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Autore: Rota    24/02/2015    3 recensioni
Gradino dopo gradino, Ryouta sale la lunga scalinata della metropolitana fino a ritrovarsi inglobato totalmente dal buio della notte – i lampioni sulla banchina del primo binario smorzano con difficoltà il limite del territorio dell'ombra, creando invece macchie di chiaro come bolle circondate dal nulla.
Si sentono soltanto i suoi passi contro il pavimento di cemento che lo portano alla prima delle panchine libere disponibili. Quella è la prima volta che rimane davvero solo, dopo un'esistenza di troppo chiasso e di troppa attenzione: il rumore del suo respiro prende troppa importanza, è quasi fastidioso.

[PMMM!Au, Kise centric // no AoKise]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Autore: Rota/margherota
*Titolo: The fallen
*Fandom: Kuroko no Basket
*Personaggi: Kise Ryouta, Aomine Daiki, (citato) Yukio Kasamatsu
*Genere: Sentimentale, Introspettivo, Angst
*Avvertimenti: Flash fic, Fandom!AU, (cenni di) Shonen ai
*Rating: Giallo
*Settimana/Prompt COW-T: Sesta settimana/Fandom!Au
*Dedica: Per la Cla, che ha deciso chi dovesse fare una morte terribile, e anche a Nari, perché tra Kise e Midorima Cla ha scelto il primo soltanto perché così lei potesse essere felice.
*Numero parole: 1017
*Note: Beh, ecco. Io amo Madoka Magica, e quindi mi sembrava naturale farci delle Fandom!Au angst.
Ipoteticamente, o almeno qui, Kise è come Sayaka, rappresenta e personifica la sua “sorte”. Aomine invece è Kyoko.
E vorrei precisare che non è una AoKise *coffete
… Buona lettura 8D

