Feel me, Caroline.
Note
prima della
lettura: Spoiler TVD
6x15 e TO (seconda stagione). Se non siete in pari con la
programmazione
americana e non volete grossi spoiler non proseguite.
Avevo
vent’anni. Tutta
la vita davanti – qualcuno avrebbe detto- e invece,
no. Non avevo solo una vita
davanti. Ne avevo infinite, perché
non sarei mai invecchiata. Mai. Io
non sarei mai morta. Mai.
Devi adattare la
tua
percezione del tempo quando diventi un vampiro
Vent’anni,
soltanto e già avevo perso entrambi i miei
genitori, una cara amica ed avevo combattuto contro me stessa per
essere una
persona migliore, un vampiro migliore.
Nessuno dovrebbe perdere così tanto, così presto.
Nessuno.
Avevo appena
trascorso quello che credevo essere il giorno
peggiore della mia vita. Avevo seppellito mia madre senza essere
riuscita a
dirle addio, troppo sicura del fatto che avrei avuto più
tempo. Tempo per
leggerle dei libri, per guardare insieme a lei trilogie dalla pessima
regia e
per cucinarle i suoi dolci preferiti. Scioccamente avevo creduto che se
avessi
pianificato tutto nei minimi dettagli, avrei potuto ottimizzare il
tempo che le
restava.. E invece.. Non si può ingannare la morte, anche
quando ci si riesce
si resta fregati. Io ne sono l’esempio. Ho tutta
l’eternità davanti, ma dovrò
viverla senza le persone a me più care. Fra qualche
decennio, fatto salvo per
chi come me è un vampiro, tutti coloro che amo non ci
saranno più, mentre io..
Cosa farò?
Forse un giorno,
fra un
anno o perfino fra un secolo, busserai alla mia porta e lascerai che ti
mostri
cosa il mondo ha da offrirti
Il Mystic Grill
era gremito di persone, il chiacchiericcio di
coloro che avevano preso parte al piccolo ricevimento dopo il funerale
stava
diventando assordante. Con garbo salutavo chi era venuto a rendere
omaggio a
mia madre per l’ultima volta. Accennavo sorrisi di
circostanza, ma dentro
sentivo di non riuscire più a sostenere quel ruolo. Il
dolore pulsava in gola
più forte della sete del sangue, era insopportabile,
insostenibile.
“Ehi,
vai via?” – Elena aveva capito le mie intenzioni,
notando che stavo indossando il cappotto.
“Sì..ne
ho abbastanza di funerali per oggi..” – Commentai
provando
a sorriderle.
“Ti
accompagno” – Rispose, senza esitazioni.
“No..
Sono solo due isolati..me la caverò Elena, grazie”.
“E’
solo che non credo sia una buona idea che tu resti da
sola stanotte” – Sentenziò con aria
dispiaciuta.
“Invece
credo che sia esattamente ciò di cui ho bisogno”
–
Continuavo a cercare di sorridere, per convincerla che stavo bene. Ma
il mio
volto doveva somigliare ad una maschera scolpita da un pessimo artista.
La abbracciai,
quasi per essere più convincente, ma
soprattutto per evitare il suo sguardo diffidente.
“Grazie
per tutto quello che hai fatto oggi, Elena. Non lo
dimenticherò. Mai”.
Me ne andai,
prima che potesse aggiungere altro, prima che
quella maschera si sgretolasse e scoppiassi a piangere.
Quando arrivai
davanti al portico della mia casa, tutto
divenne chiaro, improvvisamente. Avevo già pensato a quella
possibilità, ma
fino a quel momento non l’avevo considerata sul serio. Le
parole di Damon
riecheggiavano nella mia mente. Sarei stata peggio di così e
quel peggio stava appena
cominciando.
