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Autore: Claire Penny    27/02/2015    1 recensioni
[REVISIONATA]
C'era una volta una principessa.
Ora non più.
A sostituire la dolce, graziosa e bellissima fanciulla di sangue blu, adesso c'è un'anonima, goffa ed ingenua adolescente, con un'incredibile propensione a ficcarsi nei guai e desiderosa di darsi alla ribellione tipica della gioventù.
C'era una volta il principe azzurro.
Un nobile rampollo, alto, gnocco e affascinante, sempre pronto a salvare la vita alla bella di turno in sella al fedele destriero? Seh, una volta, forse.
Al suo posto ora c'è un misterioso, solitario ed asociale studente dal fascino tenebroso, circondato da un'aura che emana pericolo.
Ah, dimenticavo di aggiungere che è perennemente assetato di sangue, preferibilmente quello della sopracitata giovane donna. Contemporaneamente però, scopre di esserne innamorato.
Ora, chi di voi ragazze non ha mai sognato di vivere in una "fiaba moderna" con questi presupposti? Sembra tutto incredibilmente romantico, non è vero? Bene, vi posso assicurare che di romantico qui c'è ben poco.
Come lo so? Beh, perchè io, Serena Dale, e le mie amiche, ci siamo passate.
E credetemi, le nostre storie vi faranno sicuramente cambiare idea sui moderni principi azzurri.
Genere: Satirico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dal diario di Em, 1 ottobre:
 «[…]Dunque, sono qui che fingo di prendere appunti mentre il prof di chimica blatera in quella che comincia a sembrarmi a tutti gli effetti una lingua sconosciuta, come se qualcuno dei presenti riuscisse a seguire qualcosa durante la prima ora di lezione. Illuso.
Oggi è il primo giorno di ottobre, il che significa che Serena sarà di pessimo umore. Anche senza guardare sull’agenda ricordo bene cos’ha in programma per il nostro incontro dopo la scuola; ce l’ha ripetuto ogni giorno nelle ultime due settimane, per cui sono sicura che se le altre lo dimenticheranno Serena avrà la sua crisi isterica mensile e decisamente non ho voglia di sorbirmela.
Per quanto mi riguarda, ho fatto la mia parte; al contrario delle altre però, io non sono così entusiasta per quanto succederà oggi, anzi, sono più che altro preoccupata. Ormai l’esistenza del club è di dominio pubblico e se, o meglio, quando anche noi-sappiamo-chi lo verranno a sapere – se non l’hanno già scoperto grazie ai loro misteriosi metodi segreti – sono abbastanza sicura che non verranno a congratularsi con noi per l’ottima pensata. Permalosi come sono, potrebbero escogitare qualche genere di ripicca. O di vendetta

Il momento in cui Em scrisse l’ultima parola, corrispose a quello in cui la campanella suonò per segnare la fine dell’ora e, mentre tutti si apprestavano ad alzarsi, il professore gridò alla classe le pagine da ripassare, rimanendo però inascoltato.
Em si recò al proprio armadietto camminando con aria tranquilla e sicura di sé, come se andasse tutto bene e, anche se sapeva che in realtà quasi niente in quel momento andava bene, risultava ormai molto convincente nel fingere il contrario. Del resto era da un anno che recitava quella parte, sperando che un giorno si sarebbe talmente immedesimata in tale ruolo da autoconvincersi che tutto andasse bene davvero.
Quando fu sul punto di girare l’angolo un brivido le corse lungo la schiena, spingendola a rallentare il passo. Poi però proseguì, cercando di farsi coraggio. Il suo sforzo venne ricompensato quando vide che davanti al suo armadietto non c’era nessuno e che sembrava tutto in ordine e la sensazione costante sensazione d’inquietudine che solitamente l’accompagnava per buona parte della giornata lasciò il posto ad una sensazione di sollievo temporanea.
Mentre prendeva i libri che le sarebbero serviti per la lezione successiva, lanciò uno sguardo al ripiano più alto, dove si trovava una busta di plastica che conteneva il necessario per quella che Serena aveva rinominato la “Giornata del Falò” e sospirò. Sentiva che quello sarebbe stato un lungo ottobre.
La scuola finiva alle tre in punto, mentre l’appuntamento per il falò da Serena era alle tre e mezzo. Dato che la casa di quest’ultima non distava solo pochi isolati dalla scuola, Em decise di lasciare la sua auto nel parcheggio dell’istituto e di andarci a piedi. Almeno in quel modo avrebbe potuto perdere un po’ di tempo.
