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Autore: My Pride    07/12/2008    13 recensioni
«È strano come certe cose cambino le persone.
Prima che tutto questo avvenisse, non avevo mai visto Oka-san comportarsi così
»
[ Missing Moment: Evento RoyEd Marriage del 10/10/10 { 30 } ]
[ Terza classificata al «Flash Contest» indetto da Addison89 { 14 / 20 } ]
[ Sesta classificata al «A contest, a rose and a story!» indetto da Roy Mustung sei uno gnocco { 26 } ]
[ Storia fuori serie: 16 { Dedicata a Red Robin }, 18, 19, 20, 21, 23, 24, 25 { Dedicata a Red Robin }, 26, 27, 28, 29 ]
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Edward Elric, Nuovo personaggio, Roy Mustang, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shattered Skies ~ Stand by Me' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Heart burst into fire_Episode 14 Titolo: Strange love story (Il nostro inizio)
Autore: My Pride
Fandom: FullMetal Alchemist

Tipologia: One-shot [ 2224 parole ]
Personaggi: Roy Mustang, Edward Elric
Genere: Slice of life, Sentimentale, Commedia
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, What if?



FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved.



[ FLASH CONTEST ] EPISODIO 14: STRANGE LOVE STORY (IL NOSTRO INIZIO)

    «Si può sapere dove diavolo mi sta portando, Colonnello?» mi chiese Acciaio con fare annoiato, infrangendo il silenzio che regnava ormai da più di quarantacinque minuti nell'abitacolo della mia auto.
    Senza staccare gli occhi dalla strada asfaltata su cui sfrecciavamo, gli scoccai appena una fuggevole occhiata, non ritenendo necessario rispondergli immediatamente.
In quella situazione era meglio concedergli il beneficio del dubbio. Soprattutto perché sarei stato io, dopo, a farne le spese. Ancora mi chiedevo perché mi cacciassi in certi rompicapi che non avrebbero fatto altro che farmi ritrovare, come si suol dire, cornuto e mazziato. Innamorarmi di un ragazzino quasi diciassettenne appena entrato nella sua cosiddetta pubertà. Proprio un bel problema, il mio.
    «Allora? Mi vuole rispondere?» la sua voce improvvisa fu in grado di ridestarmi parzialmente dai miei catastrofici pensieri.
    Spazientito quanto lui, gli lanciai un'altra occhiata, accostando ad un lato della strada prima di spegnere il motore sotto il suo sguardo alquanto confuso. Staccai le mani dal volante e poggiai un gomito al di sopra dello schienale del sediolino, voltandomi con il busto verso di lui in modo da poterlo osservare attentamente in volto. Quell'aria da so tutto io che aveva stampata sul viso si accentuò maggiormente quando sollevò un angolo della bocca, dando vita ad un sorriso ironico e bastardo quanto i miei.
    Deciso più che mai a cancellargliela, mi sporsi un po' verso di lui come se volessi provare ad intimorirlo, gli occhi ridotti a due fessure mentre lui corrugava le sopracciglia.
«Riesci a stare cinque minuti senza fare domande?» gli sbottai contro in tono esasperato, vedendolo aggrottare la fronte.
    Edward si scostò un po' da me indietreggiando sul sedile quasi senza un motivo preciso, incrociando le braccia al petto, non prima di essersi scostato la treccia che gli era ricaduta su una spalla. «Le ho solo chiesto dove andiamo», borbottò con un tono di voce che sfociava tra il sarcastico e l'offeso. «Non mi va di fare la candela se deve rimorchiare, quindi mi sembra doveroso da parte sua mettermi al corrente».
    Non mi andava a genio che mi considerasse anche lui un libertino, ma ormai sembrava che ce l'avessi tatuato in fronte. Sono uno stallone in cerca di giumente, lo dice anche il mio nome. Certo, uno stallone che si ritrovava a girare intorno ad un puledrino, o meglio, un pony. Non ero certo che mi avrebbe creduto se gli avessi detto che provavo qualcosa di speciale per lui. «Non devo rimorchiare nessuna donna», risposi, voltandomi nuovamente per avviare il motore e tornare in strada, con la luce del sole morente che ci accompagnava nella nostra bizzarra traversata verso il nulla. Volevo solo allontanarmi un po' con lui, non avevo una meta precisa.