Rientrai lentamente, osservando l’ambiente intorno a me. Era
casa mia quella,
eppure la sentivo così estranea, silenziosa, vuota. Avanzai
di qualche passo e
mi ritrovai di fronte la poltrona dove mia madre aveva passato i suoi
ultimi
pomeriggi. Il suo golfino grigio ancora sulla spalliera, una tazza da
tè vuota
sul tavolino, qualche libro accanto ad essa. Inalai il profumo della
mia mamma,
che ancora impregnava quell’indumento. Il vuoto che provai fu
indescrivibile.
Era questo ciò che mi restava di lei. Ricordi e vuoti
incolmabili. Il peggio era
iniziato. Sentii il bisogno
di rassettare quel disordine. Misi via la tazza sporca ed i libri
ancora
aperti, mentre le lacrime offuscarono la mia vista. Stavo per piangere,
quando
percepii una presenza alle mie spalle.
Sentii il suo
battito, era veloce. Mi voltai di scatto,
incredula e confusa. Avevo riconosciuto quell’odore, lo avrei
riconosciuto fra
mille. Era inconfondibile.
Lui. Occhi fissi
nei miei, labbra serrate in un’espressione
seria, forse triste, le mani conserte dietro la schiena, immobile come
una
statua.
“Klaus..Cosa
ci fai qui?” – Non ebbi la forza di dire altro,
le mie energie erano convogliate nel ricacciare indietro le lacrime.
“Damon
mi ha informato di ciò che stava accadendo tua madre,
ieri sera mi ha scritto, dicendo che era molto grave. Mi dispiace
molto,
Caroline. Sono qui per porgerti le mie condoglianze”
– Scandì le parole
lentamente, senza mai distogliere i suoi occhi da me. La voce bassa e
roca
accarezzò quelle frasi, facendole apparire sentite, sincere.
Abbassai lo
sguardo, distrutta. Poi mi ricomposi:
“Ti
ringrazio, ma ti sei perso il funerale ed il ricevimento.
Quindi è totalmente fuori luogo che tu sia qui adesso. Ho
bisogno di stare da
sola”.
Era tornato da
New Orleans solo per mostrarmi il suo
cordoglio. Ripensai al giorno del mio diploma, quando
affrontò lo stesso
viaggio solo per farmi le congratulazioni.
Lui è
il tuo primo
amore, io voglio essere l’ultimo, qualunque sia
l’attesa
“Capisco
– disse, guardando altrove – Tuttavia, era doveroso
da parte mia essere qui”.
“Lo
è davvero?” – Chiesi con una punta di
sarcasmo.
“Dimentichi
che siamo amici, Caroline. Ho imparato che nell’amicizia
non contano il tempo e la distanza. Se vuoi bene a qualcuno, devi
esserci, nel
bene e nel male. Ed è quello che sto cercando di fare con
te”.
Si era
avvicinato di qualche passo, mentre io, dal canto mio,
avevo indietreggiato fino a sentire il pianoforte dietro di me.
“Klaus,
io.. Mi dispiace sono stata scortese..ma..”
“Non
devi scusarti. Va tutto bene” – Mi interruppe.
Rimanemmo in
silenzio per qualche secondo, fissandoci l’un
l’altra,
in un misto di nostalgia e sospiri.
Realizzai che la
sua presenza lì, in quella stanza, mi stava
in un certo senso aiutando. Mi aveva distolta per un attimo da quel peggio che aveva cominciato ad
attanagliarmi poco prima. Klaus mi aveva distratta.
Il dolore
è sparito. Mi
hai riportato indietro, Caroline
“Ti
prego, siediti. Hai fatto tutta questa strada per me,
lascia almeno che ti offri da bere” – Lo invitai ad
accomodarsi su quella comoda
poltrona che purtroppo non avrebbe mai più accolto i
pomeriggi di mia madre.
Accennò
uno dei suoi sorrisini compiaciuti, ma si guardò bene
dal lasciarsi andare troppo, la sua espressione si ricompose subito
dopo.
“Cosa
preferisci?” – Gli chiesi dopo che si era
accomodato.
“Quello
che prendi tu” – Rispose con sicurezza.
