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Autore: Arsax    22/02/2015    3 recensioni
STORIA INCOMPLETA
“Aveva ragione mio fratello. Aveva ragione su tutti i fronti.
Sono uno schifo. Sono una schifezza di persona. Posso mai fare questo? Posso trattare così la gente?
Non so perché lo faccio, ma mi viene naturale. Come se una bestia si impossessasse di me ogni volta che esco di casa. Ogni volta che mi preparo per uscire e mi guardo allo specchio, vedo il mio sguardo cambiare e diventare cupo, freddo e distaccato. Me ne sono reso conto solo nell'ultimo periodo. Solo quando una certa persona me l'ha fatto notare ed è entrata a far parte della mia vita, sconvolgendomela in modo irreparabile.
Che cosa sono? In cosa mi sono trasformato? In che cosa mi hanno trasformato? Questo sono veramente io?
Ormai non ho più alcuna certezza. Esse sono morte con me, con la mia ultima vera immagine riflessa nello specchio. Questo non sono io e non ritroverò mai più il vero me stesso. Io sono morto.”
Genere: Dark, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 18- “Decisioni”

 

 

 

-Questo è un piano suicida! Lo sai, Bill? Potremmo finire tutti in carcere!- sbottò Georg nell'auto assieme a Tom, Gustav e Bill.
-Sì, lo so, ma non posso lasciare che la portino via. Ho sentito i colleghi che parlavano e avevano intenzione di chiamare gli infermieri psichiatrici e la polizia oggi, per cui non c'è tempo da perdere.- rispose apparentemente calmo Bill, ma dentro di lui c'era un'agitazione che gli faceva avere degli scatti nervosi senza volerlo.
Dopo che aveva avvisato Tom e Stefania del suo piano, Bill era tornato al ristorante per capire che intenzioni avessero i colleghi di Angelica. Le uniche cose che riuscì a sentire furono: “pazza come la madre”, “è un pericolo pubblico” e “chiamiamo gli infermieri psichiatrici domani”. Quelle poche parole erano bastate a fargli capire che non c'era tempo da perdere e dovevano fare subito qualcosa.
Era felice che finalmente avrebbe avuto una possibilità concreta con Angelica, anche se ciò comprendeva il sequestro di persona, ma era comunque spaventato dalla reazione che lei avrebbe potuto avere vedendo la bestia omicida che terrorizzava Amburgo proprio di fronte a lei. Avrebbe ascoltato tutta la storia senza pregiudizi oppure sarebbe scappata in preda al panico, urlando come un ossesso?
Era calato il sole da circa mezz'ora, ma nessuno osava mettere piede fuori dopo il tramonto sia per le gang che si facevano guerra per il controllo sui territori, sia per la bestia omicida. L'unica tanto sconsiderata da uscire dopo il tramonto era proprio Angelica. Era andata a cercare nuovamente il padre, forse per un qualche senso del dovere verso la promessa fatta alla madre poco prima che la portassero via o forse perché gli voleva un pochino di bene.
Angelica stava tornando a casa a passo svelto, con l'animo un po' più sollevato, dato che non aveva trovato ancora il padre, e con una porzione di lasagne precotta.
-E' lei?- chiese Gustav, indicando la figura di Angelica.
Bill rimase un attimo imbambolato, mentre osservava Angelica camminare con passo deciso e quegli occhi da cerbiatto, velati da un'ombra di dolore e tristezza.
-S-sì...è...è lei.- rispose balbettando.
Ogni volta che la vedeva si sentiva uno stupido. Non gli era mai successo con nessuna ragazza, eppure con lei sì e non riusciva a darsi una spiegazione.
-La mettiamo nel bagagliaio?- chiese Georg e Tom annuì.
-Dobbiamo addormentarla? L'avete preso l'etere?- chiese Tom.