    Acciaio si sporse verso il cruscotto e poggiò sopra un braccio, così da mantenere in precario equilibrio il volto nel palmo d'acciaio.
«Difficile credere che non sia in giro in cerca di un bel pezzo di figa, caro Colonnello», mi sbeffeggiò con una punta d'ironia e amarezza, come se ciò che lui stava immaginando non gli piacesse affatto.
    Provare a convincerlo che ciò che volevo l'avevo già trovato sarebbe stato come gettare denaro ai porci: i
nutile e infruttuoso. Così non ribattei e continuai a guidare, con quello strano silenzio imbarazzante che era tornato a galleggiare pesantemente fra noi, rendendo quella traversata peggiore di quanto credessi al principio. Non ero affatto abituato a trattare con i ragazzini, e se si aggiungeva il fatto che il ragazzino in questione era Acciaio... porcaccia, perché mi ero ritrovato in quel pasticcio? Con tutti quei pensieri che mi opprimevano le pareti del cervello, mi fermai solo quando il paesaggio intorno a noi si oscurò, attenuando ogni colore circostante. Eravamo nei pressi di un motel fuori città, la nostra auto parzialmente nascosta dalla quasi fittissima vegetazione che lo circondava. Ricevetti da Acciaio uno sguardo spaesato quando sfilai le chiavi dal quadro e le tenni in mano prima di aprire la portiera per scendere.
    Vedendolo ancora immobile, sbuffai, chinandomi a mezzo busto per sbirciare all'interno dell'auto.
«Che vuoi fare, Acciaio, dormire in macchina?» ironizzai, e lui, a quelle mie parole, sbatté perplesso le palpebre, come se non capisse.
    «Vuole affittare una camera?» chiese di rimando decidendosi ad uscire e a chiudere - con tanto di sicura - la portiera, deglutendo a disagio. «In quel posto?» aggiunse, indicando con il dito d'acciaio il motel.
    Mi limitai solo ad annuire risoluto mentre chiudevo a chiave l'auto, incrociando poi le braccia al petto. E seppur riluttante e con una certa agitazione, lui mi seguì restando in silenzio mentre parlavo in fretta e senza giri di parole con il proprietario, che gettava di tanto in tanto qualche sguardo a me e poi a lui. Quando mi consegnò le chiavi accompagnandoci entrambi fuori, in una delle camere adiacenti e poi si congedò, sentii Acciaio emettere un basso lamento, chiudendosi la porta alle spalle. Faceva scorrere come me lo sguardo sull'arredamento, soffermandosi soprattutto sul letto matrimoniale che occupava il centro. Ehi, era già tanto essere riusciti a trovare una stanza... quello del letto era un inconveniente valicabile.
    «Ci dormo io lì, vero?» fece indicandolo, con la testa voltata verso di me.
    Inarcai un sopracciglio, scuotendo la testa. Beh, non era esattamente quello che avevo in mente all'inizio, ma avrei almeno potuto avere un pizzico di intimità con lui. «Il lato di destra è mio», mi limitai a dire, vedendolo di sfuggita restare di stucco; cominciai a togliermi la camicia e mi compiacqui del suo sguardo e delle sue gote leggermente arrossate. Poi mi coricai senza dire una parola disfandomi delle scarpe, sbadigliando sonoramente e incrociando le braccia dietro alla testa.  «Beh? Non vieni?» gli dissi, sbadigliando ancora.
    Il rossore sulle sue guance andò ad intensificarsi. Che fosse un tipo così pudico? Nay, c'era dell'altro. E se anche lui provava qualcosa per me? Era mai possibile quel che stavo pensando? Nah, non dovevo farmi certe illusioni. «Guardi che a me non sembra poi tanto normale dividere il letto con un altro uomo, Colonnello», mi tenne presente, e mi sembrò di vederlo deglutire. «Strano che proprio a lei la cosa non la disturbi». Nonostante l'espressione decisa e saccentemente distaccata che aveva in volto, la sua voce aveva un leggero tremito che lo tradiva. In quel momento non mi dispiaceva affatto ammetterlo. Era adorabile. Benché stesse cercando di fare il duro.
