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Autore: kishal    11/02/2005    9 recensioni
La storia che rivela come andarono realmente le cose nel passato, in una Hogworts dove il Male era stato scoperto e contrastato da un'innocente.
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vera storia dei Malandrini'
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Hagworts

Hagworts. Lei andava ad Hagworts. LEI – ANDAVA – AD – H – A – G – W – O – R – T – S.

Queste parole continuavano a girarle per la testa, a ritmi diversi, ma sempre uguali. Era così felice, così stupefatta, così nervosa che non riusciva a pensare ad altro. Si voltò per salutare un’ultima volta i suoi genitori babbani, e poi, allegra più che mai per quella assurdità che stava per fare, corse più veloce che poté per attraversare il muro che l’avrebbe condotta al binario nove e tre quarti. Dico, binario nove e tre quarti! Ma ci potrebbe essere qualcosa di più ridicolo?! In che mondo di burle stava entrando!

Davanti a se ecco quel grande treno nero, ricco di grandi e grossi vagoni, che l’avrebbe condotta alla scuola di stregoneria più famosa del mondo. Hagworts. Quel nome pareva essersi incollato nella sua mente, mentre tremando per l’emozione saliva sul vagone più vicino con tutti i suoi bagagli e si sedeva nel primo compartimento vuoto trovato. Sospirò, i nervi il fibrillazione per la felicità. Che bello! Andava ad Hagworts!

Guardò i suoi bagagli. Le sembrava così strano che quegli oggetti appartenessero proprio a lei. Sapevano di antico, di fantastico. Appartenevano ad un mondo immerso nelle nebbie dell’irrealtà, un mondo finto.

No. Quel mondo esisteva davvero…esisteva davvero, sebbene ben nascosto. Esisteva davvero, e lei ora ne faceva parte.

Il treno era appena partito, quando improvvisamente si udì un botto tremendo, e lei andò a sbattere sul sedile davanti. Ma cosa diamine stava succedendo? Perché il treno si era bloccato? Pochi secondi dopo il grande serpente di ferro riprese la sua corsa, senza che ci fossero spiegazioni. Che stranezze….

La porta si aprì improvvisamente, mentre un ragazzino entrava nello scompartimento e poggiava tutti i suoi bagagli nel posto al suo fianco, spostando i suoi.

Il tizio in questione era un ragazzo strano, dai capelli e gli occhi scuri, un’aria piuttosto presuntuosa oltre che altezzosa, e una strana nobile eleganza in tutta la sua persona. Ora, tutti questi attributi le provocarono soggezione per i primi tre decimi di secondo, ossia quando le aveva lanciato il primo sguardo. Ma ora… non so… c’era qualcosa in lui che non le andava… forse la sua maleducazione, o quella presunzione superbia che pareva avesse nel sangue, o forse tutti questi attributi insieme, chi lo sa…

“Ti dispiace portare dalla tua parte i tuoi bagagli?” Disse, piuttosto scocciata. E’ inutile dire che lui non la degnò nemmeno di uno sguardo. Si era coricato, e pareva ormai essere entrato in un mondo tutto suo, senza alcun contatto con quello reale.

“Ma dico, sei sordo?”

“Vuoi spostarmi le tue borse?” Niente, nonostante i suoi tentativi, non otteneva risposta. “Oh, capisco, forse non te ne importa niente della fine che potrebbero fare. Vabbè, come vuoi.” Apparentemente calma, aprì il finestrino, prese la grossa valigia del ragazzo e la gettò fuori. Poi si affacciò per vedere se era caduta. Sì, tutto ok, la valigia era là in fondo, fra il binario e la lussureggiante vegetazione della pianura inglese invernale. Bene, ora doveva buttare solo il calderone e… come si voltò, si accorse che il ragazzino non era più coricato nel lettino, ma era eretto in tutta la sua ‘magnificente boria” davanti a lei.

“Come ti sei permessa?” Per tutta risposta lei lo scansò e andò a sedersi al suo posto. Prese il libro “Storia di Hagworts” che aveva comprato a Diagon Alley e incominciò tranquillamente a leggerlo.

“Me la pagherai per questo!” Disse il giovanotto. Impugnò la sua bacchetta contro di lei, mentre il suo sguardo lampeggiava. La ragazza con calma appoggiò il libro, e portò fuori la sua bacchetta. Era pure una babbana, ma si era allenata con gli incantesimi, ed era piuttosto brava ad usare la bacchetta. Ma non aveva intenzione di usarla ora. Lo avrebbe umiliato con mezzi molto più…babbani.

