chiamarono una cameriera e fecero le loro ordinazioni; la prima cosa
che
entrambi notarono, in quei primi pochi minuti insieme, fu la
familiarità che
c’era tra loro, come se in quegli ultimi anni non avessero
fatto altro che
incontrarsi, uscire insieme; si ricordavano ancora dei rispettivi
caffè
preferiti. E non riuscivano a fare a meno di sorridersi… ma
ciò poteva nascere
semplicemente dalla contentezza di rivedere una faccia amica.
- Allora, Mr
Blaine Anderson –
fece Kurt, rivolgendosi all’uomo seduto nel suo solito modo
composto di fronte
a lui – Cosa mi racconta di bello?
- Solo che
lei, Mr Kurt Hummel –
rispose Blaine, facendogli il verso – ha davanti a
sé un insegnante di canto e
musica.
- Non avevo
dubbi e non solo
perché ho dato una scorta veloce al tuo profilo facebook
prima di venire qui.
- Adesso,
però, mi cogli
impreparato – replicò Blaine – Tu sai
già tutto dei miei ultimi anni ed io,
invece, di te so poco o nulla.
-
Be’, questo ci offre un buon
argomento di conversazione: me – disse Kurt indicandosi con
soddisfazione.
- Che grande
esempio di modestia.
- Ho
lavorato molto sulla mia
autostima in quest’ultimo periodo.
- Come se tu
avessi mai avuto
problemi di autostima – disse Blaine, abbandonando il tono
scherzoso usato fino
ad ora tra loro, e guardandolo… in quel modo…
come non aveva mai guardato
nessuno perché era un tipo di sguardo riservato solo a Kurt.
Un’altra cosa che
si era semplicemente riavviata come un motore da quando si erano
ritrovati uno
di fronte all’altro. Quei quindici anni di lontananza si
erano ridotti alla
brevità di un solo giorno e ciò che credevano
dimenticato si era invece
risvegliato da un lungo letargo – Da quando ti conosco, se
c’è stata una cosa
che non ti è mai mancata, quella è proprio la
fiducia in te stesso.
-
Dimenticavo – disse Kurt,
giocherellando con una bustina di zucchero presa dal contenitore al
centro del
tavolino – che tu sei uno di quelli che mi conoscono meglio
– la bustina gli
scivolò dalle dita; di riflesso, le sue gambe, incrociate,
si tesero e col
piede sfiorò la caviglia di Blaine. Nessuno dei due si
scostò – Pensavo ti
fossi scordato di me.
- Scordarti
è sempre stata
l’unica cosa che non sono mai riuscito a fare – la
caviglia di Blaine si spinse
leggermente contro il piede di Kurt. In quell’attimo
l’atmosfera si dilatò, si
sfocò, il rumore delle tazzine appoggiate sui tavoli e sul
bancone, della porta
che si apriva e si chiudeva, delle sedie che venivano spostate, del
chiacchiericcio delle persone e del cicaleccio delle cameriere, tutto
si fece
più attutito e ovattato. Le uniche figure nitide erano le
loro, gli unici suoni
stabili erano lo strusciare sul pavimento delle suole delle loro
scarpe, il
grattare delle unghie di Blaine sulla stoffa dei suoi pantaloni e il
suono
impercettibile delle dita di Kurt che raccoglievano la bustina di
zucchero.
Kurt diede
un calcetto al piede
di Blaine. Il mondo riprese a muoversi come sempre.
- Cosa
c’è? – chiese Blaine
ricambiando il sorriso divertito che l’altro uomo gli stava
rivolgendo.
- Mi stavo
chiedendo – rispose
Kurt, senza riuscire a trattenere una risatina – Quei tuoi
assurdi calzini. Li
hai ancora?
Per tutta
risposta, Blaine
accavallò una gamba, sollevò l’orlo dei
pantaloni… e mostrò la sua caviglia
rivestita di stoffa rosa decorata con rombi gialli –
È inutile che mi prendi in
giro – disse cercando di farsi sentire al di sopra della
risata dell’altro uomo
– Sei sempre stato il fan numero uno dei miei calzini
colorati.
- Dio,
Blaine – rise Kurt – Non
immagini neanche quanto mi sei mancato.
- Credimi,
posso immaginarlo –
disse Blaine, sorridendogli Perché
anche
tu mi sei mancato.
* * *
- Ho saputo
che ti sei sposato –
gli disse Blaine qualche giorno dopo, al loro secondo incontro.
La prima
volta avevano parlato
del più e del meno, senza toccare la sfera del privato. Poi
si erano lasciati
con la promessa di incontrarsi nuovamente il successivo fine settimana,
sempre
in quel bar. Ma non avevano aspettato il fine settimana. Il
mercoledì prima,
Blaine, trovandosi libero per la seconda metà della
giornata, contattò
telefonicamente Kurt chiedendogli se aveva tempo per un
caffè veloce, e l’uomo
gli diede la sua disponibilità di buon grado.
- Che
coincidenza – aveva detto –
Mi trovo libero anch’io; mi stavo appunto chiedendo come
trascorrere il resto
della giornata – Non gli disse che, in realtà,
aveva chiesto di essere
sostituito in ufficio non appena ricevuta la telefonata di Blaine,
così da
essere libero di andare da lui. In cuor suo pensava che fosse stato un
semplice
colpo di testa; dopo il divorzio aveva attraversato uno di quei
periodi,
conseguenti a momenti difficili, in cui si cerca il cambiamento e il
continuo
movimento e, per fortuna, lavorare nell’ambito teatrale, sia
come regista che
come attore e come organizzatore di eventi, riusciva a tenerlo
impegnato e a
concedergli, la sera quando ritornava a casa, quel sonno profondo e
privo si
sogni di cui aveva bisogno. Ma da quando Blaine era tornato a far
capolino nei
suoi pensieri, gli sembrava di aver ridimensionato le sue
priorità personali,
aveva ripreso a sorridere perché in Blaine rivedeva la
spensieratezza del primo
amore diventato una dolce amicizia. E questa era la cosa migliore che
gli fosse
capitata negli ultimi mesi.
