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Autore: rhys89    27/02/2015    4 recensioni
Una quieta notte d'inverno, un Pix in vena di scherzi e due ragazzi diversi come il giorno e la notte, costretti a passare dieci giorni nei panni l'uno dell'altro. Letteralmente.
Sollevi il viso e lasci che rivoli gelati scorrano lungo il collo fin dentro la maglietta, facendoti rabbrividire. E poi sorridi al tuo riflesso sconosciuto. Un sorriso spento, freddo come il marmo a cui ti stai appoggiando.
Sarebbe tutto più semplice, se quella fosse davvero la tua faccia.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Neville Paciock
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Angolino dell'autrice

Salve a tutti!
Un angolino iper veloce perché sono in iper ritardo: questa storia è stata scritta per il contest Calderoni comunicanti indetto da Nuel2 sul forum di EFP.
Il prologo è ripreso dal bando del contest, io ne ho solamente seguito l'onda ^_-
Partecipa anche al contest Il mio titolo, la tua storia indetto da 9dolina0 sul forum di EFP. In questo contest dovevamo scegliere tra una lista di titoli e poi scriverci sopra una storia.
Ha partecipato al contest Passate inosservate - il contest del riscatto di cloe sullivan e ha vinto il "Premio coppia".
La narrazione è completamente dal POV di Draco, il contesto è il settimo anno con un piccolo what if (talmente piccolo che non l'ho nemmeno segnato nelle note): abbiamo semplicemente Neville che, dopo i GUFO, continua a seguire Pozioni e Trasfigurazione.
La coppia è improbabile e lo stile complessivo è venuto fuori parecchio strambo, ma penso che più che altro sia per la febbre... vabbé, mi sto perdendo in chiacchiere e non devo.
Grazie millissime a Nuel2 per l'ispirazione che mi ha dato con questo contest - di nuovo scusa per il ritardo (il contest scadeva il 26 a mezzanotte -.-") - e a 9dolina0 per il titolo ^-^
Grazie anche, ovviamente, a tutti voi che leggerete e/o commenterete.

Legenda:
“Pensieri di Draco”
«Dialoghi»
***
flash-back
***

Disclaimer: i personaggi e la storia di Hary Potter non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^


Prologo: Lo scherzo di Pix

Il castello era immerso nel freddo e nel silenzio di un inverno insolitamente rigido e sonnolento.
Pix il poltergeist si aggirava per i corridoi deserti, nel cuore della notte, infastidito dall’impossibilità di mettere a segno qualche tiro mancino ai malcapitati studenti che dormivano beatamente nel calore e nella sicurezza dei loro letti.
Il non poter fare, però, gli dava il tempo di organizzare e, quando si trovò davanti alla porta dell’aula nei sotterranei, dove, all’interno dei calderoni, riposavano le pozioni preparate dagli studenti, ebbe un’idea...
Quando, il giorno seguente, i ragazzi bevvero le pozioni accuratamente mesciute, per testarne su se stessi la riuscita, accadde qualcosa di singolare ed imprevisto: il contenuto di due calderoni vicini iniziò a sobbollire, i due ragazzi che da quelli avevano bevuto ebbero un mancamento come soffocati dagli effluvi magici, ma, l’attimo successivo, le pozioni tornarono placide, l’aria fu subito fresca ed i ragazzi si ripresero... nel corpo del loro vicino di banco.

