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Autore: 1rebeccam    23/02/2015    10 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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-Vuoi continuare con le cianfrusaglie, o vuoi che peschi qualcosa che abbia davvero una storia? Magari che parli anche di Colbert!-
...




Capitolo 63
 


...
-Tu cosa pensi?-
Lui annuisce e fruga dentro la scatola, sorridendo appena trova la bustina di cellophane che cercava. La apre e con attenzione  prende il contenuto.
-Allora devi vedere questi.-
Le porge due tagliandi di carta, di un colore arancione sbiadito dal tempo, ma tenuti con cura e per niente sgualciti. Lei li prende quasi timorosa, sono consrvati così bene che ha paura di piegarli.
-Sono ricevute della biglietteria di un lunapark, datati 1977.-
Sorride sollevando lo sguardo su di lui.
-Uno aprile 1977… era il giorno del tuo compleanno!-
Esclama, incuriosita dalla storia che stanno per raccontarle quei due biglietti timbrati per l’entrata ad un lunapark di trentacinque anni addietro.
-Già! Compivo otto anni e proprio quel giorno a scuola era stata organizzata la famosa, fantastica, memorabile e supercalifragilistichespiralidosa giornata padre/figlio…-
-Oh!-
Esclama Kate quando lui lascia la frase in sospeso.
-Proprio così. Oh! Per carità, queste giornate organizzate dalle scuole sono belle ed importanti… solo che…-
-…solo che devi avere un papà!-
Lo interrompe lei e lui annuisce.
-Il punto non era non avere un padre. Non ero il solo ragazzino a non averlo. Il punto era che il mio non era morto, non era sparito, non era fuggito… il mio non esisteva. Niente nome, niente viso, niente fotografie… niente ricordi. I miei compagni sapevano essere cattivi, ma solo perché i genitori sapevamo sparlare bene. Ero il figlio di uno che non esiste e dell’attrice libertina.-
Cerca di sorridere, ma i suoi occhi non riescono a mentire e Kate vi scorge tanta malinconia.
-Sono cresciuto in un determinato modo e per me quella era l’unica realtà esistente, non mi ero mai posto il problema di una famiglia diversa da quella che formavamo io e mia madre, fino a quando sono andato a scuola. Solo quando ti rapporti con gli altri ti rendi conto che la vita può essere diversa, ma proprio perché gli altri ti fanno sentire diverso. Ed io ero diverso… per loro. L’unica cosa che avrei voluto fare quel giorno era restare sotto le coperte e fare sparire il mondo, specie quando mia madre mi disse che il problema non esisteva perché mi avrebbe accompagnato lei.-
Spalanca gli occhi gesticolando facendo ridere Kate.
-T’immagini mia madre che fa il padre, davanti ad una classe che se la ride alla grande?-
La guarda ridendo, sinceramente divertito anche lui.
-Il punto era che, con o senza di lei, non mi avrebbe mai permesso di starmene a casa ‘non hai nulla di cui vergognarti se non hai un papà… sei il mio ometto e hai coraggio da vendere Richard!’ Ti giuro che era adorabile quando cercava di tirarmi su il morale senza riuscirci. Sembra strampalata, ma era irremovibile in certe cose. La sua filosofia era che a qualunque età si ha un dovere da compiere e siccome a otto anni il mio dovere era andare a scuola, ci sarei dovuto andare comunque a meno che non stessi per morire.-
Kate sorride annuendo.
-Direi che in questo nessun genitore si smentisce.-
Scoppiano a ridere entrambi e lui abbassa gli occhi sui biglietti, guardandoli con tenerezza.
-Quella mattina indossai il mio bel cappottino nuovo, regalo di mamma per il mio compleanno e, con la cartella piena di tutti i problemi del mondo che quel giorno pesavano solo sulle mie spalle, mi preparai ad andare al patibolo insieme a mia madre e al suo nuovo vestito sgargiante comprato per l’occasione.-
Kate scuote la testa sorridendo. E’ proprio figlio di sua madre, teatrale come lei.
-L’ultima cosa che mi sarei aspettato, aprendo la porta, era di trovare Nicholas Colbert piazzato sull’attenti. Doveva essere lì da un po’ perché aveva le labbra viola pover uomo. Era aprile, ma faceva un freddo cane! Non disse nulla, mi accarezzò la testa scompigliandomi i capelli e fece cenno a mia madre che voleva parlarle. Ricordo che li guardai stranito, pensavo fosse successa una catastrofe, perché da quando lo conoscevo Nicholas non aveva mai saltato un giorno di lavoro, né a teatro, né al negozio che ancora non era suo. Parlarono per un paio di minuti, mamma scuoteva la testa, stringeva le labbra, sembrava contrariata, poi la vidi annuire. Alla fine mi venne vicino, mi tolse la cartella dalle mani e mi diede un bacio ‘oggi vai con Nicholas’ non disse altro, Colbert mi prese per mano e mi trascinò via.-
Smette il racconto per un attimo, guardando i due rettangoli di carta tra le mani di Kate, come se volesse ricordare precisamente quel momento e lei si ritrova a sorridere suo malgrado per la tenerezza del suo sguardo.
