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Autore: Eridani    23/02/2015    3 recensioni
Situata dopo l'episodio "Requiem for Methuselah". Durante una licenza, Kirk ritorna in possesso dei suoi ricordi e affronta Spock.
Un filo di angst, un filo di romanticismo, forse un pelino di fluff e assolutamente uno Spock iper-emotivo (e Jim non è da meno).
Io vi ho avvisato.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sì, sto facendo la pulizia del computer.
Un'altra storiella pubblicata e cancellata il giorno dopo; scritta per un contest e mai inviata. Insomma, povera lei: ne ha passate di cotte e di crude.
Mi scuso anche qui per i personaggi che mi sono scivolati "un pò" nell'OOC: quando l'ho scritta dovevo trovarmi in un periodo davvero ricco di emozioni.
Detto ciò, buona lettura.


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«Finalmente sei arrivato.» lo accolse velocemente il Dottore.
«Posso sapere il motivo della sua chiamata? Stavo terminando di raccogliere gli ultimi dati, quando mi...»
«È Jim.» lo interruppe «Gli è successo qualcosa e non ne vuole parlare.»
Spock fissò il suo interlocutore per qualche secondo in attessa di ulteriori spiegazioni.
«Non comprendo quale sia la mia utilità in questa situazione.» disse allora, sperando di ricevere una risposta esauriente.
«Sei suo amico, goblin dalle orecchie a punta!» rispose McCoy alzando la voce.
«Anche lei è suo amico, a meno che durante le ultime ore la vostra relazione non abbia subito un cambiamento di cui io non sono stato informato.»
«No, no, non è successo nulla tra me e Jim.» disse, muovendo la mano per aria «Ma qualcosa dev'essere accaduto, visto il modo in cui è uscito dal locale. Il fatto è che non vuole parlarne con me. Speravo potessi provare a parlarci tu e capire cosa diamine gli gira per la testa.»
«Dottore, se non ha intenzione di comunicare con lei, cosa le fa pensare che il Capitano sia maggiormente incline a raccontare a me ciò che, a quanto mi sta riferendo, lo turba?» chiese il vulcaniano in tono scettico.
«Non lo so. Ma qualcosa bisogna pur fare! Magari... magari riesci a farlo calmare con uno dei tuoi strani giochetti mentali vulcaniani o... o a farlo andare in confusione con i tuoi commenti senza capo né coda o... insomma, vai da lui e fagli sputare il rospo!»
«Se il Capitano ha ingerito un anfibio originario del pianeta, allora la soluzione migliore è chiamarlo qui in infermeria. Non sono estraneo ai rudimenti di medicina e chirurgia, ma credo che lei sia la persona più indicata a questo genere di situazioni.»
«Proprio come dicevo: commenti senza senso. “Sputare il rospo” è un modo di dire, Spock: significa decidersi a parlare di qualcosa che non si intendeva rivelare.» spiegò il Dottore in tono rassegnato.
«Non vedo perchè non l'abbia detto subito.»
«L'ho fatto!» affermò McCoy; vedendo poi l'espressione dubbiosa del vulcaniano, aggiunse «Insomma, non ti ho fatto venire qui per discutere del mio modo di parlare o della tua scarsa comprensione del gergo di noi poveri esseri umani. Ti ho chiamato perchè Jim ha bisogno di te.»
«Non sono la persona adatta.» rispose freddamente.
«Non mi interessa cosa ne pensi; tu andrai da lui e questo è quanto.» comandò McCoy con fare autoritario.
«Me lo sta ordinando? Le faccio notare che il suo grado non le permette di...»
«Spock, ti prego.»
Raramente il Dottore si mostrava così debole ai suoi occhi.
Numerose volte tra i due erano nati piccoli battibecchi e disaccordi, ma il loro rispetto reciproco non aveva mai permesso a questi di sbocciare in vere e proprie dispute. Inoltre, il Capitano era quasi sempre presente e pronto a sedare ogni turbamento. Ed era proprio grazie a questa persona che i due uomini di scienza avevano imparato a sopportarsi e stimarsi. Il loro era un rapporto sempre in bilico tra una nascosta amicizia profonda e un tenue spirito di sopportazione.
Mai prima d'ora, però, la loro amicizia aveva permesso una dimostrazione di sconforto. Se ciò che aveva portato a un tale passo avanti era Jim, la situazione doveva essere perlomeno degna d'aiuto.
