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Autore: LaFatinaScalza    27/02/2015    6 recensioni
Before The Sunrise AU. Su un treno ad alta velocità attraverso l'Europa, due giovani americani si incontrano e decidono di trascorrere un'unica notte insieme. Sullo sfondo di una magica Vienna, in fuga dai ricordi di un passato ancora troppo recente, Kurt e Blaine si incontrano, si scontrano, si raccontano, mentre la notte volge piano al termine.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Cassandra July, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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AUTORE: LaFatinaScalza
TITOLO: Denouement
PERSONAGGI: Kurt Hummel, Blaine Anderson, Cassandra July
PAIRING: Kurt Hummel/Blaine Anderson
GENERE: commedia, romantico, un pizzico di angst.
SOMMARIO: Before The Sunrise AU. Su un treno ad alta velocità attraverso l'Europa, due giovani americani si incontrano e decidono di trascorrere un'unica notte insieme. Sullo sfondo di una magica Vienna, in fuga dai ricordi di un passato ancora troppo recente, Kurt e Blaine si incontrano, si scontrano, si raccontano, mentre la notte volge piano al termine.
AVVERTIMENTI: Ci sono menzioni esplicite alla morte di Finn e well, io non sono mai stata a Vienna, quindi per varie ed eventuali, blame it on Google Maps.
NOTE: Questa storia partecipa, con orgoglio, al GleeBigBangItalia organizzato da Flan e ALanna, che ringrazio con tutto l’affetto possibile ♥


 

Denouement
 
Dedicata a Pietro.
 
 
 
Ogni uomo però non è soltanto lui stesso;
è anche il punto unico, particolarissimo,
 in ogni caso importante, curioso,
dove i fenomeni del mondo
 s'incrociano una volta sola,
senza ripetizione.
(Demian, Herman Hesse)

 
 
 
 
 
Parigi, 22 settembre
15:25
 
"Deux billets pour Vienne, s'il vous plaît."
Kurt risponde al sorriso cortese della ragazza dietro il vetro, cercando di mantenere un'espressione il più rilassata possibile quando si volta ed incontra lo sguardo infastidito ed annoiato di Miss Cassandra July, ma puoi chiamarmi Miss July se preferisci, circondata da almeno sei o sette ingombranti trolley di Ferragamo.
"Dobbiamo sbrigarci, Kurt," sentenzia lei, terminando di riapplicare un gloss color corallo sulle labbra, prima di voltarsi ed incamminarsi verso i binari, senza degnare tutti i suoi bagagli della minima occhiata. "Non vorrei perdessimo il treno."
Kurt solleva furtivo gli occhi verso il cielo sorprendentemente terso di quella Parigi d'inizio autunno, prima di guardarsi intorno alla ricerca di un carrello che gli consenta di trasportare il suo piccolo carry-on e l'imponente set di valige del suo capo. Non è sorpreso di dover fare tutto da solo: il compito degli stagisti a Vogue è quello di consentire ai redattori di essere impeccabili ed impeccabilmente non affaticati, ma certi giorni il pensiero di Isabelle Wright ed il suo caldo ufficio di New York e quel suo sguardo da fata madrina gli fanno sembrare il suo soggiorno all'estero un inutile ed ingrato salto nel vuoto.
In special modo, se il redattore da avere accanto per due giorni si chiama Miss-Cassandra-Fucking-July, meravigliosa nel suo jumpsuit nero di Dior mentre Kurt la insegue lungo il binario dix-huit spingendo un carrello arrugginito carico di bagagli sotto il sole del primo pomeriggio parigino.
 
 
Francoforte, 22 settembre
16:44
 
"Sì, papà, lo so, hai ragione," risponde meccanicamente, premendosi il telefono tra la spalla e l'orecchio mentre fruga nella custodia della propria chitarra alla ricerca del portafogli.
"Non usare quel tono, Blaine. Lo sai che lo facciamo per il tuo bene. È solo che i corsi stanno per cominciare e tu non hai nemmeno un appartamento, e le tue lettere sono rimaste sulla tua scrivania, non sai ancora quale sia l'esito e-"
"-e questa pazzia del viaggio è durata anche troppo. Già."
La sua mano si chiude intorno al portafogli con un clang di corde proprio mentre suo padre sospira, dall'altra parte dell'oceano, ma la sensazione di disagio riesce a sfiorarlo comunque, anche ad un continente di distanza. Blaine pesca un paio di banconote, le alliscia come può tenendole fra i palmi delle mani, le infila nella fessura della biglietteria automatica.
"Mi dispiace, non voglio metterti sotto pressione," mormora suo padre, in un tono che comprime il suo diaframma, lo fa sentire un moccioso viziato. "Arrivi per le sette e cinquanta, vero?"
"Sì, diciannove e cinquanta ora americana," risponde Blaine, selezionando WN, la sigla di Vienna, fra le varie opzioni per il suo biglietto interrail. È da lì che partirà il suo volo, fra poco più di ventiquattro ore. "Ma non c'è bisogno che veniate a prendermi, posso semplicemente prendere un autobus."
Blaine stringe il manico del suo grosso trolley a sé, cerca di non apparire sprovveduto agli occhi del ragazzino in durag che sembra occhieggiare con troppo interesse le cuffiette dell'iPod che spuntano dal tascone esterno. Durante il corso dell'ultimo mese si è dovuto separare della sua copia di Cime Tempestose, rubata da chissa chi da qualche parte vicino Bratislava, e di cinquanta sterline che qualcuno gli ha sfilato di tasca al G.A.Y. di Londra.
"Non è un problema," dice suo padre, sforzandosi di sembrare comprensivo. "Sette e cinquanta, aeroporto di Columbus."
"Okay," cede Blaine, sospirando. Solleva il coperchio della biglietteria automatica e preleva il biglietto appena stampato, lasciando le poche monete dorate nella fessura del resto. Tra un giorno gli saranno comunque inutili e l'idea di aiutare qualche viaggiatore in difficoltà lo rende felice e lo fa sentire meglio.
"Allora a domani," indugia suo padre. Blaine lo immagina seduto nel suo studio, sulla sua pomposa poltrona in pelle, lo stetoscopio attorno al collo, il camice aperto sul suo soffice maglione di cachemire giallo, la fronte corrucciata ed il volto stanco. "Stai attento."
"A domani papà," taglia corto Blaine, controllando l'orario sul quadrante di plastica del suo orologio rosso. "Saluta la mamma."
La stazione di Francoforte è moderna e pulita. Blaine attraversa il grande atrio in legno e vetro trascinandosi dietro la sua valigia e l'ingombrante custodia della chitarra, guarda due ragazze baciarsi davanti al binario delle partenze per Venezia, supera un gruppo di rabbini dalle barbe lunghe e i kippah neri, raggiunge il proprio treno. Un ragazzo dalla testa piena di dreadlocks lo aiuta a caricare la valigia sul treno e Blaine per ringraziarlo spezza il suo ultimo Kitkat e gliene porge metà.
Gli mancherà l'Europa. Ma forse suo padre ha ragione, è ora di tornare a casa, di diventare un adulto.
 
