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Autore: Lissa Bryan    22/02/2015    4 recensioni
Ambientato durante il regno di "Maria la Sanguinaria" Tudor. Bella viene catturata da Edward per crescere sua figlia. Lui le promette di liberarla, un giorno, ma lo farà veramente? Intrighi di corte e pericoli dietro ogni angolo. Potranno, loro e il loro nuovo amore, sopravvivere?
Dal cap. 1
«Non aver paura, Selkie. Non ti farò del male.»
Lei emise un piagnucolio e raddoppiò gli sforzi per trovare la sua pelliccia, le mani che grattavano le rocce, come potessero aprirsi per darle la salvezza.
«Ho io la tua pelliccia», annunciò lui.
Lei si sedette, come se le avessero ceduto le ginocchia. «Ti prego», sussurrò. «Ti prego, ridammela.» I suoi enormi occhi scuri lo imploravano.
«No, non credo.» Lui la studiò per un momento.
«Farò qualunque cosa mi chiederai. Ti prego, però, ridammela.»
Lui scosse la testa e gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ho bisogno di te», disse lui.”
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/3/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo    3

 

Rimase seduta sul bordo del letto di Edward e aspettò. Edward aveva detto che avrebbe mandato qualcuno a vestirla, cosa di cui, suppose, avrebbe dovuto essere grata, dato che quei vestiti erano così complicati. L’ultima volta che aveva passato del tempo sulla terraferma i vestiti erano molto più semplici.

Bella. Doveva cominciare a pensare a se stessa come Bella. Le erano stati dati molti nomi-parola da quelli che l’avevano incontrata sulla terraferma, ma questo doveva ricordarselo. Sembrava che sarebbe rimasta qui a lungo. Per fortuna il suo nuovo marito sembrava gentile. Sapeva di selkie che erano state catturate da uomini che gridavano e le picchiavano. La sua figlioletta era adorabile e Bella sperava di poter passare più tempo con lei. Doveva concentrarsi sulle cose positive della sua situazione.

Ogni cosa qui era dura e tagliente e asciutta, l’aria piena di odori strani. Il letto su cui era seduta odorava di uccelli morti. Si alzò e andò alla finestra. Lastre di vetro disegnate a diamante la coprivano, perciò non poteva avere neanche un po’ d’aria fresca. Riusciva a intravedere il mare dietro gli alberi. Premette la punta delle dita sul vetro, desiderando danzare tra le onde.

Due giovani donne entrarono, le braccia piene di panni. Altri vestiti della moglie di Edward. Non era inusuale per una nuova moglie ereditare le vesti della prima moglie, specialmente se erano indumenti di valore, fatti con stoffe sontuose come queste.

Un’altra donna seguiva con una bacinella di acqua fumante. Tutte si inchinarono a Bella e lei annuì, come l’aveva istruita Edward. Le tolsero il vestito verde, staccando le maniche. La donna che aveva portato la bacinella si mise il vestito sul braccio e lo portò via.

Una delle donne bagnò un panno nell’acqua e cominciò a strofinare la nuova duchessa come fosse un tavolo. Bella sopportò in silenzio, ma non capiva perché dovesse strusciare così forte. Aveva un po’ di sale sulla pelle per aver giocato con le sue amiche nell’oceano, ma non era sporca.

Bella sospirò dentro di sé. Gli umani erano strane creature, specialmente il suo nuovo marito. Lui la voleva. Se ne era accorta. Quando si era svegliato con lei tra le braccia, la mattina, era eccitato, ma non l’aveva toccata. Non riusciva proprio a capire. E poi le aveva detto che non voleva bambini! Ogni selkie che conosceva che era stata presa come moglie sulla terraferma aveva bambini col suo nuovo marito. Lei aveva visto questo come una consolazione per la sua cattività.

Una volta lucidata con una salvietta e dichiarata pulita, le donne le calarono dalla testa una veste bianca di lino. Le maniche erano gonfie, fermate ai polsi con un risvolto.

