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Autore: MiaChocolat    22/02/2015    1 recensioni
School AU - Ginevra Peters è una ragazza la cui vita è stata sconvolta dagli avvenimenti di cui è stata partecipe nella sua vecchia città. Decide così di trasferirsi e di cercare in tutti i modi di ottenere ciò che desidera di più: una vita tranquilla.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Ero sicura che il professore non mi avesse chiamata, né che avesse fatto l'appello. Diamine, me ne sarei accorta se la lezione fosse diventata particolarmente monotona! Eppure le parole che gli erano uscite dalla bocca erano più che chiare: “Peccato che la nuova arrivata non sia venuta a scuola proprio oggi che doveva essere il suo primo giorno, così magari sarebbe potuta presentarsi alla classe!”. Quand'è che aveva stabilito che io ero assente? Alzai timidamente la mano, mentre sentivo le guance andarmi a fuoco.

-Scusi, professore...-sentii immediatamente tutti gli sguardi dei presenti su di me. La mia voce non era esattamente uscita come intendevo farla suonare, ma bensì molto più flebile. Probabilmente sembravo una stupida, fantastico!-Io sono proprio qua...

Il professore, un minuscolo ometto dagli occhiali a fondo di bottiglia, assottigliò gli occhi e sul suo viso comparì un'espressione di stupore.

-Signorina, ma allora è presente!-sentii delle risatine provenienti da vari punti indefiniti dell'aula.

-Come mai non ha risposto all'appello quando l'ho chiamata?

-Mi dispiace, devo essermi distratta...-avrei voluto sprofondare nella sedia.-Non ho proprio sentito!

-Oh, beh, tanto meglio se è qui con noi! Perché non si presenta un po' alla classe? Per esempio, ci dica qual è il suo nome, come mai ha scelto questa scuola e come mai entra a far parte del gruppo classe con una settimana di ritardo.-solo dopo quella frase notai lo strano accento che aveva quel professore. Lo rendeva un po' goffo, il tutto ingrandito dal suo buffo aspetto. Mi aiutò un po' a tranquillizzarmi ed iniziare a parlare. Mi alzai in piedi, dimenticandomi dell'esistenza della sedia, che emise un rumore poco piacevole strisciando per terra. E giù risate da parte degli altri ragazzi.

-Mi chiamo Ginevra Peters, ho scelto questa scuola perché mi piace in generale l'arte e sono venuta a scuola con una settimana di ritardo a causa del trasloco appena concluso. Ah, giusto, soffro di narcolessia, ma sta migliorando ultimamente.

-Questo spiega perché si è distratta prima!

-Prof, che roba è la narcoalessia?-era stato un ragazzino dai capelli biondi e l'aria poco furba seduto a soli due banchi di distanza da me ad urlare. Decisi che era il momento di tornare a sedermi, per non restare lì a guardare la scena in piedi come un baccalà.

-Narcolessia, Uzumaki, narcolessia! Portami almeno una pagina di ricerca sulla narcolessia entro due giorni!

Il ragazzo non si lamentò, ma emise un gemito straziato e si afflosciò sulla sedia. Probabilmente ci era abituato. Sentii il ragazzo dai capelli neri seduto di fianco a me mormorargli:

-Testa quadra, non sai cos'è? La narcolessia è una malattia neurologica caratterizzata da ipersonnia i cui sintomi principali sono l'eccessiva sonnolenza diurna, la cataplessia, cioèin presenza di emozioni i soggetti narcolettici possono perdere le forze fino a non essere più in grado di rimanere in piedi, allucinazioni ipnagogiche cioè sogni ad occhi aperti e paralisi del sonno. Devi essere proprio stupido a non saperlo!

Il biondo lo guardò con stupore e un velo di ammirazione, che svanì in men che non si dica quando notò il telefono in mano al ragazzo dai capelli neri.

-Bastardo, hai guardato tutto su wikipedia!

-Chi, io?! Ma figurati! È cultura generale!

-Ragazzi, basta battibeccare! Uchiha, ti spiacerebbe far scambio di posto con Sabakuno?

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e si alzò sbuffando. Il mio nuovo vicino di banco sarebbe quindi stato questo ragazzo dai capelli rossi che vestiva completamente di nero e che ero sicura indossasse della matita per gli occhi. Diciamo che un po' mi somigliava, sicuramente una passione per i vestiti neri ce l'avevo anche io. Non gli diedi molta importanza, intuendo che se il biondo era così loquace con tutti anche il ragazzo dai capelli rossi sarebbe stato presto spostato.

Durante l'intervallo, diversi compagni vennero a tartassarmi di domande. Così feci la conoscenza di Sakura, Ino, Naruto - il ragazzo biondo di prima, Hinata e Lee. Altri due o tre ragazzi erano venuti a parlarmi, ma mi ero sinceramente dimenticata i loro nomi, non aiutata dal fattore sonno che si stava facendo sentire sempre più forte man mano che continuavano col loro interrogatorio. Le energie vennero sempre di più a mancarmi, finché non sbottai. Non ero esattamente lucida, o mi sarei fermata ben prima.

-Mi lascereste in pace?! Siete pregati di farmi respirare!