“Non
credo che berrò stasera” – Ribattei
secca, mentre mi
dirigevo verso il carrello dei liquori.
“Non
credo che ti farebbe poi così male” –
Commentò con voce
acuta.
Sospirai,
guardando il bicchiere che avevo riempito per lui.
Forse aveva ragione. Non mi avrebbe fatto male un po’
d’alcol in corpo, non
quella notte.
Quando riapparsi
davanti a lui con due bicchieri colmi di
Bourbon, vidi il suo viso farsi decisamente compiaciuto, senza riuscire
a
frenare il suo sorriso malizioso stavolta.
Sorrisi anche io
e, per la prima volta in quella giornata, fu
un sorriso sincero.
Mi sedetti
difronte a lui, col mio bicchiere fra le mani,
senza avere la minima idea di cosa dire il momento dopo. Ma lui
prevenne il mio
imbarazzo, sollevando di poco il suo drink:
“Allo
sceriffo Elizabeth Forbes”.
“Alla
mia mamma” – Risposi, imitando il suo gesto.
Entrambi
mandammo giù il liquore in un solo fiato.
Chiusi gli occhi
per un secondo e quando li riaprii,
incontrai i suoi, illuminati e bramosi.
Provai
un’emozione intensa, indecifrabile perché confusa
fra
tutte le altre, ma così forte da togliermi il respiro. La
testa si era fatta
più leggera, il Bourbon stava facendo il suo dovere.
“Klaus..”
- Esitai
“Dimmi”
– Rispose prontamente.
“C’è
una cosa che vorrei chiederti. So che tu hai affrontato
diversi lutti nella tua famiglia e so che hai mille anni durante i
quali avrai
sicuramente fatto esperienza di ogni tipo di emozione e
dolore..” – Esitai ancora.
“E’
stato un millennio inteso di certo. Ma cosa vuoi
chiedermi di preciso?” – Il suo sguardo si era
fatto insistentemente curioso.
“Com’è
spegnere la propria umanità, le proprie emozioni?”.
Sgranò
di un poco gli occhi, passandosi lentamente una mano
sulle labbra.
“Vuoi
sapere come si sta quando spegni l’interruttore?”
“Sì”
– Risposi sinteticamente.
“Direi
che si sta.. bene.
In quella condizione non c’è nulla che possa
tangerti affettivamente. Non provi
alcun tipo di dolore pensando alle cose terribili che ti sono accadute.
L’assenza
di chi amavi non si pone più come un problema,
perché non ami niente più. Vivi
in balia della tua voglia di sangue e di sesso. I due istinti
primordiali più
potenti. La fame ed il desiderio. Essi ti dominano e non ti importa di
nient’altro”
– Parlava con pacatezza, illustrando quella prospettiva con
fare da maestro.
Ne rimasi
affascinata.
“Sembra
favoloso” – Commentai.
“Lo
è.. da un lato. Ma dall’altro..”
“So
già cosa stai per dire. Risparmiami, ti prego. Non vorrai
certo farmi discorsi di moralità sulle condotte che
assumerei o sulle vite che
prenderei?” – Lo interruppi.
Scosse la testa,
sbuffando in una risata.
“No.
No, Caroline. Non sarebbe questo a preoccuparmi, davvero”.
“E
allora? Quale sarebbe questo risvolto della medaglia?”
–
Chiesi incuriosita.
“Damon
ha detto la verità oggi al funerale. Sei una donna
bellissima e forte, un’amica generosa, una luce intensa in un
mare di oscurità,
sei straordinaria. Cosa resterebbe di tutto ciò se spegnessi
la tua umanità? Il
dolore ed il lutto se ne andrebbero, certo. Ma con loro anche tutto il
resto.
Credi che ne valga la pena?”
Le lacrime
risalirono ai miei occhi, ero sorpresa.
“Tu
eri lì? Eri al funerale? Klaus.. io..” –
Non riuscivo a
crederci. Era stato lì per tutto il tempo, in disparte, ad
osservarmi.
