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Autore: Uzumaki_Devil_Dario    27/02/2015    4 recensioni
Quando il giorno diventa notte, Tokyo cambia e diventa un nuovo mondo: la reputazione si crea nelle competizioni sulle strade e la vita pulsa del motore delle automobili dalle carene fiammanti e dai carburanti pompati al protossido di azoto.
Qui la parola "velocità" è sinonimo di forza e di vita. O sei veloce o non sei niente.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Sakura ricordava che quando aveva iniziato a conoscere Sas'ke-kun, fin da subito aveva pensato che non fosse un tipo facile da capire. Non era molto incline al dialogo aperto, parlava quando era strettamente necessario e usando meno sillabe possibili, convertiva i pensieri in parole mettendo insieme più frasi lunghe soltanto quando era intenzionato a discutere su qualcosa di serio (occasioni che non capitavano molto spesso). Questo suo modo di fare così misterioso e riservato era ciò che l'aveva attratta maggiormente, ma anche per via di questa sua attitudine era sempre stata un'impresa intuire che cosa gli passasse per la testa, per questo aveva dovuto fare i salti mortali pur di capire come farsi notare da lui. Poco alla volta, aveva cominciato a costruirsi un'idea di come fosse fatto osservando i suoi modi di fare, la sua gestualità, il suo modo di rapportarsi agli altri, talvolta aveva anche rivolto delle domande a Itachi, a Jugo e a Suigetsu, che lo conoscevano da ben più tempo di lei e Karin ed erano più capaci di interpretare certi suoi atteggiamenti. Alla fine era arrivata a comprenderlo abbastanza bene da rendersi conto che era un ragazzo orgoglioso (fin troppo per mostrare apertamente un suo qualsiasi stato emotivo), diretto quando serviva, fermamente attaccato ai suoi principi morali, con la testa sulle spalle ma rivolta per lo più alle quattro ruote e al protossido di azoto.
La cosa buffa era che mentre era occupata a studiarlo a fondo, l'Uchiha si era accorto di lei già da qualche tempo e pure abbastanza in fretta, avendo ben visto che sotto il suo aspetto da ciliegio era in realtà di carattere tutt'altro che delicato e docile. Del resto, sin dai tempi della scuola, le avevano spesso commentato il suo temperamento da maschiaccio. Eppure, questo suo essere una diavolessa mascherata da angelo era ciò che aveva spinto Sasuke, una sera, a darle quella monumentale Mustang GT, a fargliela guidare per rincorrerlo su e giù per le strade della città, fino a fermarsi sotto il lampione di quella tangenziale deserta, farla scendere dall'auto... e tirarla a sé per darle il più incredibile bacio che uno come lui potesse dare. Le aveva sempre detto che si era trattata di un'improvvisata, però lei aveva più l'impressione che avesse pianificato il tempo e il luogo per farlo: proprio in quello spazio tutto per loro due, a quell'ora della sera, e sotto la luce di un lampione; magari, sotto sotto, aveva un lato romantico, giusto quella quantità minima che lei poteva anche apprezzare. E che passione che sapeva metterci in certe cose! Era stato allora che tutti e due si erano resi conto di conoscere già tutto quello che volevano sapere a vicenda su di loro, quel tanto che bastava per avvicinarli fino a tanto. Il tempo trascorso insieme in seguito li aveva poi portati a non poter avere più segreti l'uno per l'altra.
Questo valeva fino ad adesso, ora Sakura non sapeva più che pesci pigliare con lui. Era l'ennesimo giorno che entrava nell'officina del clan e trovava Sasuke seduto in macchina e intento a fissare il parabrezza, assorto in chissà quali pensieri che lei non riusciva a intuire. Sasuke era sempre stato il tipo che si esternava difficilmente, ma lei aveva imparato a leggergli un po' dentro e a interpretare la sua mentalità. Stavolta, invece, era diverso. A cosa stesse pensando da giorni era un gran bell'interrogativo, era sicura solamente che fosse in quello stato da quella maledetta sera in cui l'Underground era andato a pezzi. Di certo tutta quella faccenda lo aveva scombussolato, come per chiunque altro, ma quello non poteva essere l'unica cosa ad averlo scosso al punto da renderlo così taciturno... taciturno più del solito.
Era sicuramente successo qualcos'altro, quella notte. Ma di che diavolo si trattava?
Continuava a starsene nell'abitacolo senza dire una parola, a finestrini chiusi, rintanato nel suo guscio da tutto quello che c'era all'esterno, nonostante avesse sicuramente notato anche il suo arrivo. Arrivò un momento in cui Sakura non fu più disposta a lasciare che continuasse a starsene in quel modo senza far sapere che cosa avesse, quindi andò a bussargli al vetro per avere la sua attenzione. Anche se non si girò a guardarla abbassò del tutto il finestrino, il che poteva valere come indice del suo ascolto. Un pesante odore di nicotina consumata uscì da lì dentro e investì in pieno l'olfatto della ragazza.
"Coff...! Ma che diamine, Sas'ke-kun! Te ne stai rinchiuso in auto con tutta questa puzza di fumo?"
Quelle retoriche erano quel genere di domande per le quali l'Uchiha pensava non valesse la pena sprecare un monosillabo; che senso aveva confermarle qualcosa che comunque poteva constatare da sola? L'aveva trovato seduto in macchina con il posacenere pieno di sigarette consumate, quindi sì, se ne stava rintanato in auto con tutta quella puzza di fumo.
"Mi dici che combini?" gli chiese.
"Quello che vedi: sto seduto e penso."
"A cosa pensi?"
"Cose varie."
"Balle. Non capita mai che diventi una ciminiera quando pensi soltanto a "cose varie" ."
Non obiettò a quella sua constatazione. Sakura preferì che lo avesse fatto, continuare così era avvilente.
"Sono preoccupata per te, Sas'ke-kun. Mi vuoi dire che ti succede?"
Era forse la prima volta dopo tanto tempo che si trovava a doverglielo chiedere così direttamente, abituata com'era a cercare di capire sempre da sola la risposta, tentativo che adesso le veniva alquanto difficile.
Dal canto suo, Sasuke non era molto intenzionato a parlare di quello che da qualche giorno gli frullava nel cervello. Quello sparo e quella testa bionda trapassata dal proiettile di Itachi gli avevano tolto il sonno. Lo aveva visto fare una cosa che non gli piaceva per niente... e soprattutto, non gli piaceva che fosse in grado di compiere qualcosa come un omicidio così a freddo, senza nemmeno battere ciglio. Da quando suo fratello era tipo da atti così estremi? Di certo non lo era quando ancora stavano nello stesso clan. Ora gli toccava scoprire che, dopo aver passato mesi nel gruppo di Obito, era capace di tenere in mano una pistola come se niente fosse e anche di usarla. Poco importava che lo avesse fatto per proteggere proprio lui, quello che stava diventando non gli piaceva assolutamente.
Per questo motivo, andavano presi provvedimenti e bisognava risolvere la faccenda come meglio non si poteva fare. Il meglio, però, non lo poteva realizzare lui da solo, e non era qualcosa in cui doveva coinvolgere gli altri del clan... meno che mai Sakura, anche a costo di farla sentire ignorata come adesso. Bastava lui a tormentarsi con il pensiero di Itachi ridotto in quel modo, era tanto meglio che i suoi compagni non lo venissero a sapere.
L'aiuto che gli serviva doveva venire da un'altra parte e forse lo aveva anche trovato. Aspettava solo che una telefonata arrivasse a dargli la conferma.
"Sas'ke-kun. Allora?"
Dopo forse ore di attesa, quella telefonata finalmente arrivò, il cellulare sul cruscotto vibrò proprio in quel momento. Osservando il display, Sasuke vide che il numero chiamante era quello che stava aspettando. Giusto in tempo, non sapeva quanto ancora avrebbe resistito se Sakura fosse arrivata a insistere.