Giovane e schiavo

Riapri gli occhi lentamente, leggermente intontito e tremendamente incazzato per quella figuraccia.
Se metti le mani sull’idiota che ha compromesso la tua pozione gli farai passare per sempre la voglia di fare lo spiritoso…
«Ehi, va tutto bene?»
Alzi la testa verso quella voce preoccupata e, se possibile, ti incazzi ancora di più: uno di quegli inutili Grifondoro – il nome è irrilevante – è chino su di te, così vicino che la sua puzza ti fa quasi vomitare… ed ha pure avuto la sfrontatezza di tenerti un braccio dietro la schiena per sorreggerti!
Come se avessi bisogno del suo stupido aiuto.
«Levami subito le mani di dosso!» Sibili indignato – ma che cos’ha la tua voce, adesso? – per poi rialzarti velocemente in piedi.
Con la coda dell’occhio vedi qualcun altro seguire il tuo stesso esempio – a quanto pare non sei l’unica vittima di questo scherzo di cattivo gusto – e cerchi con lo sguardo qualcuno dei tuoi compagni di Casa per chiedere loro cosa diamine sia successo.
Sono tutti intorno all’altro ragazzo.
Non fai quasi in tempo a risentirtene – insomma, non che te ne freghi qualcosa, ma pure Tiger e Goyle! – che il professor Lumacorno ti si fa vicino col faccione rosso e l’espressione ansiosa.
«Neville! Ragazzo mio, come ti senti?»
Neville? Quel citrullo è rincoglionito del tutto?
«Tutto bene, professore, grazie.» Risponde qualcun altro intromettendosi nella vostra conversazione, e allora vi voltate entrambi verso il tizio che, come te, si è appena rialzato da terra.
E sbianchi.
«M-ma cosa…» Balbetti sconvolto, specchiandoti nei tuoi stessi occhi dilatati dallo stupore.
“Questo è un incubo. DEVE esserlo!”

Tre giorni.
Sono passati tre giorni da quel maledetto incidente, e ancora non ti sei abituato al fremito di disgusto che ti pervade nel vedere nel riflesso dello specchio la faccia da schiaffi di Paciock.
Almeno ti hanno fatto restare nel dormitorio della tua Casa… non avresti resistito un solo giorno in quella fogna di Grifondoro!
***
«La contro-pozione non è complessa di per sé,» vi spiega Lumacorno dopo aver esaminato attentamente il contenuto dei vostri calderoni e averlo dichiarato – con un irritantissimo sorrisetto accondiscendente – un’innocua goliardata «ma ha bisogno di sobbollire a lungo perché non vi siano effetti collaterali.»
«Quanto a lungo, professore?»
«Una settimana dall’aggiunta dell’ultimo ingrediente… quindi direi che ci vorranno una decina di giorni in tutto, se il tempo è abbastanza clemente da lasciarmi uscire dal castello.»

***
Stringi i pugni e imprechi tra i denti, guadagnandoti parecchie occhiate stranite dai tuoi compagni di Casa.
“Come se fosse una novità.” Ti dici, sarcastico: da quando sei in questo stupido nuovo corpo non c’è stato un solo Serpeverde che tu non abbia sorpreso a spiarti di nascosto, come se fossi una bestia rara.
Certo, molti di loro ti si avvicinano comunque – dopotutto sei sempre stato popolare – ma si mantengono sempre a una certa distanza, quasi avessero paura di venire contagiati.
E anche se ti scoccia ammetterlo, su questo non puoi dar loro torto: se solo potessi, anche tu ti eviteresti.
“L’unica cosa buona” rifletti, lanciando un’occhiata veloce dall’altra parte della sala comune “è che Pansy ha smesso di starmi sempre appiccicata.”
Ti esibisci in un ghigno derisorio e sprofondi di nuovo nella contemplazione delle fiamme del camino, in grembo un libro di Trasfigurazione che non hai la minima voglia di leggere.

Finalmente è arrivata l’ultima lezione prima del week-end, così, almeno per un po’, potrai evitare gli sguardi curiosi di tutti gli impiccioni delle altre Case.
E, soprattutto, potrai evitare quell’idiota che si è preso il tuo corpo.
Sbuffi irritato e ti siedi al solito posto.
Davvero non avresti creduto che la tua opinione su quel ragazzo potesse peggiorare, eppure vederlo andare in giro a fare il protettore dei pivelli con la tua faccia ti ha fatto incazzare talmente tanto che più di una volta sei stato sul punto di mettere mano alla bacchetta, solo per togliergli quello svenevole sorrisetto di dosso.
Un rumore improvviso ti riscuote dai tuoi pensieri.
“Thò, parli del diavolo…”
L’idiota in questione è appena entrato in aula, circondato da quei mentecatti dei suoi compagni.
Che parlano e ridono con lui senza minimamente badare al suo nuovo aspetto.
Socchiudi gli occhi e lo guardi in cagnesco ancora un momento – sguardo che lui ricambia con altrettanta antipatia – ma quando la McGranitt vi richiama all’ordine la smettete entrambi.