-Eccolo qui.- rispose Gustav aprendo una boccettina con su scritto “dietiletere”, probabilmente comprato in un negozio che vendeva composti chimici.
Ci mise subito una pezza sopra e la inumidì un poco.
-Aprite subito i finestrini se non volete svenire voi.
Senza controbattere, aprirono i finestrini e attesero che fosse quasi arrivata a casa.
-Andiamo.- annunciò Tom deciso, dopo essersi coperti il viso con dei passamontagna.
Scesero dall'auto a passo deciso e corsero verso Angelica, che si accorse di loro poco prima che l'afferrassero. Iniziò a tirare calci, gomitate e morse anche la mano di Gustav quando cercò di addormentarla con l'etere.
-Tenetela ferma!- sbraitò Gustav, con la mano insanguinata.
Georg la strinse forte da dietro, bloccandole le mani dietro la schiena, mentre Tom cercò di bloccarle le gambe e di salvare i suoi gioielli di famiglia.
-Cercate mio padre, vero?- affermò Angelica, guardandoli con occhi spaventati ma decisi.
I tre ragazzi si guardarono confusi, ma senza lasciare la presa sulla ragazza.
-Ha lasciato dei debiti anche con voi, non è così? Volete i soldi per la roba che gli avete venduto oppure vi ha promesso me in cambio del saldo dei suoi debiti?- chiese decisa, ma le si leggeva negli occhi che quella minuta e fragile ragazza fosse spaventata.
-Non conosciamo tuo padre.- rispose Tom deciso. -Ma ci servi, per cui cerca di collaborare.
Gustav le mise la pezza inumidita con l'etere sulla bocca e sul naso e cercò di tenerle ferma la testa per farle respirare il prodotto. I suoi movimenti pian piano divennero sempre più deboli e gli occhi le si chiusero dopo qualche secondo.
La misero nel bagagliaio e partirono a tutta velocità, prima che qualche vicino potesse chiamare la polizia o segnarsi la targa della macchina.
-Oddio, ho appena compiuto un sequestro di persona!- urlò Gustav spaventato e Bill gli fece segno di stare zitto.
-Ha respirato talmente tanto etere che dormirà nella grossa per un paio d'ore e manco le cannonate riusciranno a svegliarla e ora fammi sbottare in pace!- sbraitò Gustav.
Era raro vederlo in preda ad una crisi di nervi, ma Bill pensò che quella fosse una di quelle rare occasioni, visto che avevano appena commesso un reato per lui, il loro amico sfortunato e stronzo.
Bill si ricordò di quando gli aveva dato del panzone e l'aveva insultato senza motivo. Doveva scusarsi anche con lui e ringraziarlo per essergli stato accanto, nonostante avesse avuto il diritto di andarsene e lasciarlo cuocere nel suo brodo.
-Mi dispiace...- sussurrò quasi impercettibilmente Bill, ma Gustav e tutti gli altri lo sentirono chiaramente.
-E per cosa?- chiese lui sorpreso e confuso.
-Per averti trattato male senza motivo, per averti dato del panzone...
-Io sono panzone, guarda qui.- rispose toccandosi la pancia con un dito e ridacchiando, per allentare la tensione che si era creata nell'auto.
-...e per averti coinvolto in questa storia. Anche a te, Georg, mi dispiace ragazzi.- rispose abbassando la testa.
-Ehi, sei nostro amico.- rispose Gustav mettendogli una mano sulla spalla.
-Nonostante tu sia stato uno stronzo negli ultimi mesi, ti abbiamo sempre voluto bene.- disse Georg.
-Grazie di tutto ragazzi, veramente.
Bill si sentì più sollevato dopo aver chiesto scusa a Georg e Gustav e un lieve sorriso gli apparve sul volto. Si girò a guardare quella creatura addormentata, bella come un angelo, ma col cuore pieno di cose orrende che si ostinava a tenere celate al mondo intero. Non smise di guardarla per tutto il tragitto fino a casa, dove la presero in braccio e la portarono nel solaio, ben arredato e adibito a stanza per gli ospiti.