« Come si chiama questo?» chiese lei.

Le cameriere si guardarono l’un l’altra, e quella sulla sinistra le rispose. «È la camicia, vostra grazia.»

«Grazie. Come ti chiami?»

Doveva aver fatto un errore a chiedere, perché le donne si scambiarono un altro sguardo, sorprese. «Joan, se vi piace, vostra grazia.» Chinò la testa.

«E tu?»

«Anne, vostra grazia.»

Poi tornarono ai loro compiti. Alzarono le sue gambe una alla volta e ci tirarono sopra dei tubi di stoffa. «Calze, vostra grazia», disse Joan quando lei chiese. Furono legate al ginocchio con dei nastri.

Dopo quello, Joan nominò ogni indumento che le mettevano. Quello dopo era chiamato «un paio di corpi» ed era un indumento senza maniche con delle stecche di osso cucite all’interno di decine di piccoli canali. Davanti si allungava in un punto fino a raggiungere quasi l’osso pubico di Bella. Anne tirò i cordoncini finché non fu così stretto che Bella riusciva a malapena a respirare. Il suo petto era completamente appiattito come andava di moda e le sue spalle erano costrette all’indietro. Joan fece scivolare un pezzetto di legno triangolare, chiamato busk, dentro una tasca di fronte.

Fecero poi passare una gonna bianca adornata di pizzo dalla sua testa e la chiusero da dietro. Bella guardò giù e pensò che era davvero un bel vestito, anche se un po’ scomodo. Ma non avevano finito.

Bella quasi si mise a ridere all’indumento successivo che le misero addosso. Era la prima volta che vedeva un guardinfante, una sottoveste con cerchi di salice cuciti dentro. Bella pensò che sembrava una gabbia per uccelli. Sopra quella andarono altre due sottovesti.

Bella cominciava a stancarsi, incredula di fronte a tutti gli strati di vestiti che si supponeva dovesse indossare. Le donne della terraferma facevano questo ogni giorno?

Le misero il corpetto del vestito. Era senza maniche e con davanti un taglio basso fuori moda , la scollatura sottolineata da grosse perle, senza il colletto rialzato che era in voga. (A Bella piacevano le perle. Lei e le sue amiche le raccoglievano e le usavano per giocare.) Era di velluto rosso, un colore e una stoffa che potevano essere indossati solo da quelli sopra il rango di barone, ricamato fittamente con fili d’argento. Si apriva di fronte e un pannello di tessuto che si accoppiava col resto del vestito, chiamato pettorina, fu fissato sopra con spilli d’oro.

L’indumento successivo fu la tunica argentata, su cui andava la sopragonna di velluto rosso, aperta nel mezzo a rivelare la parte anteriore della tunica sotto, e infine furono cucite le maniche. Queste erano a due strati, velluto rosso sopra e delle enormi sottomaniche d’argento con degli spacchi nella parte inferiore. Joan usò un piccolo gancio per tirare a sbuffo la camicia di Bella  attraverso di essi.

Bella barcollava sotto il peso di tutti quei vestiti. Non riusciva ad alzare le braccia più in alto delle sue costole e non poteva piegarsi alla vita, né prendere un respiro profondo. Il vestito stesso era troppo largo e troppo lungo, quindi le donne si affrettarono a tirare su l’orlo, ma tutto il resto era schiacciato e costretto. Perché,  oh, ma perché non era stata catturata da un povero contadino?

Anne spazzolò i lunghi capelli di Bella e poi li fermò in un crocchia dietro la sua testa. Un fine copricapo di lino vi fu messo sopra e poi un cappello che sembrava fosse stato schiacciato, piatto sopra e sporgente agli angoli superiori. Un velo sottile e scuro pendeva dalla sommità, scendendo sulle spalle di Bella.