- Ho saputo
che ti sei sposato –
aveva detto Blaine dopo che una cameriera ebbe portato loro i
caffè ordinati.
Aveva buttato lì quella frase come se fosse una cosa di
scarsa importanza, o
almeno sembrava volesse dare quest’impressione.
- Saprai
anche che ho divorziato
– rispose Kurt cercando di non lasciarsi infastidire da
quell’argomento. Poi,
un lampo: ecco, se fosse riuscito a parlarne senza provare niente,
tristezza o
rabbia, avrebbe potuto relegare quella parte della sua vita tra i
ricordi privi
di importanza – Vuoi conoscere i dettagli? –
lanciò l’amo.
- Non sei
obbligato, se non vuoi
– fu lesto a rispondere Blaine.
- Figurati
– replicò Kurt con
un’alzata di spalle – Sai chi ho sposato? Matthew
Sheffield. Non so se lo hai
presente; frequentava anche lui la NYADA, lo vedevamo alle lezioni di
mimo
quando c’eri anche tu.
- Dio, Kurt,
sono passati
quindici anni, come faccio a ricordare?
- Fai un
piccolo sforzo. Era quel
tipo biondo, con la barbetta, che esagerava sempre i movimenti per fare
buona
impressione col professore…
- Ah,
aspetta! – esclamò Blaine,
ricordando – Quello con la faccia da tossico?
- Non aveva
la faccia da tossico
– replicò Kurt, iniziando suo malgrado a ridere.
- Per
favore, ogni volta che
sorrideva sembrava si fosse fumato un’intera piantagione di
erba, con le sue
palpebre cascanti. Ma poi, scusa, non aveva dieci anni più
di noi?
- Era di
otto anni più grande.
Non era poi così vecchio.
-
Sarà – si limitò a rispondere
Blaine con una smorfia poco convinta – E le cose tra voi come
sono andate?
-
Be’, visto l’esito, non sono andate
granché bene. Abbiamo iniziato ad uscire insieme quando ero
all’ultimo anno e
lui aveva iniziato a lavorare come assistente dell’insegnante
di Storia del
Teatro. Siamo stati insieme per sei anni e poi, quando ci siamo sentiti
pronti,
decidemmo di fare il grande passo. Le cose iniziarono a farsi difficili
un paio
d’anni dopo che ci eravamo sposati. Sai, dicono che si arriva
ad un certo punto
della propria vita in cui si iniziano ad avvertire le differenze di
carattere e
di pensiero del proprio compagno, quando c’è una
certa differenza d’età. Non ci
ho mai creduto molto ma alla fine si è rivelato tutto vero,
almeno per me. Non
litigavamo, o meglio non così tanto; è solo che
tra noi non c’era più niente.
Alla fine, che litigassimo o meno non aveva importanza
perché a nessuno di noi
due importava più come si concludessero le nostre
discussioni. Fu questo a
farci capire che non c’era più amore tra noi. Ti
accorgi che tutto è finito
quando ti rendi conto che tutto ciò che provi è
l’indifferenza.
-
Kurt… mi dispiace – la mano di
Blaine si mosse automaticamente verso quella di Kurt, desiderando
afferrarla
come gli era sempre venuto naturale fare quando sentiva che lui ne
aveva
bisogno, ma si fermò, ricordando che tra loro non
c’era più quel sentimento che
lo autorizzasse a farlo.
- Non
importa. Ormai è passato –
e mentre lo diceva, Kurt si rese conto che era vero. Matthew era un
ricordo
consumatosi già prima ancora che si lasciassero –
Ti ringrazio – e fece quello
che Blaine non aveva fatto: gli prese la mano. Voleva essere un gesto
amichevole, per dire “Tranquillo, non
c’è bisogno che ci sia questo tipo di
cerimonie tra noi”. Invece fu come quando i loro piedi si
erano toccati la
scorsa volta, solo che stavolta il contatto era più
tangibile e privo di
ostacoli. Anche Blaine se ne rese conto, perché gli strinse
la mano come se
avesse avuto paura di precipitare in quel vortice che si era nuovamente
creato
nello spazio attorno a loro – Tu, invece? –
continuò Kurt, cercando di mantenere
intatto il suo sorriso, che però divenne evidentemente
tirato – Sei impegnato
in qualche relazione al momento?
- Ne ho
avute un bel po’, ma mai
nulla di serio.
- Sempre
alla ricerca del vero
amore?
-
C’è stato un momento in cui
l’ho trovato – la sua stretta si fece ancora
più salda attorno alla mano di
Kurt, mandandogli un silenzioso messaggio – Da allora
continuo a seguirlo.
Una donna
seduta dietro al loro
tavolo si alzò di scatto, facendo sobbalzare Kurt, teso e
concentrato in quel
gesto a cui lui stesso aveva dato il la – Salgo un momento in
camera e ti
raggiungo – stava dicendo la donna all’uomo seduto
con lei mentre abbandonava
il bar.
- Le camere
– mormorò Kurt, dimentico
per un attimo dove fossero lui e Blaine.
- Siamo nel
bar di un albergo. Te
ne sei già scordato? – disse Blaine, senza
lasciargli la mano.
