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Autore: Lily Liddell    23/02/2015    5 recensioni
Effie's POV | Hayffie
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Sequel di Ozone e prequel di Petrichor.
{Cercherò di fare in modo che possa essere letta anche senza tenere in conto il prequel. Anche se potrebbe essere utile per capire lo sviluppo del personaggio di Effie dai suoi primi Giochi a questi.}
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Avete letto Hunger Games dal punto di vista di Katniss, questi sono gli stessi avvenimenti visti attraverso gli occhi di Effie Trinket, capitolina DOC. Più o meno.
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Dal capitolo 1 [La mietitura]:
La sveglia suona incessantemente e mi costringe ad aprire gli occhi. La stanza è avvolta nell’oscurità più totale, potrebbe essere ancora notte fonda.
Ci vogliono svariati minuti prima che la nebbia che mi avvolge il cervello svanisca; non è notte fonda: sono quasi le sette del mattino.
Allungo un braccio per zittire quell’aggeggio infernale che continua a trillare e mi costringo a sedermi al bordo del letto.
Il treno in movimento continua a cullarmi e svegliarsi del tutto è incredibilmente difficile.
Qualcuno potrebbe pensare che dopo quindici anni di viaggi io mi sia abituata, e invece ogni volta è sempre tutto uguale.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
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Stasera. Dopo la mietitura, in teoria tutti quanti dovrebbero festeggiare. E molti lo fanno, sollevati perché i loro figli sono stati risparmiati per un altro anno. Ma almeno due famiglie chiuderanno le persiane, sbarreranno le porte e cercheranno di capire come sopravvivere al dolore delle prossime settimane.
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La sveglia suona incessantemente e mi costringe ad aprire gli occhi. La stanza è avvolta nell’oscurità più totale, potrebbe essere ancora notte fonda.
Ci vogliono svariati minuti prima che la nebbia che mi avvolge il cervello svanisca; non è notte fonda: sono quasi le sette del mattino.
Allungo un braccio per zittire quell’aggeggio infernale che continua a trillare e mi costringo a sedermi al bordo del letto.
Il treno in movimento continua a cullarmi e svegliarsi del tutto è incredibilmente difficile.
Qualcuno potrebbe pensare che dopo quindici anni di viaggi io mi sia abituata, e invece ogni volta è sempre tutto uguale.
Le piante dei piedi toccano il pavimento riscaldato e mi avvio ad un appendiabiti; infilo la mia vestaglia di seta e vado a scostare le tendine che coprono la finestra.
Una luce bianca inonda la mia carrozza, devo portare una mano a coprire gli occhi per evitare che il sole mi dia fastidio.
Ho poco più di cinque ore per prepararmi, poi arriverò al Distretto 12 per la mietitura annuale.
Prendo posto alla mia toletta e cerco di tenere le palpebre sollevate. I miei movimenti sono lenti e un po’ goffi, ma riesco a trovare il cassetto che sto cercando e con cautela apro una scatoletta che contiene uno dei miei più acerrimi nemici: l’apparecchio a luce pulsata per sbiancare i denti.
Con tutto il caffè che mi faccio entrare in circolo ne ho bisogno. Lo detesto, mi fa sbavare e ha un saporaccio. Ma il mio sorriso sgargiante sarà in diretta nazionale fra qualche ora e non posso rischiare che non brilli.
Mentre aspetto che questo mostro faccia il suo lavoro, porto la testa all’indietro e mi concedo di chiudere gli occhi per cinque minuti, respirando lentamente.
La voce di Seneca Crane risuona nella mia testa.
« Puoi restare al 12 ancora un anno, ma nel caso in cui non doveste avere fortuna sarai sollevata da tutti i tuoi incarichi. E- beh non credo che riusciresti a trovare facilmente un altro posto di lavoro in seguito ».
Avrei dovuto accettare la seconda alternativa e passare al Distretto 4.
Sarebbe stata la scelta giusta da fare, sarebbe stata la cosa più logica. E invece mi sono esposta in maniera così palese da essere quasi ridicola.
Confido in Seneca e spero non abbia fatto parola del mio rifiuto con nessuno, se non con i suoi superiori. Almeno potrò continuare la mia piccola farsa lamentandomi in giro di come non vedo l’ora di ricevere una promozione.
Ho cominciato a fare questo lavoro durante la Sessantesima edizione del reality e ho avuto mille dubbi.
Le mie certezze sono crollate, i miei desideri sono cambiati – io sono cambiata. Irrimediabilmente.