Le scarpe, almeno, erano comode, fatte di morbido cuoio nero e basse. Bella, naturalmente, preferiva stare a piedi nudi, ma queste non le dispiacevano, così morbide e flessibili.

«Volete la colazione, vostra grazia?»

Bella scosse la testa. Non aveva fame. Sapeva che avrebbe dovuto averla, dato che non mangiava dalla mattina precedente, quando aveva mangiato un po’ di alghe prima di andare alla spiaggia ad incontrare le sue amiche.

«Dobbiamo riaccendere il fuoco, vostra grazia?»

«No!» disse Bella in fretta. Troppo in fretta, a giudicare dalle loro espressioni.

Le due cameriere rifecero il letto, e si scambiarono occhiate significative quando videro le macchie di sangue che Edward aveva creato tagliandosi il dito. Lei si chiese cosa intendesse quando le aveva detto che le donne umane sanguinavano la prima volta che giacevano con un uomo.

Quando le cameriere se ne furono andate, Bella tornò alla finestra a guardare il mare. Si chiese come la sua famiglia avesse preso la notizia che lei era adesso una moglie sulla terraferma. Sarebbero tornati al Mare Freddo entro pochi giorni. La sua famiglia se ne sarebbe andata senza di lei o sarebbe rimasta per starle vicino? Poteva essere che stessero già adesso alla spiaggia, ad aspettarla, sperando che lei potesse far loro visita. Le si riempirono gli occhi di lacrime e appoggiò la fronte sul vetro freddo.

«Bella.» Udì il suo nuovo nome e si voltò, vedendo Edward che entrava. Lui si immobilizzò quando la vide, vestita come una donna della terraferma, e la fissò, la bocca leggermente aperta.

«Mio signor marito», disse lei facendogli un inchino. Quando si rialzò, calpestò l’orlo del vestito e perse l’equilibrio. Edward attraversò di corsa la stanza e le mise le mani sulle spalle per stabilizzarla.

«Tu sembri … sembri … molto avvenente, Bella.» I suoi zigomi si arrossarono lievemente.

«Grazie, Edward», replicò lei. «Anche tu sei molto avvenente.» E lui divenne ancora più rosso al suo complimento.

«Bella, devo parlarti. Siedi, per favore.» Fece un gesto verso la grande sedia di legno intagliato davanti al camino spento.

Lei ondeggiò e barcollò verso la sedia e si mise seduta. La parte anteriore del suo guardinfante si alzò e la colpì al mento. Non le fece male, ma rimase sorpresa. Edward scoppiò a ridere e anche lei rise un po’.

«Devi alzare il dietro del tuo vestito quando siedi.» Le mostrò come e Bella ridacchiò alla buffa posizione di lui. Lei lottò per alzarsi dalla sedia, ma rigida e appesantita, non riusciva a mettersi in piedi. Lui prese una delle sue mani allungate e la aiutò. Lei afferrò la gonna sui fianchi come lui le aveva fatto vedere e provò di nuovo, questa volta con successo. Il fatto era che il suo corsetto le premeva sull’osso pubico e la rigidità non le permetteva di appoggiarsi dietro. Era praticamente puntellata come una tavola contro un muro.

«Alle signore non è permesso toccare lo schienale della sedia con le spalle», disse Edward. Lei si protese, sedendosi dritta, impossibilitata a piegarsi.

Lui le sorrise. «Perfetto. Bella, che cosa sai della Cristianità?»

«Sono battezzata», offrì lei. Uno dei suoi amanti, un prete irlandese, aveva insistito tanto su questo. Lei non aveva idea del perché essere inzuppata nella sua acqua avrebbe portato via i peccati più che nuotare nel mare, ma lui sembrava dare molta importanza a quella cerimonia.

La sua risposta sembrò compiacere grandemente Edward. «Conosci il nostro catechismo?» chiese.

Lei scosse la testa. Neanche la parola le era familiare.