Il compito di oggi era talmente difficile che non hai avuto il tempo di pensare ad altro… ma quando vedi il tuo vecchio corpo venirti incontro – e la tua vecchia faccia guardarti torva – la realtà di quella situazione assurda reclama di nuovo la tua attenzione.
Ti guardi velocemente in torno per cercare di evitarlo, ma quando ti accorgi che non è possibile ti rassegni a parlare con lui.
«Che vuoi, Paciock?» Gli chiedi, con un tono strascicato che suona stranamente innaturale, con questa nuova voce.
«Vieni con me.» Dice soltanto.
Alzi un sopracciglio e lo guardi stranito.
«Non se ne parla.»
«Io dico di sì…» Sussurra lui, portandosi una mano al braccio sinistro – il braccio del Marchio Nero – mentre inizia a tirare su la manica.
«Ma dico, sei impazzito?» Sbotti, fermandolo appena in tempo.
Esiti ancora un momento, gli occhi fissi nei suoi – nei tuoi – poi ti congedi velocemente dai tuoi compagni e vi allontanate insieme da quella piccola folla di curiosi.
Lo segui fino ad un’aula vuota e Paciock chiude la porta alle tue spalle con un colpo di bacchetta per poi voltarsi a fronteggiarti.
«Allora è vero?» Ti chiede senza preamboli.
«Vero cosa?»
«Che sei un Mangiamorte.»
Sogghigni.
«Credevo che il tuo amichetto Potter te l’avesse già detto… oppure non ti ritiene degno delle sue confidenze?»
«Certo che Harry me l’ha detto.» Ribatte lui, punto sul vivo. «Ma non ci volevo credere.» Aggiunge in un sussurro.
Sbuffi ma non rispondi, e quando anche lui resta in silenzio fai per tornare verso la porta, ma la sua voce ti blocca che non hai nemmeno fatto un passo.
«Quindi tu l’hai fatto davvero? Hai ucciso Silente?» Mormora, e quello che tra i Serpeverde è per te motivo di vanto sulle sue labbra diventa un’accusa che ti gela il sangue nelle vene.
Il che è ridicolo, visto che quelle sono le tue labbra…
«Non l’ho ucciso io…» Replichi senza pensare.
«No, è vero, tu hai solo fatto entrare i Mangiamorte a Hogwarts, giusto?» Commenta acido. «Ci ha pensato Piton a fare il lavoro sporco per te.»
Ti tiri indietro come se ti avesse schiaffeggiato.
Come osa… che cosa ne sa lui…
«Mi fai schifo.» Sibila infine, e quelle parole velenose sono la classica goccia che fa traboccare il vaso.
E ti incazzi.
«Ma chi cazzo ti credi di essere tu per giudicarmi, eh? Cosa cazzo ne sai di me e della mia vita? Di cosa significhi essere schiavo di qualcuno senza possibilità di appello?» Gli urli addosso, strattonandolo per il bavero della divisa. «Lo sai perché ho eseguito quegli ordini, eh? Lo sai? Perché sennò lui avrebbe ucciso i miei genitori!» Lo lasci andare di botto, esibendoti in una risatina isterica. «Anzi no, probabilmente prima mi avrebbe fatto tornare a casa e dopo li avrebbe uccisi davanti ai miei occhi.» Precisi. «Ma tanto tu che puoi saperne…»
«Hai ragione, io non posso capire la paura di perdere i propri genitori…» sussurra mesto, interrompendo il tuo monologo «la tua zietta mi ha gentilmente liberato da questo peso.»
E allora ricordi.
Zia Bella che guarda sognante il vuoto e racconta di nuovo della sua prova di lealtà al Signore Oscuro. Racconta di come ha torturato i Paciock fino a renderli folli. E ride.
Distogli lo sguardo.
“Mi dispiace.”
Non glielo dici. Lui se ne va.