 
TGV Parigi-Vienna, 22 settembre
19:12
 
Kurt sta consultando un sito chiamato "Cento cose da fare a Vienna nel weekend" con aria sognante, sapendo bene che non avrà il tempo di vedere molto altro che la sua stanza d'hotel ed il set fotografico nel quale dovranno assicurarsi che la prossima copertina di Vogue France sia assolutamente perfetta, quando il suo telefono squilla per l'ennesima volta.
Rivolge lo sguardo più apologetico che riesce a filtrare oltre la propria indignazione al ragazzo dai capelli scuri e ricci che siede al suo fianco con le cuffiette alle orecchie, poi preme il pulsante di risposta e mormora "Sì, Miss July?"
"Senti, Kurt, l'aria condizionata mi sta seccando la pelle in maniera irrimediabile. Potresti chiedere di farla spegnere?"
"Non credo sia possibile far spegnere l'aria condizionata di tutta la business class, Miss July," risponde Kurt, sperando di non irritarla. "Nel suo bagaglio a mano dovrei aver aver messo la sua crema Lancôme. Provi con quella."
"Oh, non sarà la stessa cosa, ma se sostieni che proprio non si potrebbe-"
"Andrò a consultare il capotreno," mente Kurt affabilmente. "Oppure potremmo chiedere un rimborso del biglietto."
Il ragazzo accanto a lui ride divertito, e Kurt si passa un dito sulle labbra con aria cospiratoria, chiedendogli di restare zitto con un piccolo sorriso complice.
"Sembra perfetto," risponde infine Cassandra July, chiudendo la conversazione, e Kurt è grato che il suo status di stagista gli abbia garantito solo un posto in economy, salvandolo dall'aria condizionata troppo fredda e dall'incubo di dover condividere un viaggio in treno di svariate ore con Cassie La Pazza.
"Mi spiace," ride il ragazzo accanto a lui. "Non volevo origliare la tua telefonata. È solo che-"
"Lo so," ride Kurt. "Il mio capo è un incubo."
"-lo spazio insufficiente per le valigie, ed il caffè troppo annacquato e-"
"Credimi, lo so!"
Il ragazzo estende una mano abbronzata, sorride, scrolla un po' le spalle. "Sono Blaine."
Non è il ragazzo che Kurt si troverebbe a guardare di solito. È piccolo e disordinato in un modo un po' dandy, con gli occhiali da sole agganciati al collo della t-shirt, un po' di barba, un paio di Converse verdi sbiadite dal sole, la custodia di una chitarra fra le gambe. Ma ha un sorriso gentile e due occhi degni di nota, un fascino da gentiluomo d'altri tempi che permea le sue apparenze trasandate.
"Kurt Hummel."
"Sei americano, vero?"
Kurt annuisce, gli sorride mentre blocca lo schermo del proprio telefono, dimenticandosi della lista che stava compilando con le cose che avrebbe voluto fare a Vienna.
"Cosa ci fai in Europa, Kurt?"
Kurt è preso in contropiede dalla domanda così evidentemente curiosa e senza vergogna di Blaine, ma si trova a scoprire che non gli dispiace parlarne con qualcuno.
"Sono uno stagista di Vogue.com, a New York City. Ho fatto domanda per un semestre a Parigi e loro- beh, mi hanno chiesto di restare per un anno. Cassandra è il mio capo."
Blaine annuisce serio, e Kurt sa che ha capito che non si tratta di tutta la storia, ma non indaga ulteriormente.
"Sei americano anche tu, no?"
Blaine si guarda i palmi delle mani, li sfrega l'uno contro l'altro per qualche momento, poi solleva lo sguardo ancora verso di lui.
"Sì," dice infine. "Questo è il mio viaggio del diploma. Sono arrivato poco più di un mese fa, a Londra, e riparto domattina."
"Sei un musicista?"
Kurt osserva un'ombra transitare sul suo viso, i nodi selvaggi dei suoi capelli, e si chiede se anche dietro quelle brevi frasi ci sia una storia che valga la pena di essere ascoltata. Fuori dal finestrino le montagne austriache si inseguono veloci con un cielo che s'imbrunisce di attimo in attimo.
"Suono la chitarra. E il pianoforte. E strimpello il violino."
"Oh, wow, è-"
"Inconcludente, lo so," mormora Blaine, arrotolando le cuffiette del suo iPod e mettendole via nella custodia della chitarra.
"Non è esattamente il termine che avrei usato io," dice Kurt.
"È complicato, Kurt."
"Abbiamo ancora un intero viaggio davanti," offre Kurt, confuso, affascinato.
"Beh, Kurt Hummel," Blaine gli sfiora impercettibile un polso. "Credo sarebbe un racconto noioso. Che ne dici se invece ti offrò un caffè troppo annacquato al vagone ristorante?"
 