Ed infatti, appena il ragazzo le lanciò un incantesimo petrificus totalis, lei lo scansò con l’agilità di un felino, con uno sgambetto lo fece cadere per terra, gli prese la bacchetta e con un sol colpo gliela ruppe. Poi tranquillamente prese la sua e pronunciò tomàcina, e subito il brutto presuntuoso si ritrovò legato come una salsiccia. Vedendo poi che continuava a gettarle ogni sorta di imprecazione nonché maledizione, gli mise anche un tappo in bocca. Poi lo condusse fuori fino al corridoio, dove lo appese al soffitto, in modo che tutti potessero ridere di lui.

“Ah, a proposito. Io sono Solaria Nimbus, lieta di fare la tua conoscenza…come ti chiami?” Disse, prendendo una medaglietta che era scivolata al collo del ragazzo. “Lieta di fare la tua conoscenza, Sirius Black!”

Dopo aver buttato fuori della cabina anche i pochi bagagli rimasti, finalmente Solaria poté godersi il viaggio verso la scuola di magia, Hagworts.

“Ecco, è quella lì” Sentendosi citata in causa, Solaria si voltò, mentre quattro paia di occhi la fissavano. Lo sbruffoncello era stato slegato dagli amici, che purtroppo non si erano accorti del suo stato prima che tutto il vagone ridesse di lui; e ora erano tutti là, che la fissavano con rabbia ma, anche, con curiosità.

Uno era un ragazzo alto, capelli scuri arruffati e grandi occhi nocciola succeduti da grandi occhiali rotondi, pareva un tipo tranquillo. Un altro era basso, molto basso, grasso e stranamente brutto, anzi, ispirava proprio ripugnanza. L’ultimo era poco più basso del quattrocchi, con una pelle bianca come la neve e un viso stranamente calmo. Sembrava un angioletto, e non si capiva perché uno come lui fosse amico di quella faccia da schiaffi.

Ma, poco gliene importava di loro. Ora, voleva solo raggiungere la sua scuola. Si diresse così verso il grosso omone che guidava quelli del primo anno attraverso il lago.

“Salve!” Disse, essendo arrivata per prima.

“Salve piccolina!”

“Lei chi è?”

“Mi chiamo Hagrid, piccolina! E tu?”

“Solaria Nimbus, molto lieta! Cosa faremo appena arrivati alla scuola?”

“Ci sarà lo smistamento e sarete riposti nelle varie case! Ma ve lo spiegherà meglio la vostra professoressa, la McGranitt!”

“La ringrazio, è stato davvero molto gentile!”

“Oh, figurati! Bene…ora ci siamo tutti! Avanti ragazzi, Hagworts vi aspetta!”

La McGranitt, un’anziana donnina dall’aria saggia e imperiosa, li accolse all’entrata del grande castello, e li condusse immediatamente nella sala da pranzo, anche sala dei ricevimenti, dove c’era raggruppato tutto il personale docenti e gli alunni, per sottoporre i crimini allo smistamento. In alto c’erano le quattro bandiere delle quattro case: grifondoro, corvonero, tassorosso e serpeverde. Lei sarebbe andata a grifondoro, se lo sentiva.

Mentre erano tutti raggruppati davanti al capello parlante, Sirius si avvicinò alla McGranitt e le parlò a lungo, e alla fine la professoressa, quando salì sui gradini vicino al cappello, aveva un’aria sconvolta.

“Scusate, la cerimonia dovrà attendere qualche minuto. Infatti purtroppo sono venuta a conoscenza di spiacevoli accadimenti, per cui uno dei nuovi arrivati potrebbe essere espulso dalla scuola seduta stante.”

A quelle parole, un sorrisetto malizioso apparve sul volto di Solaria. Non si sarebbe lasciata espellere tanto facilmente.

Intanto, la sala si era riempita di mugugni. Non era mai successo un fatto del genere.

“Dov’è la signorina Solaria Nimbus?”

“Sono qua, professoressa.” Disse, alzando la mano. Nella sala cadde il silenzio, e tutti gli occhi dei presenti, professori e alunni, caddero su di lei.