Rispose alla chiamata, prendendo la parola per primo.
"Com'è andata?"
Sakura non riuscì a sentire chi ci fosse dall'altra parte, tuttavia Sasuke sembrò ricevere una risposta molto rapida e chiara alla sua domanda, quanto bastò a mettere fine alla breve telefonata.
"Ho capito. Grazie mille" e ripose il telefono subito dopo.
Bastò a chiarire un po’ di più le idee alla ragazza rispetto a prima. Da quel poco che era durata la chiamata, aveva capito che Sasuke non stava solo pensando a qualcosa: stava preparandosi a fare qualcosa.
La cosa sorprendente fu vederlo finalmente uscire e abbandonare lo spazio ristretto dell’abitacolo, dopo diversi giorni che le sembrava di averlo visto soltanto ed esclusivamente lì dentro. Il fatto che avesse lasciato la portiera aperta faceva comunque dedurre che pianificasse di ritornarci nell'immediato futuro.
Ora che ne era uscito, però, non faceva nulla di particolare. Nulla, a parte starsene in piedi di fronte a lei e guardarla in faccia da quella sua manciata di centimetri di altezza di vantaggio.
"Che... che c'è?"
Quello sguardo continuo addosso a Sakura aveva la capacità di scombinarle il cervello, difatti non riusciva più nemmeno a mettere insieme le parole per chiedergli con chi avesse parlato un istante fa. Sapeva anche che se non avesse smesso al più presto, gli ormoni le sarebbero partiti da soli in quarta.
Smise di fissarla, sì... così poté prenderle il mento e avvicinare il volto, in modo da baciarla con la sua innata improvvisazione. Il perché di questo Sakura non lo capì, e comunque non le importò molto in quel frangente, pensava solo a godersi quel bacio inspiegabile e passionale. Quando si fu staccato, lo vide girare i tacchi e rimettersi in macchina; stavolta fu per avviare il motore e partire, lasciando lei lì dov'era rimasta, scombussolata quanto e più di prima. Solo quando fu già molto lontano dall'officina, Sakura cominciò a realizzare che quello aveva tanto l'aria di essere un bacio da saluto estremo.

"Benvenuti, miei signori."
Un benvenuto accogliente era molto difficile da dare a dei personaggi così distinti, se un incontro tanto importante veniva organizzato in mezzo allo squallore di un deposito abbandonato su un molo: un magazzino di duecento e passa metri quadri di nulla al suo interno, svuotato di quasi tutto, a malapena Obito aveva avuto modo di procurare qualcosa per far stare seduti i suoi ospiti, mentre a lui toccava rimanere in piedi.
"Spero mi perdoniate se vi ho radunato in un luogo così angusto. Certe precauzioni sono necessarie e immagino che nessuno di noi voglia che si sappia troppo in giro di questo incontro."
Andavano scelte le giuste parole da usare. Riunire dieci capi della Yakuza non era uno scherzo neppure per lui, dieci individui tutti signorili e impettiti e che a malapena potevano sopportare ognuno la presenza degli altri senza aizzarsi contro le loro guardie del corpo in giacca e cravatta (ben tre a testa). Per dare a quell'incontro l’esito che voleva, era necessario che nessuno desse di matto e che se ne stessero tutti buoni, almeno finché gli serviva. In più, doveva fare la sua buona impressione, perché Itachi aveva ragione quando diceva che il suo racket, al momento, era poco paragonabile a quelli gestiti da quei signori. Quelle persone avevano le loro ottime ragioni per guardare dall'alto in basso un piccolo gangster di città come lui, a malapena l'unica parvenza buona che poteva dare a prima vista era la presentabilità: la sua giacca e i pantaloni in lana gessata nera gli permettevano appena di eguagliare i loro sontuosi completi di cotone e velluto. Tuttavia avevano risposto alla sua convocazione, segno che non lo ritenevano così insignificante, aveva ottenuto abbastanza della loro attenzione da indurli a scomodarsi fino a lì per incontrarlo e questo era già qualcosa.
"Desidero iniziare ringraziandovi sinceramente per l'occasione che mi avete concesso. Di certo sapete perché vi ho riuniti tutti qui."
"Sì, alcuni di noi erano curiosi di conoscerti, Uchiha Obito. Pare che tu abbia già una certa reputazione da queste parti."
Ed ecco il primo che gli voleva fare le scarpe: Misora Shinichi, agente di borsa a Fuji per la società, impiego che mascherava quello di contraffattore di opere d'arte.
"Ammetto che non ho iniziato a farmi conoscere bene" e certo non era di aiuto al suo background l'aver perduto parte delle fortune degli Uchiha "ma confido che voi brillanti signori sappiate guardare oltre le apparenze e vedere in me ciò che vale la pena di essere visto. Sicuramente mi avrete inquadrato come un commiserevole sfregiato con dei precedenti penali dovuti a dei problemi di alcolismo. Ebbene, io vi dico che sono molto più di questo: sono qualcuno che ha in mano tutta la rete stradale di Tokyo."
"Semplicemente per via delle gare clandestine? È una bella presunzione dire che si ha il controllo delle strade della città solo perché riesci a estorcere qualche soldo a quattro teppisti al volante."
Matsumoto Shoken, proprietaria di una catena di ristoranti a Kyoto degni di concorrere col Park Hyatt... nonché dirigente di un ampio commercio di organi da trapianto che circolava in tutto l'Honshu. Per Obito era solamente una frigida che aveva bisogno di essere ribaltata su un tavolo a gambe all'aria per lasciarsi scaldare un po'.
"Sbagliato, qui non si tratta di estorcere qualche soldo, ma di dare a quei quattro teppisti al volante qualcosa di cui hanno bisogno e minacciarli di riprenderselo se non accettano la sottomissione. È proprio quello che io ho fatto. Di questi tempi, le corse su strada qui a Tokyo sono un campo in continua crescita e possono costituire una fonte di introiti per chiunque arrivi a prendersela per primo. Ci sono più di dieci centri di raduno di Street Racers sparsi in tutta la città, a tutti quanti serviva qualcosa di essenziale per poter gareggiare liberamente. Sapete che cosa?"
"Le strade libere dalle pattuglie di polizia, presumo." Kobayashi Hideo, proprietario di agenzie immobiliari e usuraio giocatore d'azzardo "E tu, mentre si tengono le corse in città, saresti capace di tenere buoni buoni gli agenti di tutta Tokyo?"
"Di tutta la prefettura, a dire la verità. E non stupitevi troppo, può essere meno complicato di quel che sembra, con gli agganci giusti."
"Che molto probabilmente sono gli agenti addetti a raccogliere le segnalazioni. Evitano di comunicare gli avvistamenti delle corse nelle zone interessate in città, così non ci sono disturbi per chi corre, correggimi se sbaglio."
"No, Hideo-san, non sbagliate. Ho operato esattamente in questo modo e ho dato a quei Racers la sicurezza che serviva loro per correre sulle strade pubbliche. In più, se non rispettano la loro parte, così come posso tenere lontane auto della pattuglia posso anche mandarle dritte da loro. Questo è il triste epilogo che è toccato a uno dei centri di raduno, dove non hanno voluto neanche sentire le mie proposte. È così che faccio capire che devono stare con me oppure con nessun altro. Ma non è finita qui, la polizia lontana dalle strade è solo una delle loro esigenze, il campo delle corse clandestine offre ben altre opportunità. Vi do’ un semplice esempio: un Racer che punta a vincere una competizione deve volere il meglio per la sua auto, di conseguenza deve potersi procurare i migliori pezzi in circolazione. Oggigiorno quasi tutti si fanno importare qualsiasi componente fuori da Tokyo o anche fuori dall'arcipelago, i prezzi potrebbero salire a quote vertiginose e loro neppure se ne preoccuperebbero: per un Racer degno di questo nome, niente è più importante della sua vettura. Questo è un altro bisogno primario che presto monopolizzerò, tutte le importazioni di componenti per auto passeranno unicamente attraverso me e solo io li potrò smerciare in tutta la regione del Kanto."