 
Stazione di Vienna, 22 settembre
20:46
 
Blaine sente gli arti vibrare di energia compressa. Gli succede sempre, quando deve sedere fermo troppo a lungo, ed accoglie l'arrivo alla stazione SudBanhof di Vienna con un sospiro sollevato; ha bisogno di correre, di muoversi, di prendere la città a morsi più grandi possibile per le poche ore che gli restano prima di dover salire a bordo di un aereo che gli porterà via l'Europa.
Kurt al suo fianco sta raccogliendo ordinatamente le sue cose, riponendole con cura nella sua tracolla di Hermès. Blaine lo guarda con la coda dell'occhio, trova che il suo corpo sia estremamente attraente, si costringe a girare la testa dall'altra parte.
Il suo mese in Europa non è stato del tutto solitario. Ci sono stati un paio di ragazzi con cui ha condiviso il letto per una notte, a cui ha offerto la colazione sapendo che non li avrebbe mai più rivisti, ragazzi incontrati nei tanti club aperti ai minori di ventuno anni o in giro nelle città. Ragazzi che lo hanno lentamente spogliato della propria verginità, lasciandolo solo con emozioni e sentimenti difficili con cui fare i conti a diciannove anni e un po'.
Kurt lo aiuta a scaricare la valigia dalla cappelliera, e Blaine non riesce a smettere di guardarlo e pensare che, se lo avesse incontrato in un altro momento, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di trattenerlo. Gli viene voglia di mettergli le mani sulla schiena, intorno ai fianchi, sulle cosce, e deve ficcarsele bruscamente in tasca per riuscire a reprimere quell'istinto.
"Devo andare a prendere le valigie di Cassandra," sospira Kurt, arricciando il naso con disgusto. "Quindi suppongo che sia ora di salutarci, Blaine."
Blaine annuisce, si sporge per abbracciarlo sorprendendolo un po'. Kurt ricambia l'abbraccio con vigore, e Blaine lo annusa a lungo, con il naso nelle pieghe della sua camicia di seta. Non ha voglia di lasciarlo andare. Vuole guardare le sue fossette mentre ride o è meravigliato o sta cercando di rimanere serio. Vuole conoscere tutto di lui.
Vuole baciarlo.
Il pensiero delle ore che li separeranno l'uno dall'altro gli serpeggia gelido lungo la schiena, ma Blaine indugia nell'abbraccio, gli preme i palmi delle mani fra le scapole.
"Senti, Kurt."
Blaine cerca le parole, non le trova, le mani sospese a mezz'aria in un gesto di arresa.
"Non andare," dice infine. "Lascia che Cassandra prenda le sue cavolo di valigie. Chiamale un taxi fino all'hotel, dille che la raggiungerai più tardi. Lascia che si infuri, tanto non troverà mai un altro stagista come te, non oserebbe licenziarti e dover tornare a Parigi da sola."
"Blaine!" ride Kurt, sgomento, con una mano davanti alla bocca. Il treno è ormai già quasi vuoto, i passeggeri si stanno disperdendo sulla banchina come piccole formiche sul terreno umido.
"Dico davvero. Vieni a vedere Vienna con me, facciamo le cose del sito che mi hai mostrato prima. Dodici ore, ti chiedo solo dodici ore. Prometto che sarò un gentiluomo, giuro che ti puoi fidare di me e so che stai pensando che sono un folle, ma voglio solo-"
Blaine si arresta, sconfitto. Kurt ha già la mano stretta attorno al manico del suo elegante carry-on, ha fatto qualche passo indietro.
"Vuoi solo-?" gli domanda, con un piccolo sorriso insicuro, distante.
"Solo-"
Blaine tende una mano verso di lui, e Kurt esita prima di stringergliela con la sua.
"Vedere Vienna con i tuoi occhi," conclude Blaine, scuotendo la testa per l'idiozia della sua stessa affermazione, perché Kurt sembra ad un passo dallo scappare terrorizzato. Avrebbe dovuto capirlo subito.
Ma Kurt non ride, lo guarda serio per qualche momento, poi sorride, scrolla le spalle. "Okay."
"Okay?"
"Cos'è, hai cambiato idea?"
"Ma Kurt, è una follia."
"Credi non lo sappia?" Kurt gli prende la mano, lo strattona, ride.
"Okay, sì, andiamo. Prima che Cassandra venga a cercarti. Forza Kurt, corri!"
E poi sta correndo davvero, le sue gambe lunghe che saltellano sugli scalini del treno e la sua mano che lo trascina, e Blaine lo sente ridere, ride anche lui, raccoglie la chitarra e si affretta a stargli dietro perché ha il timore segreto che possa cambiare idea da un momento all'altro.
 
 
Konzerthaus, Vienna, 22 settembre
21:30
 
"Querelle de Brest, Blaine? Davvero? All'Opera?"
Blaine prende posto accanto a Kurt, i cui occhi sono grandi e lucidi mentre si guarda intorno, cercando di vedere tutto, ricordare tutto. Poi gli sovviene un dettaglio fondamentale, e si sporge un po' per assestargli una piccola gomitata nelle costole oltre la propria elegante poltrona di velluto rosso.
"Blaine! Non sono vestito adeguatamente per vedere Querelle de Brest seduto in terza fila all'Opera di Vienna!" protesta, proprio mentre le luci si spengono ed il sipario si alza, e l'ultima cosa che riesce a vedere di Blaine è il suo sorriso divertito.
"È un'iniziativa per il finanziamento del Pride viennese," mormora Blaine, avvicinandosi al suo orecchio per essere sentito. "Mi è bastato fare una piccola donazione e-"
"Una piccola donazione, eh?"
"E comunque secondo me sei vestito pefettamente, quindi rilassati e goditi lo spettacolo, Kurt."
Querelle è impeccabile nella sua divisa bianca, ha una voce forte e virile, la volgarità sprezzante con cui si rivolge al pubblico lo rende l'interprete perfetto. Kurt tiene gli occhi fissi sul palcoscenico ma si accorge che Blaine guarda quasi esclusivamente lui, arrossisce e non soltanto per i continui innuendo di Querelle e di Nono.
Blaine è bello in un modo classico, con un profilo regolare e le labbra piene, le ciglia folte che fluttuano quando la rappresentazione entra nel vivo. Non solo. È bello anche in un modo sensuale che per Kurt è quasi estraneo, nella sua semplice maglietta bianca a righe nere, il colletto lasciato sbottonato, le linee del collo che conducono gli occhi verso dove si intravede il suo petto, quel filo di barba sotto il labbro superiore, le mani curate.
Sul palco, Nono sodomizza brutalmente Querelle. Kurt avvampa e si copre gli occhi con una mano. Blaine gli sfiora l'avambraccio per errore, un tocco leggero e breve che gli si allunga fino alla spalla portando con sé brividi come scintille.
"Porti sempre gli sconosciuti a vedere questo tipo di film?" è la prima cosa che gli chiede una volta fuori, mentre Blaine consulta la mappa, segnando piccole X accanto a tutti i luoghi che Kurt gli ha detto di voler visitare.
"Oh Dio, pensi sia stato inappropriato, vero?"
Blaine è così turbato che Kurt sbuffa una risata che si addensa in una nuvola di vapore pallido nel blu della sera. "Dio, Blaine, sto scherzando. Il teatro è-"
"È tutto. Il teatro è tutto."
I suoi occhi sono due astri luminosi e irrequieti nella notte, cercano i suoi con insistenza, li trascinano nella propria agitazione.
"Già."
"Ma se non fosse tutto?"
Blaine lo guarda, da dove è seduto a gambe incrociate a segnare posti sulla mappa, una ruga di improvvisa preoccupazione che gli adombra lo sguardo, e Kurt si trova a corto di risposte.
"Cosa succederebbe se fare arte ed aiutare le persone non fosse tutto, intendo," chiarisce Blaine. "Perché nel mondo c'è bisogno anche di ingegneri, di contabili, di insegnanti, di medici. E come facciamo a dire che recitare possa essere prioritario rispetto a fare il medico, come se salvare vite fosse meno importante di cantare e-"
"Blaine."
Kurt si inginocchia davanti a lui, gli toglie il pennarello dalle mani, le stringe fra le sue. "È quello che vuoi fare, vero?"
", ma non solo, non sono sicuro, come posso esserne sicuro? Sto pensando di prendere medicina, Kurt. Ho fatto domanda per entrambe le università. Domani sera a quest'ora avrò davanti a me le due lettere e- Prendere una decisione, per me, significa scegliere fra due vite. Non sono pronto a sapere quale Blaine sono davvero."
La punta di uno degli stivali di Kurt sfiora una delle caviglie nude di Blaine, è il contatto più intimo che ci sia stato fra di loro e Kurt lo sente dentro di sé, destabilizzante e nuovo e fortissimo.
"Blaine-"
Resta sospeso così, come una preghiera, si disperde nell'aria dissolvendosi come bolle di sapone, abbandonando la sua bocca quasi con dolore.
"Oppure se non fossi abbastanza per riuscire a fare nessuna delle due cose," mormora Blaine infine, lasciando cadere la testa, sconfitto. "Se non fossi nessuno di quei Blaine."
"Non puoi saperlo."
Blaine fa per alzarsi, calcia un po' di terriccio dal bordo dell'aiuola sulla quale è seduto. "Oh, lascia stare, Kurt, non mi conosci. Non sono mai stato-"
"Non puoi saperlo, Blaine, se non ci provi, non puoi saperlo."
"Nessuno ha mai pensato che io davvero potessi-"
"Non puoi saperlo, Blaine."
"Non è semplice senza qualcuno che creda in te," conclude, i suoi grandi occhi scuri così accesi e tristi e quasi impossibili da guardare.
"Blaine," inizia piano Kurt, le loro dita ancora intrecciate. "Non ti conosco abbastanza da poterti dire cosa fare una volta tornato a casa. Ma non lasciare che siano le tue paure a dettare quale Blaine tu sia. Vuoi fare medicina? Sii un dottore. Salva le vite. Vuoi fare arte? Quella salva le anime. Perlomeno, ha salvato la mia."
Gli stringe la mano un po' più forte per un momento, poi guarda dritto nei suoi occhi lucidi.
"Ascoltami bene. Esiste un solo Blaine, ed è qui davanti a me, e io credo in lui. Sei pronto ad andare adesso? Ho la mia prima destinazione in mente e non vorrei che fossimo troppo in ritardo."
 