Lui sospirò. « Voi … voi selkie avete una religione?»

«Sì, ce l’abbiamo, ma diversa dalla vostra.»

«Come lo sai?»

«Facevo visita a un prete. Mi ha parlato un sacco del vostro Gesù.»

Lui si accigliò. «Visita?»

«Era il mio amante», chiarì Bella. Perché sembrava così sconvolto da questo? «Ma era più di cento anni fa,» aggiunse lei. «È morto da tanto tempo, ormai.»

Edward sembrò leggermente sollevato. «Bella, tu non devi mai parlare di lui con gli altri. O di nessuno dei tuoi altri amanti. O del fatto di vivere più a lungo della durata di una vita umana. Capisci?»

«Farò come chiedi», disse piano Bella.

Lui sembrava frustrato. «Provvederò a un sacerdote che ti dia un’istruzione religiosa. Mia cugina, la regina Maria, è molto … fervente nella sua fede. È importante che tu non la offenda o appaia eretica.»

«Imparerò», promise lei.

«C’è qualche possibilità che tu ti converta?» Sembrava triste, mentre lo diceva, e lei si chiese se, come il suo prete, non credesse  che sarebbe andata all’inferno non essendo una cristiana.

Lei scosse la testa. «Mi piace di più la mia religione.» Nella sua fede, l’inferno era riservato a quelli che erano crudeli con gli altri e non c’erano regole infinite e confuse a governare il loro comportamento. Il Dio di Bella voleva che le sue creature fossero felici, e Lui sorrideva vedendole giocare. Da quello che sapeva degli umani, loro non giocavano molto e il loro Dio sembrava essere arrabbiato con loro.

Sospirò. Adesso sembrava che avrebbe dovuto imparare anche tutte quelle regole, insieme alle buone maniere e ai costumi del popolo di Edward. Non sarebbe stato un compito facile. Un mare di tristezza la riempì mentre paragonava questo alla sua vita semplice come selkie, l’inseguimento degli amici nelle foreste di alghe, la sua pelliccia l’unica cosa da indossare e l’unica regola da ricordare, essere gentili con gli altri. Le lacrime le pizzicarono gli occhi.

«Ti prego, non piangere», disse lui piano. «Io ti aiuterò, Bella. So che ti sto chiedendo molto, ma ti prometto che proverò a farti felice mentre sei qui.»

Lei sperava che fosse possibile.

 

 

«Non mangia», disse Emmett.

«Hmm?» Edward stava ascoltando il suo musico strimpellare la lira e cantare una lamentosa canzone d’amore.

«Ho detto, non mangia», ripeté Emmett. Inclinò la testa in direzione di Bella.

Lei sedeva quieta, le mani in grembo, gli occhi fissi sul piatto davanti a lei. Una cameriera inginocchiata di fianco a lei, teneva un tovagliolo e una vaschetta piena, e il suo compito era tenere il panno di fronte a Bella se avesse avuto bisogno di sputare un nocciolo o un osso.

«Non ha mangiato tutto il giorno, e non ha mangiato neanche ieri.» Emmett ondeggiava sulla sua sedia, già ubriaco a mezzogiorno e probabilmente destinato a restarci. Comunque sembrava che il suo spirito di osservazione  non fosse diminuito dalla sua quasi costante intossicazione.

Edward si chinò e parlò con Bella, che sobbalzò al suono della sua voce. «Il cibo non è di tuo gradimento, mia signora moglie?»

«Chiedo perdono, mio signor marito», replicò Bella, e lui sentì una fitta di orgoglio al suo garbo. «Non ho fame.»

«Mia signora, tu devi mangiare», disse lui. «Ti ammalerai, se non lo fai.» Lui si guardò attorno e adocchiò un piatto di fichi zuccherati. Fece un gesto e il domestico glieli portò immediatamente. «Prova questi. Sono sicuro che ti piaceranno.»