Forse è un bene. Lavorare per il Distretto 4 avrebbe cambiato qualcosa? Sarei comunque dovuta tornare ogni anno per una mietitura e avrei dovuto continuare a guardare due ragazzini morire. Certo, i tributi del 4 hanno molte più possibilità, ma in tutta onestà 1 e 2 vincono molto più frequentemente.
Il 4 non ha avuto altri vincitori dopo Annie Cresta e sono passati quattro anni, prima di lei Finnick ha vinto altri cinque anni prima. Due vincitori in nove anni, considerando che non potrò continuare a fare questo lavoro ancora  a lungo, non ne valeva la pena.
L’unica cosa che sarebbe cambiata è anche il principale motivo per cui sono rimasta.
Non volevo abbandonare Haymitch a se stesso. Non volevo che anno dopo anno avesse dovuto avere a che fare con un accompagnatore diverso da me.
Questo è il quindicesimo anno che lavoriamo insieme.
Sono la sua accompagnatrice e lui è il mio mentore – non potrebbe funzionare in nessun altro modo.
Cerco di non pensare al fatto che l’anno prossimo non sarà affatto così.
Probabilmente guarderò i Giochi da casa – licenziata un anno prima della Terza Edizione della Memoria. Mia madre sarà così contenta…
Non mi sembra di chiedere molto, dopotutto. Solo due tributi un po’ più interessanti del solito. Qualcuno che possa farmi mantenere il posto ancora per qualche anno…
Un beep mi fa aprire gli occhi e con cautela estraggo l’aggeggio dalla mia bocca, prima di infilarlo nella sua scatola autopulente. Con la punta della lingua traccio automaticamente la superficie liscia e levigata dei miei denti; è difficile non essere disgustati dal sapore di plastica che m’invade la gola.
Impaziente di far andare via questo retrogusto plastico, mi alzo per andare a fare colazione e non rinuncio al mio caffè nero bollente.
Una volta che i miei occhi non fanno più fatica a rimanere aperti mi infilo sotto la doccia e mi lascio coccolare dai getti di acqua tiepidi mentre osservo le bolle di sapone colorate che si formano attorno ai miei piedi.
Un intenso aroma di vaniglia mi avvolge – mi rimarrà attaccato alla pelle per tutta la giornata.
Rimango qui sotto più del dovuto e quando esco mi avvolgo pigramente un accappatoio morbito attorno al corpo. Aspetto che i miei capelli siano completamente asciutti e poi torno in carrozza. Il mio completo per la giornata è poggiato accuratamente sul letto rifatto.
Ho scelto uno dei miei tailleur più sobri. Ormai per le mietiture indosso solo quelli.
Quest’anno ho optato per il verde primavera – è il colore del momento.
Con l’aiuto di qualche preparatore farei decisamente molto prima, ma sono abituata a truccarmi da sola, quindi non è un grosso problema.
Seduta alla toletta, osservo il mio viso trasformarsi.
Il fondotinta pallido copre le imperfezioni del mio viso e finalmente queste dannate lentiggini spariscono dalla mia vista.
Stavolta sto attenta, e nonostante la camicetta del tailleur non sia particolarmente scollata, perdo qualche attimo in più a tamponare la spugnetta sporca di fondotinta anche sul petto – così da nascondere le leggere macchioline scure che altrimenti si noterebbero.
L’incidente dell’anno scorso con Haymitch è stato sufficiente per farmi imparare la lezione.
Con l’ausilio di decine di pennellini e ombretti in polvere e in crema, il mio viso diventa finalmente come voglio che sia.
Passo accuratamente un rossetto color ciliegia sulle labbra e do un po’ di colore alle guance prima di fissare un paio di ciglia finte spesse e della stessa tonalità di rosa che andrò ad indossare di qui a poco sulla testa.
Con una spazzola dai denti larghi do una veloce sistemata ai miei capelli e poi li lego attentamente, per essere sicura che nessuna ciocca biondo fragola potrà essere visibile.
Infilo una quantità spropositata di forcine e poi passo un velo di lacca. Dovrebbe andar bene…
Stando attenta a non rovinarla, indosso una parrucca rosa chiaro – una cascata di riccioli mi copre le spalle fino alle scapole.
Guardandomi allo specchio la sistemo un po’ e apro i boccoli con le dita, poi aggiungo un paio di piccoli fermagli per scopo puramente decorativo e per finire mi bagno i polsi e dietro le orecchie con un po’ di profumo.