 
Hotel Sacher, Vienna, 22 settembre
23:15
 
"Oh. Mio. Dio."
Kurt affonda il proprio cucchiaino nella superficie lucida e soffice del pezzo di torta davanti a sé con un gemito quasi proibito, e Blaine rischia di sputacchiare il suo caffé sull'elegante tovaglia di pizzo che ricopre il tavolino in cristallo al quale sono seduti.
"Deduco che sia valsa la pena di fare cinquanta minuti di fila per entrare?"
Kurt gli rivolge uno sguardo quasi tagliente, circondando il suo piattino con un braccio con fare protettivo.  "Non so se lo sai, signor Anderson, ma anche la regina Elisabetta ha mangiato un pezzo di questa torta al cioccolato proprio lì, dov'è seduto quel signore malvestito con-"
Blaine prende un assaggio della sua, lascia che il cioccolato e la panna gli si sciolgano sul palato in un trionfo di dolcezza. Sorride. "Mmm. Hai perfettamente ragione, Kurt."
"Ne voglio altre dieci fette, Blaine. Pensi che potrei trasferirmi qui?"
Il cucchiaino sparisce fra le sue labbra e ne riemerge lucido qualche attimo dopo, inseguito per un istante dalla sua lingua umida e rosa. Ha un piccolo baffo di cioccolato all'angolo della bocca, ma Blaine non ha nessuna intenzione di dirglielo.
Kurt ha insistito perché si cambiassero i vestiti prima di affrontare questa parte della nottata, e la tonalità artificiale della sua giacca turchese non ha nulla da invidiare a quell'azzurro che si intravede fra le sue ciglia quando tiene lo sguardo chino sul suo piatto.
"Credi davvero che potresti trasferirti in Europa?" gli chiede. Per la prima volta nel corso della serata, si trova a pensare che una notte è uno spazio di tempo troppo breve per cercare di intersecare la propria vita con quella di un'altra persona, ma allo stesso tempo è bastato un momento per tessere Kurt all'interno della trama della propria nottata.
Il futuro, il futuro per Blaine è un aereo e un college ed un sogno qualsiasi perché comunque molto presto dovrà fronteggiarlo. Non è che ci abbia poi pensato tutta l'estate, ma ha vissuto l'estate in ragione di quello, del momento in cui le due sensazioni, la paura ed il desiderio di scoprire, si regolino infine e lui riesca a decidere.
Non ha intenzione di far vincere la paura, perché non ha modo di sapere se poi davvero ci sia una scelta giusta o una scelta sbagliata, e comunque non ha nessuno a cui chiedere rassicurazioni. Ma non vuole nemmeno ignorare i suoi dubbi, vivere quel senso di falsa sicurezza che l'Europa e Kurt gli stanno donando.
Quello che vuole è vivere il momento, ricordare, lasciarsi innamorare, farsi amare. Vuole sapere che salirà su quell'aereo, prenderà quella scelta, senza aver lasciato nessuna opportunità, senza aver sprecato nessun momento.
Kurt è una bellezza che chiede di arrendersi. A cui si è arreso nell'istante in cui gli ha proposto, senza conoscere nulla di lui, di trascorrere una notte insieme in una città straniera per entrambi.
Kurt è qualcosa a cui dovrà rinunciare fra poche ore, ma per adesso è lì davanti a lui, è domattina è il futuro e non vuole pensarci, perché ci arriverà comunque cambiato rispetto a come era ieri sera.
"Le scuole a cui ho fatto domanda sono a New York," gli dice, senza pretese, perché se una notte è tutto ciò che può avere sarà abbastanza per non avere rimpianti.
"È- ti piacerà moltissimo lì, Blaine. Ne sono certo."
Kurt continua a guardarlo a lungo, e Blaine si sente smascherato. Un ragazzino con una cotta. Non riesce a togliergli gli occhi di dosso. Pensa che vorrebbe portarselo a letto, ma che paradossalmente fare l'amore è l'ultima delle cose che vorrebbe fare con lui stanotte. Pensa che insieme possono fare l'amore con la città, se si sbrigano. Pensa che vorrebbe tenergli la mano.
Kurt sorride sornione. "Lo sto sentendo anch'io, Blaine. È così anche per me."
 
