Anime & Manga > Sailor Moon
Ricorda la storia  |      
Autore: Kim NaNa    22/02/2015    1 recensioni
Per questo adesso sono qui, seduta su questa panchina sotto il nostro albero dalle foglie rosate nel nostro giardino, per cercare di capire un po’ di più quello che io e Hotaru potevamo fare insieme nei nostri sogni. Chiudo gli occhi amaranto e cerco di raggiungerla con la mente, cercandola nel passato, perché è laggiù che è rimasta intrappolata qualche anno fa...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chibiusa, Hotaru/Ottavia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Legami

 

Il mio nome è Chibiusa. Io e mia sorella Hotaru, siamo sempre state diverse da tutti le altre bambine. Completamente diverse l'una dall'altra: io solare ed estroversa, lei timida e taciturna, io dai capelli chiari, lei dai colori della notte. Eravamo sempre insieme, dove andava una l’altra la seguiva e viceversa e non ci avreste mai trovate separate per nessun motivo. Facevamo tutto insieme, anche sognare. Ma i nostri sogni erano speciali; qualche volta si avveravano l‘indomani, altre invece scoprivamo esser fatti già accaduti. Nostra madre diceva spesso che, essendo fratelli, eravamo legati da un filo invisibile molto più stretti di qualsiasi altra sorella. Era uno strano potere di viaggiare nel tempo attraverso i sogni, ma non era una capacità che mi apparteneva, sapevo che, in qualche misterioso modo, era Hotaru a portarmi nei suoi stessi sogni o ad entrare nei miei... Non so come ci riuscisse, ma una volta, la guardiana di Nettuno mi disse che quello che Hotaru era in grado di mostrarmi non era altro che lo specchio del suo essere, di ciò che lei era in realtà. Spesso non comprendevo le strane e misteriose parole di nostra madre e delle sue fedeli guardiane, ma Hoturu no. Lei capiva sempre tutto.

Per questo adesso sono qui, seduta su questa panchina sotto il nostro albero dalle foglie rosate nel nostro giardino, per cercare di capire un po’ di più quello che io e Hotaru potevamo fare insieme nei nostri sogni. Chiudo gli occhi amaranto e cerco di raggiungerla con la mente, cercandola nel passato, perché è laggiù che è rimasta intrappolata qualche anno fa...

 «E poi che è successo, Chibichan?» Hotaru mi osserva curiosa, con i suoi occhi violacei sempre brillanti e misteriosi. Il caschetto nero le accarezza le spalle, mentre le mani scorrono su un foglio da disegno. Un carboncino nella mano e un disegno mezzo scarabocchiato sulla carta bianca. Era sempre così fra noi, ogni giorno. Io con un nuovo racconto nella mente e lei con una nuova matita per disegnarlo.
«Semplice, il drago non era altro che il principe, trasformato dall’incantesimo della maga. Ma la principessa era riuscita a sconfiggere quest’ultima e poté vivere felice accanto al suo amato.» Le spiegai brevemente. Hotaru spalancò i suoi grandi occhi e rise felice della conclusione della mia storia. La sua risata di bambina echeggiò assieme al vento, l’unico altro rumore presente attorno a noi.
Le presi il foglio da disegno, e notai con stupore che mia sorella aveva creato un altro capolavoro.
«Ma questo, è identico al drago che stavo immaginando! Come ci riesci Hoturachan? Come fai sempre a sapere perfettamente quello che ho nella testa?» Lei rise ancora divertita.
«Perché io riesco a leggerti dentro, sorellina.»