Giunta a metà del vialetto però notò Aly che, appena fuori dal cancello discuteva animatamente al telefono per poi riattaccare di punto in bianco e lanciare tra sé un’imprecazione.
-Ehi, Aly, che succede?- chiese Em quando la raggiunse, anche se un’ipotesi più che valida le era venuta in mente nel momento stesso in cui l’aveva vista.
La ragazza voltò verso Em, e quest’ultima notò che nei suoi occhi c’era qualcosa di molto simile al terrore.
-La mia auto è dal meccanico, ho dimenticato la roba per l’incontro di oggi, mia mamma non risponde al telefono e ci restano solo venti minuti! Se Serena lo scopre mi becco la sua superpredica e sinceramente preferirei evitarla- rispose, agitata. -Tu te ne sei ricordata?-.
Em come risposta le mostrò la busta di plastica. Riguardandola le tornò in mente la bugia che aveva rifilato a sua madre quando quella mattina quest’ultima le aveva chiesto come mai stesse portando i suoi libri, gli stessi che fino a poco tempo fa considerava i suoi preferiti, a scuola. “Dei volontari dell’ospedale raccolgono libri per i bambini e i ragazzi ricoverati”, era la risposta che Serena aveva suggerito di dare nel caso qualcuno avesse fatto domande, proprio come era successo ad Em.
-Se aspetti tua madre non ce la farai ad arrivare in tempo. Dai, vieni con me, ti accompagno con la mia macchina- propose.
Aly le saltò al collo e l’abbracciò forte, ripetendo la parola “grazie” tante volte e tanto rapidamente da farlo sembrare uno scioglilingua. Em, suo malgrado, sorrise e si diressero insieme verso il parcheggio.

* * *

Dal diario di Serena, 1 ottobre:
«Oggi sento che potrei uccidere.
Sul serio, se oggi qualcuno mi farà arrabbiare, non risponderò delle mie azioni. Questo periodo dell’anno stuzzica la mia irascibilità e non posso farci niente, se non provare in qualche modo a distrarmi. Fortunatamente, al momento ho un’ottima scusa per non pensare alle 1001 ragioni per cui dovrei essere incavolata con l’intero universo: oggi le ragazze verranno a casa mia per la prima volta dopo il trasloco, quindi ho deciso di impegnarmi nelle pulizie. Almeno per un po’ terrò lontana la mia mente dai brutti pensieri. […]»

Serena finì di sistemare le ultime cose in previsione di quello che sarebbe successo di lì a pochi minuti. Erano oltre due settimane che organizzava quel pomeriggio e niente doveva andare storto. Le altre sarebbero arrivate da un momento all’altro e voleva che tutto fosse pronto per l’evento di quel giorno.
Suo padre era al lavoro e non sarebbe tornato prima delle sette, come ogni giorno.
Alle tre e trenta in punto il suono del campanello invase la silenziosa quiete della casa. Serena non amava particolarmente quelle mielose note che annunciavano l’arrivo di qualcuno ma in quel momento le parve la musica più bella che avesse mai sentito e si precipitò subito alla porta. Quando aprì si trovò davanti Aly, Clare ed Emily.
-Ciao, Serena- salutarono in stereo le tre ragazze.
Serena rivolse loro un caloroso sorriso e le invitò ad entrare, dopodiché si fece consegnare le giacche delle sue ospiti e le ripose ordinatamente nell’appendiabiti all’ingresso.
-Caspita, la tua nuova casa è bellissima e soprattutto enorme!- commentò Clare, guardandosi intorno.
-Ehm, grazie- rispose Serena, cercando di sfoderare la sua aria più disinvolta da perfetta padrona di casa.
Dopo i convenevoli di rito, Serena condusse le sue ospiti nel seminterrato che suo padre aveva adibito a secondo soggiorno. Purtroppo  l’arredamento era ancora un po’ spartano e la temperatura leggermente più bassa rispetto al salotto del pianoterra, ma nella Giornata del Falò, come suggeriva il nome stesso, serviva un caminetto e l’unico che c’era in casa si trovava lì. Serena si era quindi attrezzata con plaid, tè e cioccolata calda, in modo da mettere le sue ospiti il più possibile a loro agio. Era la prima volta che invitava delle ragazze nella nuova casa e voleva fare una buona impressione a tutti i costi. Aly fu la prima a notare tutto quello che era stato preparato per lei e le altre ospiti.