 
Hallamash Festival, Vienna, 23 settembre
00:41
 
Il Jazz Festival lo incontrano per caso, passeggiando a piedi. La festa si sta lentamente spegnendo, così come le lanterne colorate che costeggiano il parco, seminascoste dai rami degli alberi che ne lasciano filtrare pallidi bagliori. Blaine ha detto di avere freddo ed ha indossato un maglione blu dalla trama grossa. Kurt vorrebbe toccarlo, sfiorarne la lana e sentire sotto il suo corpo vivo.
Invece gli siede a distanza, cerca di non guardarlo troppo, di non accampare pretese.
Soprattutto adesso che Blaine si è lasciato coinvolgere, ha tirato fuori la sua chitarra e si è messo a suonare in un angolo, improvvisando una melodia sfuggevole e leggera che ha radunato una piccola folla di divertiti spettatori. Ha attirato anche una giovane violinista dalla chioma rossa raccolta in una coda disordinata ed un ragazzo dalla pelle scura che suona la tromba, ed insieme stanno armonizzando come se non avessero fatto altro nella loro vita.
Blaine strimpella la chitarra e lo guarda di tanto in tanto, fugaci occhiate brevi ed intense che gli fanno distogliere lo sguardo troppo presto, fissare invece la giovane coppia che ha cominciato a danzare in un angolo, mani intrecciate in alto sopra la testa.
Kurt sorseggia il suo mojito e applaude, li guarda scambiarsi cenni d'intesa, guarda Blaine venire verso di lui, sedersi per terra.
"Ti stai pentendo di avermi dato retta, vero? Vorresti essere a mangiare tartine con Cassie La Pazza, ammettilo."
Kurt ride, scuote la testa, ed una delle mani di Blaine si chiude intorno alla sua caviglia. "Allora togliti le scarpe, vieni con me."
Kurt lo guarda come se fosse pazzo, le dita di Blaine hanno già cominciato a lavorare ai lacci dei suoi Dc Martens neri, gravemente erotiche quando scivolano attorno al suo polpaccio e sono sensazioni di cui Kurt non ha mai saputo cosa fare, guarda Blaine e pensa che ci sono cose che nemmeno Kurt Hummel può controllare, pensa che non vuole davvero lasciarlo andare via tra poco più di sette ore, pensa che sarebbero livelli di autolesionismo a cui nemmeno lui, maestro delle privazioni, sarebbe capace di arrivare.
Quindi sai cosa mi stai facendo, vorrebbe dirgli, mentre Blaine gli sfila lo stivale, gli sfiora il piede lungo il dorso prima di togliergli anche il calzino, è troppo troppo intimo, non puoi farmi questo.
È ingiusto, che sia proprio Blaine il primo, che sia il precursore di ciò che Kurt ha sempre desiderato e mai ottenuto.
Se lo avesse conosciuto a New York, il suo paio di occhi impossibile da non vedere anche fra altre otto milioni di paia, forse la sua reticenza sarebbe stata più forte, avrebbe potuto contare sui muri meticolosamente costruiti per proteggere il suo io, si sarebbe lasciato scoprire a poco a poco.
Ma non adesso.
Non quando la notte sta per finire e Blaine sembra capire di lui cose che ha sempre desiderato qualcuno gli spiegasse. Non adesso perché non potrebbe perdonarsi il non dare a Blaine tutto di sé, dire questo sono io e liberarsi delle proprie inibizioni. Non stanotte ché la propria invulnerabilità gli sembra un ostacolo piuttosto che una difesa.
Il momento gli sembra tinto di eterno, mentre prende la mano di Blaine e lascia che lo attiri a sé, ed il piccolo improvvisato complesso jazz suona le prime note di Gershwin e le mani di Blaine gli bruciano sulla schiena, i loro piedi nudi si sfiorano sull'erba.
Someday he'll come along, the man I love
"E quindi hai preso una decisione," gli sussurra all'orecchio, chiudendo gli occhi, abbandonandosi al lento oscillare della loro danza.
And he'll be big and strong, the man I love
"È sempre stata la musica, per me, dentro di me c'è sempre stata la musica."
Kurt gli accarezza il collo con la punta delle dita, lo sente tremare un po'.
And when he comes my way, I'll do my best to make him stay
"Sono felice di sentirtelo dire," dice piano.
"Kurt-" inizia Blaine, e Kurt scuote la testa.
He'll look at me and smile, and understand
"Blaine, non- non roviniamo il momento. Stanotte, io e te e Vienna, ci siamo solo noi. È tutto ciò che importa. Non- non pensiamo a domani."
And though it seems absurd I know we both won't say a word
"Non pensavo potesse esistere qualcuno come te."
Kurt lo sente avvicinarsi lentamente, una frazione di secondo alla volta, mentre le sue mani carezzano languide insistenti sui suoi fianchi, le labbra dischiuse.
"Non qui, Blaine," gli mormora, perché vuole sia qualcosa di cui il mondo non sia consapevole, qualcosa di solo suo, qualcosa di cui non ci siano altre prospettive. La bocca di Blaine si posa leggera sulla sua guancia, la canzone finisce, il pubblico applaude.
"Andiamo via," dice Blaine, con uno sguardo lungo lungo ed intenso che lo fa arrossire. "Abbiamo ancora quattro posti da vedere."
 
 
Hundertwasserhaus, Vienna, 23 settembre
01:35
 
"Dici che siamo arrivati? La strada dovrebbe essere proprio questa."
Kurt gli ha preso la mano, mentre viaggiavano in metropolitana, e Blaine non riesce a distogliere lo sguardo da dove le dita affusolate di Kurt poggiano sul dorso della sua mano, calde e rassicuranti ed appena percepibili nei piccoli cerchi che gli tracciano sulla pelle.
"Kegelgasse, giusto? Incrocio con-" dice Blaine, e gli scappa uno sbadiglio che cerca di nascondere voltandosi dall'altra parte. "Mi spiace, credo che ci voglia un altro caffè, mi sembra che quel bar lì sia aperto, Kurt, cosa ne dici se-"
Gli occhi di Kurt sono blu ed inaspettatamente liquidi, come se l'azzurro intrappolato nelle sue iridi stesse cercando di riversarsi all'esterno, sciogliendosi piano in piccole lacrime luminose che gli rigano le guance e scivolano giù verso il bordo della sua sciarpa di seta, annodata attorno al collo.
"Ehi ehi ehi, non piangere, che succede?"
Blaine gli sfiora il volto con le mani, e Kurt gli concede un piccolo sorriso teso e tumultuoso, indica verso l'interno della via, le piccole finestre colorate, i muri dipinti di tinte accese che rimbalzano contro il buio della notte, balconi come fazzoletti di pizzo, fontane di cristalli iridescenti. Vienna è un abbraccio, un'isola dove il tempo non esiste, una fantesca che culla due amanti disperati, una proibizione.
"Questo posto. Tu. Questa notte. Solo- troppa bellezza tutta insieme, io-"
Kurt lo bacia, i suoi palmi caldi che gli premono sulle guance, mentre dalla sua gola si libera un piccolo sospiro, ed è un momento così incredibilmente intenso che Blaine deve aggrapparsi alle sue spalle, privo di difese o inibizioni, mentre la lingua di Kurt tocca la sua per la prima volta ed accanto alla sua testa le lancette dell'orologio continuano ad andare avanti e avanti e avanti non ha nessuna importanza, non in quel momento, non in una deserta strada di Vienna dove due quasi estranei si stringono l'uno all'altro come se la notte potesse non finire mai.
 