Stefania aveva appena finito di cambiare le lenzuola del letto matrimoniale, che vide arrivare i ragazzi con Angelica addormentata fra le loro braccia.
-Mettetela qui.- disse scostando le lenzuola. -Ora lasciateci soli, devo svestirla per metterla nel letto.
I ragazzi fecero come disse e si accomodarono nell'enorme cucina. Tom prese quattro bicchieri e del Jack Daniel's e lo versò abbondantemente nei bicchieri. Tutti e quattro bevvero il bicchiere in poche sorsate e si guardarono, ancora sconvolti dal lavoro che avevano dovuto compiere.
-Sei sicuro che tutto andrà bene?- chiese Tom a nome di tutti.
-Non ne ho idea. So solo che se qui si sentirà al sicuro, probabilmente non cercherà di scappare.
-E' quel probabilmente che mi preoccupa, Bill. E se non si innamorasse di te? E se non riuscissi a spezzare la maledizione in tempo? Hai solo nove mesi scarsi.
Bill aveva ignorato quelle domande che anche nel suo cervello si erano formate ancora prima che in quello dei ragazzi, ma doveva tentare. Rimanere nel dubbio era la peggiore di tutte le punizioni per Bill, anche peggiore di quella che gli aveva inflitto Ariennye. Se fosse riuscito a conquistare l'amore di Angelica e fosse tornato com'era prima, tutto sarebbe ritornato a posto e avrebbe vissuto con Angelica una bella storia d'amore, che magari un giorno sarebbe finita ma che comunque avrebbe vissuto.
Se non fosse riuscito a conquistarla e lei avesse continuato ad odiarlo, non le avrebbe portato rancore anche perché lui stesso si odiava. Avrebbe fatto in modo che i ragazzi annunciassero la sua morte a tutti i giornali e avrebbero organizzato dei funerali. Si sarebbe potuto trasferire in Alaska con un'identità diversa e avrebbe giustificato il suo aspetto affermando che era stato torturato quand'era un ragazzino. Poteva funzionare, bastava solo fare dei documenti falsi e partire per l'Alaska con il loro jet privato.
Il piano B era stato ideato in pochissimi secondi dal cervello di Bill e lo disse agli altri.
-Va bene...ma io verrò con te.- disse Tom, ma Bill scosse lievemente la testa.
-Starò bene e poi ci saranno i miei cani con me, per cui non sarò solo.
Tom lo guardò intensamente negli occhi. Non voleva lasciarlo da solo. Lui era il fratello maggiore e doveva occuparsi del suo fratellino ad ogni costo!
-Ne riparleremo a tempo debito, adesso non dobbiamo farci scoraggiare. Tutto è possibile e lo sai meglio di me.- rispose Tom e il gemello annuì.
Stefania entrò in cucina e bevve qualche sorso di Jack Daniel's direttamente dalla bottiglia. Anche per lei l'idea di un sequestro di persona non andava a genio, ma per aiutare Bill avrebbe fatto questo ed altro.
-E' sopra che dorme come un ghiro. L'ho cambiata e ho chiuso la porta a chiave, così non può scappare.- rispose posando la chiave sul bancone, in mezzo a tutti loro.
-Vado da lei.- affermò Bill prendendo le chiavi.
-No, se si sveglia potrebbe vederti e spaventarsi a morte.- lo bloccò Georg.
-Ho il cappuccio e sono armato.- rispose alzando la mano sinistra, con gli artigli scuri. -Non mi farà del male.
Salì le scale, si mise il cappuccio ed entrò nella camera di Angelica. Come aveva detto Stefania, stava dormendo nella grossa (colpa dell'etere) e indossava una camicia da notte lilla molto corta e sexy.
Si sedette su una poltrona lì accanto e la osservò attentamente, imprimendosi la sua immagine nella mente.
