Pomosht
“La
Tricopozione Lisciariccio*
ha la finalità di lisciare i capelli. Utilissima per chi,
come me, ha di natura
la chioma … ribelle. Gli ingredienti sono i seguenti:
Aconito, Ortiche secche,
Polvere di piovra e Radice di Mandragola. Vi servirà un
calderone in argento.
State attente, ragazze, che il colore finale della pozione sia
esattamente rosa
chiaro, con qualche sfumatura bianca; ricordo ancora l’errore
madornale che
feci alla mia prima preparazione: colore rosa scuro. Mi dissi: Beh, che
vuoi
che sia. Salvo poi ritrovarmi con i capelli verdi”.
Oddio,
se fosse capitato a me, io … non mi sarei fatta vedere in
giro per molto, molto
tempo. Ancora avevo ben impressa l’espressione di Harry e Ron
al secondo anno,
quando, scambiando un pelo di gatto per un capello di Millicent
Bulstrode, mi ero
trasformata in un ibrido uomo – felino. Brutta, brutta
esperienza. Però quella
volta la pozione mi era riuscita: l’aspetto era proprio
simile al fango, come
scritto sul libro. Diedi un’altra occhiata
all’articolo sulla rivista “Pozioni
oggi”: era firmato Rita Teerkes.
Teerkes … che non fosse Rita Skeeter. Sì, sicuramente
era lei,
che aveva usato un anagramma per non farsi riconoscere; come avevo
fatto a non
intuirlo? Lo stile era proprio il suo. C’era un asterisco che
rimandava ad una
nota a fondo pagina: “Ci credereste
che i
Babbani hanno un aggeggio che fa questo in poco tempo? Lo chiamano
“piastra per
capelli”. Decisamente curioso”. Non lo
trovavo per niente curioso, e come
me tutti gli altri maghi, sicuramente; tranne forse il signor Weasley.
Il padre
di Ron lavorava all’ “Ufficio per l’uso
improprio dei Manufatti dei Babbani”,
al Ministero, ed era affascinato da tutto ciò che riguardava
il mondo dei non -
maghi: ricordo che al terzo anno, quando andammo a Diagon Alley per
acquistare
i libri di testo, rimase colpito dal mio ipod, che avevo distrattamente
riposto
in borsa. “Che dispositivo
affascinante”,
aveva detto. “Sarebbe bellissimo
poterlo
smontare per vedere come è fatto”. E
aveva finito con il convincermi a
prestarglielo, pentendomene due giorni dopo, quando me
l’aveva restituito
ridotto a brandelli. “Ho provato con
l’Incantesimo Riparatore, ma nulla”, si
era giustificato, visibilmente
mortificato. Poco male, era fatto così.
Mi
alzai e osservai il tavolo: Aconito, Ortiche secche, Polvere di piovra
e Radice
di Mandragola erano lì, in fila ordinata. Ma dovevano
proprio servire le
ortiche secche? Per prenderle, mi ero riempita le mani di punture; mi
prudevano
tanto, che per due giorni non ero riuscita ad usare la bacchetta. Avrei
potuto
chiedere ad Harry - certo non a Ron - di usare l’Epismendo, ma sapevo che mi avrebbe
domandato come mi ero procurata
le ferite, e non me la sentivo certo di rivelargli della Pozione che
avevo
intenzione di preparare. Mi avrebbe riso in faccia, come minimo, per
poi
chiedermi, con il suo tono indagatore, “Perché
vuoi lisciarti i capelli?”. Come se, solo
perché sono intelligente, sia un
essere asessuato. Sicuramente, poi, avrei finito per parlargli di
Viktor, e non
volevo. Io e lui ci frequentavamo ormai da due settimane, ma
ufficiosamente. Ero
stata chiara con lui: “non voglio
che si
sappia. Non finché non sarò pronta”.
Mi seguiva da mesi, ma avevo fatto
finta di non notarlo; ora nel cortile della scuola, ora a lezione, ora
al lago.
Persino in biblioteca: come avrebbe fatto a non attirare la mia
attenzione, un
atleta in biblioteca? Semplicemente, mi guardava studiare: era
irritante, in
effetti. Mi mettevano in imbarazzo quei suoi grandi occhi scuri,
puntati su di
me per ore ed ore. Un giorno gliel’avevo fatto notare.
“Ma tu sei … come dite
voi inglesi … bellissima?”, aveva
esclamato,
quasi chiedendomene conferma. Diceva di avermi notata, di aver
constatato che
ero diversa dalle altre ragazze di Hogwarts, che ero intelligente
– anzi, intell-o-gente -,
e cose del genere. “Forse
perché le altre ti sbavano dietro solo
perché sei un atleta famoso? Non mi interessi”,
gli avevo risposto, dura.
Nonostante tutto, aveva continuato a venirmi dietro, e, quando mi aveva
chiesto
di andare al Ballo del Ceppo con lui, non me l’ero sentita di
rifiutare. Era
così tenero, sotto quei muscoli da sportivo … e
poi, volevo ferire Ron.
Bussarono
alla porta.
<<
Chi è? >> chiesi.
Pregai
che non fossero Harry e Ron. La camera era un casino, con tutti gli
ingredienti
sul tavolo e il calderone a terra, pronto per essere usato.
<<
Sono … io, Hermioni
>>.