Spero sinceramente che non faccia troppo caldo quest’anno al Distretto 12. Un paio di anni fa non riuscivo nemmeno a respirare… con queste parrucche, poi, diventa difficile anche solo pensare quando la temperatura si alza.
Il treno arriva a mezzogiorno, in perfetto orario. La diretta comincerà fra due ore, ma bisogna prima sistemare tutto.
Una macchina mi porta fino al Palazzo di Giustizia dove altri stanno già sistemando gli schermi giganti che faranno vedere a tutti la cerimonia.
La piazza è ancora vuota, ma presto sarà stracolma di giovani dai dodici ai diciotto anni e due mi dovranno raggiungere sul palco che non hanno ancora finito di montare.
Per poco non inciampo su un grosso cavo che due uomini stanno trascinando lentamente – farò bene a stare attenta a dove metto i piedi.
Camminare su questi ciottoli con i tacchi a spillo non è la più facile delle attività, ma ormai ci ho fatto l’abitudine.
Il sindaco mi sta già aspettando e mi accoglie con la sua solita gentilezza. Ogni anno ha sempre meno capelli in testa.
La folla comincia a radunarsi all’una e la signora Undersee ci raggiunge. Sono felice di vedere che sta bene – l’anno scorso non ha potuto partecipare per via di una forte emicrania.
Ci salutiamo e scambiamo giusto qualche battuta di cortesia, prima di uscire e prendere posto alle nostre sedie.
Haymitch non è ancora arrivato, ma la diretta comincerà fra un’ora – ha ancora un po’ di tempo prima che io cominci a preoccuparmi.
Farà bene a presentarsi e a comportarsi bene. Sa perfettamente quanto conti per me quest’ultima opportunità che Seneca mi ha dato… solo perché è praticamente impossibile ottenere altro tempo, non significa che ha il permesso di non provare nemmeno a fare del suo meglio.
Sono stata piuttosto chiara su questo: facciamoci notare e non dovrai avere a che fare con un altro accompagnatore.
Lo so che sperarci è ridicolo, e mi sono rassegnata all
’idea di dovermene andare, ma perché non tentare?
I miei occhi vanno alle due grosse bocce di vetro di fronte a noi. Sono colme di bigliettini ripiegati con cura.
Mi chiedo chi pescherò quest’anno. L’anno scorso erano Hazel e West, che non sono durati nemmeno mezz’ora. Quello prima ancora Lily e Rook – lui ha resistito per quasi quattro giorni, più di tutti gli altri miei tributi. Era così gentile ed educato…
Stringo le ginocchia mentre faccio salire lo sguardo fino ai maxischermi che i tecnici stanno finendo di fissare e poi mi volto verso i cameramen, intenti a sistemare le telecamere.
Guardo di nuovo l’orologio con ansia crescente, mentre aspetto che arrivino le due – detesto questi momenti.
Forse questa sarà la mia ultima mietitura, farei bene a godermela. Il mio volto non apparirà più sugli schermi di Panem…
Istintivamente prendo uno specchietto dalla tasca della gonna e mi controllo velocemente – trucco e capelli sono perfetti, nemmeno l’alta definizione delle telecamere di Capitol City potrà rovinarmi quest’ultimo palcoscenico.
Mentre la piazza si riempie sempre di più, io continuo a lanciare occhiate nervose alla sedia vuota accanto a me.
Haymitch dovrebbe essere qui, ormai. Mi volto verso l’altra sedia occupata dal sindaco e mi rendo conto che anche lui non è per niente contento. « Magari si è sentito poco bene » azzardo con un sorriso e un tono leggero.
Lui non risponde subito, fa vagare lo sguardo sulla folla e poi si rivolge a me. « Forse » dice, ma non sono nemmeno sicura che abbia veramente ascoltato quello che ho detto.
Dopo poco, comunque, il sindaco torna a guardare la sedia di Haymitch e si sporge verso di me – io faccio lo stesso – e poi prende a parlare sottovoce. « Probabilmente non arriverà, dovremmo mandare qualcuno a prenderlo ».
Avrei dovuto pensarci prima. Sicuramente è svenuto sul pavimento di casa sua, in una pozza del suo stesso vomito.
« Oh, sono sicura che non sarà un problema cominciare senza di lui » dico cercando di sorridere, ma in verità vorrei sapere che fine ha fatto quell’uomo. Non mi sembra di chiedere molto, solo di comportarsi in maniera civile per due settimane all’anno.