Sorrisi mentre il venticello primaverile scompigliava i miei buffi capelli rosa. Eravamo solo due ragazzine, ma il nostro legame era molto più saldo di qualsiasi altro sentimento al mondo. Nessuno riusciva a capirmi meglio di Hotaru e lo stesso valeva per lei, solo io sapevo sempre quello che pensava.
Improvvisamente mia sorella chiuse gli occhi e si addormentò, preda della magia del nostro legame, ed io la seguì subito dopo, stringendole la mano mentre mi lasciavo cullare dal tepore di quel suo strano potere. Quando aprì gli occhi mi ritrovai semi-sdraiata su uno dei rami dell’albero rosato. Poco più avanti a me stava Hotaru, seduta in equilibrio su di un ramo sottile, con lo sguardo fisso sotto di lei in un’espressione indecifrabile. Mi avvicinai lentamente, sedendomi poco più distante e seguendo il suo sguardo notai una donna seduta sulla panchina scura, dove noi poco prima ci eravamo addormentati. Quella era nostra madre, la regale regina Serenity.
«Sembra triste...» sussurrò Hotaru accanto a me. Io annuì senza smettere di guardarla, notando i lunghissimi capelli della mamma risplendere del loro solito color del sole e il viso più rilassato dai lineamenti aggraziati. Sembrava diversa, più giovane; forse ci trovavamo nel passato. Mentre riflettevo, un uomo giovane e con i capelli simili all'argento le si avvicinò, portandosi di fronte a lei che alzò gli occhi a osservarlo incuriosita. Lui la fissò attentamente con i suoi occhi profondi per poi sospirare. Fu in quel momento che sia mia madre che Hotaru e me, ci accorgemmo di ciò che l’uomo teneva tanto saldamente fra le braccia. Si piegò verso la donna e le porse una piccola neonata addormentata, sistemandogliela delicatamente in grembo. Lei la guardò stupita almeno quanto noi, poi tornò con gli occhi sull’uomo di fronte a lei.
«Ti ringrazio per aver salvato me e la mia bambina... Hotaru è quanto di più bello la vita potesse donarmi, ma non posso prendermene cura... Lei ha un enorme potere dentro di sé, un potere che tu, Sailor Moon, l'aiuterai a gestire e a sviluppare.» Sorrise, un sorriso disarmante e pieno d’amore e di malinconia. Voltai lo sguardo verso mia sorella. Stava piangendo.
Lei non mi guardò ma, dopo essersi passata il dorso della mano sugli occhi scacciando via le lacrime, si sporse di più per osservare la scena sotto di noi. Accadde in un attimo.
Il ramo sul quale stava seduta si spezzò, e Hotaru cadde rovinosamente a terra con un grido spaventato.
In quel momento non riuscì a distinguere nulla, suoni e colori mi apparvero confusi. L’unica cosa che mi si mostrò chiara era mia sorella. Sdraiata a terra priva di sensi, mentre l’uomo si chinava su di lei confuso e spaventato. La prese fra le braccia senza capire da dove potesse essere apparsa, e Hotaru finalmente aprì gli occhi focalizzando lo sguardo solo su di lui.
«Tu sei...il mio...papà?» Mormorò piano, con una vocina sottile e sofferente che mai le avevo sentito, mentre lui si voltava rivolgendole uno sguardo dolce e comprensivo.
Le sorrise. «Sì, bambina mia, sapevo che ti avrei vista, e lo sapevi anche tu... sei qui da sola?» Lei alzò a fatica la mano e accennò verso di me. Lui seguì l‘indicazione, puntandomi con i suoi occhi così simili a quelli di Hotaru, ma molto più chiari. Subito dopo la sua voce, come in un sogno.
«Mi prenderò cura di Hotaru, fino a quando le sue ferite non saranno guarite, non può tornare in queste condizioni Chibiusa, lo sai anche tu...» Non riuscivo bene a comprendere le sue parole, ma l’unica frase che mi venne in mente da dirgli fu: «Perché l'hai abbandonata?»
Lui sorrise ancora, e in quel momento mi resi contro di quanto mia sorella le assomigliasse.
«La madre di Hotaru era una donna meravigliosa, dotata di incredibili poteri psichici. Riusciva a prevedere il futuro, a tornare nel passato, a leggere nella mente degli altri, ma man mano che i suoi poteri si facevano più potenti qualcosa di oscuro cresceva nel suo cuore. Un male così grande che, col tempo le accecò anche la mente e che la portò via da me quando diede alla luce la piccola Hotaru. Non volevo lasciare sola la mia bambina, ma il male che c'era nel cuore di mia moglie s'era preso anche quello della mia bambina... Non sai quanto ha sofferto Hotaru, divorata dal male con il quale cercava di lottare... è stata Sailor Moon, la tua mamma, a battersi contro il male che avrebbe distrutto per sempre Hotaru, è stata lei che l'ha riportata indietro a quando era solo una bambina in fasce, pura ed innocente, e volli che fosse lei ad occuparsi della mia piccola perché sapevo l'avrebbe protetta per sempre, anche a costo della sua vita, proprio come se fosse figlia sua. Non sono pentito di aver preso una simile decisione e sono felice di vedere che siete cresciute forti e soprattutto unite...è sempre stata una ragazzina troppo sola, la mia Hotaru... aspettala, Chibiusa, farò in modo che ritorni da te, nel vostro presente. Te lo prometto.»
Poi, ogni cosa scomparve sotto una coltre di petali rosati, o almeno così mi sembrò.