-Sul taxi non disse una parola, così io cominciai a fantasticare sul da farsi, nel senso che una volta arrivato a scuola dovevo avere una storia pronta da raccontare sul mio accompagnatore. Ero contento che non ci fosse mamma con me, ma non ero entusiasta che mi accompagnasse Colbert, avrei avuto comunque la curiosità di tutti addosso. Quando smisi di architettare un piano, mi guardai intorno e mi resi conto che quella che stavamo percorrendo non era la strada che portava a scuola e mi ricordai anche che mamma mi aveva tolto la cartella. Stavo cercando di capire quando il taxi svoltò l’angolo e mi ritrovai davanti la ruota panoramica più grande che avessi mai visto.-
Allarga le braccia per mimare la grandezza della ruota panoramica e sorride a Kate con lo stesso sbrilluccichio negli occhi che deve aver mostrato quel giorno.
-Ero così inebetito che Colbert dovette trascinarmi fuori dal taxi mentre io stavo ancora con il naso all’aria a guardare quella meraviglia che spariva per metà dietro ad un muro di cinta. Comprò due biglietti, se li mise in tasca ed entrammo nel mondo delle meraviglie.-
Si ferma ancora perdendosi nel sorriso di Kate. Lo guarda attenta, seguendo non solo il suo racconto, ma ogni espressione dei suoi occhi che parlano anche nelle pause di silenzio. Si rende conto di non aver mai raccontato quella storia a nessuno ed il modo in cui lei lo segue gli scalda il cuore.
-Abbiamo fatto ogni tipo di gioco, anche quelli pericolosi. Quando siamo saliti sulle montagne russe Nicholas era congelato dalla paura, gli occhi fissi in avanti e la mandibola serrata, per un attimo ho creduto che avrebbe dato di stomaco, ma non si è tirato indietro. Abbiamo mangiato schifezze di ogni tipo, sparato agli orsetti di legno, parlato tanto… ma nemmeno una volta ha accennato a quella giornata a scuola… eppure lo sapeva. Non mi aveva portato al lunapark per festeggiare il mio compleanno, ma per evitare che andassi a scuola proprio quel giorno.-
Solo in quel momento la sua espressione sorridente cambia. Torna serio e anche gli occhi luccicano di nuovo.
-Un paio di giorni prima ero stato da lui al negozio, di solito parlavo tanto e lui stava ad ascoltare attentamente, ma quella volta avevo il rospo in gola e non feci altro che stare in silenzio a guardarlo mentre lavorava. Lui al solito non disse una parola.-
Sospira abbassando lo sguardo.
-Questo lo rende speciale. Non chiede mai, non costringe mai, però sa guardare così nel profondo che alla fine ti senti scoperto. Così ad un certo punto scoppiai dicendo che non potevo festeggiare il mio compleanno con i miei compagni, perché proprio quel giorno dovevamo restare a scuola anche nel pomeriggio. Non ho accennai al perché, non gli parlai della giornata padre/figlio… eppure lui lo sapeva.-
Kate pende dalle sue labbra. La sua sfrontatezza, il suo essere capriccioso, quella mania di egocentrismo e di protagonismo, non sono altro che la difesa di un bambino al quale è mancata la sicurezza paterna, una difesa divenuta una maschera da mostrare, per nascondere l’uomo tradito dall’amore e da altrettante porte sbattute in faccia e che, nonostante tutto, non ha mai smesso di credere nella magia della vita e nei sogni impossibili che possono diventare possibili. Si perde con lo sguardo sulle sue labbra che improvvisamente si fermano e sente i suoi occhi fissi su di lei. Gli sorride, iclinando la testa, incitandolo a continuare.
-Siamo usciti che era praticamente buio, mentre aspettavamo il taxi, prese quelle ricevute dalla tasca e mi chiese se volessi tenerle o buttarle via, ed io gliele strappai praticamente dalla mano e le tenni strette, dovevo avere un’espressione proprio stupida, perché lui scoppiò a ridere.-
Kate ride insieme a lui, che si riprende indietro i biglietti. Li guarda con gli occhi lucidi e quel sorriso dolcissimo che doveva avere anche da bambino.
-Sul taxi siamo rimasti in silenzio come all’andata. Lui sempre impettito ed io perso nella meraviglia di quella giornata. Un paio di isolati prima di arrivare a casa lo ringraziai. ‘Serviva anche a me una giornata di svago’, mi rispose come se fosse stata una cosa da nulla, ma io presi coraggio e gli dissi che ero contento che non mi avesse accompagnato a scuola, facendogli capire che sapevo il perché del lunapark… e sai cosa mi rispose lui?-
Kate scuote la testa, mordendosi il labbro.
-‘Ti avrei accompagnato volentieri e non mi sarebbe importato della curiosità dei tuoi compagni e dei loro genitori, ma mi sarebbe importato di noi. Sappiamo bene che non sono tuo padre, quindi perché passare una giornata finta, con sorrisi finti e felicità finta da mostrare agli altri, quando potevamo passare una splendida giornata da buoni amici solo per noi… perché è quello che siamo tu ed io Richard, due buoni amici!’-
La guarda deglutendo, con gli occhi lucidi.
-Nessuno mi aveva mai detto una cosa tanto reale e tanto bella fino a quel momento e nessuno aveva mai fatto una cosa così importante per me. Quel giorno capì cos’era un padre. Una presenza, qualcuno che senti comunque, anche se lontano. Qualcuno a cui riesci a pensare anche se non ti è accanto, ed io non mi ero mai posto il problema per il semplice fatto che non ho mai avuto nemmeno l’ombra di una presenza simile. Colbert è sempre stato questo. Una presenza silenziosa, qualcuno che fa una cosa che non ama, come farsi arrotolare le budella sulle montagne russe, solo per fare felice il cuore di un bambino.-
Resta in silenzio qualche secondo, con gli occhi sui due biglietti e torna a guardare Kate.