-Sei riuscita a fare tutto questo da sola e in meno di mezz’ora, solo per noi? Sei incredibile! Posso?- chiese, indicando una delle tazze di cioccolata ancora fumante e Serena annuì sorridendo.
Anche se cercava di non darlo troppo a vedere, ricevere complimenti dalle altre, specie dopo tutto il lavoro che aveva fatto per organizzare quel pomeriggio, per lei non poteva che essere una gran soddisfazione.
Qualche minuto più tardi arrivarono anche Rachel ed Elise, le ultime aggiunte al “club”. In realtà erano state le uniche ad essersi unite al gruppo, fino a quel momento. Clare, Em, Aly e Serena erano le fondatrici, anche se era stata quest’ultima a proporre l’idea che aveva dato il via a tutto.
Una volta che tutte si furono accomodate tra il divano e le due poltrone presenti, fu proprio Serena a prendere la parola.
-Allora ragazze, inutile girarci intorno, sapete perché siamo qui. Nelle ultime settimane abbiamo raccontato e condiviso le nostre esperienze, ci siamo confortate e sostenute. Tenete ancora il diario vero?-. Fece una pausa durante il quale guardò le ragazze una ad una e tutte loro annuirono. –Benissimo. Purtroppo abbiamo ancora molta strada da fare, ma abbiamo tutti gli strumenti per farcela e sono convinta che ne usciremo molto più forti di prima. Avete portato tutte i vostri libri? Bene, ammucchiateli qui davanti, al centro del tappeto-.
Tutte obbedirono, svuotando i loro sacchetti sul tappeto e creando una pila ordinata. I libri erano pressoché gli stessi, a parte qualche eccezione. Serena unì i suoi a quelli delle altre ed in breve le tre pile che avevano formato superarono il mezzo metro ciascuna.
In totale, quasi due metri di bugie che avevano incantato ed illuso tutte le ragazze presenti, spingendole a credere che avrebbero potuto far avverare uno dei sogni più  comuni tra le adolescenti – e non solo – ma anche più difficili da realizzare.
Purtroppo si erano accorte troppo tardi di essere rimaste vittime di una meravigliosa illusione terribilmente realistica e quello era il motivo per cui tutte e sei si trovavano lì in quel momento.
-Okay, adesso che si fa?- domandò Elise, fissando i libri.
-Accendiamo il fuoco- rispose semplicemente Serena. –Poi, una alla volta, buttiamo un libro tra le fiamme. Liberarci di ciò che ha dato inizio a tutto questo ci farà stare molto meglio, fidatevi-.
Nessuna obbiettò, sembravano essere tutte d’accordo, eccetto Aly, che pareva tutto meno che convinta. Serena si era aspettata una reazione simile da parte sua, del resto il suo era un caso un po’ particolare, forse il più grave tra quelli che aveva avuto modo di analizzare da quando il club aveva preso vita. Nei cinque stadi del dolore lei era rimasta ferma al primo, la negazione, molto più a lungo rispetto alle altre e, fino a non molto tempo prima, sembrava seriamente intenzionata a rimanerci. Negli ultimi tempi tuttavia aveva dato segno di qualche piccolo miglioramento e Serena si stava impegnando davvero a fondo perché Aly continuasse su quella linea.
Senza aggiungere altro, Serena avanzò verso il caminetto, dove aveva sistemato una piccola piramide fatta di legna e pagine di vecchi quotidiani, prese un fiammifero e lo strofinò contro il bordo ruvido della sua confezione, accendendolo, infine avvicinò la fiammella alla carta ed attese che prendesse fuoco. Una volta trasmessa la fiamma alla vecchia pagina di giornale, spense il fiammifero e attese, sperando che il fuoco non si estinguesse subito, come talvolta accadeva. Era stato suo padre ad insegnarle quella procedura qualche estate prima, quando facevano il barbecue nel giardino della loro vecchia casa.
Fortunatamente il fuoco non si spense e ben presto lambì la piccola piramide. Allora Serena si voltò verso le altre.
-Chi vuole cominciare?- chiese in tono allegro, nel tentativo di infondere un po’ di entusiasmo al gruppo.
Le ragazze si scambiarono qualche occhiata incerta ma alla fine, come c’era da aspettarsi, fu Clare ad alzarsi per prima.
-Al diavolo, comincio io- disse.