«… cosa significhi essere schiavo di qualcuno…»
Di tutto ciò che gli hai urlato contro in quella stanza è sempre questo il punto che ti torna alla mente, ancora e ancora: non riesci a capire da dove diamine ti sono venute fuori, quelle parole così stupide.
Così vere.
Tiri un pugno al baldacchino del letto, accogliendo il dolore acuto alle nocche come un balsamo per i tuoi pensieri tumultuosi… ma quando ti accorgi che Goyle ti sta guardando sorpreso imprechi tra i denti e ti chiudi in bagno.
Nessuno deve vederti in questo stato.
Apri l’acqua del rubinetto per un riflesso condizionato e ti sciacqui il viso, più e più volte, strofinandoti la pelle fino ad arrossarla per cercare di lavare via quella scoperta così scomoda. Buffo come cambiano le cose, vero? Solo un paio di anni fa le arti oscure ti elettrizzavano e la sola idea di servire il Signore Oscuro era come un sogno proibito… e adesso sei soltanto l’ennesimo burattino nelle sue pallide mani.
Uno schiavo che non è padrone nemmeno della propria vita.
Sollevi il viso e lasci che rivoli gelati scorrano lungo il collo fin dentro la maglietta, facendoti rabbrividire. E poi sorridi al tuo riflesso sconosciuto. Un sorriso spento, freddo come il marmo a cui ti stai appoggiando.
Sarebbe tutto più semplice, se quella fosse davvero la tua faccia.

Il week-end non è stato la boccata d’aria fresca che speravi – non con tutti i tuoi compagni di Casa che continuavano a guardarti con sospetto – ma perlomeno puoi consolarti con la consapevolezza che questa tortura sta per finire: solo altri due giorni, e tutto tornerà come prima.
Ti stringi istintivamente l’avambraccio sinistro, cercando di ignorare il freddo pungente che sembra esserti entrato fin dentro alle ossa.
Tutto. Come. Prima.
Sollevi la testa e aumenti il passo, entrando a fianco di Goyle nell’aula di Arti Oscure.
Tiger è già seduto al suo posto, la bacchetta pronta e lo sguardo di eccitata aspettativa… che si illumina ancora di più nel veder entrare, insieme al professor Carrow, anche una lunga fila di mocciosi terrorizzati del primo anno.
“Di nuovo la cruciatus. Che palle…”
«Coraggio, muoversi! Conoscete le regole, no? O siete degli stupidi pecoroni?» Esclama il professore, spronando i piccoletti a colpi di bacchetta fino a radunarli tutti al centro della stanza come se fossero davvero un branco di pecore – i banchi sono stati prontamente spostati alle pareti da alcuni tuoi solerti compagni di Casa, Tiger primo tra tutti.
Mai avresti creduto che quel buono a nulla del tuo migliore amico sarebbe diventato il primo della classe, un giorno.
Vedi i tuoi amici raggrupparsi in un angolo e ti unisci a loro, lasciando libero il palcoscenico per quell’esercizio sadico che è diventato quasi routine, per voi. E quando viene lanciata la prima maledizione – quando iniziano le prime urla – ti imponi, come ogni volta, di ignorarle. Dopotutto basta evitare di guardare verso di loro e concentrarsi su qualsiasi argomento sia abbastanza interessante da tenere la mente impegnata… è piuttosto facile, tutto sommato.
Almeno finché non tocca a te.
Scuoti la testa e avanzi di un altro passo mentre la fila si assottiglia e il tuo turno si avvicina.
Non che ti sia mai venuta la sciocca idea di opporti – il detto “meglio tu che io” è legge, tra i Serpeverde – ma non riesci ad impedire al tuo stomaco di contrarsi in una morsa niente affatto piacevole, quando la tua cavia si contorce a terra tra grida di dolore…
Non come Tiger.
Ti volti istintivamente a cercare il suo sguardo, ma lui è intento – come sempre – ad osservare la scena al centro dell’aula con tanta cupidigia negli occhi che sei quasi sicuro che stia cercando di non sbattere nemmeno le palpebre, per non perdersi attimi preziosi di quel raccapricciante spettacolo.
Se solo potesse si proporrebbe per un altro giro, e poi un altro e un altro ancora…
Una risata stridula ti distoglie da quei pensieri e ti volti in quella direzione: Paciock – ancora nel tuo corpo – è impettito davanti a Carrow, mento alto e sguardo fiero.
“Si è di nuovo rifiutato, quell’idiota.” L’unica logica conseguenza.
Ma poi, per qualche motivo, ti soffermi a guardare i suoi occhi – i tuoi occhi – e quella sfumatura solenne che sei sicuro non abbiano mai avuto addosso a te. E allora, mentre il professore ridacchia e leva alta la sua bacchetta, provi ad entrare per la prima volta nella testa di Paciock, oltre che nel suo corpo.
Provi a chiederti come si possa sentire nel vedersi chiedere di usare la stessa maledizione che ha distrutto i suoi genitori. Provi a chiederti se è per quello che si ostina a rifiutarsi o per un qualche altro stupido senso di giustizia.
Provi a chiederti se, al suo posto, tu avresti il coraggio di fare lo stesso.
Le scintille degli incantesimi si susseguono senza sosta, e il tuo vecchio corpo è steso a terra, ormai agonizzante, mentre il suo attuale proprietario si sforza di non emettere un singolo fiato…
«Si fermi!»
Ti rendi conto di averlo detto ad alta voce – no, in effetti l’hai quasi gridato – quando le orecchie ti si riempiono di un silenzio inquietante e tutte le persone in quella stanza si voltano a guardarti con in volto la stessa espressione che di solito si riserva ai pazzi.
E forse lo sei davvero, per esserti esposto così.
«Come dice, signor Malfoy?»
Il tono di Carrow trasuda veleno ad ogni sillaba, ma ormai non puoi più tirarti indietro. Abbassi lo sguardo sul mucchietto di vestiti sanguinanti che è Paciock, cercando di pensare più in fretta che puoi…
«Allora?»
E all’improvviso ecco l’idea. Folle come lo sei stato tu per esserti spinto a tanto… ma anche l’unica speranza di salvare la faccia.
«Mi scusi, professore.» Esordisci quindi con un sorriso accattivante. «È solo che quello là» e qui indichi il ragazzo a terra «è il mio corpo… e non vorrei che restasse sfigurato a vita solo perché quel cretino non sa stare al suo posto!»
L’uomo ti guarda pensieroso qualche momento, poi si esibisce in un ghigno cattivo.
«Finnigan, accompagna Cavalier Paciock in infermeria… ormai dovrebbe aver imparato la lezione.»
Molti studenti ridacchiano a quelle parole, tu compreso… ma presto il sorriso ti si gela sulle labbra.
«Sei fortunato, Paciock:» aggiunge infatti, lanciandoti un’occhiata obliqua «il Signore Oscuro potrebbe risentirsi se sciupassi il bel faccino della sua mascotte.»
Le risate nella stanza risuonano più forti di prima, perfetta colonna sonora della tua patetica umiliazione.