-Passavamo mesi senza sentirci o vederci, specie quando partivo nelle tournee con mamma o poi, quando ero in collegio. Anche adesso non ci vediamo spesso, ma io so che lui è sempre lì…-
Kate annuisce sorridendo e gli stringe le mani.
-Anche lui sa che può contare su di te, me lo ha fatto capire quando abbiamo parlato al distretto. Ti vuole bene Castle, considera te e tua madre come una famiglia, per questo mi è sembrato strano che non me ne avessi mai parlato… ma adesso ho capito il perché.-
Rick corruccia la fronte e lei solleva le spalle.
-Nicholas Colbert è una persona speciale, una di quelle presenze che tieni nel cuore e di cui custodisci il posto d’onore gelosamente, lontano dalla massa… non serve parlarne!-
Rick annuisce, rimettendo a posto i due biglietti dentro la bustina trasparente che li ha protetti per anni, per riporli nella scatola dei ricordi, mentre Kate abbassa lo sguardo sulla piccola chiave che ha ripreso in mano. Il suo sguardo è corrucciato e pensieroso.
-Perché hai voluto che la tenessi io? E’ una cosa importante, perché tua figlia non ne sa nulla?-
Gli chiede in sussurro, senza distogliere lo sguardo dalla chiave.
-Alexis mi conosce… volevo che tu sapessi davvero chi sono. Credevo di poterti raccontare la mia storia vivendo con te, giorno dopo giorno, ma all’improvviso il tempo è diventato sfuggente…-
Anche il suo è un sussurro e Kate, sempre ad occhi bassi, sospira deglutendo.
-…e quella era l’unico modo di lasciarti la parte vera di me.-
Finalmente Kate solleva lo sguardo perdendosi nei suoi occhi e sorridendo, gli accarezza il viso.
-Io ho sempre saputo chi sei! Ci sono tanti modi di erigere barriere difensive. Chi impila mattoncini uno sull’altro per anni, recintandosi dietro un muro…-
Storce il naso facendo ridere Rick.
-…e chi porta una maschera allegra e buffa.-
Scuote la testa senza smettere di sorridere.
-Non mi serve una scatola per guardare in fondo al tuo cuore, mi è bastato lasciarti buttare giù un paio di quei mattoncini perché potessi guardarti realmente negli occhi e scoprire la tua storia, come tu ha scoperto la mia.-
Mette la mano sulla scatola, avvicinandola a sé e guardandoci ancora dentro.
-Non sono ancora riuscita a capire perché tu abbia scelto me. Perché ti sia interessato alla mia storia… e so che non è stato solo per i libri, ma ancora oggi non mi spiego il perché, visto che all’inizio davvero non ti sopportavo e facevo di tutto per dimostrartelo e farti desistere.-
Lui scuote la testa e solleva le ginocchia al petto, contornandole con le braccia.
-Tempo fa ti dissi che diventare improvvisamente ricchi non cambia una persona, ma amplifica la sua personalità. Io sono sempre stato uno sbruffone, era più facile superare determinate situazioni con una faccia da schiaffi e un sorriso ammaliante. Quando sono diventato famoso mi sono trovato catapultato in un mondo pieno di gente, persone che andavano e venivano come mosche e che, tra virgolette, si interessavano a me.-
Sorride mesto sempre scuotendo la testa.
-Sono sbruffone e superficiale, ma non stupido. Ogni cosa che mi ha travolto dopo, è successa con cognizione di causa.-
Quando Kate corruccia la fronte senza capire, lui allarga le braccia.
-Ho lasciato che accadesse… per anni ho lavorato sodo, scrivendo giorno e notte e avendo come unica compagnia Alexis, ad un tratto la mia solitudine si è riempita di luci, di gente che si aspettava qualcosa da me, di sorrisi falsi ed affetti effimeri. Non è che non me ne accorgessi, ne ero consapevole e ho lasciato che accadesse. Ero ancora un ragazzo, volevo godermi la vita e avendo già un divorzio alle spalle, non volevo altre complicazioni, perché la mia vita, quella vera, quella senza maschere l’avevo già: Alexis e mia madre. Il resto riguardava solo me. Mi sono divertito mostrando alla mia nuova realtà quello che voleva che io fossi.-
Le sorride prendendole la mano in cui tiene la chiave e la stringe tra le sue.
 -Poi ho incontrato te. Non mi sopportavi, non facevi niente per piacermi. Non mi volevi tra i piedi, non te ne fregava niente delle mie amicizie, dei miei soldi… tu non eri l’effimero, eri la realtà, un mondo nuovo tutto da scoprire, una specie di adrenalina che è entrata nella mia testa e ha trovato sfogo solo una volta che è stata impressa sulla carta.-
Le accarezza il viso e lei chiude gli occhi perdendosi sulla sua mano calda.
-Perché ti ho scelta? Perché mi hai permesso di leggere la tua storia, di scoprire la vera Kate e l’unica spiegazione è che ti sei fidata di me, che hai capito che al di là della mia pazzia c’era altro e volevi conoscerlo. Mi sono detto che se ero riuscito a scalfire anche solo uno dei tuoi mattoncini, significava che eri l’unica a cui avrei potuto mostrare il Richard Castle rinchiuso dentro questa scatola, l’unica che avrebbe accettato le sue paure, le sue debolezze e le sue follie.-
Si sporge in avanti lasciandole un bacio a fior di labbra.