    Con un sorriso, mi rialzai e mi avvicinai ad una spanna da lui, abbassando lo sguardo per poter meglio incontrare i suoi occhi dorati. Non parlammo per niente, ma dopo poco, deglutendo, lui distolse lo sguardo, ritrovandosi ad osservare il mio petto. E non potei non sorridere maggiormente, nel vedere il rossore che gli saliva sempre di più al viso. Seppur avrebbe considerato sfacciato il mio comportamento, mi chinai verso di lui in modo da potergli sfiorare appena un orecchio con le labbra, sentendolo sussultare al tocco. «Io non ci vedo nulla di male a dormire con un uomo», sussurrai, con una voce roca e sensuale che ero solito usare nei momenti d'intimità. «Soprattutto se l'uomo sei tu».
    Da quelle mie parole ambigue e provocatorie, adesso, dipendevano le mie condizioni nei prossimi secondi che sarebbero passati. Mi stavo preparando psicologicamente ad un rifiuto o ad incassare qualche pugno, ma stranamente non ricevetti nessuno dei due. Sentii solo la sua risatina. Infantile e incerta, vero. Ma cristallina. Un suo sguardo dorato e luccicante, subito dopo, mi incatenò completamente al suo volto dai lineamenti morbidi e ancora fanciulleschi.
    «Si è dato alla caccia agli uccelli, a quanto sembra», disse scherzoso ma con voce titubante, forse nel tentativo di alleviare la tensione.
    Non resistetti molto, gli cinsi i fianchi con entrambe le braccia attirandolo verso di me così tanto da farlo quasi aderire al mio petto nudo, nonostante la sua espressione stupita. Gli rubai un bacio, appena uno per assaporare la consistenza delle sue labbra di sfuggita, non volendo approfondire nulla, fra noi. E quando lo guardai nuovamente in quegli occhi d'ambra, erano sì dilatati per la sorpresa, ma con quel velo trasognato d'imbarazzo che quasi mi sembrò sfociare nell'erotico. Ma forse era colpa della mia astinenza da sesso, quel particolare.
    Lui si allontanò un po' da me e mi poggiò le mani sulle clavicole per evitare il petto, deglutendo sonoramente mentre si leccava inconsciamente le labbra.
Per non far sparire la sua solita aria, Acciaio cercò di sollevare le labbra in un sorriso sardonico ma, non riuscendoci, diede invece vita ad un sorriso così dolce che stentavo a credere gli appartenesse. «Lo scapolo d'oro d'Amestris che bacia un uomo», sghignazzò, ma con imbarazzo. «Immagino che questo spezzerà il cuore di molte donne».
    Mi lasciai andare ad una risata liberatoria, non sentendo più quella strana aria di pesantezza ad opprimerci e avvolgerci come un lenzuolo. «E a te la cosa sta bene?» replicai solo, con un enorme sorriso stampato in volto e che vedevo riflesso nei suoi grandi occhi dorati.
    Annuì e sorrise a sua volta, abbassando le braccia lungo i fianchi. «Finché sta bene a lei, perché non dovrebbe star bene a me», fece, distogliendo appena lo sguardo senza però abbandonare il sorriso. «E lo confesso, non potevo sperare di meglio, in realtà».
    «Stessa cosa vale per me», ribattei mormorando dolce, arrischiandomi a prendergli le mani fra le mie prima di baciarne delicato i dorsi, portandolo poi verso il letto. E quella sua aria d'audacia sfumò del tutto. Si agitò un po', provando a farmi mollare la presa, ma provai a rassicurarlo, stringendogliele ancor più forte per calmarlo. «Non ti preoccupare, non ti tocco», sussurrai, ben sapendo quale fosse il suo timore, in quel momento, dopo quel mio gesto. Roy Mustang più letto... uguale sesso. Equazione molto semplice per chiunque. Nonostante la mia rassicurazione quindi, mi costrinse a lasciarlo sfruttando la forza del suo braccio d'acciaio, allontanandosi un po' da me.