Quando rientri in sala comune, dopo l’ultima lezione del pomeriggio, sei quasi riuscito a dimenticare l’incidente di questa mattina.
Quasi.
Ti lasci cadere su una poltrona vicino al tuo solito gruppetto… ma noti subito che c’è qualcosa di strano, in loro.
«E tu che ci fai qui?» Ti chiede infatti Tiger non appena incroci il suo sguardo.
È diventato più scemo del solito o cosa?
Ma, prima che tu possa ribattere, «Nel senso… com’è che non sei a trovare il tuo amichetto in infermeria?» aggiunge, lanciandosi occhiate complici con gli altri che, da parte loro, si producono in un coro di irritantissime risatine.
«Non dire cazzate, Tiger!» Esclami allora, guardandolo torvo. «Se quell’idiota non avesse ancora il mio dannatissimo corpo non me ne sarebbe fregato un cazzo di cosa gli stava succedendo, lo sai.»
«Certo, come no.» Sbuffa lui.
Ti alzi in piedi per fronteggiarlo meglio e «Che cosa vorresti dire?» esclami.
Si alza anche lui – e l’effetto, tuo malgrado, è parecchio più scenico.
«Ammettilo, Malfoy, ti sei rammollito!» Ti accusa, puntandoti un dito al petto.
Lo scosti da te come se fosse infetto, guardando il tuo compagno con malcelato disgusto.
«Come osi?» Sussurri poi. «Devo forse ricordarti chi è il Mangiamorte che ha portato a termine il compito del Signore Oscuro l’anno scorso?»
«Piton l’ha fatto, non tu.» Sussulti di sorpresa e lui ghigna. «Credevi che non lo sapessi? Che non sapessi che quella notte non sei nemmeno riuscito ad uccidere un vecchio senza bacchetta?» Scoppia in una breve risata cattiva. «Mangiamorte? Tu? Ma per piacere! Senza il tuo professorino a pararti il culo tu…»
Non lo lasci finire.
«Io cosa, Tiger? Sarei morto? Forse. Ma solo perché io, a differenza tua, ho avuto le palle di osare!» Finalmente la smette di ghignare in quel modo tanto irritante, con tua somma soddisfazione. «O forse ti sei scordato che sono stato io ad aggiustare l’armadio svanitore, io a mettere Rosmerta sotto imperio, io a far entrare i Mangiamorte a Hogwarts. A Hogwarts!» Ripeti, enfatizzando quel teatrino per quei compagni che, adesso, ti guardano ammirati. «E tu invece dov’eri quella notte, eh? A fare la nanna
Vedi il tuo ex migliore amico stringere i pugni fino a sbiancarsi le nocche, e tu sai che non chiederebbe niente di meglio che scagliarteli addosso a tutta forza, ma un rimasuglio della sua vecchia paura nei tuoi confronti lo tiene ben fermo al suo posto.
E tu, ovviamente, non ti lasci sfuggire l’occasione.
«La verità, Tiger, è che sei solo un bamboccio invidioso.» Gli sibili contro come stoccata finale.
Poi, prima di dargli il tempo di riprendersi, giri i tacchi e sparisci oltre la porta dei dormitori.