-L’unica che avrebbe potuto anche amarlo… dovevo solo essere paziente.-
-Grazie al cielo lo sei stato.-
Le dà un altro bacio e strofina il naso al suo.
-Come ho detto a Ben, sei stata una meravigliosa battaglia e adesso sei una grande e continua vittoria.-
Kate sorride buttandogli le braccia al collo, beandosi del suo abbraccio. Restano stretti per qualche secondo fin quando lei si allontana per guardarlo negli occhi.
-Sono contenta che il mondo là fuori non conosca il tizio nascosto dentro questa scatola.-
Rick solleva un sopracciglio e lei si chiude nelle spalle.
-Potresti anche piacere a qualcuno, sai? Ed io ne sarei gelosa.-
Lo bacia sentendolo sorridere sulle sue labbra.
-Gelosissima!-
Scoppiano a ridere e lei si accoccola sul suo petto, allungando però lo sguardo dentro la scatola.
-Raccontami un’altra storia.-
-Curiosona!-
Esclama lui facendole il solletico su un fianco, lei reagisce immediatamente con la stessa arma e si ritrovano a rotolarsi sul pavimento ridendo e dimenandosi. Rick si blocca all’improvviso e restano a fissarsi in assoluto silenzio. Si baciano, ma quando lui sospira di piacere, lei si morde il labbro e sposta lo sguardo ancora verso la scatola, mentre Rick alza gli occhi al cielo.
-Donne! Tutte uguali, togli il coperchio ad una scatola e pretendono il mondo intero…-
Si guadagna uno scappellotto dietro la nuca e un’occhiata alla Beckett che non ammette repliche. Guarda dentro la scatola imbronciato come un bambino in punizione, ma basta uno sguardo per fargli tornare il sorriso.
-Ecco, questo si che ha una sua storia.-
Prende tra le mani un libro di piccole dimensioni, accarezza la copertina e lo porge a Kate, che legge il titolo e solleva lo sguardo sulla libreria alle sue spalle.
-Casino Royale!? Ne hai una copia nella libreria, perché questo lo tieni nascosto?-
-Quello nella libreria è la copia ufficiale, quella che ho comprato.-
Kate solleva un sopracciglio.
-Questo te lo hanno regalato e ha un valore sentimentale, per questo lo tieni segreto?-
Rick storce le labbra chiudendosi nelle spalle, mugugnando qualcosa d’incomprensibile e quando nota lo sguardo torvo di Kate, si riprende il libro, cominciando a balbettare.
-As… aspetta. Questo è per la donna, non per la detective!-
Lo sguardo di Kate diventa sempre più torvo, soprattutto per l’espressione allarmata disegnata sul suo viso, ma le basta un attimo per capire. Spalanca gli occhi di colpo, folgorata da un’illuminazione.
-Lo hai rubato!?-
-Shhh… n… non l’ho… rubato!-
Balbetta guardandosi intorno come se le candele nel salone potessero fare la spia.
-L’ho… l’ho preso… in prestito!-
Guarda il libro con l’espressione corrucciata e solleva le spalle.
-Comunque avevo dieci anni, quindi suppongo che il reato sia caduto in prescrizione!-
Lei annuisce trattenendo una risata quando lui la guarda male e le riconsegna il libro.
-Perché il piccolo Richard avrebbe rubato un libro che ha per protagonista l’innominabile?-
-Non l’ho rubato!-
Lei alza gli occhi al cielo sbuffando.
-Perché lo hai preso in prestito?-
-Mia madre mi aveva trascinato in biblioteca, cercava il testo di un’opera che dovevano adattare per una recita a teatro. Adoravo stare in biblioteca, ho sempre amato quel profumo di legno misto alla carta dei libri, ma quel giorno mi annoiavo, avevo letto tutti i libri per bambini e me ne andavo in giro a cercare qualcosa di più eccitante, solo che le letture davvero interessanti mi erano proibite, certe sezioni non le potevo nemmeno oltrepassare perché, a detta dei custodi, ero un bambino.-
-A detta dei custodi? Eri un bambino Castle, avevi dieci anni!-
Lui sventola la mano per aria come a dire che quello era solo un dettaglio e lei scoppia a ridere.
-Continuai a girare intorno alla ricerca di una buona lettura, guardavo nelle scaffalature alte senza fare attenzione a dove mettevo i piedi e mi scontrai con un tizio. Alzai gli occhi e mi trovai davanti ad un gigante che mi guardava storto ‘guarda davanti a te quando cammini, giovanotto’ sembrava avesse fatto l’eco dal modo in cui tuonò. Per un attimo pensai che mi avrebbe picchiato.-
Gesticola spalancando gli occhi e Kate continua a ridere, senza che lui le dia peso, troppo impegnato a proseguire il suo ricordo.
-Gli chiesi scusa e mi divincolai per svignarmela ma lui mi prese per il colletto della giacca ‘ti piacciono le storie di spionaggio?’ non so perché mi fece quella domanda, forse mi aveva visto ammirare il reparto thriller e spionaggio, comunque gli mostrai tutti i denti annuendo energicamente e lui fece una smorfia che assomigliava ad un sorriso ‘questo potrebbe piacerti, però non farti beccare a leggerlo, sennò te lo tolgono! Lo presi tra le mani e diedi un’occhiata alla prima pagina, alzai la testa per ringraziarlo, ma puff… era sparito.-
Kate corruccia la fronte, prestando più attenzione.