Dovevo esser sembrata davvero aggressiva, perché tutti indietreggiarono con un'espressione perplessa. Alcuni sembravano addirittura offesi. In quel momento ero troppo impegnata a cercare con tutta me stessa di non cadere sul banco (e sbattere la testa) per preoccuparmi di loro. Quando mi ripresi abbastanza da guardarmi intorno e vedere i contorni nitidi di ciò che mi circondava, notai che il mio vicino di banco era tornato da dovunque fosse andato e ora mi stava fissando. I suoi occhi erano spaventosamente chiari, quasi non ne vedevo la pupilla. La campanella suonò, e il ragazzo distolse lo sguardo.

Arrivò finalmente l'ora di pranzare, e nonostante mangiare in una mensa non fosse sempre una cosa positiva, era il momento della giornata che più attendevo. Finché non mi ritrovai con il mio vassoio in mano davanti ad una schiera di tavoli pieni. Mi si formò un nodo alla gola. Non sapevo dove sedermi, e le uniche persone che conoscevo avevano già avuto modo di farsi una pessima impressione di me con quel piccolo sfogo che avevo piantato. Possibile che non ci fosse nemmeno un tavolo libero?! Passai in rassegna ogni angolo della mensa, e proprio quando stavo per perdere ogni speranza lo vidi: un tavolo completamente vuoto se non per il ragazzo dai capelli rossi impegnato a disegnare. Per un attimo, da lontano, ebbi l'impressione che fosse la gente ad evitarlo, più che lui ad isolarsi. Mi avvicinai lentamente, e mi accorsi che le mie gambe stavano tremando.

-Scusa, posso sedermi? Pare che sia già riuscita a farmi dei nemici in classe e non so dove mettermi...

Alzò di scatto lo sguardo, nel quale percepii un velo di sorpresa. Di nuovo mi tornò quella strana angoscia che mi era presa la prima volta che avevo visto quegli occhi perlati. Fece spallucce, e un grosso peso si levò dal mio stomaco. Appoggiai il vassoio e mi sedetti sulla sedia. Il mio occhio non poté che cadere su ciò che il ragazzo era impegnato a disegnare. Rimasi esterrefatta: mai nella mia vita pensai di aver visto dei disegni tanto aggraziati e precisi. Erano stupendi; le ombre, l'anatomia dei soggetti, erano perfetti. Doveva essersi accorto che li stavo fissando con un'espressione ebete, perché si affrettò a chiudere il quaderno. Sobbalzai.

-Scusami, non volevo! Cioè, non pensavo ti desse fastidio. Mi è caduto l'occhio e non ho potuto fare a meno di notare quanto fossero perfetti...Scusa.

-“Perfetti” è una parola grossa.-la sua voce era assolutamente atona. Un brivido mi percorse la schiena.

-Sì, beh...Però davvero, mi hanno colpita.

Lui annuì quasi impercettibilmente con il capo, e tornò a consumare il suo pasto in silenzio. Quel silenzio... Per un attimo mi sembrò di essere di nuovo nella mia vecchia città insieme a lei, con i suoi silenzi enigmatici ed il suo tono di voce quasi proveniente da un'altra dimensione. Quando mi resi conto di starci pensando di nuovo, cercai il più velocemente possibile di tornare alla realtà, e mi accorsi che il ragazzo aveva detto qualcosa, di cui avevo afferrato solo le ultime sillabe.

-Cos'hai detto scusa?

-Ti ho chiesto se non ti hanno ancora raccontato di quanto io sia un temibile individuo poco rassicurante. Probabilmente non ne hanno avuto il tempo, se no non saresti di certo qua.

Il suo tono di voce era rimasto piatto, costante, e la sua espressione non era cambiata di una virgola. Mi appoggiai meglio allo schienale della mia sedia; la conversazione stava prendendo una piega interessante.

-Perché, cosa avrebbero dovuto dirmi?

-L'anno scorso ho mandato un ragazzo all'ospedale. Per sbaglio. Da quel momento la prima cosa che raccontano Sakura e l'altra gente ai nuovi arrivati è quella storia. Con aggiunta di raccomandazioni di starmi il più lontano possibile.

Dubitavo seriamente della sincerità di quel “per sbaglio”, ma in fondo io non ero in posizione di parlare. Ricordavo ancora tutto con nitidezza...

Mi spieghi cosa vuoi da me? Spostati!”

Voglio solo chiarire, Ginny, aspetta!”

Smettila di seguirmi, sei diventato un'ossessione! Lasciami in pace!”

Tutta quella forza nelle mie braccia...Non sapevo di averla.

Ragazzo, spostati, una macchina!”

I freni dell'auto, un botto sordo.

Presto, un'ambulanza!”

Quel ricordo faceva sempre male. Cercai di tornare alla realtà,e di provare a continuare questa conversazione che si stava rivelando non così morta in partenza come credevo.

-Beh, effettivamente...-mi avvicinai- è successo anche a me...ma preferirei se non si sapesse in giro.

Per la prima volta, finalmente la sua espressione cambiò. Era visibilmente sorpreso.

-Senti, piuttosto...Non so nemmeno il tuo nome.

-Sabakuno Gaara... Gaara per gli amici. Che non ho.

-Beh, allora piacere, Gaara.



Note

Salve ;-; Questa è la prima fanfiction che pubblico in assoluto, quindi potrebbero esserci errori tra i rating o tra le avvertenze. Scusate! Ho messo rating arancione per i capitoli più avanti, stessa storia per l'avvertimento delle tematiche violente. Se notate qualche errore sia nella descrizione che nel capitolo stesso, fatemeli notare!
Cercherò di pubblicare i capitoli abbastanza spesso, dipenderà anche da quante recensioni avrò!
Recensite se avete voglia ^^

   
 
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