Sono quasi le due ormai, non possiamo attendere oltre.
Il sindaco controlla l’orologio da taschino e getta un’ultima occhiata rassegnata al posto vuoto di Haymitch. « Dobbiamo cominciare ».
Sospiro, spostandomi sulla sedia e scambio uno sguardo con uno dei cameramen. Lui mi fa un cenno veloce e annuisco al sindaco.
Alle due esatte, si alza e sale sulla pedana.
A malapena ascolto quello che dice. Ormai conosco il discorso a memoria, potrei recitarlo io stessa.
Rimango ferma sulla mia sedia con il sorriso sulle labbra, annuendo ogni tanto – quando so che le parole che dovrei star ascoltando lo richiedono.
Finalmente il sindaco comincia ad elencare la lista dei vincitori ed è arrivato quasi a metà quando Haymitch si decide a presentarsi.
Barcolla verso il palco, terribilmente ubriaco. Sento i battiti del cuore accelerare mentre sale piano le scale.
Ti prego, non cadere – mi ritrovo a pensare, mentre le telecamere lo inquadrano.
Non so come ma riesce a raggiungermi e si siede pesantemente accanto a me. Un olezzo acido di liquore mi raggiunge e sono costretta a voltare la testa dall’altro lato, tentando di non far incrinare il mio sorriso.
Il distretto accoglie il suo arrivo con un applauso e per un attimo spero che sia finita qui, ma poi me lo ritrovo addosso senza preavviso e mi scanso di scatto, afferrandogli discretamente una delle mani che tentavano di agguantarmi. « Sta buono! » sibilo a denti stretti, furiosa.
Lui torna a sedere composto, borbottando qualcosa e io mi volto a guardare il maxischermo sopra le nostre teste, che adesso è proprio su di me.
Mi costringo a sorridere mentre il sindaco mi chiama e io mi alzo.
La parrucca è tutta storta… questa volta lo uccido. Lo uccido sul serio.
Gli avevo chiesto una cosa sola e adesso tutta Capitol City starà ridendo di me. Controllare la vergogna è difficile, ma devo farlo.
Riesco già a sentire le battutine di Amanita e di Antonia, le accompagnatrici dei distretti 10 e 3.
Quelle due vipere non la smetteranno più di prendermi in giro.
Ovviamente la mia ultima apparizione televisiva doveva ridicolizzare me e il distretto che rappresento di fronte a tutta Panem.
Vorrei quasi piangere, ma sorrido felicissima prima di annunciare in tono allegro: « Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore! »
I miei occhi scorrono su tutte le file di ragazzi che mi guardano. « È un vero onore per me trovarmi su questo palco, per poter permettere a due fra voi di avere la possibilità di partecipare alla Settantaquattresima edizione del programma! » cinguetto tenendo alto il microfono.
Non voglio perdere altro tempo, quindi mi decido a cominciare. « Prima le signore! »
Attraverso il palco lentamente, sentendo la parrucca che non sta ferma sulla testa. Prego con tutto il cuore che non cada. È veramente l’ultima cosa di cui ho bisogno.
Infilo la mano nella boccia con i nomi delle ragazze fino al gomito e faccio girare la mano per un istante prima di stringere le dita attorno ad una strisciolina di carta e la estraggo.
Sono riuscita a tenere la testa alta e a non chinarla – la prossima volta imparo a non fissare la parrucca con dei fermagli realmente utili.
Torno in fretta alla pedana, lisciando un po’ il foglietto prima di leggere a voce alta e chiara il nome che mi balla di fronte agli occhi: « Primrose Everdeen »
C’è un attimo di silenzio, poi sento dei mormorii. So cosa significa. Significa che il primo nome degli ultimi due tributi che accompagnerò al macello è quello di una dodicenne. Così piccoli non si può sperare in nulla di diverso…
La vedo avanzare lentamente verso il palco. È minuta, con due trecce bionde che ondeggiano ad ogni suo passo. Così identica a tanti altri nomi che ho estratto prima di lei.
Registro a malapena qualcuno che chiama il suo nome. È sempre la stessa storia quando sono così picc-
« Mi offro volontaria! » i miei occhi si spostano dalla bambina alla ragazza che l’ha trascinata dietro di sé, quando era ad un passo dalla pedana. « Mi offro volontaria come tributo! » ripete la ragazza e sinceramente non ho la più pallida idea di cosa fare.