No, lui non era la persona giusta. Negli ultimi tempi il suo controllo si stava attenuando e la continua vicinanza al suo superiore, per quanto piacevole, ne era la causa. Cominciava a nutrire il bisogno della sua compagnia e il desiderio di non spartire con nessuno quell'uomo che stava cominciando a penetrare così a fondo nella sua anima. Era da tempo ormai che celava il disgusto verso le numerose donne che osavano salire sulla loro nave e divertirsi a conquistare il suo Comandante, o il dolore provocatogli dal Capitano che ogni volta accettava le avances che gli venivano fatte. Quella in cui si trovava era una situazione complicata, strattonato dal bisogno di contatto e dal bisogno della lontananza, restio a diminuire il tempo trascorso con Jim, ma incapace di stargli vicino sapendo di portare dentro di sé un desiderio irraggiungibile.
L'ultima missione era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, quella che gli aveva fatto comprendere quanto il suo non fosse altro che un sogno, una fantasia. Anche se Kirk non avrebbe ricordato nulla di tutto ciò, Spock non avrebbe mai dimenticato il modo in cui il suo Capitano aveva osservato quella ragazza e l'aveva accarezzata; Spock non avrebbe mai dimenticato la foga con cui aveva lottato per conquistarla e la disperazione dopo averla persa.
Spock aveva scelto di aiutarlo ad alleviare il suo dolore. Per un'ultima volta si era permesso di toccare quel viso e quella mente così attraenti, prima di rinchiudersi nuovamente dentro il suo guscio.
Doveva riguadagnare il suo equilibrio, doveva tornare sé stesso. E l'unico modo per farlo era allontanarsi dalla fonte del suo pur così piacevole turbamento.
Per questo Spock non era la persona giusta. Nello stato d'animo fragile in cui si trovava, non era sicuro di come avrebbe reagito alla presenza del Capitano, in una situazione così intima e che richiedeva la sua completa attenzione e comprensione.
Ma contro ogni suo più sensato giudizio, colpa del medico che lo pregava o colpa dell'uomo rinchiuso nel suo alloggio che, anche senza volerlo, lo chiamava a sè, Spock non potè fare a meno di accettare il compito affidatogli.
Si diresse così al ponte 5.



«Mi dica cosa vuole e poi se ne vada.» lo accolse il Capitano appena richiusasi la porta.
«Mi ha mandato il Dottor McCoy. È preoccupato per lei.» riferì il vulcaniano.
«Gli dica che più tardi andrò da lui a farmi psicanalizzare, ma ora ho bisogno di stare solo.» disse Kirk, congiungendo le mani sopra la scrivania e poggiandovi sopra la testa.
«Posso fare qualcosa per lei?» chiese Spock, che dopo aver visto con i suoi occhi lo stato in cui si trovava il suo superiore, cominciava a comprendere la preoccupazione del Dottore.
«Non ha forse capito i miei ordini, Ufficiale? Le ho detto di riferire e poi andarsene. Ha fatto la prima cosa, ora se non le dispiace esegua anche la seconda.» ringhiò il biondo, alzando lo sguardo e fissandolo sugli occhi scuri del sottoposto.
Spock rimase stupito da una tale reazione. Da quando lo conosceva, mai il Capitano si era comportato in modo così scortese nei suoi riguardi e, soprattutto, mai un tale sguardo era stato rivolto proprio a lui.
Rimase immobile più di quanto Kirk ritenne necessario, perchè dopo pochi secondi questi urlò:
«Se ne vada, Spock!»
Se prima era stato lo stupore a fermarlo, ora era la preoccupazione a trattenerlo. Dopo aver assistito al comportamento così inusuale dell'amico, nulla, nemmeno un ordine diretto, sarebbe stato in grado di farlo allontanare.
Quello che aveva detto al Dottore era vero: lui non era la persona più adatta ad aiutarlo; ma altrettanto vero era il desiderio che stava impadronendosi di lui, quel desiderio che premeva contro le sue barriere e che gli ordinava di raggiungere quella forma seduta e tremante di rabbia e sconforto e di stringerla a sé, o anche solo toccarla leggermente, e porre fine a qualunque cosa gli stesse in quel momento provocando dolore. Ma il suo controllo, purchè tenue, non era ancora giunto ad un livello tale da fargli compiere suddetto passo; perciò Spock si avvicinò lentamente al suo superiore e, con mani dietro la schiena e sguardo risoluto, si fermò ad un metro da lui.