- Ah,
già – disse Kurt, vedendo
il mondo che ritornava a muoversi – Signorina! Il conto
– si rivolse alla
cameriera che li aveva serviti. Si voltò verso Blaine;
entrambi avevano gli
occhi scuri e il respiro pesante.
Sì,
Kurt aveva smesso da una vita
di pensare a Matthew. Sì, Blaine continuava a seguire il suo
unico amore.
Senza
aspettare l’arrivo della
cameriera, Kurt gettò sul tavolino una manciata di monete e
si alzò.
* * *
Faceva
caldo, tanto caldo in
quella stanza, sembrava impossibile che fuori fosse pieno Ottobre.
Kurt si
lasciò cadere nel letto
ormai disfatto gemendo rumorosamente, ogni fibra del suo corpo che
vibrava come
le corde di mille violini, fastidiose gocce di sudore che solcavano
ogni
centimetro della sua pelle. Le sue braccia erano strette attorno alle
spalle di
Blaine e aveva paura di crollare sul letto se solo avesse provato a
spostarle,
per accarezzarlo magari.
Quindici
anni. Quindici anni di
rapporti con uomini diversi per Blaine, eppure sapeva ancora come
toccare Kurt,
ricordava ancora i punti in cui era più sensibile, come dare
piacere solo a
lui. Era Blaine a sostenere Kurt mentre facevano l’amore;
come i muscoli
dell’uno erano deboli e abbandonati su se stessi, quelle
dell’altro erano forti
e guizzanti.
Con una
mano, Blaine stringeva
una natica di Kurt, di modo che la gamba di quest’ultimo si
appoggiasse sul suo
fianco. Con l’altra mano gli accarezzava il pettorale e
ascoltava il suono del
suo cuore. E con la bocca marchiava la pelle sensibile del suo collo e,
avvicinandosi al suo orecchio, gli sussurrava ciò che a Kurt
piaceva sentirsi
dire in quei momenti.
- Ti piace
il modo in cui ti
prendo, vero? Nessuno è mai riuscito a toccarti
così, nemmeno il tuo ex-marito
– aggiunge raddoppiando la velocità delle spinte
– Solo io so come farti stare
bene. Solo io.
-
Blaine… Cristo Santo – riuscì a
dire Kurt, trovando la forza necessarie alle sue mani per risalire
lungo la
testa dell’uomo sopra di lui e guidarla in modo che le loro
bocche si
incontrassero in un bacio umido, bollente e violento.
Con
un’ultima spinta profonda,
Blaine venne e Kurt, mordendogli con forza il labbro inferiore, lo
seguì con un
gemito alto e liberatorio.
Quando si
lasciarono cadere sul
letto, l’uno di fianco all’altro, attraverso i loro
occhi annebbiati iniziarono
a notare i contorni e i dettagli abbastanza anonimi di quella piccola
stanza
d’albergo. Non si preoccuparono di vedere come fosse
esteriormente; quello che
a loro importava maggiormente era la ventata di ricordi che quel luogo
portava
con sé. Un’altra stanza d’albergo,
più grande e più bella, loro due sempre
divisi e uniti a modo loro, ma più giovani e sempre
ugualmente sbandati e presi
reciprocamente.
- Ancora una
volta – disse Kurt,
la voce arrocchita. Non ebbe bisogno di specificare che non si riferiva
al
sesso.
- Questa
è una delle poche
costanti della mia vita – disse Blaine, cogliendo il senso
delle parole
dell’altro uomo – È lo stesso anche per
te?
- Ne dubiti?
– chiese Kurt,
accarezzando con un dito il morbido profilo di Blaine, che scosse
quietamente
la testa come risposta – Ti stai facendo ricrescere la barba
– constatò Kurt
strofinandogli la guancia che iniziava a farsi ruvida e dai riflessi
bluastri.
- Te lo
avevo promesso – disse
Blaine, sorridendogli – Ti ero piaciuto nelle vecchie foto.
Kurt si
sentì pervadere da una
ventata di tenerezza, come non gli accadeva più da anni.
Dio, non gli accadeva
più da quando stava ancora con Blaine. Si
avvicinò nuovamente a lui e lo baciò,
stavolta con dolcezza, godendo della morbidezza delle loro labbra
unite, il
piacevole solletichio delle loro lingue che si accarezzavano.
- Qualcuno
qui ha smesso di
andare in palestra – ridacchiò Kurt passando la
mano sul ventre leggermente
prominente di Blaine.
- Tu,
invece, non hai smesso di
andarci – disse Blaine, iniziando ad accarezzare a sua volta
il fisico sempre
scolpito e marmoreo di Kurt – Sei sempre bellissimo.
- Lo sei
sempre anche tu – Kurt
si accovacciò tra le braccia di Blaine, baciandogli il petto
dove il battito
del suo cuore lo cullava dolcemente. Sto
così bene qui.
- Kurt, cosa
siamo noi? – chiese
Blaine, una nota di nervosismo nella voce. Kurt, che iniziava ad
assopirsi
replicò con un mugugno, non avendolo capito –
Intendo dire – continuò Blaine –
cosa siamo noi due, adesso… dopo quanto è
successo – Dalla risposta di Kurt,
Blaine sapeva che avrebbe dipeso tutto quello che avrebbe fatto nei
prossimi
minuti: se Kurt avesse risposto “nulla”, allora si
sarebbe rivestito e se ne
sarebbe andato e non si sarebbero mai più rivisti. Aveva
distrutto se stesso
mille volte, ogni volta che lui e Kurt si erano lasciati e feriti
reciprocamente, salvo poi ritrovarsi e respirare la stessa aria a pochi
centimetri l’uno dall’altro, a giocare a fare gli
amanti segreti, fingendo di
andare avanti solo con l’eccitazione del momento, quando in
realtà lui sapeva
benissimo cosa continuava a spingerli l’uno verso
l’altro come calamite; anche
Kurt lo sapeva, solo che aveva sempre avuto paura di ammetterlo. Ma
adesso non
erano più ragazzini; erano due uomini e le loro parole
avrebbero avuto un peso
e una valenza maggiori che in passato. Blaine voleva ciò che
aveva sempre
voluto: essere un tutt’uno con Kurt. Ma voleva che anche Kurt
lo desiderasse al
suo stesso modo. Adesso non avrebbe più accettato mezze
misure. Aspettava solo
una risposta per restare o andarsene.