 
Donaukanal, Vienna, 23 settembre
02:55
 
Il Danubio scorre gelato davanti a lui, e Kurt si sente ebbro di emozioni, mentre Blaine lo abbraccia da dietro con la testa poggiata sulla sua spalla e non smette di baciargli l'orecchio ed il collo e di carezzargli la pancia da sopra la giacca.
"Davvero non sai nuotare?" chiede Blaine, ridendo, e la sua risata gli vibra lungo la spina dorsale, gli riverbera dentro come un'onda.
"Davvero," risponde Kurt, poggiando le mani sulle sue, avviluppandosi nel suo corpo.
"Dovremmo andare al mare, una volta," proclama Blaine, con una sicurezza che non lascia spazio ad alcun dubbio. "Non tipo- non so, ho sempre sognato di nuotare in un mare tropicale o comunque uno di quei mari trasparenti dove puoi vedere i pesci e la sabbia sotto."
Kurt resta in silenzio. Il Danubio è una forza grande e nera che percorre Vienna come un'arteria, inarrestabile, eterno, elegante. Di fronte a lui non riesce a non sentirsi piccolo, insignificante, debole ed indifeso e stanco. Decide di arrendersi.
"Blaine, non so se tornerò mai negli Stati Uniti."
Blaine non smette di carezzarlo e baciarlo, di respirare piccoli soffi caldi contro il suo collo. "Vuoi parlarne?" chiede piano.
"Ho perso mio fratello un anno e mezzo fa," dice Kurt, e la gola gli si chiude già a quella prima frase monca. "Era fidanzato con la mia migliore amica, Rachel, la mia coinquilina a New York, e di colpo per me restare a vivere in quell'appartamento è diventato impossibile."
"Mi dispiace, Kurt," sussurra Blaine, voltandolo nelle proprie braccia in modo da riuscire a guardarlo negli occhi. L'espressione sul suo volto è così onesta e sincera e piena di cordoglio che Kurt non riesce a sostenere il suo sguardo per più di una manciata di secondi. Blaine spalanca le braccia e Kurt vi si rifugia, lasciandosi tenere stretto.
"Finn era un ingenuo, e probabilmente un illuso, e chiunque avrebbe potuto ingannarlo perché era troppo semplice da capire. Più di qualcuno l'avrebbe definito stupido. Non so perché, di lui non riesco a ricordare che le volte in cui l'avrei voluto vicino e lui ha scelto di non esserci. La sua morte continua a sembrarmi una di quelle volte."
"Non è stato un incidente?"
"Non è stato un incidente," ripete Kurt. "Avrebbe potuto evitarlo, e non l'ha fatto, e non so se hai idea di cosa significhi vivere in una casa in cui ci sarà sempre un posto vuoto a tavola, in cui i suoi maglioni continuano a comparire fra i panni del bucato."
"I tuoi genitori, Rachel, loro non sono riusciti ad andare avanti?"
Kurt scuote la testa, usa i dorsi delle mani per asciugarsi gli occhi umidi.
"Ci sono dolori che ti sembrano insormontabili fin quando una mattina ti svegli e ti accorgi che il dolore è solo una delle tante cose dentro di te. Nei primi momenti, sai, continui a chiederti, riuscirò a ricordare la sua risata, e come supererò quella mancanza, e come farò a non sentire una fitta al cuore ogni volta che per strada qualcuno assomiglia a lui, e poi il sole continua a sorgere ed a tramontare e tu ti rendi conto che stai andando avanti. Rachel ha trovato un altro uomo ed i miei genitori hanno comprato una casa in Florida e di Finn non è rimasta che una targa sulla quale i passanti spengono le sigarette, che d'autunno scompare sotto le foglie secche."
Blaine non dice nulla, lo stringe, gli carezza i capelli. Il suo maglione blu dalla trama grossa è soffice e profumato sotto la guancia di Kurt.
"Ma in un certo senso non mi sentitvo intitolato ad essere l'unico che non riesce ad andare avanti, l'unico che fa incubi orribili e certe mattine fatica ad andare al lavoro perché- è stupido. È riuscita a sopravvivere sua madre."
"Non è stupido, Kurt, non è stupido."
Se avessimo tempo mi innamorerei di te, pensa Kurt, perché le vite ci insegnano che non c'è abbastanza tempo, che siamo scintille il cui brillio si spegne in fretta e non c'è spazio per l'esitazione, e gli errori non importano, e non importa ciò che ci siamo lasciati indietro, solo ciò che abbiamo preso e tenuto stretto.
"Al liceo dicevamo che saremmo andati a New York tutti insieme e invece c'ero da solo, lui non ci sarebbe mai venuto. Non volevo più starci, ma dove altro avrei potuto andare? Il mio capo mi ha proposto un semestre a Los Angeles, io le ho chiesto di andare più lontano. Sono arrivato a Parigi con l'intenzione di ricominciare tutto da capo, e quando dopo sei mesi mi hanno chiesto di restare ho detto di sì. Volevano offrirmi un posto permanente, Blaine. Ho chiesto tempo, ho ottenuto altri sei mesi di stage per pensarci."
Blaine lo bacia sulle labbra, chiude forte gli occhi. "Stai pensando di accettare?"
"Sto pensando di accettare."
"Ma potresti tornare, se volessi, hai ancora un posto a Vogue a New York, vero?"
"Non so se voglio tornare. Mi piace Parigi, ci sono momenti in cui penso che non sia troppo egoista da parte mia aver scisso il mio dolore da quello degli altri per viverlo da solo qui, dall'altra parte del mondo."
"È la tua vita, Kurt."
"Blaine, sto pensando una cosa folle."
"Mm?"
"Blaine, non penso sia impossibile innamorarsi in una notte sola."
Blaine annuisce, distoglie lo sguardo puntandolo verso il Danubio blu dietro di loro, lo stesso Danubio di cento anni fa, un Danubio diverso rispetto a quello di un minuto fa.
"Se le cose fossero diverse mi innamorerei di te, Blaine," pensa Kurt, e lo dice, stupido ed impulsivo, e per un attimo non riesce a respirare per l'intensità dei suoi sentimenti e l'ingiustizia del mondo.
 