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gradino dopo gradino, Ryouta sale la lunga scalinata della metropolitana fino a ritrovarsi inglobato totalmente dal buio della notte – i lampioni sulla banchina del primo binario smorzano con difficoltà il limite del territorio dell'ombra, creando invece macchie di chiaro come bolle circondate dal nulla.
Si sentono soltanto i suoi passi contro il pavimento di cemento che lo portano alla prima delle panchine libere disponibili. Quella è la prima volta che rimane davvero solo, dopo un'esistenza di troppo chiasso e di troppa attenzione: il rumore del suo respiro prende troppa importanza, è quasi fastidioso.
C'è un ricordo che la sua coscienza acchiappa, quando compie il gesto di lasciarsi cadere su quelle fredde lastre di metallo.
Un pomeriggio non così lontano, sulla spalla una borsa sportiva e accanto una persona cara dallo sguardo sfuggevole. Il capitano della sua squadra che lo rimprovera, come sempre, e lui che risponde con un sorriso incompreso.
Kise non cede più alla tentazione di una sofferenza facile, purgante, che giustifichi il vuoto che sente all'altezza del petto, perché c'è una parte di lui che sa, coscientemente, che all'epoca non si viveva niente di sbagliato e che l'oscurità era ben lungi dall'avviluppare la sua esistenza per stritolarla fino alla morte. O forse è solo stanchezza mentale, e insofferenza persino per il dolore.
Ride, di se stesso, in uno sprazzo di follia irrecuperabile.
Non è difficile allora, per lui, sentire il rumore di altri passi in avvicinamento – guarda da un'altra parte, con occhi persi, mentre Daiki gli si fa accanto, immobile come una statua di ghiaccio.
-Oi.
Si sente leggero anche quando nota la veloce occhiata che l'altro gli riserva al viso, ritrovandovi dipinte sopra tracce di insonnia e sfacelo. Ancora qualche giorno fa avrebbe trovato fastidioso il suo borioso giudizio da uomo vissuto, ma ora non ne neanche toccato e il suo orgoglio riposa come tutto il resto, dentro la pancia calma.
La pietà, come l'angoscia, sono sentimenti troppo nobili e alti per il suo animo devastato, che arranca a terra e non riesce in alcun modo ad allungarsi appena di più.
Aomine si siede accanto a lui, pesante come può esserlo una persona viva.
-Che combini? È da un po' che non ti vedo.
Non lo guarda, pur nell'illusione di trattenere un vago sorriso nell'angolo della bocca. Kise nota la sua Soul Gem incastrata nell'orologio da polso che emerge dalla maglia tirata all'indietro, limpida e pura.
Sorride stanco.
-Vagavo, probabilmente.
-Non dovresti farlo da solo. Ci sono ancora molti demoni in giro.
Prende un sospiro profondo, che contro l'aria si frantuma in una nuvola di vapore. Parla come non ha mai parlato prima proprio alla persona che ha tentato più di una volta di uccidere con la propria ascia scintillante di azzurro.
-E ti dovresti riposare un po'.
C'è una preoccupazione, nelle sue parole, davvero sincera. Oltre la rabbia, oltre la delusione, sembra che Aomine conservi per sé anche quella parte davvero brillante della propria anima, che il desiderio di QB non è riuscito a togliergli.
D'altronde, volere il bene per la propria famiglia non è qualcosa a cui un'anima gretta potrebbe ambire, in nessun caso. E per quanto la maledizione torca l'animo e lo pieghi verso il basso, Kise avrebbe dovuto capirlo prima di un qualsivoglia giudizio affrettato, o anche solo di caricarlo a testa bassa per quella parola di troppo. Questo è un altro rimpianto che si aggiunge all'altro peso.
Sospira affranto.
-Sì, forse hai ragione.
Daiki si muove appena accanto a lui, forse rincuorato dal sentire di nuovo la sua voce ferma. È così semplice smorzare gli angoli di una paura pura, esattamente com'è facile gettarla irrimediabilmente nel baratro.
Basta sorridere con il volto rigato di lacrime silenziose, e esprimere per se stesso il secondo e ultimo desiderio: maledire, maledire il proprio innocente amore. Yukio non sorride a lui, Yukio non stringe la sua mano, Yukio ha potuto conquistare il suo compagno grazie al successo che il suo primo volere magico gli ha conferito, e questo è troppo per essere sostenuto da una sola persona.
Tutto il mondo deve sapere cosa significa amare e perdere l'amore umano quando umano, umano non si è davvero più.
È Ryouta Kise a volerlo, con tutte le proprie forze.
-Sai, Aominecchi? In realtà penso davvero di averne abbastanza.
C'è qualcosa che si allunga, sotto la loro panchina, ed è qualcosa di ancora più oscuro che la notte stessa.
Aomine lo percepisce, perché è un Ragazzo Magico da abbastanza tempo per riuscire a fidarsi del proprio istinto. Qualcosa, sul suo polso, brilla in allerta.
-Mi hai sempre detto di essere troppo ingenuo, e avevi ragione. Anche continuare a illudersi alla fine è una colpa e come tale deve essere scontata.
L'altro ragazzo lo guarda sconvolto, incredulo, senza capire.
-Cosa stai-?
E poi nota il suo, di polso, dove invece di una luce chiara c'è un agglomerato di oscurità, che si arrotola e si mangia da sola. Terribile e angosciante, come l'espressione che si plasma sul proprio volto.
Balza in piedi, lontano da lui.
Kise ricorda una frase che gli è stata detta, e la pronuncia mentre ingoia l'ultima lacrima.
-Maledizioni e benedizioni si bilanciano, non è forse così? Forse che amando si riceva solo in cambio la capacità di odiare, solo allora si ritrova l'equilibrio dell'universo.
Ha occhi che sembrano cavità nere, lo spettro stesso dell'esistenza.
Quanto dolore può provare un Demone, quanta perdizione aleggia nel suo spirito, quanta sofferenza può percepire un'anima persa – loro, i Ragazzi Magici, non possiedono altro che quella, costantemente in bilico a un passo dal non-ritorno, e la proteggono a un prezzo troppo caro.
Kise non respira più, perdendo quel poco di umanità che gli era rimasta.
-Ho perso me stesso, Aominecchi.
La Soul Gem gialla si spacca con un singhiozzo, e spazza via in un'onda di vento tutto ciò che gli sta attorno. Aomine prova a urlare, ma non è niente in mezzo a tutto quello.
E poi è buio, per Kise – l'ultima cosa che si ricorda è una palla che rimbalza su un parquet e il viso sorridente del suo capitano che si frantuma.

 

   
 
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