Bella, obbediente, prese un fico, lo tagliò col coltello e se lo mise in bocca. Masticò e ingoiò, la faccia impassibile. «Molto buono, mio signore.»

«Prendine un altro», la blandì.

«Perdonami, ma non posso», disse lei piano.

Lui sospirò e si appoggiò allo schienale della sua sedia. Avrebbe dovuto parlare col suo dispensiere per assicurarsi che le fossero presentati più piatti a base di verdure. Magari avrebbero trovato qualcosa che avrebbe tentato il suo appetito.

«Posso essere scusata, mio signore?» chiese lei.

Lui annuì e lei corse via, i cerchi che ondeggiavano in modo allarmante intorno alle sue gambe. Non aveva ancora imparato l’andatura appropriata di piccoli passi, ad evitare di dondolare come una campana. Un’altra delle migliaia di cose che doveva ancora insegnarle.

Era così bella quella mattina che il cuore gli aveva fatto male alla sua vista, eppure una piccola parte di lui pensava che lei apparisse ancora più bella quando era selvaggia, non ingabbiata nell’abbigliamento di una duchessa. Avrebbe desiderato  poterle permettere di indossare qualcosa di semplice e comodo, ma questo sfidava l’ordine sociale. Alcuni l’avrebbero considerato assolutamente peccaminoso, poiché questo ordine sociale era stato decretato da Dio, e ognuno doveva vivere secondo la propria posizione nella vita.

«Si sta struggendo», l’avvertì Emmett.

Lui aveva paura di questo, ma non sapeva cosa fare per impedirlo, come farla felice nella sua nuova vita. Un pensiero gli attraversò il cervello e si illuminò. Sì, questo è quello che avrebbe fatto.

Finita la cena, salì di sopra e trovò Rosalie appollaiata su una sedia vicino alla finestra nel corridoio. «Qualche novità?» chiese lui tagliente. Dov’era sua figlia?

«Sua grazia mi ha congedato», disse Rosalie cupa. «Sta giocando con la bambina.»

Edward aprì la porta della nursery e trovò Bella seduta al piccolo tavolo con Elizabeth, a giocare a Filetto. Stava ridendo mentre Elizabeth formava una fila di tre pedine e ne prendeva una di Bella. Elizabeth ridacchiò e batté le mani, ma le rioffrì indietro la pedina, misericordiosa nella sua vittoria. Edward entrò e sentì una fitta di dispiacere quando la risata di Bella si spense alla sua vista.

«Prego, continuate», disse lui e si mise seduto vicino a loro a guardare. Dopo poco tornarono alle loro risatine. Mentre giocavano, Elizabeth chiacchierava senza sosta, parlando a Bella dei suoi progressi con le lettere, del  maestro di musica che l’aveva lodata per una canzoncina che aveva imparato a suonare alla spinetta e della rana che aveva trovato in giardino durante la sua passeggiata mattutina, che Rosalie non aveva lasciato che tenesse. Seppe più di sua figlia mentre le guardava giocare di quanto non avesse imparato negli ultimi sei mesi messi insieme.

«Rosalie ha fatto bene a non farti tenere la rana. Lei è selvatica e le cose selvatiche devono essere libere, per essere felici.»

Edward trasalì, e fu felice che Bella non stesse guardando nella sua direzione.

Elizabeth si stava divertendo tanto che non le importava neanche di aver vinto. Cominciò a raccogliere le pedine con le mani paffute. «Ancora!» disse.

«Non posso», disse Bella a malincuore. «Il tuo signor padre desidera la mia compagnia.» Lui le offrì la mano per aiutarla ad alzarsi. Elizabeth mise un po’ di broncio, ma si alzò e si inchinò educatamente, guadagnandosi un colpetto in testa da suo padre. Mentre uscivano passarono vicino a Rosalie, e la donna ancora non incrociava lo sguardo di Bella. Corse nella nursery e chiuse la porta.