-Sparito! Avrà lasciato la sezione.-
-No, no… è proprio sparito, l’ho cercato ovunque, sono anche salito all’ultimo piano per guardare dall’alto, ma non c’era più… ma la cosa non era importante, avevo tra le mani uno dei libri dell’agente segreto più figo del mondo. Mi cercai un angolino appartato, camuffai la copertina del libro e cominciai a leggere. Non so quanto sono stato lì, ma quando mamma venne a cercarmi per andare via ero arrivato solo a metà…-
Guarda Kate allargando le braccia.
-Non potevo non finirlo, sarei morto per la curiosità, lo capisci non è vero?-
Kate annuisce cercando di non ridere, ma la sua faccia è troppo divertente.
-Quindi lo hai rubato!-
-Uff… non l’ho rubato! Mia madre non me lo avrebbe mai preso e io non potevo prenderlo in prestito perché tecnicamente ero un bambino.-
-Quindi lo hai rubato!-
Ripete Kate seria e lui sbuffa di nuovo.
-Certo che l’ho rubato! Me lo sono messo nella cinta dei pantaloni dietro la schiena, sotto la giacca e con la faccia da angioletto me lo sono portato a casa.-
Kate scoppia a ridere non riuscendo più a trattenersi e lui non può fare a meno di ridere insieme a lei.
-E dopo il misfatto che è successo?-
-Mi sono chiuso in camera e l’ho divorato e quando sono arrivato all’ultima parola, ho ripreso la prima pagina e l’ho riletto di nuovo, tutto d’un fiato.-
Intreccia le dita con quelle di Kate e la guarda serio.
-Sono rimasto chiuso nella mia stanza fino a sera e non me ne sono reso conto. Ero entrato nel mondo delle spie, sono stato in pericolo, in ansia, mi sono sentito forte, proprio come il protagonista. Altro che fiabe e libri per bambini. Ho anche pensato di restituirlo, davvero. Ci ho provato, sono perfino andato in biblioteca il giorno dopo uscito di scuola, mi sarei preso una strigliata da mia madre, ma ne sarebbe valsa la pena, solo che non ci sono riuscito. Mi piangeva il cuore a pensare che non avrei potuto leggerlo ancora.-
Kate lo ascolta con il solito sorriso sulle labbra, è così coinvolgente che per un attimo si è ritrovata in un angolo della stanzetta del piccolo Richard a spiarlo mentre legge e rilegge il suo Casino Royale.
-Credo che questa parte della tua storia dovrà continuare a restare segreta, sono un poliziotto, non posso essere legata ad un ladro.-
Lui le lascia un bacio sulla guancia e si riprende il libro.
-Ma la sua storia non è questa. Questa è solo la premessa.-
Lei corruccia la fronte incuriosita e lui sfoglia le pagine sorridendo.
-La vera storia è che dopo averlo letto per seconda volta nello stesso giorno, decisi che era quello che volevo fare nella mia vita.-
Kate guarda il libro e poi di nuovo lui.
-La spia?-
Scoppiano a ridere e Rick annuisce.
-Si, anche quello, ci ho pensato, ma no. Quello che volevo fare era strappare la gente al mondo reale per un paio di ore e farla entrare nel mondo magico della lettura, dove tutto è possibile, dall’essere l’eroe protagonista al cattivo di turno.-
Chiude il libro e corruccia la fronte.
-Quella sera decisi che avrei fatto lo scrittore.-
-Non posso crederci, non puoi aver preso una decisione così seria ed importante a quell’età e averla portata a termine da adulto.-
-Si invece, volevo emozionare i lettori come mi ero emozionato io leggendo questa meraviglia. Questa è la sua storia. Uno sconosciuto mi dà un libro da leggere e la mia vita prende una certa direzione. Da quel momento ho fatto tutto in funzione della scrittura, ho divorato libri di ogni genere, ho collaborato con tutti i giornalini scolastici dalle medie al liceo, ho partecipato a tutti i concorsi di componimenti letterari istituiti dalle scuole… tutto pur di arrivare a realizzare il mio sogno.-
Solleva lo sguardo sulla sua libreria e sorride.
-L’estate prima di entrare al liceo, ho lavorato per qualche settimana in una tipografia e alla prima paghetta sono corso in libreria e ne ho comprato una copia ufficiale da mettere in bella vista, così ho potuto rileggermelo in pace senza nascondermi.-
Lei appoggia la testa sulla sua spalla e nasconde il viso contro il suo collo.
-Non hai più visto quell’uomo?-
Lui scuote la testa e ripone il libro rubato nella scatola, nascosto ad occhi indiscreti.
-Se lo incontrassi non lo riconoscerei nemmeno, non ricordo il suo viso, però aveva gli occhi penetranti e gentili, almeno questo è rimasto nella mia mente, magari non era nemmeno così.-
Le mette un braccio intorno alle spalle e si stringe a lei.
-Però davvero mi ha un po’ cambiato la vita…-
Lei solleva la testa e gli lascia un bacio sul collo, rivolgendo sempre lo sguardo verso la scatola.
-Basta detective, non c’è altro d’importante. Stavolta le storie sono davvero finite.-
Kate si stacca da lui con il viso imbronciato, un po’ dispiaciuta che non ci fosse altro, osserva i movimenti di Rick che ricopre la scatola, ma invece di rimetterla a posto, si sporge ancora all’interno dello scomparto segreto e tira fuori un’altra scatola molto più grande della precedente, non di cartone, ma rifinita in pelle rossa, molto elegante.