- Non lo
sai? – chiese Kurt.
- Non
giocare con me, Kurt –
scattò Blaine, mettendosi sulla difensiva – Voglio
sapere se dopo questo, dopo
che abbiamo fatto l’amore, stiamo di nuovo insieme o no.
Kurt si
sentì colpito da quelle
parole ma non per l’accenno di rabbia mista a paura che
traspariva da esse,
quanto per la nudità con cui Blaine si poneva davanti a lui
e per il fatto che
avesse detto che quello che avevano fatto non era stato sesso ma amore.
- Quando mai
ci siamo veramente
lasciati? – non c’era bisogno di dire altro.
Sapevano entrambi che sarebbe
arrivato il momento giusto per parlare, ma quello era solo per i gesti
e per i
sentimenti.
Adesso Kurt
e Blaine volevano
essere solo una lacrima e un sorriso; la lacrima era sulla guancia di
Blaine,
commosso dal senso di completezza che avvertiva, e il sorriso era sul
viso di
Kurt, il sorriso di chi ha finalmente trovato ciò che
cercava da una vita.
* * *
I giorni che
seguirono non furono
un ritorno all’adolescenza, ma un rivivere da adulti quanto
già avevano
trascorso da adolescenti. Pensavano di essersi risvegliati da un lungo
sonno e
invece si accorsero quasi subito che i quindici anni appena trascorsi
avevano
lasciato i loro segni. Il resto di quella settimana la passarono
praticamente a
conoscersi una seconda volta, visitando quelli che adesso erano i loro
posti
preferiti, andando nei bar per scoprire che adesso prendevano un
diverso tipo
di caffè. E intanto parlavano di tante cose.
Non era un
ritrovarsi, ma
qualcosa di meglio: era un conoscersi ancora e ancora una volta
scoprire di
amarsi.
Tornarono
ancora una volta in
quell’albergo, che ai loro occhi aveva acquistato
un’aura quasi sacra; poteva
essere un’esagerazione, ma in quel bar e in quella stanza
erano rinati loro due
insieme, come un tempo ma anche nuovi.
Le loro
estenuanti passeggiate,
riservate unicamente ai fine settimana, si concludevano sempre in
quella stanza
d’albergo, dove facevano l’amore in maniera lenta e
dolce nutrendosi di quel
languore che li lasciava felicemente abbattuti sul letto perennemente
sfatto,
custode dei loro amplessi. C’erano anche quelle sere, nel
corso della
settimana, in cui avevano giusto il tempo di incontrarsi dopo il lavoro
e
andare a mangiare qualcosa, e poi si trascinavano nella loro stanza e
si
univano in maniera smaniosa, affamata, quasi violenta, arrivando a
rifugiarsi
nell’anfratto di una parete e baciarsi, guardandosi intorno
nel caso arrivasse
qualcuno, come due ragazzini in piena crisi ormonale.
Altre volte
restavano
semplicemente distesi sul letto uno accanto all’altro, le
giacche appoggiate
sulla spalliera di una sedia e le scarpe di lato
al letto, ascoltando solo il suono dei loro
respiri e dei rumori delle macchine fuori e parlavano, alle volte di
cose
nuove, altre di cose che già conoscevano ma che ripetevano
unicamente perché amavano
ascoltare il suono di quelle determinate parole, di quelle frasi dalla
voce di
chi amavano.
Oggi,
al lavoro è successo…
Ho
visto un cucciolo di golden retriever…
Dovremo
prenderci un giorno per andare…
Non
andartene troppo presto domattina.
* * *
- Sposiamoci.
Blaine lo
disse senza starci
troppo a pensare, quando era il cuore a farlo parlare più
che la testa. Avevano
appena finito di fare l’amore e si stavano godendo il torpore
che lo seguiva.
Kurt lo sentì ma in un primo momento non capì
cosa stesse dicendo; lo fissò con
uno sguardo interrogativo e sembrò quasi sul punto di ridere
ma si trattenne.
- Cosa?
– chiese alla fine.
- Sposiamoci
– ripeté Blaine,
senza lasciarsi scoraggiare dal tono di Kurt; l’euforia di
quel momento aveva
annullato ogni traccia di paura – Perché non
dovremmo? Kurt, ci siamo
ritrovati, stiamo di nuovo insieme dopo anni, qualcosa vorrà
pur dire. Quest’ultimo
periodo è stato il più bello dopo mesi, sia per
me che per te. Perché non
cogliamo questa nuova opportunità che ci è
capitata? Non dovremo più vederci
con l’orologio alla mano, ma staremo insieme sempre, stavolta
per davvero.
L’espressione
di Kurt passò dallo
stupito al serio fino a che i suoi muscoli facciali non dimostrarono un
vergognoso timore.