E, presto o tardi, anche in tutto il Giappone. Possedere un import-export così grande nel settore motoristico avrebbe colpito anche le industrie Uchiha, che sarebbero finite per dipendere da lui per avere le forniture... forniture che lui mai avrebbe concesso. Sull'orlo del fallimento, l'unica possibilità di guadagno che i tre capisaldi avrebbero potuto ancora ottenere dalla loro compagnia fallimentare sarebbe stata venderla del tutto, per di più a un prezzo così ridicolo da renderla quasi un regalo. Nessun acquirente avrebbe accettato un'industria incapace di tirare avanti da sola; nessuno tranne lui. E nelle sue mani, tutta la catena motoristica sarebbe ritornata sul mercato nel giro di pochi mesi, riprendendo a produrre i suoi colossali introiti. Sarebbe diventato tutto quanto suo.
Questi progetti, però, non se li fece uscire di bocca. Per estendere i suoi affari al di fuori di Tokyo gli serviva entrare a far parte di un'organizzazione che poteva esercitare il suo potere ovunque e senza impedimenti di nessun genere, tale era la Yakuza.
"Intendo ampliare i miei affari anche nelle zone in cui operate voi per i vostri, motivo per il quale desidero mettere le mani nella vostra stessa pasta ed essere uno di voi. Posso portare il business delle corse clandestine anche nelle vostre città e far entrare nuovi profitti nelle casse comuni. Come vedete, è nell'interesse vostro quanto mio, non siete d'accordo?"
Non avevano per nulla l'aria di esserlo. Anche se stavano in silenzio, il loro scarso interesse verso tutte le sue belle promesse era palese, per nulla inclini a tenere da conto quello che vedevano come un piccolo racket capeggiato da un individuo che non faceva altro che diffondere parole. Qualcuno di loro si accese un sigaro. I segnali erano abbastanza chiari da far dedurre che non uno di loro era intenzionato ad accogliere le sue proposte. Motobuchi Shogo, proprietario di industrie farmaceutiche e capo di un largo traffico di prostituzione, fu voce di tutti quanti per dare la risposta.
"L'iniziativa che hai è molto curiosa, giovane. Ai tempi, nessuno di noi avrebbe mai pensato di interessarsi a delle semplici gare clandestine in città, una semplice prospettiva senza futuro. Tu, invece, hai avuto l'ingegno di usarle per far sbucare dal nulla un giro d'affari tutto nuovo e originale, che tu dici anche essere molto promettente."
Tutte le parole che utilizzava non potevano certo nascondere il suono di quel grosso "ma" in arrivo. Difatti
"Ma sei idiota tanto quanto sei intraprendente, se davvero credevi di poterci fregare come dei poveri scemi. Non è affatto un caso che i tuoi interessi siano rivolti al settore motoristico, lo stesso in cui opera la compagnia Uchiha famosa in tutto il paese. Con le fortune che puoi ottenere dalle sue industrie, unite a quelle che trai dal tuo business personale, quanto tempo passerà prima che un pesce piccolo come te possa arrivare a mettere i piedi in testa a dei veterani come noi?"
Non ci avevano messo molto a capire i suoi progetti. Era vero, con dei profitti così grandi c'era l'ampia possibilità che un giorno la sua rilevanza nella Yakuza crescesse di parecchio, tanto da far sembrare quel gruppo di vecchie mummie un niente al suo confronto. A dire la verità, questo non rientrava nei piani per il suo futuro, ma la sola probabilità bastava a preoccuparli abbastanza da escluderlo dai loro giochi. A quanto sembrava, quello sarebbe stato l'epilogo più probabile di quell'incontro per il quale aveva sudato sette camicie. Motobuchi si alzò dalla cassa su cui sedeva e si pose di fronte a Obito, rilasciandogli in faccia una boccata di fumo del sigaro.
"Questa è la risposta dei presenti qui dentro: vedi di scendere dal piedistallo dei sogni e torna a fare il piccolo delinquente nel tuo quartiere. E ringrazia pure che ti consentiamo di andartene sulle tue gambe, nonostante tu ci abbia fatto perdere tempo prezioso in questo modo."
La sola vicinanza con quel vecchio bastardo rognoso irritava Obito al punto da invogliarlo a ficcargli la mano dentro la bocca, afferrargli quella lingua tagliente che aveva e tirargliela fino alla radice. La resistenza a questa tentazione fu tra le più difficili che ricordasse in vita sua.
"Che posso dire, mi dispiace veramente che la pensiate così. E dire che ero pronto a festeggiare il buon esito di questo incontro con un po' di brindisi. Immagino che ora andrà sprecato."
Gli suonò il cellulare nella tasca. Osservando il numero chiamante, prese le distanze "Vogliate scusarmi."
Si allontanò verso la porta del capannone, sicuro che da lì nessuno di loro avrebbe sentito la voce di Kisame dall'altra parte del telefono. Era stato puntualissimo.
"È tutto pronto? Bene, raggiungimi tra cinque minuti."
Chiuse la chiamata e si accese una sigaretta. Alzò la voce per farsi sentire, rimanendo lì dove si era fermato.
"Signori! Il vostro collega qui si è espresso fin troppo chiaramente. A questo punto, direi che non c'è più altro da aggiungere."
Sferrò un colpo di gomito all'indietro e ruppe il vetro di sicurezza che proteggeva il pulsante sulla parete alle sue spalle. Lo premette e l'allarme che segnalava la presenza di incendi, anche se l'incendio non c'era, risuonò fino al soffitto del deposito assordando loro le orecchie.
Come Obito aveva previsto da un precedente sopralluogo, l'impianto anti-incendio era ancora funzionante, nonostante il degrado del posto. Difatti, gli sprinkler sul soffitto reagirono all'allarme e presero a spruzzare lo spazio sottostante - per lo più quello centrale - così che tutti i malavitosi finirono per inzupparsi. La pioggia durò un paio di minuti, al termine dei quali erano tutti infradiciati fin sotto i vestiti, una grande pozza si era formata ai loro piedi e si espandeva fino a ramificarsi in più fiumiciattoli.
"Che diavolo pensi di fare, bastardo?"
La risposta giunse da sola e quasi subito... ai loro nasi. Non ci volle molto prima che si accorgessero dell'odore pungente di cui erano impregnati e che non erano stati bagnati con acqua.
"Questa... è benzina?"
"Grazie infinitamente per il tempo che mi avete dedicato. Vi saluto e vi dico addio, luridi pezzi di merda."
Detto questo, la sigaretta, consumata per meno della metà, volò per aria e cadde a terra pochi metri più in là, nel lago di benzina che si era venuto a creare. La reazione del liquido infiammabile fu immediata e, da quel mozzicone, la fiamma si diffuse in un attimo sul suolo del magazzino... lo stesso suolo su cui poggiavano i piedi degli yakuza. Nel tempo di pochi rapidi istanti, arrivò fino a loro e, nonostante qualche loro tentativo di fuga, finì inevitabilmente per prenderli: risalì su per i loro vestiti, consumò in fretta i tessuti lussuosi e arrivò a bruciar loro pelle e carne. Le grida che lanciarono quei poveracci, le loro agitazioni disperate, il crepitio del fuoco che li bruciava... la migliore orchestra a cui l'Uchiha avesse mai assistito, gli dava talmente tanti brividi da raggelargli il midollo! Li vedeva gettarsi a terra per la disperazione, rotolarsi per estinguere le fiamme dimenticando che anche lì era pieno di benzina e non facevano che alimentarle. Un puzzo acre di bruciato e un fumo nero irrespirabile rendeva l’aria più pesante e difficile da respirare, fortuna solo che non era un luogo completamente chiuso e le finestre in alto avevano i vetri rotti.