-Però ho qualcos’altro. Questo è davvero un regalo, tutto per te.-
Quando toglie il coperchio lei si morde il labbro.
-Sono altri libri?-
Chiede dubbiosa, davanti a diversi volumi rilegati, tutti dello stesso formato e con la stessa copertina di pelle del tutto anonima, sistemati con il dorso verso il basso, quindi impossibile scorgere qualunque scritta.
-Non sono altri libri, sono le bozze originali dei miei romanzi.-
Le dice serio, con un tono molto professionale e lei corruccia la fronte.
-Non capisco. Hai la prima bozza mandata in stampa di tutti i tuoi romanzi nella libreria, perché tieni anche queste nascoste?-
-Perché quelle in libreria sono le prime stampe rilegate con copertina originale, così come poi andranno definitivamente in stampa per l’editoria, queste invece sono le copie zero.-
Kate continua a non capire e lui solleva un sopracciglio, guardandola divertito mentre il suo cervello lavora per elaborare.
-Quando finisco un romanzo, lo stampo e lo rileggo e man mano apporto correzioni, cambiamenti, tagli, aggiunte… tutto a mano, con pennarelli di colore diverso… solo dopo risistemo e ristampo al pc mandando il tutto finito a Gina.-
Kate alza lo sguardo su di lui e spalanca gli occhi. Rick la scruta con un’espressione maliziosa, gongolante per la sua reazione.
-Stai dicendo che sono le vere bozze corrette a mano di ogni tuo romanzo?-
-Proprio così, sono tanto egocentrico che me le faccio rilegare.-
Mentre si pavoneggia prende uno dei manoscritti e le mostra il titolo in copertina.
-“Fiori per la tua tomba”, il libro che ci ha fatto incontrare.-
Gli occhi di Kate luccicano ed il sorriso le si apre da un orecchio all’altro, gli prende il manoscritto dalle mani e comincia a sfogliarlo, soffermandosi sulle scritte colorate a bordo pagina.
-Non ci credo, fai anche i disegnini tra una scritta e l’altra!-
Esclama divertita ed emozionata.
-Quando non riesco a sistemare un periodo, mentre penso, continuo a fare l’artista.-
Le dice puntando con il dito cuoricini, stelline o semplici scarabocchi, mentre lei continua a sfogliare e osservare le pagine con un che di eccitazione nello sguardo.
-Hai la più pallida idea di quanto valgono questi manoscritti? Cosa sarebbero capaci di fare dei fan accaniti per averne uno se sapessero della loro esistenza?-
-Mhh… non saprei, dimmelo tu cosa potrebbe fare una fan accanita per averne uno! Oh scusa… dimenticavo, tu non sei una fan accanita, quindi come potresti anche solo immaginare cosa sarebbe capace di fare gente fuori di testa per avere uno solo di questi manoscritti!-
Solo in quell’attimo il cervello di Kate si riconnette e torna razionale. Solleva lo sguardo su di lui e stringe gli occhi a due fessure.
-Cos’è questa? Una trappola?-
Rick si chiude nelle spalle, restando a guardarla fisso. Kate storce le labbra. Era davvero una trappola e lei ci è caduta in pieno. Non riesce a celare la felicità di avere tra le mani quei manoscritti con tutti quei cuoricini disegnati a mano a bordo pagina.
-Si, è una trappola! So benissimo che hai letto tutti i miei romanzi, so che eri membro di un blog dedicato a me, ma non mi hai mai voluto dare la soddisfazione di vantarmene. Ero certo che con questi non saresti riuscita a trattenerti. Voglio vederti saltellare per casa.-
Kate continua a guardare il manoscritto, l’espressione fintamente arrabbiata sparisce del tutto. Sorride, accarezzando le pagine, man mano che le sfoglia.
-Mia madre avrebbe saltellato sicuramente…-
Rick si gela all’istante trattenendo il respiro.
-T… tua madre?-
Alza lo sguardo su di lui quando sussurra stupito.
-Proprio così Castle, era Johanna Beckett la tua fan numero uno.-
Rick resta a bocca aperta e senza parole, mentre Kate si morde il labbro, quando lui corruccia la fronte.
-E’ uno scherzo?-
Gli chiede incredulo e lei scuote la testa.
-Le piacevano diversi generi letterari, ma quando voleva distrarsi davvero, prendeva un bel giallo e s’immergeva nella lettura. Diceva che le tenevano il cervello attivo e che amplificavano il suo intuito… ‘per un avvocato l’intuito è tutto, Katie, ricordatelo sempre’ me lo ripeteva spesso quando credeva che avrei seguito le sue orme.-
Rick l’ascolta serio, si è sempre divertito a prenderla in giro per il fatto che non volesse ammettere di amare i suoi libri, ma mai avrebbe pensato che proprio sua madre fosse una sua fan.
-Una volta, in piena notte, mi alzai per bere un bicchiere d’acqua e la trovai rannicchiata sul divano, con la sua coperta preferita, che  leggeva attenta. Mi sorrise con un’espressione colpevole, dicendo che era vicina a scoprire l’assassino e non poteva aspettare…-
Sorride scuotendo la testa a quel ricordo e Rick le stringe la mano, sempre più accigliato.
-Mi sedetti accanto a lei e notai che con la matita aveva scritto ai bordi delle pagine, in maniera leggera per non sciuparle.-
Solleva lo sguardo su di lui sorridendo.