« Splendido! » cinguetto, però non penso che- insomma, dovrei prima. C’è un protocollo, scritto da qualche parte, che dovrei aver letto qualcosa come venti anni fa… dove dice che…
Mi volto verso il sindaco, un po’ incerta. « Però credo che prima si debba presentare il vincitore della mietitura e poi chiedere se ci sono volontari, e se qualcuno si offre, allora noi… » noi cosa?
Ovvio, un’altra figuraccia. Perfetto, chiudiamo proprio in bellezza. Sono quasi contenta di dovermene andare l’anno prossimo.
Il sindaco però non sembra avere alcun tipo di problema a farla salire, quindi torno a guardare quella ragazza e le rivolgo un sorriso.
La bambina comincia a strillare isterica mentre un altro ragazzo si avvicina per trascinarla via.
Sono troppo giovani per essere i suoi genitori, forse sono i suoi fratelli.
Appena la faccio salire sul palco, tento di riprendere il pieno controllo della situazione. Ho la conferma di quello che pensavo quando le chiedo il nome.
« Katniss Everdeen » risponde, con un filo di voce. È pallida, ma sembra riuscire a stare perfettamente in piedi da sola.
« Mi sarei giocata la testa che quella era tua sorella. Non vogliamo che ci rubi tutta la gloria, vero? Coraggio, allora! Facciamo tutti un bell’applauso al nostro nuovo tributo! » con un tono eccitato, faccio un piccolo applauso, sorridendo alle telecamere.
Nessuno applaude.
Inspirando a narici strette sto quasi per riprendere a parlare, quando dal pubblico qualcuno solleva le tre dita centrali della mano sinistra. Prima le portano alle labbra e poi le tendono verso il palco.
In tutta la mia carriera l’ho visto fare solo un’altra volta, molti anni fa. Era il mio secondo anno da accompagnatrice e sono riuscita a pescare non uno ma due dodicenni. Li ricordo perfettamente, Ivy e Soil.
Il pubblico stava quasi per linciarmi. Come dargli torto?
Poi qualcuno ha fatto questo gesto e tutti gli altri lo hanno seguito, esattamente come adesso.
All’inizio pensavo fosse qualcosa come un insulto, mi sono dovuta far spiegare il suo significato.
I miei pensieri vengono interrotti da Haymitch, che si mette fra me e la ragazza. Per un attimo temo che mi voglia di nuovo afferrare, poi passa un braccio attorno alle spalle di lei, urlando: « Guardatela. Guardate questa qui! » Oh no! No, ti prego no. « Mi piace! Ha un gran fegato! »
Faccio un passo indietro, continuando a sorridere mentre in realtà vorrei piantargli uno dei miei tacchi fra gli occhi.
Le telecamere sono di nuovo tutte su di lui.
« Più di voi! » urla e riesco a sentire la pesantezza degli angoli della mia bocca che scendono inevitabilmente, cancellando dal mio viso il sorriso che avevo faticato così duramente a tenere.
Che sta dicendo?
« Più di voi! » ripete, lasciando andare la ragazza e rivolgendosi direttamente alle telecamere.
È finita. Non importa se l’anno prossimo non sarò io l’accompagnatrice del Distretto 12 perché tanto non ci sarà nessun mentore da accompagnare.
Sento un enorme peso nello stomaco mentre Haymitch continua a sbraitare e mi costringo a sorridere nuovamente, proprio mentre lui precipita giù dal palco.
Forse non ci sarà bisogno di arrestarlo, forse si è rotto il collo da solo.
Lo spero per lui.
Mi avvicino al bordo del palco per assicurarmi che qualcuno lo porti via in barella e poi torno accanto alla ragazza, che è rimasta immobile. « Che giornata eccitante! » porto una mano alla parrucca – mentre mi assicuravo che Haymitch fosse ancora vivo è finita tutta di lato.
Per evitare che mi caschi del tutto, non levo più la mano della testa – al diavolo le telecamere – e mi reggo palesemente i capelli mentre cammino.
Non ne posso più, voglio tornare sul treno. Questo teatrino deve finire… non potevo chiudere la mia carriera tranquillamente?
Che ho fatto di male per meritarmi tutto questo?
Ancora una volta tento di calmare le acque e riprendo la cerimonia.
Vado spedita verso la boccia contenente i nomi dei ragazzi e ci tuffo dentro la mano – acciuffando la prima strisciolina che ho sotto tiro.