Poco per volta, tutti smisero di gridare uno dopo l'altro, finché non morirono arsi vivi, lasciando di sé solo ceneri, carne e ossa annerite. Kisame arrivò giusto in tempo per osservare gli istanti morenti degli ultimi di loro, sorridendo nell'ammirare l'operato del suo superiore. Quanto avrebbe voluto assistere anche lui e godersi ogni minuto dall'inizio!
"Quel che si dice un lavoretto pulito." disse Obito "Non credi?"
"Concordo in pieno. Niente proiettili, niente tracce. Nessuno risalirà mai a noi. E scommetto che è stato pure spettacolare."
"Non immagini quanto. Che mi dici di Gen?"
"È arrivato giusto un minuto fa. Sta aspettando qui fuori."
"Oh, ha fatto presto. Va bene, andiamogli incontro."
Continuare a restare lì dentro sarebbe stata sicuramente una pessima idea, se volevano evitare che le fiamme si espandessero fino a loro o che prima o poi una parte dell’edificio cedesse e gli cadesse in testa.
L'ospite d'onore stava aspettando nello spiazzo all'aperto, come Kisame aveva detto, accanto a una Ford di seconda mano, certamente presa a noleggio. Era scortato da un suo sottoposto che reggeva per lui un grosso borsone.
"Siete un tantino in anticipo, Masahiro-san. Avessi avuto un po' di tempo, avrei dato una ripulita qui."
"Ci tenevo a venire in tempo a godermi lo spettacolo! Non vedevo l'ora di ammirare tutti quegli stronzi morti stecchiti! Diamine, quanto rimpiango di essermelo perso!"
"Se vuole, fa ancora in tempo a entrare per un’occhiata veloce, prima che crolli tutto l’edificio."
Gen Masahiro era stato certamente la scelta migliore da optare: avere per alleato un direttore di banche poteva rivelarsi più proficuo di un magnate dell'edilizia, o di una proprietaria di ristoranti, o di un agente di borsa o chissà che altro. Stesso discorso se tale alleato era anche un ottimo trafficante ed esportatore d'armi, anche di dotazione militare, attività molto più interessante di quella di un puttaniere, o di un riciclatore di denaro, un contraffattore o chiunque altro. Inoltre, a quanto sembrava, questo individuo era molto più ben disposto degli altri a farlo diventare uno yakuza come si deve, se solo in cambio lui gli avesse fatto il favore di eliminare un po' di tizi dell'organizzazione che proprio non poteva soffrire.
"Un po' di piombo nelle interiora glielo pianterei io volentieri" così aveva detto "ma, da yakuza a yakuza, queste scaramucce possono portare a spiacevoli conseguenze che preferirei evitare, capisci? Traffico armi ma le guerre tra bande sono una seccatura."
Così si era offerto di pensarci lui, con un'inventiva il cui risultato finì per essere molto apprezzato dal trafficante. Per lo meno, osservare il capannone dato alle fiamme era già una vista piacevole.
"Mi sarei tanto voluto godere lo spettacolo in prima fila. Che hai combinato a quei poveri pagliacci?"
"Nulla di che, gli tenevo giusto un po' di compagnia mentre il mio uomo qui metteva la benzina nei serbatoi dell'impianto anti-incendio."
"Tu hai il maledetto ingegno di un diavolo, lo sai? Io apprezzo la creatività."
"Lei mi lusinga."
"Allora questo ti farà esaltare." fece un cenno al suo sottoposto, il quale poggiò a terra il borsone e lo aprì per mostrarne l’interno "Il mio è giusto un pensierino per il mio nuovo compare. Dentro ci sono anche le istruzioni per il montaggio, ma vedrai che è meno complicato di quel che sembra."
Osservando il contenuto, Obito pensò che Masahiro-san ci avesse proprio azzeccato: fu un regalo che lo esaltò veramente, tanto da allargare un ampio ghigno compiaciuto sulla sua faccia deturpata. Porse la mano al suo nuovo collega, che la strinse di rimando.
"Masahiro-san, lei mi onora con questo regalo. Sono certo che sarà un piacere fare affari nella Yakuza insieme a lei."

Ok, e adesso? Facile, adesso non doveva far altro che percorrere il vialetto, arrivare fino alla porta e poi suonare. Tanto la Sunny Dawn era nel suo posteggio, era indubbio che Hinata fosse in casa. Così, mentre scese dalla macchina e fece per avviarsi verso il cancelletto, Naruto continuò a pensare a qualsiasi cosa avrebbe potuto dire o fare pur di esserle almeno un po' d'aiuto. Sua madre gli aveva detto che lui, nei confronti della sua ragazza, aveva quantomeno il dovere di non lasciarla sola, doveva esserle di compagnia.
<< Ma davvero basta questo? A lei è morto il cugino che era praticamente un fratello e io dovrei soltanto starmene lì zitto con lei senza dire niente? >>
Con Nagato era stato tutto un altro discorso, il lutto di Hinata era molto più grave. Arrivato davanti alla porta di casa, ancora aveva le idee poco chiare, quella maledetta incertezza non faceva che martoriarlo e gli impediva pure una cosa così semplice come suonare quel campanello. Che doveva fare se poi la Hyuga preferiva starsene per conto suo, se magari aveva un po' bisogno dei suoi tempi e dei suoi spazi invece che avere gente attorno?
<< Finisce che poi sembro un invadente e ficcanaso! >>
Poi, per qualche ragione, tutta quella insicurezza si fece per un attimo da parte e nella sua testa riaffiorò l'ultimo ricordo che aveva della Hyuga: quello in cui aveva avuto un disperato bisogno di piangere sulla sua spalla, anche se aveva appena declinato la sua offerta di compagnia per potersi dedicare all'amica Tenten.
Ricordandosi quell'occasione, realizzò quanto Hinata fosse incredibile e quanto lui fosse un cretino. Già allora aveva abbisognato di lui per sfogarsi almeno un po’, perché diamine restava ancora lì a farsi domande se lei volesse o no la sua presenza? Si impegnava tanto nel dare conforto agli amici... ma chi c'era a tirarla su di morale quando era invece lei ad averne necessità? Chi si occupava di aiutarla col suo dolore adesso che Neji non c'era più? Naturale che sua madre gli avesse intimato di fare l'uomo e di andare dalla sua donna: logico, aveva già capito che questo compito toccava a lui. Era o no il suo ragazzo?
<< Sono un idiota io a non esserci arrivato prima! >>
Con questo si decise a premere a fondo quel campanello e a farlo suonare anche a lungo. Hinata aveva passato gli ultimi giorni a piangersi addosso da sola e nel frattempo aveva pure fatto quel che poteva per aiutare gli altri, mentre lui, che forse era il solo a poter fare qualcosa, per lei non c'era stato solo perché non aveva idea di cosa fare; questa era una cosa di cui doveva scusarsi con lei. Sì, aveva avuto anche lui dei problemi in famiglia, ma non era una scusa.
Diamine, si trattava della ragazza che gli aveva chiesto di dirle "ti amo"! Se pensava allo stato in cui l'aveva lasciata l'ultima volta, si sentiva ancora più stupido e più in colpa.
<< Ma perché non risponde? >>
Era già passato un po' da quando aveva suonato, ma dall'interno non si sentiva alcun movimento che indicasse la sua presenza.
La risposta alla domanda giunse presto. Per esserci, la ragazza c'era, ma non esattamente dentro casa. La trovò in lontananza, seduta da sola sulla spiaggia della baia. Strano che non se ne fosse accorto prima, persino da lontano e vista di spalle si notava facilmente la sua cascata di capelli corvini, soprattutto se la spiaggia in cui si trovava era abbastanza grande da non far passare inosservata una presenza solitaria come la sua. Lei, d'altro canto, a quella distanza difficilmente poteva sentire che qualcuno stesse suonando alla sua porta.