“Venga qui.” Disse acidamente la McGranitt. Solaria salì le scale lentamente e tranquillamente, con un volto calmo e tranquillo.

“Un suo compagno mi ha riferito che lei, senza alcun motivo, lo avrebbe danneggiato.”

“In che modo, professoressa?”Chiese, innocentemente.

“Lei avrebbe buttato fuori dal vagone i suoi bagagli, gli avrebbe rotto la bacchetta e lo avrebbe legato, appendendolo poi al soffitto del corridoio del vagone.”

Ora la stanza si era arricchita di risate mal celate. Ma Solaria continuava imperterrita la sua recita.

“Mi dispiace, ma penso che abbiate sbagliato persona. Non ricordo di aver fatto nulla del genere.”

“Siete sicura, signorina Nimbus?”

“Ma certo. Chi sarebbe la vittima?”

“Il signorino Sirius Black. Venga anche lei qui, per favore.” Sirius si avvicinò. Era furioso.

“Perché mi guardi così?” Disse Solaria, col solito volto innocente.

“Lo sai benissimo perché.”

“Mi incolpi di qualcosa che non ho fatto.”

“Smettila di fingere, tanto sarai espulsa!”

“Qua viene punita la menzogna, non la verità. E poi, mi spieghi come avrei fatto io a fare una cosa del genere? Guardati… e guarda me! Scusami ma…dovresti essere un vero pappamolle se ti sei lasciato maltrattare da un nanuncolo come me!”

Ora tutta la sala rideva di gusto, e Sirius Black era divenuto rosso per la vergogna. Effettivamente la ragazza che aveva davanti… era…. Non era una ragazza, era una bambina! Poteva essere alta si e no 1.60cm, ed era davvero minuta anche di corporatura. E poi, ciliegina sulla torta, aveva un innocente visino da angioletto.

“Mi devo essere sbagliato…” Disse Sirius, a denti stretti. La Mc Granitt, scocciata per aver perso tutto quel tempo per nulla, inviò i due ragazzi fra gli altri crimini.

“Discuteremo dopo di ciò che le è successo, signorino Sirius Black. Ora….Aaron Alfabis, al cappello!”

E così era iniziato lo smistamento. Solaria, mentre aspettava il suo turno, si accorse che c’era qualcuno che, nella sala, continuava a fissarla. Qualcuno che aveva uno sguardo così potente, così forte e così saggio da entrare nelle menti degli altri…Albus Silente, il più incredibile legilimens mai esistito. Il preside di Hogworts. Ma no, non avrebbe permesso che le leggesse la mente. Nessuno poteva giocare così coi suoi pensieri. Gli avrebbe chiuso il suo pensiero, lo avrebbe tagliato fuori dalla sua testa…

E ci riuscì, tant’è vero che, quando si voltò a fissare il preside, si accorse che la guardava con la fronte corrucciata. Lei gli rispose con uno sguardo che era una sfida: odiava le persone che non si facevano i fatti propri.

“Nimbus Solaria!”

Solaria andò dal capello, che le fu poggiato sulla testa dall’insegnante.

“Apri la mente perché io la legga, e possa quindi darti una casa.”

“Voglio andare a Grifondoro.” Disse lei, aprendo la mente.

“Hai cuore di grifone, lingua di serpe, mente di tasso, eleganza di corvo. Ma tasso e corvo in te sono controllati dal grifone che abita nel tuo cuore, e che continua a combattere con la serpe…mmmm, scelta difficile, molto difficile…ma penso che Grifondoro sarà la tua casa ideale!” disse, e subito quelli di Grifondoro si misero a gridare per la gioia.

Seduto al tavolo di Grifondoro, Sirius Black aveva osservato tutta la scena. Poi, visto l’accaduto, si era alzato di colpo, dicendo agli amici: “Se quella stronza viene qua, allora io vado a serpeverde!”

“Smettila Felpato!” Gridò James Potter, il ragazzo con gli occhiali. “Non fare idiozie. Tanto gliela facciamo pagare…”

“Sì, gliela facciamo pagare!” Fece l’eco quello stupido e grasso di Peter Minus.

“Ma, io non capisco il perché. In fondo, conoscendoti, io direi che te la sei cercata.” Commentò invece Remus Lupin, il ragazzo pallido.

“Da che parte stai, e, lunastorta? Dillo subito, perché così incomincio a prenderti a calci!” Gridò Sirius, furioso. Non gli andava giù ciò che la ragazza gli aveva fatto.