Torno al microfono e usando lo stesso tono con cui ho pronunciato il primo nome, chiamo: « Peeta Mellark ».
Lascio che il ragazzo salga sul palco e poi chiedo se ci sono volontari.
Fortunatamente non ci sono altre sorprese, quindi mi faccio da parte, chiamando nuovamente il sindaco.
Mi lascio cadere sulla sedia e mentre lui legge il Trattato del Tradimento, finalmente io riesco a sistemarmi la parrucca come si deve, ormai nessuno più mi starà riprendendo.
Non riesco a seguire le sue parole; ripasso velocemente gli ultimi avvenimenti cercando di non pensare a quello che succederà una volta tornata alla Capitale.
Mi chiedo dove avranno portato Haymitch, probabilmente già al treno.
Forse aveva bisogno di cure mediche… non mi sembrava stesse sanguinando. È anche vero che l’ho visto solo per un secondo prima che venisse allontanato.
Prima mi sono preoccupata troppo in fretta, non è la prima volta che ha uno scatto d’ira di questo genere. Solo, di solito non se li fa venire di fronte alle telecamere, ma quando siamo da soli all’ultimo piano del Centro di Addestramento – in genere dopo la perdita di uno dei tributi.
Non credo sarà un problema farlo passare come qualcosa di ridicolo, detto in un delirio ubriaco.
Ma appena sarà abbastanza sobrio da capire quello che ho da dirgli, allora mi sentirà. Oh, mi sentirà eccome. Se me ne dovrò andare, voglio almeno stare sicura che lui non farà nulla di sciocco.
Avevo sperato che quest’anno le cose almeno fra noi due sarebbero potute andare in maniera un po’ diversa. Speravo che sarebbe potuto rimanere sobrio un po’ più a lungo così almeno da sfruttare al meglio quello che ci resta.
Ovviamente a lui non importa minimamente. Siamo stati colleghi e amici (può negarlo quanto gli pare, continuerò a dirlo) per quindici anni, ma a chi importa se probabilmente non ci rivedremo più, giusto?
Vorrei poterlo odiare. Sarebbe tutto estremamente più facile se per me fosse solo lo zimbello dei mentori, come lo è per il resto di quelli che lavorano con me.
E invece mi sono infilata in questa situazione spinosa da cui non potrò uscirne senza pungermi.
Ben mi sta, penso. È stata tutta colpa mia, lui non ha fatto assolutamente nulla per farmi affezionare – anzi. Se non contiamo tutte le volte che mi ha consolata durante i bagni di sangue, ma chiunque l’avrebbe fatto.
Almeno questo è quello che continuo a dirmi per costringermi a non pensarci troppo.
La verità è che avrei fatto bene a prendere il Distretto 4. Con Finnick sarebbe stato tutto molto più facile.
Sarei potuta rimanere in contatto con Haymitch anche se non avremmo più lavorato fianco a fianco. Perché non ci ho pensato prima? Perché sono stata e sono tutt’ora così stupida?
Ormai è tardi per pensarci… ho avuto un anno intero per sbattere la testa contro il muro.
Non posso più tentare di cambiare l’accordo che ho con Seneca.
Il sindaco finisce di parlare e fa stringere le mani ai due ragazzi.
Finalmente parte l’inno di Panem e fra poco torneremo tutti dentro al Palazzo di Giustizia. Almeno per un po’ potrò stare lontana dalle telecamere.
Ho come la sensazione che quest’anno sarà lunga… e non sono per niente sicura che sia una cosa positiva.

 

A/N: Salve! 
Come promesso, ecco il primo capitolo di Rain. 

È il sequel di Ozone, ma cercherò di rendere possibile la lettura di quest’altro senza dover per forza leggere il primo.
Quelle che sono ad inizio capitolo sono parole prese dal libro e da ora in poi li aprirò tutti così.
Non ho troppo da dire, spero che l’aver ripreso le battute originali non sia fastidioso.
Non so ancora con precisione quali avvenimenti tratterò con più dettagli, ma lo scoprirò scrivendo, immagino. x)

Fatemi sapere cosa ve ne pare, e a prestissimo con un nuovo capitolo!
Per quanto riguarda il sequel del sequel (Petrichor, la post-Mockingjay) dovrete aspettare ancora un po’ perché sto cercando di impostare bene alcune cose.
Nel frattempo continuerò a scrivere questa! ;)
Grazie a tutti per aver letto
 

x Lily

 
   
 
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