    «Me lo giura?» mi chiese, con un rossore che non gli avevo mai visto.
    Con decisione, annuii energico, portandomi una mano alla fronte come per fare il saluto militare. «Parola di soldato», dissi sicuro, vedendolo ancora tentennare. «Non sono così depravato da sedurre un minorenne e portarmelo a letto», soggiunsi a mo' di rassicurazione ancor più risoluta.
    Anche se non era del tutto convinto dei miei principi morali, si riavvicinò un po' scrutandomi ancora insicuro prima di sedersi sul bordo del materasso.
Restando con quella sua solita maglietta a giro maniche nera, si tolse solo la giacca del medesimo colore poggiandola sul comodino, sfilandosi poi gli stivali. Aggraziato ai miei occhi, si tolse anche l'elastico rosso che contrastava con il colore dorato dei suoi capelli cominciando a sciogliersi la treccia, e quei fili di grano gli ricaddero in un'onda morbida e ambrata sulle spalle. Restai a guardarlo quasi estasiato, ricevendo una sua occhiata perplessa. Il biondo sopracciglio inarcato d'altronde, non faceva che accentuare la sua espressione scettica.
    «Perché mi guarda in quel modo?» mi domandò, sollevando maggiormente il sopracciglio.
    Sorrisi, stringendomi nelle spalle. Mica potevo dirgli che mi piaceva un casino con i capelli sciolti, no? «Nulla di che», mi limitai quindi a dire, facendo nuovamente spallucce. «Pensavo che in quasi quattro anni è la prima volta che ti vedo con i capelli sciolti».
    Sbuffò impercettibilmente, passandosi le dita fra quella chioma dorata che stavo rimirando e elogiando mentalmente. «Scusi se lo dico, ma lei è proprio idiota, Taisa», rispose semplicemente senza aggiungere altro, sdraiandosi accanto a me quando lo feci anch'io. Evitò accuratamente il minimo contatto fra noi, tenendosi le coperte fin sotto al naso e lanciandomi di tanto in tanto delle occhiate come per controllare che tenessi le mani a posto. Ne intercettai una, sorridendogli. E senza che lui potesse dire nulla lo attirai a me facendo in modo di abbracciarlo da dietro, non approfondendo però il contatto fra i nostri corpi. Non volevo si agitasse; ma sussultò comunque, voltando appena la testa verso di me. «Tenga a cuccia Fido, mi raccomando», mi ammonì, tra il severo, l'ironico e l'imbarazzato. «Non vorrei avere sorprese che premono quando mi sveglio, grazie».
    Ridacchiando, mi avvicinai una mano al viso e ne baciai due dita delicatamente, portandomele poi al petto con grazia. «Ho un perfetto auto-controllo», garantii, posando il mento sulla sua spalla prima di chiudere gli occhi con un sorriso. «Fidati».
    Forse troppo stanco per ribattere, lui si limitò ad annuire. Come se fosse naturale farlo, lo cullai fra le mie braccia finché non si addormentò beatamente sul mio petto, i capelli biondi e morbidi che vedevo per la prima volta sciolti mi solleticavano appena la pelle, una sensazione piacevole e serena.
    In quel momento, nel nostro abbraccio, non c'era nulla di erotico.
E non ero abituato a quella strana... purezza che sentivo. Con quel nostro bizzarro modo di fare ci eravamo bene o male confessati il nostro amore, e la cosa mi andava bene anche così. Avevo la certezza che, quella, fosse solo una delle tante notti che avremmo passato insieme. Restai così a godermi ogni singolo respiro che sfuggiva dalle sue labbra rosee e il calore del suo corpo contro il mio, ispirando il profumo dei suoi capelli con bramosia.
    Quella gemma imperfetta ma preziosa era mia, e non l'avrei mai più lasciata andare.






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