“Felpato, calmati! Lunastorta, ma che caspita ti metti a dire, eh? Ti vuoi dare una calmata tu, cavolo?!” Gridò Potter, tirando con violenza l’amico e costringendolo a sedersi.

“Sai quanto sia prepotente, quando vuole. Ha solo trovato pane per i suoi denti!” Disse Lupin. Sirius borbottò qualcos’altro, più incavolato che mai, e si alzò di scatto per picchiare l’amico. Ma il calcio che stava per sferrargli colpì l’aria, perché James, aiutato da un paio di Grifondoro del terzo anno, era riuscito a tirarlo indietro.

“Ehi, testa calda, calmati! E’ solo una ragazzina!” Dissero quei due, scoppiando a ridere. Black, esasperato e più che mai irato, tornò a sedersi, mentre, dopo il discorso del preside, la sala si riempiva di ogni tipo di leccornia.

“Mangia dai, avanti. Tanto prima o poi ci vendicheremo.” Disse James.

“Sì…” Rispose Sirius, prendendo in mano un cosciotto di pollo. Ma, alzando la testa, incrociò per puro caso lo sguardo con quello di una piccola ragazzetta, graziosa, dalla pelle dorata e i capelli biondi, e begli occhi color miele. Subito lo sguardo di lei si fece malizioso, e poi alzò una manina per salutarlo movendo graziosamente le dita. Odiosa. Sbuffò ancora, e poi azzannò il suo pollo, immaginando di azzannare il collo di quella stronza. Stronza stronza stronza. Ecco cos’era, una grande, grandissima stronza.

 

Ma guarda un po’ quanto il destino poteva essere crudele: aveva tutte le lezioni in comune con Solaria Nimbus. Fatto ancora peggiore, quella stronza era un vero genio a scuola, e si era ben presto rivelata la più brava in ogni corso. E Sirius, preso l’impegno di dimostrarsi migliore di lei, una volta tornato nella sua stanza non faceva altro che studiare come un matto. Così ben presto le lezioni si erano trasformate in una vera e proprio gara fra i due. Ma, purtroppo per Sirius, l’aveva sempre vinta Solaria.

Quel giorno avevano la prima lezione di volo. Inutile dirlo, nonostante il professor Knight tentasse in tutti i moti di spiegare agli alunni come sollevare la scopa, ancora nessuno ci riusciva.

Nessuno, tranne James Potter. In un lampo era riuscito ad elevare la scopa dal suolo e a salirci sopra, meritandosi i complimenti dell’esausto professore, nonché dei suoi amici.

“Bravo Ramoso, complimenti!” Gli disse felpato. “Sei l’unico ad esserci riuscito!”

“Non proprio…guarda là!” Disse James. E guardando nella direzione indicatagli dall’amico, Sirius con orrore vide un essere biondino volteggiare leggiadramente davanti a sé.

“Scopa…su!” Ordinò immediatamente alla sua scopa. E quella, forse capendo che se non ubbidiva nessuno l’avrebbe salvata dalla pattumiera, si alzò. Sirius sedette sopra, e andò immediatamente verso Solaria.

“Oh, ce l’hai fatta! Allora non sei così tonto come sembri!” Disse quella. Sirius per tutta risposta allungò una mano e con un forte strattone tolse la scopa da sotto a Solaria, la quale cadde a terra sotto le risa di tutti gli altri. E in più poi la povera scopa le cadde sulla testa.

“Ahio!”

“Signorino Black!” Gridò Knight, arrabbiato.

“Sì professore?”

“Ritorni al suo posto!”

“Subito professore!” Disse, ma appena diede le spalle a Solaria, quella, che aveva ripreso possesso della sua scopa, gli volò sopra e in un attimo gli fu davanti.

“Questa me la paghi!” Gli disse, col suo solito sguardo penetrante e il suo sorriso malizioso. E immediatamente gli sferrò un pugno nello stomaco. Poi si alzò in volo, allontanandosi velocemente dal campo, inseguita da felpato. Si rincorsero per tutto il perimetro del castello, gettandosi addosso ogni tipo di incantesimi, ma nessuno andava mai a segno. Ogni tanto, quando erano particolarmente vicini, si prendevano a calci, oppure Sirius le tirava i cappelli, e lei lo graffiava.