La stanza è vuota, ovviamente, ma ad ogni buon conto entri in bagno e ti ci chiudi dentro: hai bisogno di stare da solo per un po’.
Se è per questo hai anche un dannato bisogno di sfogarti.
Cominci a sfilarti la divisa e lanci a terra con stizza un capo dopo l’altro – magari una doccia calda ti aiuterà a calmarti – ma mentre, ormai a torso nudo, ti stai togliendo calze e scarpe, la tua attenzione viene attirata dallo specchio di fronte a te.
O meglio: dal riflesso che ci vedi.
Ti interrompi un attimo e ti avvicini per guardare meglio, incuriosito.
Due belle spalle larghe, il ventre piatto e degli addominali appena accennati ma decisamente invitanti… per non parlare del fondoschiena perfetto.
Sogghigni: devi ammettere che quello sfigato di Paciock ha un corpo niente male.
Sollevi lo sguardo fino ad incrociare i tuoi occhi – i suoi occhi – e poi, lentamente, sbottoni i pantaloni e insinui la mano all’interno, superando la barriera dell’intimo per stringerla intorno alla tua pelle bollente, iniziando fin da subito a muoverla a scatti decisi.
Senza distogliere lo sguardo dal volto riflesso nello specchio.
Sospiri e ti appoggi alla parete alle tue spalle, accarezzandoti l’erezione mentre con l’altra mano vai ad esplorare ogni anfratto di quel corpo tuo, ma non del tutto.
Ti accarezzi e pensi a lui.
Chissà se anche lui ha mai toccato così il suo – il tuo – corpo. Chissà se allo specchio si guarda con lascivia. Chissà cosa prova a darsi piacere con una mano che non è la sua.
Socchiudi le labbra alla ricerca d’aria – trattenendo a stento gemiti compromettenti – e nel frattempo aumenti le spinte, godendo dell’espressione lussuriosa che vedi nello specchio quasi quanto per quelle carezze sempre più urgenti.
Di più. Di più. Di più!
Vieni tra le tue dita con un ultimo forte ansito e ti accasci a terra per riprendere fiato mentre il ragazzo nello specchio si apre in un pigro sorriso soddisfatto.
In fondo un po’ ti mancherà, questo corpo.

Quando l’indomani Lumacorno ti convoca nel suo studio – addirittura con un giorno di anticipo rispetto a quanto programmato – è tutto tornato alla normalità: Pansy ti sta di nuovo appiccicata, il solito gruppetto di ammiratori pende dalle tue labbra e Goyle ti segue ovunque tu vada… così come Tiger.
E no: nessuno di voi due ha più nominato la discussione di ieri, né intendete farlo.
Trovi Paciock già nella stanza e ti esibisci in una smorfia infastidita nel constatare che le sue ferite – le tue, tra poco – non sono ancora guarite del tutto.
Dal canto suo, lui apre la bocca per dirti qualcosa, ma viene interrotto dall’arrivo del professore con due calici fumanti dall’odore nauseabondo.
«Alla salute!» Esclama gioviale, porgendovene uno a testa.
È ancora contro le regole insultare un professore, vero?
Bevi la tua dose in pochi, disgustosi sorsi e vedi con la coda dell’occhio il tuo compagno di sventure fare altrettanto.
Poi il buio.