«Non ho intenzione di farlo.»
Kirk lo guardò stupefatto per qualche istante. Poi, come ripresosi da un momento di debolezza, si lasciò nuovamente prendere dalla rabbia.
«Le ho detto di andarsene. Non me lo faccia ripetere un'altra volta.» lo intimidì.
«E io le ho detto che non intendo farlo.» rispose con convinzione.
«Allora me ne vado io.»
E detto questo Kirk si avviò a testa bassa e con passo deciso verso la porta.
Ma non fece in tempo a fare tre passi che una mano stretta sul suo avambraccio lo fermò. Volse il viso per guardare negli occhi il vulcaniano e trasmettere attraverso un semplice sguardo tutta la rabbia che gli circolava nel sangue, ma appena incontrò gli occhi marroni non potè fare altro che rimanere immobile. Dentro quei pozzi color del legno vi era una determinazione mai vista prima d'ora, avvolta da un velo di tristezza che, Kirk lo sentiva, era rivolta verso di lui, verso il suo comportamento e verso ciò che stava passando.
Nessuno dei due osò proferire parola, l'uno per timore di liberare nuovamente la bestia appena miracolosamente calmatasi, l'altro per la confusione che gli rimbombava nella testa.
Solo poche note al piano impedirono alla stanza di cadere in un assoluto silenzio.
«Johannes Brahms?» chiese l'Ufficiale Scientifico alzando come sua abitudine il sopracciglio.
Kirk scosse violentemente il braccio per liberarsi dalla presa.
«Volevo riascoltare il valzer che hai suonato al piano mentre ci trovavamo sul pianeta Holberg 917G, ma a quanto pare è un pezzo sconosciuto. Mi sono accontentato di ascoltare le sonate presenti in archivio.»
Spock si accorse di quella goccia di malinconia e disperazione che bagnava le parole dell'amico.
«Era una delle composizioni che il Signor Flint aveva deciso di mantenere inedita. Se vuoi sono in grado di trascriverla; il computer potrà poi riprodurla al pianoforte.»
«Non mi interessa nulla di quella stupida melodia!» disse Kirk, alzando nuovamente la voce.
«Allora...» cominciò a parlare Spock, prima di essere interrotto da un tesissimo Capitano.
«Come ti sei permesso?» cominciò, stringendo forte i pungi «Come hai potuto farlo?»
«Potresti spiegarti meglio? Ho fatto numerose cose nel corso della mia vita...»
«Qui!» urlò, martellandosi la tempia con l'indice «Sei entrato qui dentro e mi hai fatto dimenticare ogni attimo passato assieme a Rayna. Come hai osato?!»
Spock s'irrigidì.
«Come fai a...»
«Per mia fortuna i vulcaniani non sono l'unica razza a saper giocare con la mente delle persone. Una donna del pianeta... eravamo insieme... diciamo che voleva potenziare le mie sensazioni e nel farlo ha liberato anche i ricordi che tu avevi cercato di nascondermi.»
«Jim, ascolta...»
«No, ascoltami tu: ti sei divertito a girovagare nei miei pensieri mentre ero vulnerabile? Cos'è, non puoi provare emozioni e allora ti diverti a manipolare quelle altrui? Ci sono altri momenti della mia vita che non ricordo a causa tua, azioni che ho commesso contro la mia volontà, persone che ho conosciuto e che ora non riconoscerei nemmeno se mi trovassi faccia a faccia con loro? Rispondimi, sporco ibrido, rispondimi!» lo incalzò, facendo un passo verso di lui e guardandolo dal basso verso l'alto col fuoco negli occhi.
Spock indietreggiò, colpito dalle offese e dalle accuse rivoltegli. Non avrebbero dovuto fargli del male, colpirlo nel profondo e farlo crollare. Ma è proprio ciò che successe.
«È questo ciò che pensi di me? Credi che riuscirei a farti del male, a farti soffrire di mia volontà? È questo il valore che dai alla nostra amicizia, Jim?»
«Non so più cosa pensare. Mi fidavo di te! Non credevo che proprio tu mi avresti fatto soffrire a questo modo!» lo accusò.