Edward condusse Bella nella sua camera da letto, al tavolo su cui era la scatola che aveva preso dalla sua camera di sicurezza. «Questi sono per te», disse, aspettandosi la sua delizia.

Bella aprì e guardò dentro, a  collane, spille, braccialetti, tutto brillante e scintillante.

«Queste sono le gemme della duchessa», disse lui. Lei non sembrava capire. «Sono tue, adesso.»

Lui prese su una collana di rubini e la drappeggiò intorno al suo collo. Ogni gemma rosso sangue era grande come un uovo di quaglia, circondato di diamanti. Lui andò al suo armadio e lo aprì, prendendo il suo prezioso specchio di vetro. Lo tenne su per lei e allora lei boccheggiò, allungando la mano per toccare la superficie dello specchio e poi il  proprio viso. Allungò il collo e lo guardò dietro, coperto da una cornice di legno dorato e poi di nuovo al riflesso.

«Volevo che guardassi la collana», disse lui in tono ironico. Gli specchi erano rari e costosi, ma la collana era un vero tesoro, e lei l’aveva a malapena guardata.

Lei abbassò gli occhi dal riflesso alle gemme e annuì. «Grazie per le pietre lucenti.»

Voleva alzare le mani sconfitto, ma gli veniva anche da ridere.

«Posso tornare a giocare con Elizabeth adesso?» chiese lei.

Lui annuì e lei corse via.

Era Elizabeth la chiave? Bella sembrava più felice quando stava in compagnia di Elizabeth, e la bambina evidentemente la adorava. Forse avrebbe dovuto incoraggiarla a passare del tempo con sua figlia, e se si fosse trovata nella nursery al momento dei pasti, forse poteva convincerla a mangiare. Con questo pensiero in testa, se ne andò a rispondere alla sua corrispondenza fino all’ora di cena.

 

 

«Non mi piace», si lamentò Elizabeth quando Bella provò a farle mangiare il purè di porri.

«Ma la tua nuova mamma lo mangia. Vedi?» disse Edward.

Bella, servizievole, mangiò una cucchiaiata di porri.

Lui era cautamente ottimista. In questo modo era riuscito a mettere un po’ di cibo nello stomaco a Bella. Non aveva ancora mangiato abbastanza, ma era un miglioramento.

Elizabeth fece il broncio ma infilò i porri in bocca. Era appena stata svezzata; i bambini Tudor venivano a volte allattati fino all’età di cinque anni, ma Edward pensava che la bambina doveva cominciare a introdurre cibo solido. Rosalie aveva protestato all’idea, ma aveva l’impressione che fosse più paura di perdere il suo lavoro che vera preoccupazione per Elizabeth.

Erano seduti intorno al piccolo tavolo della nursery. Questa era la prima volta nella vita adulta di Edward che cenava senza tutte le cerimonie di dodici domestici che preparano, servono, tagliano e presentano piatti. Due domestici erano alla porta, uno con una brocca di vino. Edward scoprì che gli piaceva quella semplicità. Non poteva mangiare qui ogni sera, ovviamente, ma poteva essere un cambiamento piacevole, una volta ogni tanto.

Dopo cena, Bella ed Elizabeth giocarono ancora mentre Edward guardava. Non poteva spiegare perché trovava così affascinante guardare Bella, ma non riusciva a staccare gli occhi da lei. Ogni volta che lei rideva, il suo cuore accelerava e restava col desiderio di sentirlo di nuovo.

Giocarono su una tavola forata un gioco che si chiamava Volpe e Oca, finché Rosalie non entrò nella stanza e annunciò che era l’ora di dormire per Lady Elizabeth. Il broncio di Elizabeth rischiava di diventare un capriccio vero e proprio, ma Bella, con calma ma fermamente, insisté che doveva obbedire. Baciò la bambina, che corse verso Edward, guardandolo con occhi imploranti che chiedevano di salvarla dall’andare a dormire. «Ti benedico, tesoro», disse baciandola sulla testa. «Ora vai.»