Ad un certo punto, mentre erano praticamente attorcigliati, e si stravano strappando capelli, pelle, tirandosi pugni, schiaffi, calci e morsi, finirono all’interno di un appartamento. E non smisero di lottare nemmeno quando caddero sul pavimento coperto da un rosso tappeto. Poi, improvvisamente, qualcosa li scostò e li fece cadere da parti opposte.

“Ma dove…”Disse Sirius, non capendo dove fossero finiti.

“Esattamente, nell’ufficio del preside, signor Black.” Disse una voce calda e avvolgente. I due spaventati si voltarono, e videro la sola cosa che li potesse fare sussultare. Albus Silente. Il vecchio mago li guardava attraverso i suoi occhiali a mezzaluna, serio, eppure ironico.

“Non ho mai assistito ad un incontro di…box? così avvincente. E addirittura aereo. Signorini miei, penso che il professor Knight non sarà molto felice di ciò che avete fatto!”

“Ha incominciato lui!” Gridò Solaria, che presentava un morso sulla guancia destra, da cui fluiva abbondante il sangue.

“Tu hai incominciato!” Gridò Sirius, massaggiandosi la testa dove lei gli aveva tirato un bel mazzo di cappelli.

“Perché, invece di continuare litigare su chi ha incominciato o meno, non decidete di finire insieme?” Propose il saggio preside.

“Non farò mai la pace con quel gallo presuntuoso!”

“Prima o poi ti taglierò la lingua, ricordatelo, serpe!”

“Ma prima ti morderò e ti ucciderò col mio veleno!”

“Oh, è sempre bello vedere due ragazzi che si vogliono bene…” Commentò una delle figure sui quadri, e tutti gli altri ritratti si misero a ridere.

“Chi ha parlato?” Chiese Solaria.

“Io!” Disse un uomo vestito con una corazza, che mostrava nel petto rigonfio e nelle palpebre calate tutta la boria che aveva.

“Ma guarda un po’ che altro gallo. E tu chi saresti, eh? Certamente sei un parente di questo obbrobrio! Prova a farti i fatti tuoi, se non vuoi finire nella pattumiera!” Gridò Solaria.

“Effettivamente quello è un antico parente del signorino Black, un ex preside di questo istituto…e dovrebbe rivolgerglisi con più rispetto.”

“Già, soprattutto perché è un mio parente, e questo significa che è nella cima della piramide come me, e tu invece…sei solo alla base!”Disse Sirius.

“Pfiu!”

“Bene…poiché vedo che non avete alcuna intenzione di andare d’accordo, sarò costretto a darvi una punizione.

Al terzo piano c’è una stanza. E’ una stanza diversa da tutte le altre, si chiama stanza dei desideri. Tu desideri qualcosa, e quella si avvera al suo interno. Si entra facendo tre passi avanti e uno indietro, ed esprimendo il proprio desiderio. Ora, voi due fino a gennaio, ossia fino allo scadere del primo quadrimestre, dormirete in quella stanza. Nessuno di voi avrà accesso al dormitorio della sua casa. E, qualora voi due litighiate di nuovo, saranno tolti dieci punti a testa alla propria casa, ossia a Grifondoro. Ora ragazzi potete andare. Dite al professor Knight di venire da me, così lo avvertirò che vi ho già puniti io. Ah… poi pensò che la McGranitt vi voglia nel suo ufficio. Quindi…buona fortuna!”

Mentre se ne andavano, con la coda fra le gambe e la scopa in mano, i due si riempirono di insulti.

”Venti punti in meno per Grifondoro!” Disse la voce del preside, ed immediatamente i due tacquero. 

 

“Ve ne rendete conto? Quasi cinque mesi in stanza con quella stronza! Io giuro che l’ammazzo!”

“Se l’ammazzi Grifondoro perderà tutti i punti, e poi i grifoni uccideranno te!” Disse Lupin. Erano tutti e quattro riuniti nella stanza, e tutti guardavano Sirius Black, che, incavolato più che mai, preparava la valigia.

“Te l’ho detto io di lasciarla perdere, felpato. Se mi avessi dato ascolto ora non saresti così incasinato.” Disse Remus Lupin.

« Lunastorta, dimmi un’altra cosa del genere e te la raddrizzo io la luna.”