 
Museumsquartier, Vienna, 23 settembre
03:25
 
"Peccato che di notte non si possa entrare," dice Kurt, sfiorando con la punta delle dita l'imponente cancello che preclude loro l'ingresso ai musei. "Ci sono quadri di Egon Schiele che mi sarebbe piaciuto vedere dal vivo."
"Potresti trovare del tempo per vederli domani," risponde Blaine, cerca di immaginarsi Kurt da solo a Vienna quando lui sarà su un aereo, Kurt con la stessa cartina della città su cui hanno segnato le loro X rosse, malinconico o incantato davanti a qualche Autoritratto di Schiele.
"Blaine," dice Kurt, con tono condiscendente. "Pensi davvero che potrei di nuovo visitare Vienna, senza di te? Pensi che riuscirei a tornare alla Konzerthaus o a passare davanti all'Abbraccio di Klimt e non vedere te?"
"Kurt," dice Blaine, le parole scivolose sulla sua lingua, impossibili da trattenere, taglienti e dolorose come schegge di vetro. "Non voglio lasciarti andare via."
Trattiene il respiro contro la sfera compressa di dolore che gli si è situata d'improvviso nello stomaco, guarda l'orologio, ingoia il magone. Kurt gli si avvicina, le sue ciglia dorate gli sfiorano la guancia quando si china su di lui per baciarlo, languido e lento, e Blaine si trova a pensare che vorrebbe conoscere ogni suo bacio, ogni sfumatura di paura e rassicurazione ed eccitazione e commiato e tristezza e divertimento e imbarazzo e mancanza.
"Dovremmo-" Kurt ha gli occhi lucidi, Blaine gli asciuga le lacrime. "Dovremmo almeno farci una foto. Ho- voglio una foto. "
Blaine cerca il proprio cellulare, perde tempo a controllare che il flash sia attivo, dice piano "Pensi che se ti avessi incontrato in America, a New York, se tutto fosse stato diverso pensi che avremmo potuto stare insieme?"
Kurt si stringe a lui per la foto, scatta un paio di volte, lui e Blaine e Vienna e la notte tutti nella stessa fotografia fermi ed immobili per sempre. "Non stai pensando davvero di non ripartire, vero?"
C'è un secondo di silenzio di troppo, l'espressione colpevole sul suo volto, Blaine si guarda le scarpe e ammette "Potrei rimandare, venire a Parigi e-"
"E la tua scuola di musica, e New York, e i tuoi genitori, Blaine. Sai anche tu che i tuoi genitori non c'entrano niente."
"Kurt-"
Blaine gli cerca le mani, le stringe forte fra le sue e le sente fredde e screpolate, solleva lo sguardo su quegli occhi più blu del blu della notte, più grigi del Danubio, più verdi di Vienna.
"Blaine, a cosa stai pensando?"
"Hai presente come a volte leggi una frase e pensi che quella frase ti rappresenti in tutto? Ci sono certe emozioni che nessuna canzone e nessun film e nessuna poesia riuscirà mai a descrivere davvero, sto pensando- non voglio lasciarti andare, e voglio conoscere di te ogni sfumatura e dettaglio, e voglio sapere a memoria il sapore della tua pelle sulla lingua e voglio le tue mani fra i capelli e voglio portarti a fare un giro in macchina e-"
Ha detto troppo, e come ogni volta prova vergogna per il modo in cui i propri sentimenti non riescano mai a restare inespressi, per come l'inadeguatezza del proprio cercare si accosti con troppa irruenza alla fragilità degli altri, per il senso di nullità che lo opprime di fronte al cuore dei suoi amanti.
Vorrebbe dirgli altro ed altro ancora, vorrebbe non dirgli nulla, vorrebbe avere la possibilità di non bruciare tutte le tappe, vorrebbe consumare l'amore con Kurt tutto in quella notte perché in qualche remota parte del suo inconscio sa che non si rivedranno mai più.
Kurt tira su col naso, lascia correre il suo sguardo oltre il cancello come se stesse tentando di scrutare il futuro, dice piano "Blaine, io."
"Tu?"
"Non ho mai creduto che- queste cose. Accadessero veramente. Non so se ci credo davvero che-"
È già lontano.
Gli è già sfuggito.
"Vuoi che ti accompagni al tuo hotel?" chiede Blaine, e la bocca gli si contrae in una smorfia quando Kurt annuisce e non incontra i suoi occhi.
"Okay," dice per cercare di convincere i propri arti a muoversi, a strapparsi Kurt di dosso. "Possiamo prendere un taxi, se non ti va di camminare."
"È stata la nottata più bella della mia vita," dice la bocca di Kurt, mentre i suoi occhi mozzafiato ed ingenui si schiudono piano fra le sue ciglia dorate, rivelandosi nella loro indecisione.
"Mancano solo tre ore, Kurt," implora Blaine, inseguendo quella minuscola scintilla che ha intravisto. "Solo altre tre ore, c'è un ultimo posto sulla lista, possiamo- ti prego, andiamo in quell'ultimo posto, diciamo addio a Vienna come si deve, lascia che ti dica addio come vorrei, io- prometto che ti lascerò andare."
 
