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Autore: Aspaceman    23/02/2015    1 recensioni
Jenna è una ragazza con un passato difficile e un futuro che lo sarà ancora di più.
Tre figure la trasporteranno in un mondo fatto di magia e di sogni, che si rivelerà essere anche in continuo tumulto.
Il suo mondo.
Se ci entri, non ne uscirai più.
"Jenna camminava lungo il marciapiede nel cielo rosso scuro di Londra .
Si stava dirigendo nel pub in cui lavorava, pronta a un'altra lunga serata all'insegna della musica da discoteca, della birra, dei superalcolici e del fumo. Ovviamente a lei spettava solo servire le bevande, sopportare le occhiate languide e alla fine pulire il vomito e lo schifo in cui lasciavano i bagni."
"-Henry, pensi sia lei?-.
-Oh, sì Max, ne sono convinto-.
-Ma Dave ha detto che aveva diciassette anni! Sembra che ne abbia due in meno-.
-Finitela di giocare, ricordatevi che siamo qui per Sophie e non abbiamo nemmeno un minuto da perdere. Tenetela d'occhio, a turno finito ci muoveremo-."
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.



Jenna camminava lungo il marciapiede nel cielo rosso scuro di Londra .
L'afa soffocante, anche ora al tramonto, prevedeva un'imminente pioggia estiva e le attaccava leggermente le punte dei capelli legati in una coda al pezzo di schiena lasciato nudo dalla canotta bianca.
Si stava dirigendo nel pub in cui lavorava, pronta a un'altra lunga serata all'insegna della musica da discoteca, della birra, dei superalcolici e del fumo. Ovviamente a lei spettava solo servire le bevande, sopportare le occhiate languide e alla fine pulire il vomito e lo schifo in cui lasciavano i bagni.
Insomma, non era molto entusiasta.
Un lungo sospiro le uscì dalla bocca mentre si passava una mano sugli occhi, attenta al trucco, come per calare un velo sui pensieri stressanti che le attraversavano la mente.
Aveva bisogno di una svolta.
Certo la sua vita non era mai stata propriamente normale. In fondo ritrovarsi orfani all'età di quindici anni non era da tutti.
Ed ora, due anni dopo, si ritrovava a dover lavorare in uno schifoso pub (il capo l'aveva presa solo perché era gennaio e quell'anno sarebbe diventata maggiorenne) e a vivere in una sottospecie di topaia con una sua zia che nemmeno conosceva.
Di sicuro non avrebbe mai tenuto a conoscerla meglio: aveva la strana abitudine di camminare a piedi scalzi per casa e per l'esterno adiacente, di non accendere mai le luci, di utilizzare diversi profumatori per ambienti liquidi per ogni stanza e di sparire di tanto in tanto per poi tornare come niente fosse, sempre scalza ovviamente.
Poi di pulizie non se ne parlava proprio, ci pensava già lei con la sua andatura ciondolante, la schiena ricurva e il passo strisciante a pulire per terra. Jenna pensava che fosse quello il motivo dei suoi piedi perennemente neri e delle sue unghie del medesimo colore, che curvavano all'ingiù.
In città nessuno la vedeva da anni e sempre nessuno sembrava preoccuparsene. Le davano della strega ed erano tutti felici di non averla tra piedi.
Senza contare il fatto che più che mantenere la diciassettenne sembrava controllarla, non era il genere di persona su cui poter far affidamento.
Con la mente che vagava, Jenna si ritrovò davanti al pub con la vecchia scritta “Dark Shadows” e un'immagine di un fumo fitto che si levava dalla parte inferiore dell'insegna. Un'insegna vecchia quanto lei probabilmente.
Con un altro lungo sospiro entrò trattenendo il fiato per un po', giusto il tempo di non morire asfissiata dall'orribile odore di sudore, rutti, fumo e alcool.
Le pareti di tegole di legno verticali erano superiormente rivestite da una carta da parati gialla vomito, usata per non cambiare con il passare del tempo o più probabilmente deteriorata dal lerciume del posto. La parte inferiore terminava con sbeccature simili a morsetti di topi.
I tavoli di legno erano stati definitivamente rovinati e riportavano i segni di boccali di birra, bicchieri e qualche intaglio provocato da qualche ragazzino trasgressivo. Alcuni di questi erano stranamente affascinanti e precisi, a spirale o di altro genere.
Le sedie erano sempre dello stesso materiale, dure, scomode e consumate dai centinaia di sederi che vi si erano posati sopra nel tempo.
Il pavimento era di parque scurissimo, pieno di briciole e polvere nelle sbeccature e tra una tavola di legno e l'altra.
Infine il grosso e imponente bancone, in tinta con il resto del locale, correva lungo una parete del pub e lasciava notare sulle mensole, attaccate alla parete, una varietà di birre, di bottiglie di vino e di superalcolici non invidiabili a nessun supermercato, discoteca o locale che sia.
Jenna si mise dietro al bancone già lurido e passò uno straccio sulla superfice, più per non voler vomitare che per clemenza verso le braccia della clientela che ci si sarebbero appoggiate.
Cambiò il turno a Dave, un venticinquenne biondo e dal sorriso bonario, e si diede da fare per accontentare gli uomini di mezza età con la sindrome di Peter Pan che doveva servire.

Intanto non si era accorta di tre paia d'occhi intenti a scrutarla.
-Henry, pensi sia lei?-.
-Oh, sì Max, ne sono convinto-.
-Ma Dave ha detto che aveva diciassette anni! Sembra che ne abbia due in meno-.
I due ragazzi sghignazzarono e il terzo gli rifilò uno schiaffetto sulla nuca per uno, per poi parlare con voce roca.
-Finitela di giocare, ricordatevi che siamo qui per Sophie e non abbiamo nemmeno un minuto da perdere. Tenetela d'occhio, a turno finito ci muoveremo-.




 

Buonasera! E' la prima volta che mi cimento nella scrittura di una storia di questo genere, e anche di altri in realtà, ma amo così tanto il soprannaturale che mi è venuta questa idea.
So che è poco, ma è solo il prologo! E non vedo l'ora di vedere come andrà a finire.
Spero sia abbastanza scorrevole e nulla, alla prossima! Sperando vi piaccia.


Aspaceman.
  
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