Che cosa nascondi, Angelica Vogel? Cosa c'è che turba così tanto la tua vita?” pensò Bill, togliendole una ciocca di capelli dal viso.
Si ritrovò a pensare a cosa quella povera creatura avesse dovuto passare. Sapeva solo che la madre era pazza e il padre un drogato, ma per il resto non conosceva affatto quella ragazza. Allora perché era disposto a salvarla e a proteggerla dal mondo? Perché era riuscito a controllarsi durante una delle sue crisi? Cosa c'era in lei che lo attraeva così tanto? Ma soprattutto, ne era innamorato?
A nessuna di queste domande, Bill sapeva rispondere con certezza e pensò che solo col tempo avrebbe trovato tutte le risposte che stava cercando.
-Ehi.- sussurrò Tom sulla porta e Bill si girò verso di lui. -Posso?
-Certo, la sto solo guardando.- rispose lui imbarazzato.
-Non ho mica detto che stessi abusando di lei mentre è incosciente.- rispose Tom ridacchiando, mentre raggiungeva il fratello.
-Il padre è un drogato, la madre è in un ospedale psichiatrico da quindici anni, non molto distante da dove abita.
-Quindi lei a otto anni...
-Ha visto sua madre mentre veniva portata via.- concluse Tom e a Bill venne istintivo stringerle la mano.
-Il padre è stato spesso dentro per possesso di droga e disturbo della quiete pubblica.- continuò Tom.
Era deciso a dare più informazioni possibili a Bill, per proteggere lui e Stefania. Aveva fatto delle ricerche su Angelica per capire con chi avesse a che fare, ma non aveva trovato niente di compromettente su di lei. Fedina penale pulita, instancabile lavoratrice e figlia amorevole (almeno nei confronti della madre).
-Disturbo della quiete pubblica?- chiese confuso Bill, ma Tom non gli seppe dare risposta.
-Niente, non ci sono molte informazioni. Domani provo ad andare in biblioteca per vedere dei quotidiani vecchi, però è facilmente intuibile che non ha avuto una vita facile.- rispose Tom guardando quella ragazza.
Bill continuò a guardare Angelica, senza riuscire a staccare gli occhi dalla sua figura addormentata.
-Sai Tom- iniziò. -penso che...forse...mi sto innamorando di lei. Non riesco a capire come questa ragazza sia riuscito a conquistarmi in così poco tempo e parlandoci in chat per la maggior parte del tempo! Non riesco a...
-L'avevamo capito, sai?
-Come?- chiese sorpreso Bill.
-L'ha capito Stefania in realtà.
-E come ha fatto?
-Ha detto che quando parlavi di Angelica, avevi negli occhi la stessa luce che aveva lei quando parlava di me con le sue amiche.- rispose Tom sorridendo dolcemente. -Ha capito che ti stavi innamorando di lei ancora prima che tu lo capissi. Però...
-Però?- lo incalzò Bill.
-Siamo comunque preoccupati per te. Non riusciamo a non pensare che se tutta questa storia finisse male, tu potresti soffrirne, e tanto anche. Ti conosciamo, sappiamo com'eri quando credevi nell'amore e sappiamo che adesso sei tornato il Bill di sempre e che quindi soffriresti se lei ti rifiutasse.
Bill sorrise amaramente. -Lo so. Ci starei malissimo, lo penso anche io, però la vita che senso avrebbe se non rischiassimo un po'? Se non ci mettessimo in gioco e cercassimo risposte concrete, piuttosto che rimanere nel dubbio più assoluto? I “se” e i “ma” non danno spiegazioni, bisogna buttarsi e cercarle ed è proprio quello che sto cercando di fare con lei.- rispose indicando Angelica.
Tom annuì e sorrise felice al fratello. L'abbracciò forte, con fare protettivo e con un sorriso che di felicità stampato sulle labbra.
-Sono contento che tu sia tornato, Bill.- disse Tom all'orecchio del gemello.
-Anche io...