Quel
cambiamento spaventò Blaine
nella stessa identica maniera di quindici anni fa. Ma non poteva finire
allo
stesso modo, no, non poteva assolutamente; adesso era diverso, per
mille
motivi. Perciò attese in silenzio la risposta di Kurt, che
lasciò la presa che
aveva tenuto su Blaine fino a quel momento e si lasciò
andare supino sul letto,
fissando il soffitto, quasi provasse imbarazzo nel fissare
l’altro uomo.
- Blaine
– mormorò, stringendosi
la radice del naso tra l’indice e il pollice –
Perché dobbiamo complicare
tutto?
Questo era
quello che Blaine non
avrebbe voluto sentire – Perché dici
“complicare”? – chiese, iniziando a
tremare – Possiamo far funzionare le cose, se vogliamo, come
stiamo facendo
adesso.
- E come
abbiamo fatto anche in
passato – saltò su Kurt – Blaine, ci
abbiamo provato, non puoi dire che non
l’abbiamo fatto, ma non ha mai funzionato. Quando pensavamo
che tutto stesse
andando nella giusta direzione, alla fine saltava sempre fuori qualcosa
che
finiva per allontanarci. Sai perché stiamo bene
così come siamo? Per lo stesso
identico motivo per cui siamo stati bene insieme il giorno del
matrimonio di
Schuester: perché ci sentiamo liberi da qualsiasi
costrizione. Contavamo solo
noi due e basta. Tu dici che questo nostro ricongiungimento
è il segno che
siamo fatti per stare insieme per sempre. Io, invece, lo vedo come la
prova
che, più che come coppia sposata, funzioniamo
meglio come a… - si fermò,
mordendosi le labbra, consapevole della
crudeltà che stava per uscirgli di bocca.
Ma
servì solo a ferire
ulteriormente Blaine, che capì perfettamente dove Kurt
volesse andare a parare
– Come cosa? Avanti, dillo! – scattò
– Se ne sei convinto, dimmelo in faccia –
ma Kurt non si azzardò a continuare; avrebbe solo voluto
rimangiarsi quella
parola non detta – Come amanti, stavi dicendo. Vero?
– terminò Blaine per lui.
L’espressione
colpevole di Kurt
fu l’eloquente risposta.
Ed
io che speravo che stavolta fosse diverso
pensò Blaine a malincuore. Senza dire nulla, si
alzò dal letto e iniziò a vestirsi.
- No, Blaine, aspetta
– Kurt si alzò a sua volta e
afferrò l’altro uomo per le spalle per trattenerlo
– Ti prego, non te ne
andare. Resta qui. Scusami.
- No, non ti
scuso – disse
Blaine, senza nascondere la sua rabbia, scuotendoselo di dosso e
finendo di
vestirsi – Pensi di poter continuare così
all’infinito, di giocare alla
relazione clandestina in eterno? Non siamo più due
ragazzini, siamo due uomini.
Siamo stati separati per quindici anni e nessuno di noi è
riuscito a crearsi
una vita sentimentale stabile. E quando vedi che solo insieme siamo
felici e
stiamo bene, ti nascondi dietro la frase “Funzioniamo
più come amanti che come
coppia sposata”, e solo perché sei rimasto
ancorato alle liti di quando eravamo
ancora troppo giovani per capire come far funzionare un rapporto serio.
Non
puoi più nasconderti dietro questa scusa, non adesso che
abbiamo superato i
trentacinque anni e che possiamo usare le esperienze che abbiamo fatto,
tu col
tuo matrimonio e io con le mie relazioni senza impegno. Ma se per te
è solo
questo, incontrarci, uscire insieme, fare l’amore in questa
stanza d’albergo e
poi andarcene ognuno a casa propria, io non ci sto. Ti amo, Kurt. Ti
amo come
non ho mai amato nessun altro e ti amo talmente tanto che mi uccide il
pensiero
di non averti in maniera completa. Ti amo talmente tanto che preferisco
lasciarti piuttosto che illudermi che mi basterà il poco di
cui tu vuoi
accontentarti.
- No, Blaine
– Kurt tentò di
raggiungerlo ma le gambe non gli risposero; poté solo
tendere le braccia verso
Blaine, incapace di dire altro che non fosse
“Blaine”.
- Non mi
cercare più – Blaine
aveva terminato di vestirsi e nei suoi occhi, accanto al dolore, adesso
c’era
anche decisione – Vieni da me solo quando anche tu sarai
sicuro di volere che
le cose tra noi funzionino veramente – e uscì
dalla stanza senza voltarsi
indietro.
Solo quando
il rumore della porta
che si chiudeva gli fece capire che, ormai, tra loro due
c’erano più di una
porta, un corridoio e sei rampe di scale a dividerli, Kurt
ritrovò la forza per
muoversi, senza lo sguardo di Blaine che gli urlava in faccia la
verità sul suo
timore di muoversi in quella storia che sapeva, in cuor suo, sarebbe
stata
felice come quella che aveva sempre sognato quando era un bambino, ma
che
proprio per quella perfezione, ai suoi occhi così
irraggiungibile da
spaventare, lo teneva bloccato in quella copia di relazione tranquilla
e sicura
perché basata sulle parole semplici e sui gesti audaci.
Consapevole
della sua nudità,
rimase solo appoggiato alla porta, una mano sulla maniglia e
l’altra
chiusa a pugno
contro il legno, un urlo
rimasto incastrato in gola.
Ti
prego… scusami… torna da me… ti amo.