«Ragazzi, state bene?»
La voce ansiosa di Lumacorno è la prima cosa che senti – non un granché come risveglio, in effetti – e ti tiri lentamente a sedere, ancora ad occhi chiusi. Poi, esitante, li apri e ti guardi intorno.
Seduto lì vicino, anche lui a terra come te, Paciock – nel suo vero corpo – ricambia sollevato il tuo sguardo.
«Allora?»
Quella seconda domanda vi riscuote entrambi, interrompendo quel contatto visivo insolitamente lungo, ma lasci che sia Paciock a prendersi la briga di rispondere.
Per quel che ti riguarda, hai avuto fin troppa pazienza.
Ti alzi in piedi barcollando un po’, ma come cerchi di muovere un passo senti un’improvvisa serie di fitte dolorose in tutto il corpo.
“Ma porca…”
Mastichi l’imprecazione tra i denti, prendendoti un momento per recuperare il controllo mentre rassicuri gli altri due con un cenno della mano che non hai assolutamente niente.
Non che ti aspetti che Paciock ci creda: dopotutto fino a una manciata di minuti fa era lui ad essere letteralmente nei tuoi panni…
E infatti, quando Lumacorno sparisce nel retro, ti si avvicina con espressione contrita.
«Non provare a scusarti, Paciock.» Lo ammonisci.
Ci manca solo la pietà, poi hai provato davvero tutte le umiliazioni possibili questa settimana.
«Non intendevo farlo.» Ti smentisce lui. «Volevo solo… ecco… grazie, per ieri.»
Sbuffi.
«Non l’ho fatto per te, babbeo.» Ci tieni a sottolineare.
Per tutta risposta lui si apre in un sorriso sghembo.
«Lo immaginavo. Comunque… grazie lo stesso.»
E poi esita, e nella sua espressione seria puoi leggere chiaramente che ha molto altro da dirti, qualcosa di importante… ma non gliene lasci il tempo.
«Ci vediamo, sfigato.» Lo saluti.
Poi apri la porta ed esci da quell’ufficio, senza guardarti indietro.

Epilogo: Alcuni mesi dopo

Le parole del Signore Oscuro hanno gettato Hogwarts nel panico più totale, seguito da una febbrile corsa contro il tempo: tante, sciocche formichine che si affannano ad accumulare armi e difese per combattere una guerra che non potranno mai vincere.
Davvero patetici.
Svolti l’angolo e ti ritrovi quasi a sbattere contro l’ultimo viso che avresti voglia di vedere in questo momento… ma a quanto pare Paciock non è della tua stessa idea.
«Oh, eccoti qui.» Dice infatti, tra le braccia una scatola piena di qualcosa che non conosci né ti interessa. «Harry è tornato… ci sarà una battaglia.» Sbuffa poi, leggermente affaticato per la corsa e per il peso.
Sorridi ironico.
«Credi forse che sia sordo? L’ho sentito anch’io l’annuncio, sai…»
Fai per scansarlo ed andartene per la tua strada, ma lui ti ferma prendendoti per un polso. Così, tuo malgrado, ti volti di nuovo verso di lui.
«Combatti con noi.» Dice soltanto, l’espressione mortalmente seria e lo sguardo determinato.
Lo guardi negli occhi un momento infinito, assaporando nella tua mente quanto sarebbe bello potergli dire di sì; vedere un sorriso orgoglioso fiorire finalmente sulle sue labbra spaccate, e poi seguirlo lontano da quel mondo marcio e sanguinoso in cui la tua famiglia ti ha trascinato senza via di scampo.
Combattere con loro. Fare la cosa giusta.
Strattoni il braccio fino a liberarti dalla sua presa.
“Non sai quanto lo vorrei, Neville.”
«Non essere ridicolo.» Ribatti sprezzante.
Poi gli volti le spalle e ti allontani a passo svelto, pronto ad affrontare quella che potrebbe essere allo stesso tempo la cosa più stupida e la più grande occasione della tua vita… pronto a servire ancora una volta i folli sogni di un padrone che ti è stato imposto.
Il libero arbitrio è un lusso che gli schiavi non possono permettersi.
   
 
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