L'Uzumaki tornò indietro fino alla biforcazione del viale e prese la deviazione che conduceva sul litorale. Passare dal selciato al terriccio e poi alla sabbia rese più udibili i suoi passi in avvicinamento, qualche granello e sassolino gli entrarono fastidiosamente nelle scarpe lungo tutto il tragitto. Hinata sedeva con le gambe raccolte al petto, stava coi piedi scalzi - certamente meglio che stare lì con le Asics - aveva lo sguardo fisso sulla parte di città all'altra estremità della baia ma rivolto a tutt'altri pensieri.
"Ehi."
Fece capire alla ragazza la sua presenza lì, lei si girò appena per scoprire di averlo vicino.
"Naruto-kun... ciao."
"Come stai?"
Non ancora bene, questo era certo, nemmeno per rispondere con un "bene" di circostanza. Non rispose nulla, a dire la verità. Il ragazzo intuì ugualmente il suo stato d’animo e le si sedette vicino, togliendosi le scarpe per levare la sabbia che vi era entrata.
Una brezza serale arrivò alle loro spalle, un leggero soffio di vento che arieggiò nella baia e smosse le acque che riflettevano le luci del tramonto. Quasi nello stesso momento, Naruto si soffermò a guardare Hinata; la guardò a lungo, rapito dal suo profilo silenzioso e meditabondo, con un’espressione senza emozione e attraversato dai capelli neri che ondeggiavano seguendo lo scorrere del vento. Passò qualche momento prima che si accorgesse di starla guardando inebetito, la bocca gli si era aperta da sola e, nel richiuderla, deglutì. Vederla in quel modo, con gli occhi miranti in lontananza e la brezza che le smuoveva la chioma, lo indusse per un attimo a bloccarsi prima di dirle qualcosa. Solo per un attimo, però, finché non si convinse che non era certamente il caso di rimanere imbambolato come un ebete a fissarla quando doveva fare ben altro, anche se stava guardando una ragazza divinamente carina e capace di apparire dolce pure mentre era giù di morale.
"Senti, Hinata... ti voglio chiedere scusa."
Anche se lo stava ascoltando, in un primo momento non si era girata guardarlo, prima che terminasse la frase. Al sentire le sue scuse, la sua attenzione verso di lui fu completa, con una nota di sorpresa sulla sua espressione cupa, non capendo il motivo di quello che le diceva. Naruto proseguì per spiegarlo.
"Sì, insomma, per averti lasciato da sola in questi giorni. Sapevo che stavi passando un momento difficile e che magari ti serviva un po’ di compagnia. Ti direi che ho avuto anch'io qualche problema, ed effettivamente è vero... però non ho scuse, diciamocelo. La verità è che non mi decidevo a venire da te perché non avevo idea di che cosa potevo fare. Ho pensato continuamente a come potevo farti stare meglio e, visto che non mi veniva in mente niente, alla fine non mi decidevo a darmi una mossa. Non mi andava l'idea di starmene semplicemente seduto qui a dire qualche frase fatta. Invece..." si fermò a fare un respiro profondo.
"Invece cosa?"
"... invece sono un idiota e ho peggiorato le cose restandomene con le mani in mano, dovevo capire prima che mi stavo facendo troppi problemi per niente. Credo di doverti delle scuse, come minimo."
Anche se mentre provava a darle, le scuse, si sentiva addosso un'aria patetica. Anzi, adesso si ritrovava perfino a sperare di non essere sembrato troppo invadente. La sua unica e più grande fortuna fu che nulla del suo essere impacciato potesse infastidire l’anima immacolata di quella ragazza.
"Naruto-kun... non ce n’è bisogno, davvero. Io lo so che ti preoccupi per me e lo apprezzo."
Quello che Naruto le aveva detto era abbastanza vero, doveva ammettere che in quei giorni la sua presenza le era mancata, ma non se la sarebbe mai sentita di incolpare il suo ragazzo per qualcosa. Si sistemò più vicina a lui, in modo che potesse poggiare la testa sulla sua spalla.
"Non ho mai preteso che facessi i salti mortali per me e non ti chiederei mai l'impossibile. Però... una cosa vorrei che la facessi."
"Vale a dire?"
Naruto la sentì reprimere un singhiozzo. Gli abbracciò le spalle.
"Non mi lasciare. Promettimi solo di non lasciarmi. Ti prego, Naruto-kun... ho bisogno che me lo prometti adesso."
Ne aveva bisogno eccome, a sentire come lo supplicasse. Non c'era nemmeno da meravigliarsi che volesse la sicurezza che almeno a lui non lo avrebbe perso, lo considerava davvero il suo unico sostegno rimasto dopo Neji. Aveva ancora i suoi amici del clan ma lui era la sola persona che lei considerasse così tanto. Se a lei bastava quindi farle quella promessa per ricevere un po' di sollievo, Naruto l'avrebbe fatta senza pensarci, più e più volte.
Non bastava a lui, però. Era dell’idea che Hinata meritasse molto di più, sia che lei lo chiedesse o no. Rispose così al suo abbraccio con un altro inteso a tenerla più stretta a sé, in modo da averla sul petto, una presa che colse di sorpresa la ragazza. Lo fece per farle sentire quanto volesse starle vicino... ma più che altro per non mostrare il palese rossore che di sicuro gli stava venendo su tutta la faccia mentre si preparava a quello che stava per dirle.
"Naru...?"
"A-ascoltami, Hinata-chan... non so esattamente come dirlo, quindi abbi un po' di pazienza con me, ok? Come posso iniziare...? Da quando stiamo insieme non ricordo di averti mai chiesto che cosa possa averti mai fatta innamorare di uno come me. Anche se a volte me lo sono chiesto, questa cosa non te l'ho mai detta perché non volevo fare la figura di quello che non capisce i sentimenti di una ragazza. Voglio dire, lo vedi come sono? A certe cose proprio non ci arrivo da solo e finisco per sembrare un idiota, come per il fatto che avrei dovuto capire che avevi bisogno di aiuto e non ci sono stato per dartelo, mi ha dovuto dare una strigliata mia madre per farmi venire qui. Più ci penso, più mi viene da chiederti cosa ci trovi tu in me che ti piaccia tanto, o che cosa possa aver mai fatto per conquistarti. Insomma, Neji ti ha aiutato a superare un periodo difficile della tua vita, ti ha presentato i suoi amici, ti ha fatto conoscere l'Underground e ti ha messa alla guida di un'auto fantastica, in più ti ha sempre protetto da tutti. Io, invece, non so perché debba pensare di essere tanto importante per te. E guardami, ora che lui non c'è più non so nemmeno adesso se io vado bene per te."
A quel punto Hinata voleva davvero dire qualcosa. Naruto non la lasciò continuare, doveva farlo lui fintanto che riusciva ancora a tirar fuori tutto d'un fiato quello che pensava.
"Però adesso non mi importa più molto sapere come o perché. Ti piaccio sul serio? Ne sono felice, anzi, felicissimo, perché mi piaci un sacco pure tu. Sei dolce e gentile come poche, hai una benevolenza verso gli altri che mi lascia senza parole, so anche che hai della grinta da vendere e quando ti vedo guidare sei sempre sorprendente... in più, riesci a capirmi come nessun altro ci riesce. Sei davvero la ragazza più fantastica che conosca e che io mi fulmini da solo se adesso non mi do' una svegliata e non mi decido ad avere maggior cura di te! Diamine, Hinata-chan, no che non ti lascio, io voglio restare con te! Sei una che non si incontra certo due volte nella vita, quindi voglio tenerti stretta. Anche se dici che ti basta quello che posso darti, io per te voglio continuare a dare il massimo. Io sono pazzo di te." << Pazzo di lei? Diglielo come si deve, imbecille! >>
Quell'ultima verità Hinata se la meritava guardandola dritta in faccia, e così lui fece. Mossa controproducente: i suoi occhi stupiti da tutto quello che le stava dicendo, quel suo viso bello e dipinto dalla sorpresa gli provocò un altro blocco in gola che dovette mandare giù duramente. Ma che senso aveva fermarsi ora che si era spinto così in avanti?