“Ero
lì Caroline. Ero lì per te, nelle retrovie, ma
solo per
rispetto del momento e per non attirare l’attenzione su di
me. Era il funerale
di tua madre ed era giusto che tutti si concentrassero su
quello” – Dai suoi
occhi traspariva sincera commozione.
“Oh
Klaus..Ti ringrazio..” – Le lacrime ormai solcavano
il
mio volto. Con esse sentivo quel peggio
scivolare via, fuori da me.
“Hai
una voce incantevole” – Disse mentre si alzava per
raggiungermi e tendermi la mano.
Con gli occhi
ancora umidi tirai su col naso, incontrando il
suo sguardo che mi invitava ad alzarmi. Afferrai la sua mano, dandomi
slancio
verso di lui. Mi ritrovai a pochi centimetri dal suo volto, come quel
giorno
nel bosco, quando io e lui..
Voglio che tu
sia
onesta con me
“Canta
ancora, Caroline. Canta per me. Canta per Liz. Anche
dal dolore più oscuro può nascere qualcosa di
sublime. Non lasciare andare chi
sei, non farlo mai”.
Lo osservavo
stupita, mentre mi accarezzava con delicatezza
il volto. Forse aveva ragione. Forse dopotutto, anche quel terribile
vuoto si
sarebbe trasformato in qualcosa di fertile e fecondo per la mia anima.
Purtroppo però tutto ciò che sentivo in quel
momento era pena e mancanza.
Mi avvicinai di
più al suo corpo, che in risposta mi accolse
in un abbraccio forte e dolce al tempo stesso. Così, stretta
a lui, cantai
ancora.
“Go in peace, go in kindness
Go
in love, go in faith
Leave
the day, the day behind us
Day
is done, go in grace
Let us go into the dark
Not
afraid, not alone
Let
us hope by some good pleasure
Safely
to arrive at home”
Ci
ritrovammo di nuovo occhi negli occhi. L’azzurro dei miei si
perdeva nel
torbido grigio acqua dei suoi.
“Vivi
il tuo dolore, tesoro. Lascia che ti cambi, ma non spegnere le tue
emozioni.
Non privarti di cose come questa”
Avvicinò
le sue labbra alle mie, dischiudendole poco a poco, con dolcezza, senza
fretta.
Sentivo il mio corpo fremere al contatto con il suo. La nostra
connessione era
tornata. Non aveva mai cessato di esistere in realtà.
Poggiai le mie mani
contro il suo petto, come per spingerlo via, ma il suo abbraccio si
fece più
stretto ed il suo bacio più intenso.
Non
era giusto. Avevo appena seppellito mia madre. Non potevo lasciarmi
andare a
lui.
Mi
opposi con più forza, riuscendo a staccarmi.
“Klaus..non
posso.. io..”
Prese
una delle mie mani fra le sue.
“Non
c’è nulla di sbagliato nel sentire emozioni,
Caroline. Il piacere è solo l’altra
faccia del dolore. Si compensano, si alimentano e si annullano a
vicenda. Hai
bisogno di sentire, non importa cosa. Che sia lutto o lascivo
desiderio, non
conta – Portò la mia mano sul suo petto,
premendola così forte che quasi
sentivo di avere il suo cuore a contatto con la mia pelle. Batteva
forte – Sentimi,
Caroline”.
Quella
notte scelsi di sentire. Il dolore per mia madre. La rabbia per non
aver potuto
salvarla. La delusione nei confronti di Stefan. La voglia di andare via
e
ricominciare. Il desiderio ardente nei confronti di Klaus.
Sono
in uno dei miei posti
preferiti al mondo.. E tutto ciò a cui riesco a pensare
è quanto vorrei
mostrarlo anche a te. Forse un giorno me lo permetterai
“Ti
sento..” – Risposi con un fil di voce.
Bastò
un mio sguardo per fargli capire che sarei stata di nuovo sua. Si
accese di
passione, per me, riprendendomi fra le sue braccia e baciandomi ancora,
stavolta con più foga, con più urgenza.