“Finiscila Sirius, lunastorta ha ragione. Ti sei messo nei casini per niente, per colpa di quel sorcio di ragazza.” Disse James Potter.

« Che hai contro i sorci ?! » Si difese subito Peter Minus. Ma nessuno, ovviamente, lo ascoltò.

“Va, e comportati bene. Magari ti fanno uscire per buona condotta!” Disse ramoso, ridendo.

“Ah, non ve l’ho detto, non posso accedere alla sala comune fino alla fine del quadrimestre…io quella l’ammazzo…”

“Ciao felpato!”Dissero tutti, mentre il povero disgraziato se ne usciva dalla stanza più incavolato che mai, con le nuove valigie che gli erano state inviate da casa.

Nonostante fossero tutti dalla parte dell’amico, sapevano che Sirius finalmente aveva trovato il pane per i suoi denti.

Quando entrò nella stanza dei desideri, i bagagli gli caddero dalle mani per lo stupore. Era una stanza dalle pareti dorate, con un bel letto a baldacchino, e una gigantesca vetrata da cui si vedeva uno strabiliante giardino fiorito. Tutto il contrario dell’oscurità, il sudiciume e l’inospitalità che ispiravano la casa dove era cresciuto. Vabbè, si sarebbe abituato.

Si avvicinò ad un armadio per metterci la roba. No, quello era già occupato dagli abiti della stronzetta. Allora si avvicinò all’altro. No, anche quello era già occupato dai suoi abiti. Dove cavolo li doveva mettere i suoi, allora? Stava per buttare giù tutta la roba di lei dall’armadio, quando il pensiero dei punti che avrebbe potuto perdere con quell’atto lo frenò. In fondo, poteva semplicemente desiderare un altro armadio… e difatti quello apparve, dall’altra parte del muro, grande, nero, e pieno di mostri disegnati, che stonava in maniera tremenda col resto dell’ambiente.

“Bellissimo!” Pensò, e incominciò a disporre dentro tutti i suoi abiti.

Si sentì un catenaccio tirare, e la porta vicino alla vetrata si aprì, e en uscì fuori una bimba coperta da una grande vestaglia dorata.

“Cos’è quell’orrore?!” Gridò, vedendo l’armadio nero.

“Il mio armadio. Gli altri due li hai già occupati con le tue cianfrusaglie.”

“Ma che razza di gusti hai? Quello non è un armadio…è …è…è uno schifo!” Subito l’armadio nero prese una forma uguale a quella degli altri due.

“Questo è mio. Capito? MIO. I tuoi sono quei due. Dunque, fatti gli affari tuoi, VA BENE?!” Disse Sirius, tentando in ogni modo di non saltarle addosso e litigare.

“No. A me quell’armadio non piace, e siccome in questa stanza ci dormo io, decido io!”

“Ci dormo anch’io in questa stanza!”

“Sì, purtroppo ci dormi anche tu! Siamo finiti qua per colpa tua!”

“No, è tutta colpa tua!”

“Ahhh!” Gridò Solaria, gettandoglisi sopra, ed immediatamente incominciarono a picchiarsi, come avevano fatto poche ore prima. Schiaffi, calci, morsi, pugni, si alternavano a strappate di capelli, urla di rabbia, ossa che scricchiolavano pericolosamente. Alla fine, esausti, rimasero distesi sul letto, uno al fianco dell’altro.

“Quanti punti credi che ci abbiano tolto?” Chiese Sirius, ansimando.

“Almeno un centinaio…”rispose lei, ansimando ugualmente.

“Per fortuna che la McGranitt mi ha messo come portiere a quidditch…anche se con te attaccante avrò un bel da fare alla porta.”

“Stai attento alla bluffa…perché penso che te ne arriverà qualcuna in testa.”

Con grande fatica Sirius alzò un braccio e lo lasciò cadere sulla faccia di Solaria, che ebbe la forza solo di dire:”Ouch!” E, per vendicarsi, prese la scopa che aveva vicino e ne diede un colpo forte a Sirius, in un punto per lui particolarmente doloroso. E difatti, vincendo la stanchezza, il ragazzo incominciò a contorcerci nel letto.

“Stronza…stronzissima!”

“Vaffanculo!”

“Stanotte ti soffoco!”

“Vaffanculo!” Disse lei alzandosi, togliendosi la vestaglia e uscendo dalla stanza.

“Stronza!”

“Vaffanculo!”

   
 
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