"Anzi, per essere più preciso, io... ti amo."
Era ora, finalmente! La prima volta in cui l'aveva detto in maniera seria a qualcuno e per una motivazione più che valida. Si sarebbe dovuto abituare a dirlo un po' più spesso, visto che lei era la prima vera relazione seria degna di questo nome.
Prima di lei non gli era mai capitato di sentire nei confronti di qualcuno quello che sentiva per Hinata. C'era stata un'altra ragazza, alcuni anni prima, con cui aveva fatto conoscenza e si era pure trovato bene insieme, e anche a lei era risultato simpatico e attraente in un certo modo. Fu un rapporto che, per quanto fosse di belle speranze, non era evidentemente destinato a durare, se poi si finiva per essere scaricati soltanto per averle fatto passare una notte di sesso disastroso (era pure la prima volta per lui! Cosa pretendeva di avere, quella lì, un divo del sesso?). Così, a ventitré anni, si ritrovava a non poter ancora vantare nessuna storia seria.
Questo era prima di Hinata. Ayame avrebbe potuto sbandierargli in faccia questo suo merito per tutta la vita, ma di fatto era grazie a lei che aveva conosciuto la Hyuga e aveva quindi potuto instaurare un rapporto di gran lunga migliore. Era la prima ragazza in assoluto che lo facesse sentire più allegro, più energico, pronto anche a demolire le montagne. A lei era arrivato a tenerci più di quanto potesse dirle, ma almeno un tentativo doveva farlo, e anche se non era una cosa semplice, valeva tutto l'imbarazzo che costava, se poi poteva vedere l'espressione scioccata che aveva Hinata.
Chissà cosa si provava al sentirsi dire una cosa del genere? Da parte sua, la ragazza dava l'impressione che fosse la prima volta che le fosse detto qualcosa di così profondo e sconvolgente. Almeno adesso non era più il solo ad arrossire.
"So che dovrei dirtelo più volte, però sai, da quando sto con te è tutta una cosa nuova per me, non sono molto afferrato in queste cose e..."
Hinata gli mise la bocca a tacere nella maniera più intraprendente e piacevole, gettandosi a dargli un bacio con tale impeto da farlo cadere di schiena sulla sabbia. Dapprima sorpreso da quell'iniziativa, Naruto continuò inebetito a ricevere il suo bacio prolungato, guardando quel viso così vicino e attaccato al suo, finché non finì col farsi coinvolgere. E lui che non si credeva tanto bravo a parole in un contesto del genere!
Terminato il momento, quando lei sollevò il viso, vide che aveva gli occhi lucidi. Confermato: non era bravo a parole in un contesto del genere! Ora chissà quale grossa scemenza aveva detto!
"Hi-Hinata-chan? Dimmi che non ho detto qualcosa che non va, ti prego!"
Affatto. La Hyuga si abbassò di nuovo, stavolta per abbracciarlo e tenersi forte a lui. Dal viso rifugiato sul suo petto gli giunsero le sue parole.
"Non dire mai... mai che non hai fatto niente per me." mormorò "Tutto il bene che mi dai... tu neanche lo immagini. Mi hai aiutato a risolvere il problema che ho avuto con Neji-niisan. Credi che quello fosse niente?"
"Ah... beh, quello... è che non pensavo di aver fatto chissà che di eclatante."
"E ora mi dici tutto questo... mi dici che mi ami." proseguì lei "A te lo hanno mai detto, Naruto-kun? Lo sai che effetto ti possono fare queste parole?"
No, decisamente.
E a Hinata-chan lo avevano mai detto?
"Ascolta." cercò di asciugare gli occhi "Se anche ti è difficile esprimere quello che senti, va bene lo stesso, posso capirlo. Tutto quello che voglio è che resti con me, sempre... per questo te l'ho chiesto."
"Davvero?"
"Sì, Naruto-kun, davvero."
L'Uzumaki fece in modo di sollevarsi e rimettere entrambi a sedere.
"Okay, adesso sono qui. Piangi su di me, se vuoi."
Al solo ricevere quell'offerta, per Hinata, di colpo, quello diventò il bisogno più sostanziale che ebbe in quel momento. Fino ad adesso aveva fatto quello che poteva per aiutare al meglio l'afflitta Tenten, mentre invece la sua tristezza aveva continuato a crescere, a conservarsi e ad ammassarsi fino a diventare un peso che non reggeva più... e lei era stanca di soffrire da sola. Voleva una spalla su cui piangere, voleva qualcuno di importante che la stringesse per farla sentire meglio e le dicesse una qualsiasi parola di conforto, anche la più banale.
Così accettò tutto quello che Naruto le offrì, nel suo nuovo abbraccio si concesse un po' di egoismo per liberarsi di quel peso. Su di lui sfogò tutto quanto, priva di contenimenti. Pianse copiosamente, gridò straziante, gemette, tremò, versò addirittura più lacrime di quando era stata mandata fuori casa... più lacrime di ogni altro momento disperato della sua vita.
"Lo rivoglio indietro... rivoglio Neji-niisan! Mi manca così tanto...!"
Naruto fece ciò che poteva, ogni gesto o parola che potesse sembrare un conforto. Accoglieva tutti i suoi lamenti e le sue lacrime, la teneva a sé, la coccolava con carezze sulla testa e alle spalle.
"Va tutto bene, ci sono qui io. Va tutto bene."
Anche se l'aveva esortata lui a piangere e non trattenersi, non accettava di vederla in questo stato. E ancora non aveva scordato chi ci fosse alla guida della BMW che aveva ribaltato l'auto di Neji.
Lasciò che continuasse a scaricarsi su di lui per tutto il tempo che ne ebbe bisogno. Trascorsero diversi minuti prima che il pianto e i tremori cominciassero ad attenuarsi, passò dai continui singhiozzi a dei sospiri più controllati. Recuperò la calma poco alla volta, ma della sua afflizione erano rimasti i segni sugli occhi arrossati.
"Grazie." disse "E scusami."
"Non preoccuparti. Ora va meglio?"
Fece sì con la testa. Le aveva fatto bene piangere per una volta con qualcuno, finalmente sentiva di aver avuto un po' di sollievo. Tenersi tutto quanto dentro era doloroso quanto il dolore stesso; piangere ed esternarlo interamente era una liberazione.
La sera si avvicinava, faceva sempre più fresco, Hinata si strinse un po' di più nelle braccia. Naruto lo notò.
"Vuoi che ti accompagni dentro?"
"Sì. Però..."
"Mh?"
"Resti con me ancora un po'? Per favore."
Intenerito dalla richiesta e dalla sua affettuosità genuina, le sorrise "Guarda che non me ne stavo andando."
Si rimise le scarpe e si alzò, le porse una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Si avviò insieme a lei verso l'attico, dove non vedeva l'ora di trascorrere la serata a darle tutta la compagnia che chiedeva.
Un arrivo del tutto imprevisto rese impossibile questo proposito. Dal viale alberato che sbucava sulla costa apparve una macchina che venne dalla loro parte... e più si avvicinava, più quella Mercedes diventava fin troppo riconoscibile.
Questa sì che era una sorpresa bella grossa! Lui che cos'era venuto a fare lì? Naruto restò a guardare esterrefatto l'auto che si fermò accanto alla sua Kurama e a Sunny Dawn, l'aveva vista abbastanza volte da ricordarsela e ricordare soprattutto quell'odioso del suo proprietario. A uscirne fu effettivamente il suo padrone: Uchiha Sasuke aveva la faccia contrariata di chi aveva appena passato un pomeriggio da dimenticare. Si avvicinò a loro, ma quella sua faccia impermalita pareva diretta più a lui che a Hinata.