-Prendeva appunti, segnava gli indizi e le prove, come fai tu nelle tue bozze corrette, voleva scoprire l’assassino prima di arrivare alla fine.-
-Non ci credo!-
Esclama Rick addolcendo l’espressione preoccupata che ha assunto da quando Kate gli ha rivelato di sua madre e lei annuisce ridendo.
-Si, affinava il suo intuito di avvocato… almeno questa era la sua scusa. Fatto sta che amava leggere i tuoi libri.-
Abbassa lo sguardo sul manoscritto rimasto aperto e passa le dita sulle correzioni apportate da Rick in quella pagina.
-Qualche mese dopo la sua morte fui ammessa all’accademia, così affittai un monolocale lì vicino, non solo per comodità, ma per allontanarmi da casa mia, da mio padre, dalle sue bottiglie e dal suo silenzio. Pensai che lasciandolo solo senza preoccuparmi più per lui, si sarebbe dato una mossa da solo. Avevo impacchettato tutta la mia roba, le scatole imballate erano pronte per essere trasferite il giorno dopo, così feci il giro della casa per essere sicura di non lasciare niente d’importante e alla fine entrai in camera dei miei. Mio padre non ci dormiva più, era più facile arrivare al divano quando rientrava completamente ubriaco.-
Scuote la testa sospirando e Rick le stringe la mano più forte, sentendo una strana sofferenza alla bocca dello stomaco e maledicendosi di aver tirato fuori quei manoscritti, ma non si azzarda a dire nulla e resta ad ascoltarla.
-La sua bella coperta era ripiegata sul letto, la presi per portarla con me, mi serviva qualcosa di suo che mi scaldasse l’anima, mi sedetti sul letto e fu allora che mi accorsi del libro sul comodino, fino ad allora non ci avevo mai fatto caso, forse perché entravo di sfuggita ed in fretta andavo via, come se quella stanza mi soffocasse. Ma quella sera mi sentivo diversa, in fin dei conti stavo per fare un salto di qualità, lasciavo il mio nido sicuro per un meraviglioso monolocale freddo e che puzzava di pollo fritto.-
Guarda per un attimo Rick che le sorride, cercando di alleggerire il peso che quel ricordo le provoca, ma lei abbassa di nuovo lo sguardo e continua.
-Sopra la copertina c’erano i suoi occhiali e una matita, ed il segnalibro sbucava da pagina 123. Sfogliai le pagine, ricordo che mi venne da sorridere vedendo la sua scrittura a bordo pagina. Lessi il prologo e lo trovai buono.-
Lo guarda sorridendo e lui solleva le spalle come a dire che la cosa era scontata.
-Lessi anche il primo capitolo e mi ritrovai rannicchiata nel lettone con la sua coperta, il tuo libro e le sue osservazioni su quello che aveva letto e quando arrivai a pagina 123, chiusi gli occhi e pensai: lo finisco io per te mamma…-
Rick deglutisce vistosamente, quella sofferenza alla bocca dello stomaco diventa ansia senza capirne il motivo, mentre lei continua a tenere lo sguardo basso sul suo manoscritto.
-Quando arrivai alla fine albeggiava. Era passata un’intera notte e per la prima volta da quel nove gennaio, non ero rimasta con lo sguardo fisso al soffitto a sentire rumori che non esistevano o a cercare di allontanare le ombre scure che venivano a trovarmi nel sonno.-
Solleva lo sguardo su di lui e sorride. Un sorriso dolce su due occhi lucidi e splendenti.
-E’ successo quello sognava di fare il bambino di dieci anni dentro la tua scatola dei ricordi: il mondo reale era sparito per un’intera notte e mi ero persa nella fantasia, è vero che c’era di mezzo un omicidio, non era la lettura adatta in quel momento, ma ero in compagnia di mia madre e della tua storia. Il mattino dopo c’era un’altra scatola insieme alle altre, piena dei libri di Richard Edgar Castle protetti dalla coperta di mia madre. Nei mesi che seguirono, quando tornavo a casa dopo una giornata infinita in accademia, stanca morta, mi abbracciavo a mia madre e leggevo uno dei tuoi libri e spariva la solitudine, il freddo del mio splendido appartamento e perfino il puzzo di pollo fritto…-
Si rende conto improvvisamente che la guarda serio e con gli occhi lucidi, le labbra strette come a voler trattenere la commozione e non può non mettergli la mano sul viso ed accarezzarlo teneramente.
-Sei sempre stato con me Castle, anche quando non sapevi della mia esistenza.-
Lui abbassa lo sguardo e sospira, cercando di rimandare indietro l’emozione che quelle parole e lo sguardo splendente di Kate gli provocano.
-Non potevo non comprare gli altri tuoi best seller e una volta ho anche fatto la fila per avere un tuo autografo.-
Rick la guarda incredulo e sospira ancora, scuotendo la testa.
-Ed io non me ne ricordo!-
-Ero solo una ragazzina, una delle tante e tu… tu eri quello che tutte volevano! Sai Castle, quando ci siamo conosciuti ammetto di essere rimasta davvero delusa.-
Rick si acciglia e lei solleva le spalle.
-Beh, leggevo tutto quello che ti riguardava, sapevo benissimo chi eri, ma dentro di me pensavo che magari era tutto un po’ gonfiato e che dovevi per forza avere una mente brillante, invece eri esattamente come ti descrivevano. Affascinante sicuramente, ma irriverente, senza regole, egocentrico e pieno di te, convinto che il mondo fosse completamente ai tuoi piedi. Ero davvero delusa, per questo non ti sopportavo, è stato come se mi fosse caduto un mito! Poi ti ho visto con Alexis…-
Lascia la frase in sospeso e si sporge per donargli un bacio.