«Non osare parlare di sofferenza, Jim. Tu non sai cosa sia.» replicò l'Ufficiale, ponendo nelle sue parole tutta la frustrazione accumulatasi dentro di lui nell'ultimo periodo.
«La persona che amavo è morta, Spock! Oh, ma certo, tu non puoi capire. Per te l'amore non è altro che una debole emozione umana, dico bene? Cosa puoi saperne tu? Niente!»
Tutta la rabbia che provava non era nulla in confronto alla disperazione che si stava facendo largo nel suo cuore. Le lacrime minacciavano di cadere, le unghie di ferirgli il palmo delle mani.
Spock lo guardò con infinita malinconia. Avrebbe dovuto celarla, ma aveva ormai passato il punto di non ritorno, in cui la sua parte umana si era impadronita del suo animo.
«Non è affatto un'emozione debole. Anzi, è così forte da farmi perdere il controllo.» disse, poggiando la mano sul suo fianco sinistro «Il sangue mi pompa nelle vene; lo sento scorrere dentro di me, ne odo il rumore nelle mie orecchie, sento il battito accelerato del mio cuore. E sai di chi è la colpa? Sai perchè in questo momento non riesco a mantenere la calma, perchè il mio controllo è così debole da permettermi di parlarti in questo modo?» esplose il vulcaniano.
Kirk rimase impietrito, tutte le emozioni che lo stavano guidando si calmarono.
Spock non si era mai comportato così, se non in presenza di spore, virus o altri agenti esterni. Il fatto che ora nessuno di questi fosse la causa, bastò a farlo preoccupare.
«Spock, cosa ti sta succedendo?»
Il fatto di vedere la persona che fino a quel momento era stata un modello di fermezza sbriciolarsi davanti a lui, permise a Kirk di mettere da parte i suoi sentimenti e di far luce nella sua mente.
Perchè aveva reagito in quel modo? Come aveva potuto urlare contro uno dei suoi migliori amici, al suo collega e alla persona che a lui era più vicina?
“Non credi di aver esagerato?” si chiese.
Lo aveva accusato senza sentir prima le sue ragioni, si era lasciato prendere dallo sconforto e fatto travolgere dall'ira; si era scagliato contro la persona che più di chiunque altro al mondo lo aveva aiutato, era stato al suo fianco in ogni situazione, aveva alleviato molte altre volte il suo dolore.
Ogni volta che si era trovato sul punto di cadere, aveva sempre trovato un appiglio a cui aggrapparsi; quando le ombre lo avevano avvolto, pensare a Spock e al legame che li accumunava lo aveva sempre fatto tornare alla luce; nelle difficoltà, nell'Inferno della battaglia, quando persino il cielo sembrava voler crollare su di lui, vi era una sola persona capace di proteggerlo.
Lo aveva incolpato, lo aveva ferito, lo aveva insultato. E ciò che stava accadendo ne era il risultato.
«Spock, io...» cominciò, allungando la mano e posandola sulla spalla dell'Ufficiale «io ti devo le mie scuse.»
«No, non devi. Solo ora mi accorgo di quanto la mia decisione sia stata egoista. Con la scusa di alleviare il tuo dolore, ho assecondato solo il mio bisogno.» confessò, riacquistando lentamente la calma.
«Quale bisogno?» lo interrogò Kirk, che in quel momento vedeva l'unica occasione di una discussione sincera e priva di barriere.
Spock si prese ancora qualche secondo per rimettersi in sesto, poi afferrò la mano che ancora era appoggiata sulla sua spalla e la ripose al suo posto.
«Nulla di cui tu ti debba preoccupare. Sono in grado di reprimere i miei desideri. Ho sbagliato nel mio giudizio in quell'occasione, ma ti prometto di non ricorrere più a tali mezzi, non se contro la tua volontà. Spero solo di poter riconquistare la tua fiducia un giorno.»
«Non l'hai mai persa.» disse il Capitano con un lieve sorriso «Ero arrabbiato e confuso. Non capivo il perchè delle tue azioni e il dolore era ancora troppo forte da permettermi di ragionare. Ma ora ne ho compreso il motivo. Mi dispiace di averti accusato, mi dispiace di aver detto tutto ciò che ho detto. Possiamo affermare di aver sbagliato entrambi, non ti pare? Ci siamo lasciati trascinare, siamo stati incapaci di trattenere ciò che ci turbava.»