Elizabeth sospirò drammaticamente ma andò.

«Mia signora, posso accompagnarti alle tue stanze?» chiese Edward offrendole il braccio dopo averla aiutata ad alzarsi dalla sedia.

«Le mie stanze?» ripeté lei con voce debole.

«Sì, ho fatto pulire e arieggiare le tue stanze dalle cameriere, oggi.»

Bella lo guardò con quegli occhi scuri e limpidi che gli facevano sciogliere qualcosa dentro ogni volta che li vedeva. «Devo dormire da sola adesso?»

«Sì», disse lui fermo.

Il labbro inferiore di lei cominciò a tremare.

«Per l’amor di Dio!» mormorò Edward. Si sta struggendo, aveva detto Emmett. Si fermò alla propria stanza invece che andare oltre verso quella di lei. Il suo domestico era già sistemato a dormire accanto alla porta, ma si affrettò a inchinarsi. Edward la condusse nella sua camera e notò che non sembrava più che stesse per piangere.

«Chiamerò le tue cameriere», disse lui. «Tieni addosso la camicia.»

«Edward?» Lei si torceva nervosamente le mani.

«Sì, Bella?»

«Perché non vuoi giacere con me?»

Lui spostò lo sguardo. «Non posso.»

Lei sembrò colpita. «Non funziona?»

Lui fece una gran risata. «No, funziona benissimo. Io – io sono ancora in lutto per mia moglie, Bella.»

«La amavi.» Era un’affermazione, non una domanda.

«Sì.» Si mise seduto su una sedia, passando la mano tra i capelli.

«E lei ti amava?»

«Sì.»

«Non pensi che vorrebbe che tu fossi felice? Io vorrei che l’uomo che ho amato ballasse e cantasse e avesse un sacco di bambini.»

«Mi sembra di esserle infedele», confessò Edward.

Bella lo guardò pensierosa per un momento e poi si avvicinò. Più vicina. Si mise tra le sue ginocchia. Più vicina. Finché lui sentì il calore che irradiava dal suo corpo. Gli si fermò il respiro in gola. Quegli occhi scuri lo catturavano. Lei avvolse le braccia gentilmente intorno al suo collo, la punta delle dita che accarezzava i suoi capelli. Il cuore gli martellava.

Lentamente, così lentamente, lei abbassò il viso verso quello di lui, finché furono solo a pochi centimetri. Doveva essere la magia selkie, perché lui era gelato sul posto mentre le labbra di lei si abbassavano sulle sue.

Morbide … Dio, com’erano morbide. Lui gemette piano e se la portò in grembo e la baciò nel modo che aveva desiderato dalla prima volta che l’aveva vista sulla spiaggia. Staccò le labbra. «Bella, non posso.»

«Puoi», disse lei. Si tolse il copricapo e lo appoggiò sul bracciolo della sedia, gli girò un poco le spalle e allungò la mano per tirare i lacci. La bocca di lui divenne secca. Lussuria. Non era un peccato, ricordò a se stesso, non verso la propria moglie, ma oh Dio, bruciava dentro di lui con una improvvisa e terribile intensità. Doveva averla.

Lei non poteva svestirsi, ma che fosse dannato se avrebbe chiamato adesso una domestica. Le tirò via la pettorina facendo volare le spille, le strappò i lacci, e le dita impacciate dalla fretta li intrigarono e annodarono. Edward ringhiò per l’impazienza, prese il suo pugnale dalla cintura e li tranciò di netto, lasciandoli cadere a caso sul pavimento. Tunica, sottoveste e guardinfante subirono lo stesso trattamento. E poi lei fu di fronte a lui, gloriosa nella sua nudità. Lui gemette, strattonandosi il farsetto, strappando i bottoni. Se lo tolse e lo buttò sul pavimento, seguito subito dalla camicia di lino.