 
Parco del Prater, Vienna, 23 settembre
04.30
 
Sono io che non so se riuscirò a lasciarti andare, pensa Kurt, mentre Blaine gli sussurra "Dai, Kurt, vivi un po'! Forza, non è così alto come sembra!"
Di colpo lo sta guardando dall'altra parte dell'alta inferriata, i suoi occhi scuri l'unica fonte di luce nella notte, il suo entusiasmo pericolosamente contagioso mentre Kurt valuta se davvero voglia issarsi attraverso la staccionata di un parco pubblico in una città dall'altra parte del mondo.
"Potrebbero esserci assassini e maniaci sessuali, è la prima regola di qualsiasi città sconosciuta, mai entrare nei parchi di notte, come diavolo hai fatto a non essere rapinato in tutto questo tempo Blaine-"
Blaine solleva gli occhi verso il cielo, il suo sorriso spezzato a metà dal suo profilo diritto e regolare. "Guarda quanti milioni di stelle, Kurt. "
"Sono-"
"In the city of blinding lights," canticchia Blaine, con l'accenno di un sorriso, facendo passare la mano attraverso le sbarre ed incoraggiandolo a prenderla. "Oh, you look so beautiful tonight."
Kurt si arrampica e scavalca, e Blaine lo prende per la vita, lo aiuta a poggiare i piedi a terra con grazia mentre di fronte a lui si staglia netto il profilo dell'enorme ruota panoramica immobile e maestosa inscritta fra i mille misteri del cielo viola.
"Ho sempre creduto che la city of blinding lights fosse New York."
"Già."
"E invece si scopre che è Vienna la nostra città dalle luci accecanti."
Lo bacia, caldo ed umido e lungo, le mani strette intorno alla sua vita sottile, mentre le dita di Blaine si chiudono soffici intorno alle sue guance, e Kurt pensa mi fai venire voglia di pensare al futuro e non so cosa farmene di questi desideri che stai instillando in me perché sono inafferrabili e trasparenti come il pulviscolo di rugiada che sta incominciando a bagnare l'erba sulla quale stiamo per sdraiarci.
Blaine è sensuale, nel modo in cui gli morde le labbra con gli occhi chiusi, come se stesse davvero cercando di memorizzare il suo sapore, mentre le sue mani gli si fanno strada sulla pelle, scivolando fredde bollenti sulle sue costole come i tasti di un pianoforte, disperato quando i confini dei suoi vestiti gli impediscono di avventurarsi fino a toccare tutto di lui, spregiudicato quando lo trascina giù sulla sua giacca stesa fra l'erba, sotto un cielo incrostato di stelle, sotto una Vienna gelida ed appena tinta ai bordi dalle luci dell'alba che incombe su di loro.
"Kurt, aspetta, tu-"
Kurt gli stringe le mani attorno alle spalle, gli carezza i capelli mentre affonda la bocca sul suo collo. "Non voglio aspettare, Blaine, io- non voglio più aspettare."
Le dita di Blaine gli si imprimono sulla pelle risalendo sulla sua schiena, il suo respiro umido e confuso gli lambisce un orecchio, un gemito che assomiglia ad un ti amo sussurrato per errore, è così che ci si dovrebbe sentire, allora, perché del senso di liberazione o della vergogna o dell'imbarazzo non riesce a trovarne traccia mentre i loro corpi si stringono impacciati, soltanto di più, di più di più di più di più-
Quindi è questo l'amore, non come vorrebbe, non così semplice, ma indimenticabile sotto una temuta alba d'inizio autunno, due sconosciuti che si stringono protetti dal sole che stenta a sorgere, l'amore non sarà mai ciò che Kurt desidera, non sarà mai quello stesso bisogno con cui la bocca di Blaine scivola sulla sua, non avrà più questa connotazione dolorosa e terrificante, non si chiamerà più Blaine e non avrà come sfondo le strade di Vienna ed un'Austria incantata ed irripetibile e quando arriverà non porterà la custodia di una chitarra in spalla e la durata di un soffio di vento ed il futuro scritto su un biglietto d'aereo. Sarà quello che ha sempre desiderato, romantico e perfetto in una Parigi da sogno, ed avrà il solo compito di ricordargli che le cose che Kurt desidera per sé non sempre sono ciò che lo fanno stare meglio, perché cercherà quell'amore così puro di quel momento senza riuscire a trovarlo mai più.
Il primo raggio di sole si libera dietro di loro, Blaine lo stringe più forte, Kurt geme e rovescia indietro la testa e pensa che l’amore è come l’alba, quando arriva a colorare il buio non puoi far finta di non accorgertene.
Ma forse l'amore è davvero una parentesi che non può durare più di una notte, pensa poi, mentre Blaine lo bacia di nuovo, lentamente, come se avessero tutto il tempo del mondo.
 
 
Sudbanhof, stazione di Vienna, 23 settembre
06:48
 
"Il treno per l'aeroporto parte fra venti minuti, " dice Blaine, e non gli lascia la mano perché gli è fisicamente impossibile anche solo pensare di interrompere il contatto fisico fra loro.
Kurt è pallido nella luce artificiale della Stazione Centrale, silenzioso e livido come un cielo invernale, con i capelli scolpiti dalle sue mani, le labbra tumide e rosse chiuse in un arco malinconico. Camminano piano, regolando il passo l’uno con l’altro, mentre l’aurora lascia cadere gocce di rosa e di rossi e di bianchi e di celesti su di loro.
"Mi hai cambiato la vita, Blaine, mi hai affrancato, lo devi sapere," gli dice.
"Non piangere," dice Blaine, asciugandogli una lacrima che rotola giù trasparente e salina, baciandolo sulla bocca che sa ancora dell'ultimo caffè che hanno bevuto insieme qualche minuto prima.
"Lo rifaresti?" gli domanda, succhiandosi la lacrima fra le labbra, scrollando un po' le spalle, cercando di sorvegliare ogni emozione che attraversa il volto di Kurt.
"Sempre, lo rifarei sempre."
Non gli chiede se lo cercherà mai, se lo cercherà semmai dovesse decidere di tornare a New York. Non gli dice che lo aspetterà perché sa che non può prometterglielo, e non vuole mentirgli. Sa che quell'amore vive infinito solo in quella notte, in quella città, in quel preciso momento. "Mi mancherai, Kurt Hummel, prenditi cura di te," mormora infine, spalancando le braccia, lasciando che Kurt ci si accoccoli dentro.
"Blaine, voglio dirti che il mio desiderio che tu parta non è altro che l’amore più grande che riesco a donarti. Prendi quell’aereo, dimenticami, stai al sicuro."
"Non temere per me, Kurt. Vado nel verso in cui mi hai messo*."
È l'ultimo bacio e Blaine si concede di piangere un po', i pugni chiusi intorno ai lembi della sciarpa di Kurt, le labbra schiacciate sulle sue, il petto premuto contro il suo cuore, quasi fino a farsi mancare il respiro. Fra tre ore il suo aereo si staccherà da terra e lo condurrà a casa attraversando l'oceano, Kurt non sarà altro che uno dei tanti stagisti passati fra le grinfie di Cassandra July, e minuto dopo minuto torneranno ad essere due sconosciuti che si sono incontrati per caso su un affollato treno diretto a Vienna.
Blaine respira l'odore di Kurt, lo trattiene nei polmoni, lo guarda negli occhi un'ultima volta mentre si allontana e ogni singola possibilità sembra dilatarsi fra loro. Kurt solleva lo sguardo verso di lui, bellissimo e incredibile ed ultraterreno e ferito e confuso e spaventato, e Blaine sa che in un'altra vita, forse, avrebbe potuto lasciar partire quell'aereo senza di lui.
"Allora ci vediamo, mio breve impossibile amore," gli dice, con un sorriso stentato ed un po' umido.
"A presto, Blaine," sussurra Kurt, ricambiando il sorriso con uno altrettanto debole e spento. Gli manda un bacio sulla punta delle dita, stringe il manico del trolley a sé e si volta, il più struggente degli addii.
Blaine si issa in spalla la custodia della chitarra, lascia che le parole nella sua testa si dissolvano in un'eco. Imbocca la strada verso il suo treno.
Lascia la storia d'amore con Kurt in quella città, in quella notte, in quel preciso momento e luogo, dove vivrà per sempre.
Vienna dietro di lui è un'isola che si sveglia piano sotto una pioggia sottile.
 

 
 
 
 
 
*Questa frase è una delle più belle che abbia mai letto ed appartiene a “Tu, Mio” di Erri De Luca.
 
Sooo...
 
Vorrei ringraziare tantissimo Anna, per avermi chiesto di non cambiare il finale, per esserci sempre, per essere così com'è. Le voglio veramente un sacco di bene.
ALanna, per avermi pungolato a scrivere questa storia, e per le cose che lei sa.
Poi vorrei ringraziare lo shuffle del mio iPod, perché sa sempre di quali canzoni ho bisogno quando scrivo.
Vorrei dire, infine, che so che questa storia è piena di difetti e potrebbe essere migliorata in mille modi e forse è noiosa ma non m’importa, a me piace così perché l’ho avuta a cuore dal primo momento.
 
Love,
LFS
  
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