«Un errore comprensibile se compiuto da un essere umano, ma imperdonabile se fatto da un vulcaniano.» disse Spock, fissando lo sguardo davanti a sé ed evitando l'occhio indagatore del suo superiore.
«E per un uomo metà umano e metà vulcaniano come la mettiamo?»
«Come Ufficiale, non avrei mai dovuto rivolgermi in quel modo al mio superiore.»
«In questo momento i gradi non contano. Se sei d'accordo, io direi che nel tuo caso l'errore è perdonabile se vi è una giusta motivazione alle spalle. Cosa te ne pare, Spock? Ora dimmi: cosa ti ha spinto fino a quel punto?»
«Come ho già detto, nulla di cui tu ti debba preoccupare. Non accadrà più. Non vedo il motivo di continuare a discuterne.» rispose, cercando di terminare la conversazione che si stava dirigendo verso terreni che Spock non era in grado e non voleva percorrere.
«Se c'è qualcosa che ti turba, posso aiutarti. Tu hai cercato di farlo per me, ora io voglio provare a contraccambiare.»
«Il mio tentativo si è rivelato poco efficacie.»
«Solo perchè le emozioni custodite in quei ricordi sono più grandi di quelle che immagini.»
A quelle parole Spock provò il forte desiderio di andarsene. Lo avrebbe fatto, se non fosse stato per quella mano che andò a stringere il suo polso.
«Hai mai avuto un sogno, Spock? Uno di quelli così intensi da non svanire anche se sai esserlo irrealizzabile?»
Avrebbe voluto rispondere di sì, che custodiva un sogno del genere, così forte da intralciare la sua educazione e il suo credo vulcaniani. Avrebbe voluto confessare che il protagonista della sua fantasia si trovava a pochi centimetri da lui e che avrebbe potuto toccarlo se solo ne avesse avuto il coraggio. Ma invece rimase semplicemente zitto.
«Io ne ho uno. È il sogno di un folle, e me ne rendo conto, ma non riesco a cancellarlo dalla mia mente. Ho fatto di tutto per attenuarne l'urgenza, ma ogni mio tentativo si è rivelato inutile. Prima mi sono arrabbiato con te perchè... sai, pensavo che Rayna sarebbe stata la soluzione al mio problema: era una ragazza splendida e attraente, intelligente e spiritosa. Pensavo che lei sarebbe stata in grado di farmi dimenticare, pensavo sarebbe stata il degno sostituto. E così, dopo averla persa, non riuscivo a capacitarmi di aver perso l'unica possibilità che il mio animo aveva di ritrovare la pace. Ma ora mi accorgo che tutto ciò non avrebbe mai potuto funzionare: probabilmente mi sarei accontentato per un certo periodo di tempo, ma poi il guardarla mi avrebbe solo fatto desiderare ancora di più ciò che il mio cuore esige. Ero arrabbiato con te perchè credevo che tu mi avessi fatto perdere l'unica chance che avevo di liberarmi da queste catene, ma dopo aver visto la tua reazione ho compreso quanto tutto ciò fosse un'idea stupida.»
Kirk lasciò cadere la sua mano fino a stringere quella longilinea del vulcaniano.
«La ragione mi dice di stare in silenzio, ma il sentimento mi ordina di parlare. Forse spero che se mi hai perdonato lo sfogo di rabbia, saprai anche perdonarmi questo; o forse sono impazzito e il mio cervello ha deciso di smettere di funzionare proprio in questo momento. Non mi interessa il perchè. So che potrei pentirmene, so che dovrei trattenermi come ho fatto per tutto questo tempo, mantenere la giusta via di mezzo tra la professionalità e l'affetto. Ma ci sono momenti in cui si arriva alla cima della montagna e bisogna decidere se tornare indietro o se passare dall'altra parte. E il mio corpo non mi chiede altro che lasciarmi andare e cadere sull'altro versante.»
Mentre pronunciava quelle parole Kirk aveva sempre mantenuto lo sguardo fisso sulle loro mani incrociate; ora, giunto al culmine, lo fissò direttamente sugli occhi color ebano del vulcaniano.
«Ti chiedo scusa in anticipo per quello che sto per fare. Spero riusciremo ancora a lavorare in maniera ottimale come abbiamo fatto sino a questo momento, e che un giorno ti troverai nuovamente a tuo agio tanto da riprendere le nostre partire a scacchi. È molto ciò che metto a rischio, me ne rendo conto... ma forse un giorno potrai capirmi.»