Aprì gli occhi e vide la stanza distorta. Pareti irregolari e troppo inclinate per i suoi gusti. Nella stanza aleggiava il profumo di lavanda e toast con la marmellata. Ciò le fece venire il voltastomaco e si alzò di scatto nel tentativo di cercare un bagno. Vide una porta e ci si fiondò sopra, sbattendoci contro perché era chiusa. Con le guance gonfie nel tentativo di non ridipingere le pareti bianche della camera e con la vista annebbiata, vide un'altra porta. Ci corse incontro come se fosse la sua ancora di salvezza e finalmente trovò il bagno.
Rigurgitò ciò che aveva nello stomaco, poco o niente per la verità, e dopo tirò lo sciacquone ancora abbracciata al water.
-Sia lodato l'inventore dei cessi.- borbottò fra sé e sé con la bocca ancora impastata.
Si sciacquò la bocca e si lavò la faccia nel tentativo di far ritornare la vista normale. Quando alzò lo sguardo verso l'enorme specchio del bagno, capì di non essere nel suo fetido appartamentino.
Il bagno era enorme, con una grandissima vasca da bagno idromassaggio, un lavandino con marmo vivo, una cabina doccia nella quale ci potevano stare benissimo quattro persone e un water che con quello di casa sua non aveva niente a che fare.
-Dove cazzo sono finita?- chiese ad alta voce, come se qualcuno potesse risponderle.
Uscì da quell'enorme bagno e si ritrovò in un solaio finemente arredato. Un enorme letto matrimoniale a cassettone, un armadio a tre ante con uno specchio enorme nelle ante centrali, comodini e cassettone con un altro specchio sopra, tutti color legno chiaro. C'erano anche una scrivania, in tinta col resto della camera, una libreria colma di libri e un paio di poltrone bianche con un tavolino di vetro basso.
“O sono morta oppure sono diventata la puttana di qualche pappone” pensò. Guardò la camicia da notte lilla e la propria figura nello specchio dell'armadio che aveva di fronte a sé.
-Sì, sono decisamente diventata la puttana di qualche pappone.
Guardò fuori dalla finestra e vide che fuori stava schiarendo.
“Devo andarmene via da qui. E in fretta.”.
Si rimise i suoi abiti, che aveva trovato ordinatamente piegati su una delle due poltrone, e provò ad aprire la porta della camera, anche se già immaginava che fosse chiusa a chiave dall'esterno, e difatti lo era. Provò ad aprire tutte le finestre della camera e anche quelle del bagno, ma nessuna di queste si aprì. Non si dette per vinta e provò a sfondare le finestre, ma sembrava che queste non volessero scalfirsi nemmeno un po'.
Esasperata si sedette sul letto e guardò il vassoio che era stato lasciato su uno dei due comodini. Era stracolmo di toast alla marmellata e, dato che non aveva cenato, aveva un certo languorino. Si avventò su quei toast come se non mangiasse da mesi e pensò che fossero la cosa più buona che avesse mai mangiato in vita sua. Somigliavano molto a quelli che sua madre le preparava da bambina e a quel pensiero si rabbuiò.
Se era rinchiusa lì, non sarebbe più riuscita ad andare a trovare sua madre e lei si preoccupava molto per lei, soprattutto perché pensava di essere in pericolo. Come avrebbe fatto ad andare a trovarla? Perché l'avevano portata lì? Ma soprattutto, che cosa volevano da lei?
Restò seduta a pensare ad una qualche soluzione per uscire da quella situazione e notò che in fondo alla stanza c'era un bellissimo pianoforte a coda nero.
Si avvicinò come ipnotizzata, dimenticandosi di tutto il resto, e restò ferma davanti ad esso, senza il coraggio di sfiorare quel meraviglioso “Steinway”. Era uno dei pianoforti più belli e costosi al mondo ed era lì, tutto per lei, che la chiamava. Si fece coraggio e si sedette, sfiorando molto delicatamente i tasti, come se avesse paura che potessero disintegrarsi sotto le sue dita. Iniziò a suonare una melodia dolce e triste al tempo stesso e non le importava se avesse svegliato gli abitanti di quell'enorme casa; almeno sarebbe venuto qualcuno e avrebbe potuto chiedere spiegazioni.