-Cambiavi espressione al solo dire il suo nome, quando eri con lei ti brillavano gli occhi e anche il tuo modo di parlare o di muoverti cambiava radicalmente. Diventavi buffo quando eri preoccupato o geloso e anche quando sparlavi di tua madre eri dolcissimo, la tua bocca diceva una cosa, ma i tuoi occhi dicevano solo che l’adori e, di giorno in giorno, mi sono convinta che un  uomo capace di tanta tenerezza con sua figlia, doveva per forza essere diverso, doveva esserci qualcosa in più da scoprire…-
Abbassa lo sguardo continuando a sorridere.
-E poi mi sono abituata a te, ai tuoi sorrisi, alle tue battute, alla tua allegria e ho capito che eri esattamente l’uomo che mi teneva compagnia ogni volta che leggevo un tuo libro. Sei stato una presenza continua. Sempre…-
Fissa gli occhi ai suoi e solleva le spalle.
-…forse è vero che esiste un destino che non dipende da noi, un destino in cui la nostra vita è già scritta. C’è sempre stato un filo invisibile ad unirci.-
Rick annuisce deglutendo, ma non riesce comunque a trattenere una lacrima, che lei gli asciuga con un’altra carezza.
-Credimi Castle, mia madre sarebbe andata fuori di testa per questi manoscritti.-
Rick la bacia sulla fronte e poi abbassa lo sguardo.
-Perdonami!-
Sussurra senza guardarla e lei corruccia la fronte, inclinando la testa verso di lui, chiedendogli tacitamente il perché.
-Per questi. Volevo solo giocare un po’, prenderti in giro e riderci su, non ho pensato nemmeno lontanamente che tua madre…-
Sospira guardandola dispiaciuto.
-...mi spiace di averti fatto tornare la malinconia!-
-Ti sembro malinconica?-
Gli chiede regalandogli un dolcissimo sorriso, ma quando lui continua a non guardarla, posa a terra il manoscritto e gli prende le mani.
-Non sono malinconica Castle, anzi! Mi ha fatto piacere ricordare quei momenti bui, perché ho capito quanto sono cambiata in questi anni e quanto sono serena adesso parlando di lei e hai il permesso di gongolare, perché il mio cammino verso la serenità è merito tuo.-
Finalmente lui sorride, le prende il viso tra le mani e si perdono nei loro sguardi, mentre Kate gli stringe le braccia al collo. Si lasciano andare ad un lungo bacio, scambiandosi piccoli tocchi di labbra e teneri sorrisi tra una carezza e l’altra, alla fine Kate gli accarezza il viso e sorride, facendo cenno ai manoscritti.
-Possiamo leggerne uno adesso?-
-E’ il nostro NON anniversario, possiamo fare tutto quello che ci pare.-
-Me lo leggi tu?-
Chiede con l’espressione da bambina curiosa, mentre si morde il labbro e Rick le sorride, accarezzandole i capelli, proprio come farebbe con Alexis.
-Ogni tuo desiderio è un ordine. Scegli.-
-Già scelto. Questo!-
Risponde a tono, mostrando il manoscritto di Kissed and Killed, assieme ad un radioso sorriso.
-E’ il libro che stava leggendo tua madre quando è stata uccisa?-
Lei annuisce senza dire altro e Rick si alza da terra, tendendole la mano.
-Però leggiamo accoccolati sul divano mentre ci abbuffiamo di ciambelle. Sono affamato.-
Fa per trascinarla nel salone, ma lei lo strattona e lo fa tornare indietro.
-Guarda che il tuo stomaco è ancora in convalescenza, Ben ha detto che devi stare leggero, quindi puoi mangiarne al massimo una, poi ti dai alla frutta.-
Gli dice puntandolo con il dito e lui spalanca gli occhi.
-Una? Una soltanto? Allora perché ne hai ordinata una scatola intera?-
-Perché io posso abbuffarmi!-
Lui resta a bocca aperta e lei, sorridendo, si avvia verso il salone, ancheggiando più del dovuto. Sospira sconfitto, sapendo bene che una ha detto e una sarà, quindi la segue e, mentre lei si sistema sul divano, lui prende la bottiglia di vino per aprirla.
-Anche di quello solo un sorso, poi ti dai all’acqua.-
A questo punto Rick solleva un sopracciglio e si gira a guardarla.
-Tranquilla, questo te lo lascio tutto, fa più effetto a te che a me.-
Abbozza un sorriso malizioso mentre lei si schiarisce la gola e le sue guance si tingono dello stesso colore delle rose accanto alle ciambelle. Rick le offre il bicchiere con il vino, afferra una ciambella al cioccolato bianco e si catapulta sul divano, lei si sistema accanto a lui, appoggiando la testa al suo petto, apre il manoscritto e s’immergono nella lettura.


Angolo di Rebecca:

Salve :3 siete riuscite ad arrivare sin qui? Bene :D a mia discolpa posso solo dire che Rick ha avuto una vita interessante ed intensa e quindi aveva parecchio da raccontare :p
Grazie a Vale per l'aiuto con i titoli dei libri di Castle che potevano andare bene per Johanna Beckett *-*
La ciambella al cioccolato bianco è tutta per te Virginia <3


Baci a tutte e buon Castle Monday *-*
  
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