* * *
Kurt non
fece come Blaine gli
aveva chiesto: provò a telefonargli già il giorno
dopo ma le sue chiamate
venivano rifiutate; iniziò, allora, a tempestarlo di
messaggi ma non ottenne
alcuna risposta. Non avrebbe voluto ridursi al punto da aspettarlo
fuori la scuola
di canto e musica dove lavorava, ma l’unica volta in cui
cedette a
quell’impulso se ne pentì amaramente, quando vide
Blaine uscire dall’edificio
accompagnato da un uomo. Non si comportavano in maniera intima ma a
Kurt bastò
guardare Blaine camminare al fianco di un altro per sentirsi morire,
per
sentirsi come Blaine durante il loro ultimo incontro. Nel vedere quella
scena,
si ritrovò a pensare.
Devo…
devo… devo… Forse ho sbagliato. Avrei
dovuto… Non dovevo contattare Blaine o
almeno non avrei dovuto iniziare tutto questo senza essere sicuro di
come avrei
voluto che le cose andassero tra noi. Ma poi,
perché… perché ho permesso che si
ferisse? Pensavo che questi anni ci avessero cambiati, invece avrei
dovuto
capirlo dal primo momento che ci siamo rivisti: io continuo a scappare
e lui
non può fare a meno di corrermi dietro. Adesso voglio
imparare a correre, come
lui ha imparato a fuggire. Non riusciamo a smetterla di farci del male,
anche
se sappiamo come potremmo evitarlo. Adesso Blaine ha deciso di
smetterla e si è
salvato da solo. Se io non sono capace di fare altrettanto, allora
dovrei
semplicemente lasciarlo stare… eppure mi è
impossibile farlo. Quante volte, in
questi anni, ho pensato come sarebbe stato avere lui al posto di
Matthew.
Blaine mi ama al punto da non volermi per evitare di stare male, e io
lo amo al
punto da fregarmene della sofferenza che potrebbe venirne fuori.
Cos’è che
voglio, veramente? Blaine. Stare con lui, mangiare con lui, fare
l’amore con
lui, svegliarmi la mattina e vedere il suo viso accanto al mio quando
apro gli
occhi, svegliarlo con l’odore del caffè che gli
preparerò, separarci per andare
al lavoro, ritagliarci dei momenti per stare insieme a pranzo,
ritrovarci la
sera quando rientriamo in casa, sapere che abbiamo qualcuno da cui
tornare.
Blaine. Voglio stare con Blaine… Sempre.
E una sera,
lo ritrovò.
Era spuntato
fuori dalla tasca
interna del portafoglio, il giorno in cui aveva tirato fuori la foto di
sua
madre che vi teneva conservata; la riprendeva in mano ogni volta che si
sentiva
smarrito e in quello sguardo luminoso fissato nella pagellina
plastificata
leggeva una risposta ad una domanda che gli toglieva il sonno o
più
semplicemente ritrovava la forza e il coraggio di cui sentiva il
bisogno.
Quella volta… gli piacque pensare che non fosse stato un
caso, che fosse
veramente una risposta che sua madre gli aveva fatto avere…
quella volta,
assieme alla foto, Kurt tirò fuori l’anello che
Blaine gli aveva fatto con la
carta delle sue caramelle preferite, quando erano al liceo. Era rimasto
nel
portafoglio per così tanti anni, schiacciato da soldi e
documenti vari, che
ormai non era più nemmeno un anello, ma un piccolo ammasso
di cartine di
caramelle accartocciate e che ricordava vagamente la forma di quello
che una
volta era un papillon. Kurt non ricordava nemmeno che fosse
lì, eppure era
ricomparso proprio in quel momento, impigliato nell’angolo
della foto, come se
fosse stata proprio sua madre a riportarglielo.
Quelle
cartine di caramelle
portavano con loro quelle promesse che lui e Blaine si erano scambiati
come se
si fossero sposati quando avevano ancora diciotto e diciassette anni e
da
allora la loro unione fosse continuata, intervallata da lunghe
interruzioni
legate da momenti che gli erano rimasti nel cuore e nella mente in ogni
loro
più piccolo dettaglio. E in ogni ricordo c’era il ti amo che scandiva la loro vita insieme
come un metronomo.
Sì
Blaine, sì. Voglio un’intera vita con te, non solo
pochi e brevi momenti.
Sempre
stringendo nella mano
quello che continuava ad essere il loro anello, Kurt si
precipitò fuori di casa
e corse per strada. Si rese conto troppo tardi della pioggia
torrenziale che
sferzava ogni cosa intorno, lui compreso, ma non voleva perdere tempo a
ritornare a casa per prendere l’ombrello; buttò
un’occhiata veloce sul
quadrante solcato di gocce di pioggia del suo orologio e vide che erano
quasi
le 19:00, l’ora in cui Blaine terminava di lavorare quel
giorno, venerdì, alla
scuola di musica. Senza pensare di prendere
l’auto… si sentiva talmente nel pallone
che non credeva di essere in grado di guidare… si mise a
correre, il sangue che
gli pompava dolorosamente nel petto e nel collo, sforzandosi di
raggiungerlo in
tempo come se qualsiasi altro ritardo potesse annullare le mille
possibilità
che loro due ancora avevano.
Quando,
stanco e appesantito
dalla pioggia, arrivò alla scuola, vide in lontananza
l’inconfondibile figura
di Blaine, sotto un ombrello aperto, che si allontanava verso la sua
macchina
parcheggiata a un isolato più avanti.
Kurt strinse
ancora più forte
l’anello di cartine accartocciate e fece un’ultima
corsa, un ultimo sforzo per
raggiungerlo.
E proprio
quando era solo a due
passi da lui, chino sulla portiera della sua macchina, i piedi lo
tradirono:
scivolò sull’asfalto bagnato, mentre stava
attraversando tra un marciapiede e
l’altro, e una macchina in corsa lo mancò di poco,
un forte squillo di clacson
a segnalare la rabbia del conducente. Intontito dallo spavento, Kurt
tentò di
rimettersi in piedi, incespicando, quando il – Kurt!