Quando mi svegliai nel presente, Hotaru non si trovava più accanto a me. Era scomparsa nel nulla, rimasta intrappolata in un frammento del nostro passato. Credetti fosse stata tutta colpa mia, e piansi per giorni interi sommersa dalla tristezza, dal senso di colpa e dal vuoto che mia sorella aveva lasciato dentro di me con la sua assenza. Fu mia madre a sorprendermi quando mi vide varcare la porta di casa, sola, senza mia sorella a stringermi la mano.
«Dunque, era questo il giorno...»
Il suo sguardo si rabbuiò, ma poi mi sorrise dolcemente. Mi pregò di sedere sulle sue gambe e con quel suo fare dolce e calmo mi racconto la storia della vita e della rinascita di Hotaru-Sailor Saturn.

Adesso ho capito finalmente perché quel giorno io e Hotaru siamo stati testimoni di quel frammento del suo passato. È stata lei a volerlo. Lei ci ha portato a scoprire la verità anche se, ne sono certa, sapesse già ogni cosa. Ed è strano come io, a distanza di anni, ricordi ogni dettaglio di Hotaru così perfettamente, come se l’avessi vista per l’ultima volta solo ieri. La sua figura, la sua risata spontanea non mi ha mai abbandonato, a volte mi pare di avvertirla nel vento. Sono certo che sia viva al fianco di suo padre, e come lui mi ha promesso la riporterà da me prima o poi. Non so dove e non so come, ma so che è così.
È per questo che ogni giorno vengo in questo luogo, sotto il nostro albero che contiene i miei ricordi più preziosi. Ma non so cosa mi abbia spinto di preciso oggi a venire proprio prima che il sole tramonti, quando il cielo si tinge di rosa e oro. Nel silenzio della mia camera ho come avuto un presentimento, forse è stata Hotaru a chiamarmi. Ho avvertito una sensazione di malinconia molto forte e qualcosa mi diceva che dovevo venire qui al più presto. Forse suo padre se n’è andato in un altro tempo, e probabilmente potrò rivedere Hotaru, mia sorella, perché è quello che resterà per il resto della mia vita.

Sospiro mentre mi rilasso sulla panchina. L’ennesima sensazione di poter ritrovare Hotaru ora sembra solo una mera illusione. Poi la sento, la sua risata. È leggera e appare come un flebile sussurro, sembra provenire da un altro mondo. Apro gli occhi, e lo sguardo mi cade a terra. Un pezzetto di carta emerge dal terreno come un fiore in cerca di luce. Mi chino a raccoglierlo, ma devo scavare un po’ prima di rendermi conto che è un foglio da disegno. Confusa, spaventata e piena di aspettative al tempo stesso, lo scosto veloce verso di me.
Raffigurati ad acquarello stanno la panchina scura, e sopra di essa il nostro albero. Le foglie rosa ondeggiano al vento rendendo l’immagine reale come una fotografia.
Resto incantata ad osservare il disegno, come preda di una magia, tanto da non riconoscere subito la voce che proviene da uno dei rami dell’albero.
«Mi sembra sia venuto bene, non trovi, Chibichan?»
Hotaru mi guarda con i suoi grandi occhi scuri e sorride. Io mi strofino gli occhi con forza per assicurarmi di non star sognando, ma lei è lì, su quel ramo che ride.
«Hotaru...» Mormoro. «Sei tornata...?»
Lei annuisce, portandosi una ciocca di capelli neri dietro un orecchio.
«...per sempre.» Aggiunge, fissando il foglio da disegno che stringevo tra le mani.
Quando tornai a guardarlo mi accorsi della presenza di un breve scritto.
 

Il mio tempo è finito, mia piccola Hotaru. Userò l’ultima goccia del potere di tua madre per farti tornare da quella che hai amato come una sorella e dalla donna che ti ha strappato via dal male.

Porta loro questo messaggio:

«Prendetevi cura di lei.»


 

Fine

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Kim NaNa