Non
riuscivo a staccare la mia bocca dalla sua, mentre ci svestivamo a
vicenda,
urtando contro mobili e suppellettili. I rumori delle ceramiche
infrante si
confondevano a quelle dei nostri respiri.
Avevo
bisogno di sentire. Avevo bisogno
di
lui.
Ci
ritrovammo in camera mia, dopo esserci trascinati per le scale,
lasciando una
scia di abiti abbandonati a se stessi. Vicini e già
ansimanti, ansiosi di
perderci l’uno nell’altra, ma troppo esigenti per
bruciare così presto la nostra
passione. Spendemmo un’ora in baci e carezze peccaminose,
esplorando a vicenda
i nostri corpi con fame e sete, nutrendoci l’uno
dall’altra, mischiandoci la
pelle e l’anima. Raggiunsi l’apice delle mie
sensazioni diverse volte, grazie
alle sue abili mani e alle sue labbra perfette, sentendo ognuna delle
mie umane
emozioni. Era tutto lì, in quel momento. Sentivo. Ed era
tragico e meraviglioso
al tempo stesso. Quando finalmente fu dentro di me, realizzai quanto mi
fosse
mancato. Sentivo tutto. Anche i miei sentimenti per Klaus, finalmente
erano
chiari, tanto quanto il lutto di mia madre.
Amai
Klaus quella notte e lui amò me. Ci amammo come se nessuno
dei due avesse mai
amato prima e come se mai avessimo potuto amare altri in futuro.
Ero
sua e lui era mio.
Quando
sfiniti ci addormentammo abbracciati, riuscii a dirgli le mie ultime
parole, prima
di essere rapita dal sonno e dalla stanchezza.
“Ti
ringrazio”
In
risposta mi strinse più forte, più forte che mai.
**********
Avevo
davvero
creduto di poter lasciare spazio al dolore. Quella notte ci avevo
creduto. Ma
non era durato a lungo. Quando mi risvegliai, ancora fra le sue
braccia,
credevo ancora che avrebbe potuto funzionare. Bilanciare il bene ed il
male
dentro di me. Compensare il lutto con la vita. Poteva essere facile. Ci
credevo
ancora, quando scesi di soppiatto giù in cucina, per non
svegliarlo, pronta a
preparare la colazione. Pensavo ancora che fosse possibile, quando per
caso
inciampai nel suo cellulare abbandonato sul pavimento. Ancora mi
illudevo di
poterci riuscire, quando lo raccolsi da terra e vidi che aveva
perlomeno dieci
messaggi in segreteria. Ci credevo. Poi ascoltai quei messaggi,
rimanendo
basita nell’ascoltare quella voce femminile così
familiare.
“Klaus dove diavolo sei finito? Ti stiamo
cercando da ieri! Come hai potuto allontanarti da New Orleans proprio
ora?
Nostra figlia è di nuovo in pericolo! I tuoi fratelli,
quelli cattivi, sono
tornati più forti che mai! Non so fin quanto i lupi del mio
branco potranno
proteggerla contro la magia nera! Devi tornare subito qui! Io e Hope,
la tua
famiglia, abbiamo bisogno di te!”
Riagganciai,
stringendo il telefono fra le mani fino quasi a romperlo. Ma decisi di
guardare
prima le foto su di esso. C’erano immagini di Hayley che
teneva in braccio una
bellissima bambina bionda, terribilmente somigliante a Klaus. Nella
foto dopo
era proprio lui a tenerla in braccio. Altre foto ritraevano Elijah, una
donna
di colore ed una donna bionda, tutti in adorazione verso quella bambina.
Provai
di nuovo un
vuoto lancinante.
Klaus
si era fatto
una famiglia ed io non ne sapevo nulla. Hayley ne faceva parte. Era la
madre di
sua figlia? Non capivo come tutto ciò poteva essere
possibile, ma in quella
confusione c’era una lampante verità: nella vita
di Klaus a New Orleans non ci
sarebbe stato spazio per me.