– allarmato di Blaine gli
raggiunse le orecchie. Un secondo dopo se lo ritrovò
accanto, bagnato fradicio
anche lui perché aveva lasciato cadere per terra
l’ombrello per raggiungerlo
prima, spaventato.
Erano state
poche le volte in cui
Blaine aveva avuto veramente paura in vita sua; la peggiore era stata
quella
volta in cui aveva ricevuto la chiamata dell’ospedale, quando
Kurt era stato
ferito da quel gruppo di omofobi, quando la possibilità di
perderlo per sempre
gli si era paventata davanti, annientandolo totalmente. Ed ecco che
quel
terrore gli si era presentato di nuovo, stavolta proprio davanti agli
occhi.
Aveva intravisto Kurt correre, sotto la pioggia, verso di lui, per poi
cadere a
terra e un auto sfrecciare a pochi centimetri da lui. Urlando il suo
nome a pieni
polmoni e gettando via l’ombrello, si era precipitato verso
di lui per
assicurarsi che stesse bene, che non gli fosse stato portato via,
stavolta
definitivamente.
Per Blaine,
Dio esisteva perché
anche Kurt esisteva e vederlo rialzarsi fu una conferma della sua fede
personale.
Per Kurt, il
richiamo di Blaine,
la sua figura bagnata, il suo sguardo carico di sollievo e gioia nel
vederlo
rialzarsi da solo, fu la certezza di aver ritrovato il luogo dove
sarebbe
sempre tornato.
- Kurt, stai
bene? Sei ferito? –
chiese Blaine, preoccupato.
-
Io… sì… sì, sto bene
– rispose
Kurt, ancora un po’ scosso.
- Vuoi che
ti accompagni in
ospedale?
- No,
veramente, sto bene, non mi
sono fatto niente – ripeté Kurt, con
più convinzione.
Blaine
riprese a respirare
normalmente, lasciando correre lo sguardo lungo la figura di Kurt, alla
ricerca
di graffi o contusioni che non c’erano – Vieni
– disse, prendendogli il braccio
con delicatezza – Ti porto a casa mia.
L’ombrello
era stato trascinato
dal vento chissà dove, ma ormai sarebbe stato comunque
inutile, dal momento che
erano tutti e due completamente zuppi di pioggia. Quindi, senza darsi
pensiero,
Blaine fece salire Kurt nella macchina e lo portò a casa sua.
Non erano
mai andati nelle
reciproche abitazioni da quando avevano ripreso contatto; la loro meta
ultima
era sempre stata la loro stanza d’albergo e per Kurt fu
un’esperienza nuova
varcare la soglia dell’appartamento di Blaine, vedere
quell’ambiente sobrio e
ordinato, con giusto due o tre dettagli di disordine, così
da lui, per
alimentare non il coraggio ma il desiderio di fare ciò per
cui lo aveva
seguito.
Blaine si
sfilò le scarpe bagnate
e le posizionò sotto un termosifone nell’ingresso
– È acceso. Metti pure le tue
scarpe qui ad asciugare – disse a Kurt – Vado a
prenderti qualcosa di asciutto
da mettere – e saltellò in una stanza dalla quale
uscì un minuto dopo con una
tuta e un pigiama e invitò Kurt, che si era tolto a sua
volta le scarpe, ad
entrare. Si cambiarono nel salottino, mettendo i vestiti bagnati sugli
altri
termosifoni nelle altre stanze, dopo di ché Blaine lo
portò in cucina, dove
iniziò a preparare del tè caldo.
Sembrava che
si fossero
dimenticati della discussione dell’ultima volta. Quella
naturalezza,
quell’intimità, loro due in una cucina, in pigiama
e tuta, a preparare il tè.
Era la vita che li stava chiamando, dandogli loro tutto quello che
avevano
sempre cercato pur avendolo a portata di mano, chiedendo che non
sprecassero
più tempo prezioso, che quando hai la felicità a
pochi centimetri da te, afferrala
e tienila stretta.
Mentre
Blaine versava il tè in
due tazze, Kurt gli andò vicino e, aprendo la mano, gli
mostrò le cartine di
caramelle dell’anello.
Blaine
impiegò una manciata di
secondi a riconoscerlo – Lo hai conservato – disse,
senza riuscire a fare a
meno di sorridere.
- Mi ero
dimenticato di averlo
con me – disse Kurt – Come avevo dimenticato
com’era stare con te. Eppure l’ho
sempre avuto con me. E adesso che, pur con tutte le paure che ho e le
bugie e
le parole che accumulo per proteggermi, ho capito che avrò
sempre il mio cuore
legato al tuo, so come voglio che vada tutto questo. Anche se questo
anello ha
perso la sua forma originale, rimane sempre l’anello della
promessa che tu mi
hai fatto e regalato; e così l’amore che ci univa
quando eravamo giovani è
cambiato ma è sempre qui tra noi, con una forma diversa,
magari indurito dalle
nostre esperienze ma comunque bisognoso di essere nutrito e
accresciuto. Non
credo che impareremo mai a non ferirci, ma sappiamo già che
quello che ci lega
non si sfalderà mai, anche se potremo credere il contrario.
Tu lo hai sempre
saputo. Io ci ho messo un po’… ma alla fine sono
arrivato dove volevo arrivare.
E non rimpiango nulla, né le lacrime né i momenti
bui perché, alla fine, questa
strada mi ha portato da te. Ti amo, Blaine. E stavolta sono io che te
lo
chiedo. Blaine Anderson, vuoi sposarmi? – e gli porse
l’anello.