"Tu sei un tipo davvero difficile da trovare quando servi" gli rivolse anche un tono piuttosto seccato.
"Tu che ci fai qui?"
"Non mi hai sentito? Ho detto che ti stavo cercando."
"E fra tutti i posti sei venuto proprio qui?"
L'Uchiha non ebbe nessuna voglia di stare a raccontargli l'odissea che aveva vissuto pur di trovarlo: prima era passato nel posto in cui lo aveva visto lavorare, chiedendo di lui; poi aveva dovuto fare il diavolo a quattro con quella ragazza pazzoide e ficcanaso del chiosco per farsi dare l'indirizzo del suo monolocale; non avendolo trovato nemmeno lì, come ultima risorsa aveva pensato di controllare anche a casa della sua ragazza Hyuga e, da quel che sapeva lui, lei viveva per conto suo, quindi un numero telefonico e un indirizzo intestati a lei dovevano esserci, sull'elenco. Se pure aveva un po' imparato a conoscere quel Naruto, probabilmente si sarebbe messo a fare il diavolo a quattro scoprendo che si era procurato così liberamente i recapiti della sua ragazza.
"Voglio scambiare due parole con te." si limitò a dire "Sempre che non interrompa qualcosa."
"Certo che interrompi. A dire la verità, non è proprio un buon momento."
Ciò non fece che seccare di più l'Uchiha, che sospirò con pesantezza. Doveva proprio spiegargli che la sua era ironia e che non gliene fregava comunque nulla di essere inopportuno o meno?
"Senti, biondino, sono stato un intero pomeriggio ad andare in macchina da un capo all'altro della città solo per capire dove diavolo fossi. Non credi che come minimo dovresti essere capace di stare lontano dalla tua ragazza almeno per due minuti del tuo tempo e concederli a me?"
"Sei tu che dovresti..."
Con sua sorpresa, la sua controbattuta su quello che l'Uchiha avrebbe dovuto fare fu fermato dall'intervento di Hinata, la quale lo trattenne dall'andare in escandescenza.
"Naruto-kun, calmati. Non preoccuparti per me, okay? Ora sto bene."
"Ma Hinata-chan... sei sicura?"
"Sì, certo. Dopotutto vuole solo parlarti, credo che non ci sia nulla di male. Perché non provi ad ascoltare quello che vuole dirti?"
In effetti, pensò l'Uzumaki, forse era stato lui ad averlo attaccato troppo precipitosamente, alla fine diceva solo di volergli parlare. Ma che poteva farci se quella sua faccia da Mr. Figo gli ispirava un'antipatia spontanea?
"D'accordo, ti ascolto, ma da qui non mi schiodo."
"Aaah, fa' come ti pare. Basta che mi dai retta."
Sasuke non seppe se si intestardiva così perché non volesse tenere la sua ragazza in disparte da nulla o semplicemente perché non fosse capace di stare staccato da lei, e comunque non era suo interesse scoprirlo. Si rendeva solo conto che più tempo passava a osservare lui e le sue reazioni, più stava pentendosi della sua scelta. Ed era lì da nemmeno tre minuti.
"Allora, che vuoi da me?"
"Dimmi una cosa: da che so io, gli Alba hanno causato qualche problema anche a te, non è forse vero?"
Naruto restò senza parole. Che voleva dire lui con questo? Sapeva qualcosa dei guai che gli stavano succedendo con Nagato e sua madre? E dove voleva andare a parare?
"Ne ho avuto io come ogni altro Racer, credo" rispose, restando sul vago. Una risposta così poteva valere per lui come per altri, ma l'Uchiha non abboccò.
"Ma mi risulta che a te ti abbiano colpito un po' più sul personale, visto che tua madre è finita dietro le sbarre e chissà per quanto ci rimane. E ora che ci penso, ci è andato di mezzo anche tuo cugino, se non ricordo male."
Quest'ultima constatazione fu diretta alla Hyuga... cosa che a Naruto non piacque per niente. Con che faccia di bronzo ne parlava con tanta leggerezza, quasi se ne fregasse che per lei le ferite erano ancora profonde! Poteva sopportare che mettesse bocca sui suoi affari, ma non certo su quelli di Hinata. Anche lei, sentendosi chiamata così in causa, si sentiva messa a disagio.
"Quello che è successo al clan di Hinata-chan non ti riguarda neanche da lontano, quindi vacci piano con le parole." lo ammonì "E vedi di tagliare corto. Si può sapere che diavolo vuoi?"
"Te lo spiego subito. Per motivi che non posso spiegarti, quei tizi hanno finito per procurare problemi seri anche a me e la mia famiglia rischia di andarci pericolosamente di mezzo. Io non sono il tipo che lascia le questioni in sospeso, quindi ho deciso di dare il via a una grossa corsa contro di loro: ho intenzione di andare lì e fargli pagare con fior di interessi quello che hanno fatto a me e a tutto l'Underground. Visto che potrebbe riguardarti da vicino, sono venuto a cercarti perché voglio sapere se la questione ti può interessare e se hai voglia di prendere parte alla giostra."
Delle parole capaci di sconvolgere così tanto potevano uscire da chiunque, proprio da chiunque. Non certo da una persona dalla mentalità fredda e dal carattere scostante come Uchiha Sasuke.
Ricordavano ancora tutti e tre una serata molto particolare, quella in cui Naruto aveva sorpreso la massa di presenti proponendosi come nuovo elemento del clan Uchiha. La cosa aveva suscitato parecchio scalpore, considerato l'astio notorio correva fra i due, e di certo anche il capoclan ne era rimasto sorpreso prima di decidere di sottoporlo a quella particolare prova.
Con la sua ultima dichiarazione di intenti aveva surclassato alla grande lo stupore generale di quell'occasione, benché stavolta fossero solo Naruto e Hinata a testimoniarlo: stava parlando di mettersi deliberatamente contro gli Alba! L'Uzumaki lo fissava cercando di capire se non fosse impazzito, anche se aveva tutta l'aria di essere serio e nel pieno delle sue facoltà.
"Tu vuoi fare che cosa?"
"Hai le orecchie otturate o che altro? Te l'ho appena detto e non mi piace ripetermi."
"Andare a sfidare apertamente un'intera banda di tizi che sarebbe perfettamente capace di ammazzarti all'istante! Sembrerò stupido ma lo so benissimo quando un'idea è veramente una pessima idea."
"Adesso vuoi farmi credere che la cosa ti possa preoccupare? Sei tu quello che ha avuto le palle di dare il primo pugno a loro, correggimi se sbaglio."
"No, ma..." ma prima le cose erano diverse. Prima suo fratello non era finito inconsapevolmente coinvolto per colpa sua in grossi guai con quella gente, e da parte loro non aveva alcun motivo di temere una qualche rappresaglia. Adesso, invece, non poteva semplicemente prendere parte a una ribalta senza pensare alle conseguenze.
Sasuke colse la sua esitazione "Qual è il problema? Pensavo che avessi le palle più di acciaio che di burro."
"Non sono in una situazione facile, okay? Se faccio qualcosa, poi non ci va di mezzo solo mia madre."
"Ho capito, stai dicendo che quei tizi ti tengono pure le mani legate. Direi che questo è un motivo in più per farti avanti, invece."
"Che vuoi dire?"
"Che bisogna colpirli, colpirli di sorpresa e duramente, farli fuori prima ancora che possano sfruttare le tue debolezze. Vuoi sapere una cosa? Per come sono messo, sto rischiando moltissimo anch'io con questa decisione, qualcosa tipo il benessere della mia intera famiglia."
"E sentiamo, che genere di corsa avresti in mente per fargliela pagare?"
"Il genere di corsa che mette in corpo una paura fottuta anche a gente del loro calibro. Voglio provocargli degli incidenti che si possano ricordare finché respirano e che faccia passar loro per sempre la voglia di rimettersi alla guida di un'auto."
Per certi versi, qualcosa di simile al giochetto che aveva tirato a quel Deidara.