Intuii
che era Viktor, più che dal timbro di voce
dall’errore nella pronuncia del mio
nome.
<<
Un attimo >> gli dissi, nascondendo gli ingredienti della
pozione.
Vedendoli,
avrebbe pensato che quell’accortezza fosse per lui, ma in
realtà … non so,
forse era un regalo per me stessa, in realtà.
Già, doveva essere così: prima i
denti, grazie a Madama Chips, ora i capelli.
<<
Ciao, Hermioni >> mi
salutò,
quando aprii la porta.
<<
Viktor … ti ho già detto che si pronuncia Her
– mio – ne >> lo sgridai,
scandendo le sillabe.
<<
Scusami … Her – ma
– io – ni >>
cadenzò.
Decisi
di lasciar perdere. Quel ragazzo non era certo una cima.
<<
Cosa volevi? >> domandai.
<<
Io voleva vedere se tu …
ha bisogno di pomosht
… come dite voi … aiuto
>>.
<<
Che pensiero carino, Viktor. Ma no, grazie >> gli dissi,
liquidandolo.
Mise
un piede tra lui e la porta, impedendomi di chiuderla. Lo guardai,
turbata.
<<
Scusa, è che … sono io che voglio …
>>.
<<
Pomosht? >> completai
la sua
frase.
Mi
sorrise.
<<
Posso parlare con te? >> quasi mi supplicò.
Spalancai
la porta: come potevo chiuderlo fuori? Iniziammo a parlare e non
riuscimmo più
a smettere. Trascorremmo ore ed ore insieme, quel pomeriggio: mi
parlò dei suoi
genitori, per la gran parte del tempo. Aveva ereditato il naso aquilino
dal
padre e i capelli neri dalla madre, scoprii. Mi svelò di
essere insicuro, molto
insicuro, nonostante fosse il miglior cercatore del mondo;
arrivò persino a
rivelarmi di essere stato costretto da Karkaroff ad iscriversi al
Torneo Tre
Maghi, e che, fosse stato per lui, sarebbe tranquillamente rimasto in
Bulgaria
con la sua famiglia.
<<
Ti posso fare una domanda? >> lo interruppi, a un certo
punto.
<<
Prego >> mi sorrise.
Era
da tempo che volevo chiederglielo.
<<
Cosa diavolo è la “Finta
Wroscky”?” >>.
Sembrava
deluso. Forse si aspettava che gli chiedessi altro.
<<
Hermioni, tu fai ridere me >> sorrise.
Non
capivo cosa ci fosse da ridere.
<<
E’ una tecnica del Quidditch. Io, anzi, il Cercatore deve
… fingere, dite
così? Fingere di aver trovato
il Boccino d’oro, buttarsi in picchiata …
così il giocatore avversario lo segue.
E all’ultimo minuto risalire. Si spera che
l’avversario cade >>.
Annuii,
fingendo di aver capito. In realtà ero più
confusa di prima: a malapena sapevo
cosa era un Cercatore, figuriamoci capirci qualcosa di cose
così complesse.
<<
Tu hai bellissimi occhi >> dichiarò,
avvicinandosi a me.
Dire
che ero imbarazzata è un eufemismo: sperai con tutto il
cuore di non essere
arrossita vistosamente. Iniziò ad accarezzarmi i capelli;
evidentemente, la sua
non era solo una ricerca di conforto. O almeno, non si accontentava di
trovarlo
solo parlando.
<<
Viktor, io … >> iniziai.
Premette
le sue labbra contro le mie, ed io non mi mossi. Fu un gesto rapido, il
suo,
così rapido che neanche me ne accorsi. Quel contatto era
piacevole, dopotutto.
Era così caldo e romantico … il mio primo
bacio. Il mio primo, vero bacio. Non mi sarei mai aspettata che
accadesse così,
né tantomeno con lui. Insomma, non lo amavo …
quasi mi sentii in colpa, in
quegli istanti in cui fummo avvinghiati. Non mi sembrava giusto verso
…
Lo
allontanai.
<<
Viktor, credo che tu debba … >>.
<<
Sì, ho capito >> disse, alzandosi dal letto.
<< Comunque, è stato
bellissimo >> dichiarò, chiudendosi la porta
alle spalle.
Incredibile.
Avevo
dato il mio primo bacio.
Eppure,
non mi sentivo così diversa. Fantasticandoci, da bambina,
pensavo che sarebbe
stato memorabile, che mi sarebbe rimasto impresso, che non
l’avrei mai rimosso …
ma non era affatto stato così. Mi era sembrato solo
un’unione di labbra, nient’altro.
Tornai
a preparare la Tricopozione Lisciariccio, per tenere la mente
impegnata. Rosa
chiaro, così appariva, al termine della preparazione.
Sorrisi
involontariamente, pensando ai capelli verdi della Skeeter. Bevvi la
pozione
tutta d’un sorso, visto il sapore terribile, e …
voilà, i miei capelli erano
perfettamente lisci. Mi vestii in fretta: a breve sarebbe iniziato il
ballo.
Prima di uscire dalla stanza, diedi un’occhiata al mio
riflesso nello specchio,
meravigliandomi dell’immagine che ebbi di fronte. Non
sembravo neppure io,
conciata così.
Presi
la borsetta e mi diressi alla Sala Grande, smaniosa di vedere la faccia
che
avrebbe fatto Ron al mio ingresso.