Kirk si sporse in avanti e, chiudendo gli occhi, poggiò le sue labbra su quelle dell'Ufficiale.
Non vi era passione, non vi era foga, non vi erano aspettative. Era una semplice confessione. Vi era rassegnazione, vi erano malinconia e timore. Non vi era nulla del coraggio che distingueva il Capitano dell'Enterprise, perchè, contarariamente alle sue missioni, qui non vi era alcuna probabilità di riuscita. Si era buttato in mezzo al fuoco anche se sapeva si sarebbe scottato, bruciato. Ora tutto ciò che lo proteggeva dalle fiamme erano le lacrime salate che avevano cominciato a scorrere libere sulle sue guance.
Quando si staccò, la prima cosa che fece fu girarsi e asciugarsi il volto con la manica della divisa. Non osò guardare il faccia il suo amico, se ancora aveva il diritto di chiamarlo in quel modo.
«Ora può andare, Signor Spock.» disse con voce autoritaria, coprendo a malapena il tremore di sottofondo.
Vi furono attimi in cui solo le note al piano rimbombavano nella stanza; nessun rumore di passi, nessun rumore della porta che si apre e si chiude. Poi una voce profonda coprì la melodia.
«Non intendo farlo.»
«Ti ho già chiesto scusa. Cos'altro posso fare?» chiese, tenendogli le spalle.
«Potresti girarti e guardarmi.»
«Per favore, non rendere il tutto più difficile di quanto non lo sia già.»
«Jim...»
Il suo nome vagò solitario nell'aria.
Spock lo afferrò e lo strinse forte a sé, impedendogli qualsiasi movimento. In un primo momento Kirk tentò di ribellarsi, ma poi il calore di quel corpo lo calmò e lui si arrese a quella dolce morsa.
«Prima hai parlato tu. Ora lascia parlare me.» disse Spock, appoggiando il mento sulla sua spalla «Mi hai chiesto quale fosse il mio bisogno. Non volevo rivelartelo, temevo le conseguenze. Ma sono felice che tu abbia avuto il coraggio che a me è mancato.»
Kirk rabbrividì e Spock lo strinse ancora più forte.
«Tu ti sei aperto con me; meriti altrettanto. Io... ho sofferto nel vederti corteggiare altre donne e nell'essere corteggiato. Quando mi sono accorto del profondo attaccamento che provavi verso Rayna, ho a stento trattenuto la gelosia. E mi vergogno nel confessare il mio sollievo quando quella storia è terminata; ero sollevato nel sapere che lei non avrebbe preso il posto che desideravo mio. Ma poi ti ho visto, distrutto; non potevo sopportare quella visione. Ho deciso di offuscare i tuoi ricordi, così da alleviare il tuo stato d'animo e al contempo cancellare ogni traccia di quella persona che aveva osato avvicinarsi così tanto a te. Mi vergogno del mio comportamento, ma mi vergogno ancora di più nel dire che se potessi tornare indietro lo rifarei. Tutto ciò che è accaduto ci ha portati qui, in questo punto del tempo e dello spazio.»
Detto ciò fece girare Kirk tra le sue braccia e, quando finalmente lo ebbe di fronte e potè guardarlo dritto negli occhi, aggiunse:
«E io non vorrei trovarmi in nessun altro luogo.»
Kirk non sapeva il motivo del suo pianto: era felice, eppure le lacrime, che raramente si prendevano il permesso di uscire, non smettevano di scivolargli sul viso. Forse era colpa di Spock, delle sue parole e di tutte le emozioni che vi aveva lasciato trapelare; mai avrebbe pensato di poter toccare così a fondo il suo animo e di essere ritenuto degno di una tale dimostrazione d'affetto. Forse era colpa del calore che lo circondava e di quelle braccia forti che lo stringevano così saldamente da lasciargli a malapena lo spazio per respirare. O forse erano quegli occhi profondi, che potevano dire così tanto anche senza parlare, che, anche se Spock non si fosse più lasciato andare in quel modo, sarebbero stati capaci di trasmettergli ogni cambiamento nel suo animo.
Poche ore prima credeva di aver perso ancora una volta il Paradiso, l'opportunità di una vita condivisa e di una felicità così ardentemente sognata. Ora Paradiso o Inferno semplicemente non avevano più importanza.

   
 
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