Si tirò via le calze e si tolse la conchiglia che gli copriva l’inguine, nudo adesso come lei. Bella non era timida. Lei esaminò il suo corpo, gli occhi brillanti e accesi di desiderio come dovevano essere i suoi. La prese su e la portò sul suo letto, mettendo da parte il copriletto con una mano e poggiandola sulle lenzuola bianche. Lei aprì le braccia per lui e lui vi si lanciò impaziente, baciandola profondamente.

Sua moglie era sempre stata una partner timida a letto, gentile e schiva. Bella era impaziente e andava incontro all’aggressività di lui con la propria, portandolo a una frenesia ancora maggiore. Baciò, leccò e succhiò ogni parte del suo corpo scendendo. Quando raggiunse il suo obiettivo, alzò lo sguardo su di lei per il suo permesso. Non aveva mai fatto questo, prima, ma Emmett era stato molto esplicito nelle descrizioni delle sue conquiste. Aveva detto che rendeva le donne pazze di desiderio, ed era così che voleva Bella. Lei lo guardò semplicemente come a chiedere che cosa stesse aspettando.

Emmett aveva ragione, pensò, stordito. Ascoltò con attenzione i suoi gemiti per essere guidato verso quello che le dava maggior piacere. Le sue cosce si serrarono contro la sua testa così forte che lui pensò che avrebbe potuto spaccargliela come una noce. Lei lo tirò verso di sé finché lui cedette e scivolò di nuovo sopra il suo corpo. «Tocca a te», disse lei, gli occhi scuri peccaminosi.

Era un’altra cosa che Emmett gli aveva descritto, ma in questo caso, aveva pensato che Emmett esagerasse. I suoi occhi rotearono all’indietro per il piacere quasi d’agonia della sua bocca calda su di lui. Doveva fermarla. Era troppo. Non sarebbe mai durato. La girò sulla schiena e si mise tra le sue gambe. Fece scivolare giù una mano per assicurarsi che fosse pronta e gemette quando scoprì quanto era pronta. Cominciò con attenzione a scivolare dentro di lei, spinto dai suoi ansiti contro l’orecchio. Lentamente, lentamente, con attenzione

Bella imprecò e lo spinse, sbattendolo sulla schiena. Prima che sapesse cosa stava accadendo, lei era sopra e spingeva su di lui, avviluppandolo fino in fondo nel suo calore. I capelli di lei si erano liberati delle forcine e le scendevano sui fianchi, una cortina scura che li avvolse entrambi quando lei si chinò a baciarlo. Lei cominciò a muoversi e lui perse completamente la presa tenue che aveva ancora sul suo controllo, spingendo contro di lei selvaggiamente. La sentì gridare e le sue contrazioni di piacere lo spinsero verso il suo.

Lei crollò sul suo petto boccheggiando, la pelle ricoperta di sudore, come quella di lui.

«Ti ho fatto male?» chiese lui quando riacquistò la capacità di parlare.

«Per niente», le assicurò, accoccolandosi contro di lui con un sospiro soddisfatto.

Era riuscito a resistere alla sua sposa selkie un’unica notte. Mary sarebbe stata delusa da lui, o aveva ragione Bella dicendo che lei avrebbe voluto che trovasse di nuovo la gioia nella vita? Stava ancora ponderando questo punto quando si addormentò, con Bella tra le braccia.

 

 

 

 

 

Note storiche dell’autrice

Il Catechismo della Chiesa Cattolica non fu stabilito fino al Concilio di Trento nel 1566, e non era in origine destinato ai laici, ma piuttosto al clero come una specie di manuale di istruzioni. Il Catechismo della Chiesa Anglicana fu scritto nel 1537, e sembra che sia stato pesantemente influenzato da quello che Lutero scrisse nel 1529.

 

  
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