"Vuoi che li sfidiamo sulla strada con quelle mostruosità a quattro ruote che hanno? Io la vedo dura."
"Ti sbagli di grosso. Chi se ne frega di cosa possano avere sotto quei cofani, questo non cambia le cose come stanno: i migliori sull'asfalto rimaniamo sempre io e te."
Questo fu qualcos'altro che colpì non poco l'Uzumaki, sentirsi dire da lui stesso che lo considerava uno dei migliori Street Racers che avesse mai conosciuto. Lo aveva posto sul suo stesso livello. Era quindi venuto a cercare il suo aiuto proprio perché riconosceva le sue capacità al volante e sapeva che potevano fare la differenza. Forse aspettava questo momento sin da quando lo aveva apertamente sfidato davanti a tutto l'Underground, soprattutto dopo la conclusione molto infelice che la sfida aveva avuto.
Tuttavia, se pure era compiaciuto di ciò, gli era sufficiente osservare Hinata per ritornare coi piedi per terra. Era persino più preoccupata di lui che finisse col prendere parte a quella folle iniziativa, l'espressione che si era contratta sul suo volto la diceva lunga su ciò che stesse pensando: era spaventata a morte dal pensiero di lui al posto di Neji nella sua auto in fiamme.
E pensare che giusto dieci minuti fa le aveva appena promesso di restare con lei proprio per non farle avere paura di quel pensiero. Per questo motivo provò un profondo disprezzo per se stesso quando ebbe preso la sua decisione << Faccio davvero schifo come ragazzo. >>
"Lo sai, vero, che mi stai chiedendo un favore enorme? Tieni presente che poi sarai in debito con me, e di tanto."
L'Uchiha abbozzò un sorriso soddisfatto "Ne riparleremo. Prima cerchiamo di arrivarci, alla fine della serata."
C'era poco altro da fare. Se lui, Naruto, voleva proteggere Nagato e la famiglia scapestrata che si ritrovava, doveva darsi una mossa ora e prendere in mano la situazione. Fino ad adesso aveva continuato a rimandare il problema e gli era andata bene che non si fosse ancora ingigantito, però ora doveva affrontarlo e rimuoverlo alla radice con un colpo solo, come appunto Sasuke aveva detto. Fu la cosa che sembrava la più sensata da fare, per lui; di meno per Hinata, che per di evitare il concretizzarsi di quel terribile pensiero trattenne il ragazzo per il braccio.
"Naruto-kun, che stai facendo? Vuoi andare veramente?"
"No, non ci voglio andare. Voglio restare qui in tua compagnia, voglio passare la serata sdraiato sul divano con te, passare il tempo a coccolarti un po', a vederci un film o due mangiando magari del ramen insieme, o fare qualunque altra cosa che possa distrarti dai brutti pensieri che hai avuto negli ultimi giorni. Più o meno avevo in mente una serata così."
La Hyuga ebbe inizialmente qualche difficoltà a capire il senso di quelle frasi, per un attimo quasi credette che la stesse prendendo in giro. Invece appariva serio come poche altre volte lo aveva visto; come quando era stato così deciso a confrontarsi davanti a tutti con il prodigio Uchiha Sasuke; come quando aveva infastidito Neji-niisan il più possibile pur di incitarlo a raccogliere la sua sfida atta a sistemare per sempre la questione su lui e lei insieme; come quando non si era dato alcuna preoccupazione a farsi spazio nella folla e arrivare a sferrare quel pugno dritto in faccia a Uchiha Obito. Era quel tipo di serietà che lo spingeva ad andare fino in fondo a quello che decideva di fare.
"Invece non posso." continuava "Ti devo chiedere scusa un'altra volta, Hinata-chan... ma davvero devo andare. C'è una questione di cui mi devo occupare e ci va di mezzo la mia famiglia se non me ne occupo adesso. Lo capisci?"
Non stava funzionando. La ragazza stava scuotendo la testa implorandolo di restare, quasi sul punto di piangere di nuovo. Un colpo al cuore così non gli rendeva certo più facile la sua decisione.
"Ehi." le pose le mani sulle spalle, tentando di calmarla "Puoi stare tranquilla che torno, eh. Non ti sto mica lasciando. Te l'ho promesso, no? Anzi, perché non mi prometti tu di aspettarmi? Appena finisco, torno, noleggio un paio di film e porto qualche confezione di ramen precotto, che ne dici?"
"Io... io non..."
"E dai, su. Se me ne vado con te che mi tieni il muso, poi resto col pensiero per tutta la serata."
A quelle esuberanti promesse aggiunse uno dei suoi migliori ampi sorrisi. La ragazza fu esitante per qualche momento, ancora dubbiosa e piena di timori... ma la vivacità tipica del suo ragazzo non mancò di raggiungerla, attenuarle ogni preoccupazione e darle la forza di avere fede.
"Ecco, brava." capì lui "Vado e torno, vedrai che ci metto un attimo."
Nonostante questo, mentre fece per dirigersi in macchina Hinata non gli lasciò ancora andare la mano. Un po' confuso, osservò la ragazza, la quale si avvicinò a lui e gli sussurrò qualcosa all'orecchio... qualcosa che, lei sperava, potesse dargli una marcia in più. Gliela diede eccome! L'Uzumaki arrossì e, allo stesso tempo, sentì l'euforia alle stelle; non c'era da meravigliarsi che Hinata-chan volesse sentirselo dire anche lei di tanto in tanto, un'emozione del genere era senza prezzo. Aveva ben ragione a dire che una cosa del genere poteva avere un gran bell'effetto.
Dopo questo, fu lasciato libero di raggiungere l'Uchiha "Allora si va?"
"Allora buon ora. Già che ci siamo... ti hanno mai detto che tre è meglio di due?"
L'alleanza era appena stata sancita, ma rimaneva comunque capacissimo di guastargli l'umore e l'adrenalina, quell'insopportabile Uchiha! Non gli piacque per niente come lo stesse dicendo rivolgendo delle occhiate a Hinata, sperando magari di coinvolgere anche lei e le sue abilità di Racer. Durò comunque solo per poco.
"Fatti bastare me, va bene? Hinata-chan non ci mette nemmeno il naso in questa storia."
"Peccato. So che anche lei sarebbe capace di fare la pista a chi deve farla."
"Facciamo venire la tua ragazza invece della mia, che ne dici?"
"D'accordo, d'accordo. Fa' come ti pare."
Sasuke montò per primo in macchina. Prima che facesse lo stesso, Naruto tornò a guardare un attimo Hinata e le rivolse ulteriore rassicurazione continuando a sorriderle. Salito a bordo di Kurama, la smania di darci dentro era ai massimi livelli. Da quanto tempo non aveva una voglia così matta di farle ruggire il motore così?
VROOOOOM!
"La stagione di caccia è ufficialmente aperta. Andiamo a macellare quei luridi maiali."
Riuscì persino a tirar fuori una battuta che anche l'Uchiha apprezzò e alla quale prese parte con un sorrisetto divertito.
"Oink... oink... oink..."
Partirono. Loro e l'appena aperta stagione di caccia.



SPAZIO AUTORE
Eeee salve, miei affezionati lettori, come va? Alla fine sono riuscito a tornare anche qui! Avrei voluto metterci un po' meno tempo per aggiornare, ma come forse avrete notato il capitolo mi è venuto un po' più lungo rispetto agli ultimi precedenti, direi che a questo punto la puntualità settimanale va a farsi benedire se continuo a fare dei capitoli così :D vabbè vabbè, in ogni caso, adesso anche qui siamo entrati nella parte finale della storia, credo che adesso dovrò farmi un ripassone della serie Fast & Furious per vedere cosa posso tirare fuori. Siamo alla fine e per le ultime corse su strada voglio provare a scrivere inseguimenti con i controcojones! Ci si becca alla prossima, gente!
Jaa na!

   
 
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