Blaine non
rispose subito; posò
solo la mano su quella di Kurt in modo che entrambi toccassero
l’anello, il
respiro reso tremulo dall’emozione – Sì
– rispose alla fine.
E si
gettarono l’uno tra le
braccia dell’altro, stringendosi e baciandosi.
- Il
tè si raffredda – disse
Blaine, sorridendo beatamente, allontanando il viso per riprendere
fiato.
- Non mi
importa. È te che
voglio. Solo e soltanto te – disse Kurt riafferrando le
labbra di Blaine con le
proprie.
Dopo un
po’, le due tazze piene
di tè ormai freddo erano ancora sul ripiano della cucina. Ma
Kurt e Blaine non
erano lì; erano della camera da letto di Blaine, a pochi
istanti dal sonno,
stretti, petto contro petto, labbra contro labbra, consapevoli che
stavolta
sarebbe stato per sempre.
Ti
amo.
Ti
amo anch’io.
Non
importava chi lo avesse detto
per primo. A loro bastava dirlo.
* * *
Sia Kurt che
Blaine, da giovani,
al tempo della loro prima proposta, avevano immaginato il loro
matrimonio come
il non plus ultra dello sfarzo e dell’eleganza, con accurate
decorazioni
floreali, colombe possibilmente addestrate che volavano lungo la navata
al
momento del “sì”, con tutti i loro
famigliari ed amici riunitisi apposta per
loro.
Certo non si
sarebbero mai
aspettati di sposarsi a trentasei e trentasette anni in una spoglia
aula
municipale, i loro genitori ormai anziani e un ristretto gruppo di
amici,
vecchi e nuovi, seduti dietro di loro e un rinfresco a base di
champagne e
dolci acquistati nel bar dove si erano rincontrati di nuovo la prima
volta.
Ma adesso,
ai Kurt e Blaine
adulti, ai due uomini che stavano firmando il contratto che li
dichiarava
ufficialmente e finalmente uniti in matrimonio, bastava. Non si erano
mai
sentiti così ricchi e soddisfatti come nel momento in cui
videro i loro nomi e
cognomi uniti insieme… come le loro mani, ai cui anulari
brillavano due fedi
che sarebbero durate per il resto della loro vita.
- Ancora una
volta?
Ancora una
volta una vita
insieme, fatta di colazioni insieme, di serate da passare con gli amici
o in
intimità, di notti d’amore, di litigi e di
riconciliazioni, di vacanze al mare
o in montagna o in centri storici, di figli da accompagnare a scuola e
da
crescere in modo da renderli adulti responsabili e retti, di ricordi
della
giovinezza e di una vecchiaia che li coglierà ancora
insieme, ancora
innamorati. Ancora un volta Kurt e Blaine.
- Ancora una
volta.
Fine
Note
dell’autore:
Ed ecco che
ritorno con una nuova
OS, e stavolta proprio per festeggiare il tanto atteso Klaine Wedding.
Non sono un
campione quando si
tratta di discorsi e dichiarazioni e proposte varie, ma dopo quelle
ascoltate,
oggi e in passato, per bocca di Blaine e Kurt, ogni altro discorso
è
praticamente il nulla totale (grazie tante Kurt e Blaine per aver
alzato per sempre
gli standard di mezzo mondo XD)
Questa OS
nasce prima di tutto
dal bisogno di vedere, per una volta, il nostro Kurt agire per primo e
il
nostro Blaine rifiutarsi di essere sempre arrendevole. Non pretendo di
aver
creato un capolavoro, questo no… solo di aver fatto un
lavoro migliore di
quello fatto da Brad XD Scherzi a parte, mi è piaciuto
moltissimo scriverla,
prova ne è che ho impiegato solo due settimane per scriverla
e, considerando la
mia lentezza, questo è un record personale. Questi Kurt e
Blaine sono tra le
cose migliori che sono usciti dalla mia penna e per una volta posso
dire di
essere soddisfatto di un mio lavoro. E confesso che avrei preferito
mille volte
un matrimonio semplice come questo ma con un background meglio
costruito e
strutturato alle spalle, piuttosto che una cosa affrettata e inserita
all’ultimo momento.
Piccola
nota, per la quale spero
nessuno mi odi: sì, l’uomo più grande
sposato da Kurt, e che studiava mimo con
Kurt e Blaine alla NYADA, è proprio lo studente anonimo
interpretato da Will
Sherrod in due episodi di Glee. Non ho potuto farne a meno, mi
stuzzicava
troppo l’idea di far sposare Kurt proprio con lui per poi
farli divorziare.
Comunque, nessuno può dire che io sia stato cattivo; alla
fine non ho fatto
subire a Kurt né un tradimento né una violenza
domestica, ma una separazione
dettata dal fatto che non si amavano veramente. Semplice e conciso.
Sulla barba
di Blaine e i suoi
calzini rosa… no comment XD
Che altro
dire, spero che abbiate
sentito quella musica messa all’inizio durante la corsa di
Kurt sotto la
pioggia e vi consiglio anche di vedere il film dal quale proviene, uno
dei miei
preferiti * *
Per
qualsiasi cosa vi rimando
alla mia pagina facebook: https://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483
E per
eventuali domande o
opinioni, sono anche su ask: http://ask.fm/LusioEFP
Concludo
ringraziando
sentitamente F l a n e Gynny_Potter per aver organizzato questa
Challenge e per
aver incentivati un sacco di fanwriter, me compreso, a tirar fuori il
meglio di
noi stessi per rendere ancora più speciale questo momento
speciale per i nostri
Klaine. Un abbraccio ragazze <3
Saluti a
tutti
Lusio