Era
stata una sola
notte. Un’altra avventura. L’ultima, ripromisi a me
stessa.
Uscii
senza far
rumore. Senza bagagli. Senza meta. L’unica cosa che
desideravo era prendere il
primo aereo. Ma dovevo programmare bene il tutto. Avevo un piano prima
che
Klaus fosse piombato a casa mia la sera precedente. Dovevo solo
cancellare
quella notte e ripartire dai miei progetti.
Mentre
camminavo
svelta verso l’auto, sentii riaffiorare di nuovo quella
sensazione.
Era
di nuovo lì, il peggio.
Non
potevo
riuscirci. Non da sola. Smisi di credere e partii.
Qualche
giorno dopo.
Gli
assistenti di
volo raccomandarono di allacciare bene le cinture. Ignorai quel comando
e continuai
a fissare il nome sul mio nuovo passaporto falso.
Elizabeth
Mikaelson
Ora
riuscivo a
realizzare quanto fosse stato sdolcinato voler ricordare le due persone
che
avevo amato di più nella mia nuova vita. Feci spallucce, era
comunque un bel
nome. Misi via il documento e cominciai a sfogliare una rivista di
moda.
Eravamo quasi pronti per il decollo quando una bella hostess bruna si
avvicinò
con cortesia.
“Signorina,
dovrebbe
allacciare la cintura di sicurezza per favore”.
Mi
voltai verso di
lei con indifferenza, poi abbassai gli occhiali da sole scuri e la
fissai
dritto negli occhi:
“Credo
che ne farò a
meno, dolcezza. Ma non preoccupartene, piuttosto, aspettami chiusa
nella
toilette, stamattina non ho fatto colazione e tu hai un odore molto
invitante!”.
Le
sorrisi fintamente,
mentre lei annuì come un automa e si diresse verso la
toilette dell’areo,
totalmente noncurante dell’imminente decollo.
Mi
stiracchiai le
braccia soddisfatta.
Non
sentivo più
nulla. Il dolore era sparito. Il lutto era stato cancellato. Ogni senso
di
colpa o rimorso, lavati via.
Avevo
spento le mie
emozioni, la mia umanità.
L’altra
faccia della
medaglia?
Non
sentivo più la
voglia di vedere i miei amici. Non avvertivo la mancanza di Elena,
Stefan,
Damon o nessun altro.
Non
sentivo niente
nemmeno per Klaus.
Anzi,
forse mi
mancava il sesso con lui. Ma non quel sesso disperato e romantico di
qualche
sera prima. Piuttosto il favoloso sesso selvaggio di quel pomeriggio
nel bosco.
Sorrisi
fra me e me.
Prima
o poi gli
avrei fatto una visitina. New Orleans era fra le tappe del mio giro del
mondo.
Ma la prima era Tokyo, il sesso con Klaus poteva aspettare, nel
frattempo mi
sarei allegramente consolata.
Preferisci
chi sei adesso alla ragazza che eri una volta.
Ti piace essere forte, giovane, impavida.
Siamo
uguali, Caroline.
Spazio
personale.
Dopo
aver concluso da
poco la mia long Klaroline, non pensavo di tornare così
presto con una OS.. ma
l’episodio sulla morte di Liz Forbes mi ha ispirata. Quante
di noi avrebbero
voluto Klaus al funerale? Ecco..io ho immaginato come sarebbe andata se
Caroline al suo rientro in casa avesse trovato Klaus ad aspettarla.
Avrebbe
dovuto esserci. E per me c’è stato. Spero vi sia
piaciuta. Finale aperto, ma nessun
happy ending, in questo momento non ci credo. Klaus e Caroline sono
troppo
distanti…però mi piace sperarci…la
speranza è l’ultima a morire … tanta
tanta
HOPE.
Stay
Klaroline!
Un
abbraccio
Vic.