-A quanto pare qualcuno si è svegliato.- disse Tom ancora assonnato, mentre beveva la sua tazza di caffé.
-Già, scommetto che Bill è già vicino alla porta della camera di Angelica.- rispose Stefania, mentre addentava un biscotto al cioccolato appena sfornato.
-Credi che ci sia una speranza? Insomma, se non dovesse andare bene...
-Tom, ti preoccupi troppo. Se Bill non è in ansia, perché devi esserlo tu?- chiese al fidanzato, che sospirò amareggiato.
-Perché non voglio perdere il mio fratello. Lo so, è molto egoistico il mio pensiero, ma non voglio perderlo proprio ora che è ritornato il Bill di sempre. E poi, voglio che sia felice.
-Lo so amore, lo so. Cerca di stare calmo però, andrà tutto per il verso giusto.
-E come fai a saperlo?
-Intuito. E sai che quando sono fermamente convinta di una cosa, non mi sbaglio mai.

L'aveva aspettata per giorni, ma Angelica non era venuta a trovarla. Aveva preparato un nuovo ciondolo per proteggerla dal potere di Ariennye, dato che quello che le aveva dato tempo prima stava esaurendo il suo potere. Erano giorni che l'attendeva, ma non era ancora arrivata. Forse Ariennye era riuscita a metterle le grinfie addosso e a condurla da quel mostro orrendo? Che le aveva fatto? Era ancora viva? Non riusciva a sopportare l'idea che la sua unica figlia morisse senza che lei riuscisse a fare qualcosa di concreto, dato che era rinchiusa lì dentro.
“Perché vuoi Angelica? Perché vuoi sacrificare il mio piccolo angelo a quel mostro orrendo che hai creato?!” pensò Lucinda, mentre stringeva quel ciondolo tra le sue fragili dita.
“Per una vita migliore. Per dare ad entrambi una vita migliore. Tu non sai quante cose sono cambiate in questi anni, non hai mai conosciuto veramente tuo marito e non sai ciò che fa e com'è realmente. Ho scelto tua figlia perché sarebbe più propensa a credere a questo genere di cose che la gente reputa essere solo fiabe per bambini. E perché si merita di meglio dalla vita.” rispose una voce nella sua testa, che sapeva benissimo essere di quella strega che l'aveva tormentata e che continuava a tormentarla.
-Tu sei solo una pazza! Vuoi tanto fare il giustiziere della notte, ma con le tue maledizioni rovini la vita delle persone! Hai rovinato mia madre, usandola come portavoce. Hai rovinato me, sempre per lo stesso motivo, e adesso stai tormentando mia figlia solo per far imparare una “lezione di vita” ad un idiota pompato?!- urlò Lucinda, ma sapeva che non sarebbe servito a niente, tranne che a farle avere una dose extra di tranquillanti dagli infermieri.
Iniziò a piangere come non aveva mai fatto in tutta la sua vita. Non voleva che il suo piccolo angelo rischiasse la vita per una cosa del genere, che non la riguardava nemmeno lontanamente! Però...
Forse Ariennye aveva ragione. Forse le cose erano veramente cambiate nel corso di quegli anni e forse non sapeva chi diavolo aveva sposato. Marcus non era mai stato uno stinco di santo, dato che l'aveva fatta rinchiudere lì dentro, però pensava che volesse bene almeno alla propria figlia, ma a detta di Ariennye, non era così.
Doveva fare qualcosa, qualcosa per la sua bambina. Doveva starle vicino e iniziare a fare la madre. Niente più intrugli strani, se Angelica glielo avesse chiesto. Niente più ciondoli, se Angelica glielo avesse chiesto. Niente più magia, solo per la sua bambina.
La sua bambina aveva bisogno di una madre. Lei sapeva di non essere pazza, ma doveva smettere di far credere alla gente di essere tale e riuscire ad uscire da lì. Avrebbe tenuto nascosta la magia al mondo intero e sarebbe uscita da quella topaia nella quale era rinchiusa da ben quattordici anni.
L'infermiera Oxana aprì la porta della sua camera e si affacciò per controllare Lucinda.
-Cos'è successo?- le chiese dolcemente.
“E' ora di far credere a tutti che stai guarendo. Fallo per tua figlia, Lucinda.” le disse Ariennye nella sua testa.
-Ecco...sono preoccupata per il mio piccolo angelo. Non la vedo da un bel po' di giorni e sto iniziando seriamente a preoccuparmi.- rispose più lucida che mai, probabilmente perché il desiderio di rivedere la propria figlia e di uscire da lì, erano più grandi del desiderio di dimostrare al mondo intero che la magia esisteva veramente.
-Oh, Lucinda...- rispose Oxana, addolcita e sollevata dal sentire quel pensiero.
-Se la vedi...puoi darle questa?- le chiese porgendole la collana.
-Penso che verrà lei a prenderla, quando verrà per vederti.- cercò di tranquillizzarla Oxana e Lucinda pensò che per quel giorno aveva fatto abbastanza la “normale”, per gli standard degli psichiatri ovviamente.
-Okay...- rispose a testa bassa e Oxana richiuse la porta, lasciandola da sola.
“Un'ultima cosa. Non prendere più le pillole che ti danno, se vuoi restare lucida e uscire da lì” le disse Ariennye e Lucinda annuì.
Forse ce l'avrebbe fatta. Sarebbe finalmente uscita da quel posto orrendo e avrebbe riabbracciato la propria figlioletta da persona libera e non da qualunque malata psichiatrica.

Quel pensiero le mise una felicità che non pensava più di poter provare da anni. Avrebbe fatto tutto il possibile per proteggere il suo piccolo angelo.

Svarione dell'autrice
Buonasera a tutti, miei cari lettori! ;D
So di essere in stra-ritardo, le sessioni esami mi hanno tenuta da parte per molto tempo, però penso siate abituati ai miei innumerevoli ritardi (purtroppo T.T) e ciò mi dispiace da morire.
Sono contenta che, nonostante i miei ritardi, bene o male continuiate a seguire questa storia e vi ringrazio di cuore, veramente ;3
Spero che questo capitolo vi piaccia e non vi deluda, data la lunga attesa XD
Vi mando un enorme bacione e...
Al prossimo capitolo!

Arsax

  
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