Si avvicinò al cumulo di libri, ne prese uno a caso e con passo sicuro si avvicinò al caminetto, dove il fuoco, nel frattempo, era rapidamente propagato. Nel momento in cui gettò il libro tra le fiamme, la piramide crollò sotto il suo peso. Clare rimase ad osservare quelle stesse lingue di fuoco annerire e poi iniziare lentamente a divorare i bordi delle pagine, dopodiché tornò al suo posto e, come per ricompensarsi, si ficcò in bocca una manciata di marshmellow.
Incoraggiate da quel gesto, anche le altre presenti si fecero avanti una alla volta per imitare Clare: prima Serena, poi fu il turno di Rachel, di Elise e di Em, la quale gettò il suo libro tra le fiamme con una facilità estrema, quasi come se, al contrario di coloro che l’avevano preceduta, a quel gesto non attribuisse alcun particolare significato. Non rimase nemmeno a guardare mentre il volume cominciava a bruciare e tornò subito al proprio posto, vicino a Clare.
A quel punto, Serena guardò Aly.
-Manchi solo tu- la incoraggiò.
Quest’ultima abbassò lo sguardo prima verso il mucchio di libri che andava riducendosi sempre di più.
-Io…io non sono più tanto convinta di volerlo fare- ammise.
Ne seguì un attimo di silenzio che fu Clare a rompere, esattamente un secondo prima che fosse Serena ad intervenire di nuovo.
-Non tirarti indietro proprio adesso Aly, non dopo tutti i progressi che hai fatto- la incoraggiò.
-Fallo, vedrai che poi ti sentirai più leggera- aggiunse Rachel e, accanto a lei, Serena annuì.
Inaspettatamente anche Elise, quella che fino a poco tempo prima era ridotta più o meno come Aly, intervenne.
-Credimi, lo sappiamo come ti senti, ci siamo passate tutte ma devi reagire. Fallo solo per te, per dimostrare a te stessa che puoi farcela-.
Alla fine, dopo un lungo sospiro, Aly si arrese, si alzò, prese un libro e lo gettò nel fuoco. Mentre tornava al suo posto, Serena iniziò ad applaudirla e le altre la imitarono. Aly sorrise per ringraziarle del loro sostegno, un vero e proprio evento considerato che da quando la conoscevano, raramente l’avevano vista sorridere.
Dopo quella sorta di rituale, il pomeriggio proseguì come un normale incontro tra amiche. Le ragazze parlarono a lungo della scuola, dei compiti che sembravano sempre troppi nonostante l’anno scolastico fosse cominciato da poco e di qualche pettegolezzo generico. Risero insieme mentre arrostivano i marshmellow, continuando a buttare qualche altro libro quando il fuoco cominciava ad affievolirsi e, una volta che tutti ebbero terminato la propria tazza di cioccolata, Serena, che avrebbe voluto che quel pomeriggio continuasse in eterno, propose di andare in cucina a prepararne dell’altra e tutte la seguirono.
Quando furono le sei e mezza il campanello annunciò l’arrivo della madre di Elise, venuta a prendere la figlia e Rachel. Serena la fece accomodare mentre le ragazze recuperavano i loro effetti.
A detta di Elise, la signora Wickham era il genere di madre che si preoccupava più di ciò che gli altri pensavano della sua famiglia, che della famiglia stessa. Controllava i figli in qualunque cosa facessero e ovunque andassero, facendo attenzione a far rispettare i rigidi orari e le consolidate abitudini che aveva stabilito ma, più che da un’eccessiva apprensione verso la sua prole, tutto ciò erano motivato principalmente dal suo desiderio quasi maniacale di mostrare alla gente del quartiere quanto la sua fosse il prototipo della famiglia perfetta.
Ovviamente la donna si mostrò gentilissima con le altre ragazze, ribadendo per l’ennesima volta quanto fosse contenta che sua figlia frequentasse delle brave ragazze di buona famiglia come loro, eccetera, eccetera. Solo a Clare riservò qualche occhiata diffidente, ma se non altro ebbe il buonsenso di non dire nulla di inappropriato.
Serena non poté fare a meno di pensare, sorridendo tra sé, che se solo avesse saputo la ragione per cui la sua adorata figliola frequentava quelle “brave ragazze”, probabilmente l’avrebbe spedita in un collegio in Svizzera seduta stante.
Dopo che Rachel ed Elise se ne furono andate, nell’arco di un’ora la casa si svuotò. Em ed Aly se ne andarono insieme circa mezz’ora dopo, mentre Clare rimase un po’ di più.
-Giù sono rimasti dei libri- avvertì quest’ultima
-Me ne occuperò domani- rispose Serena.
Seguì qualche minuto di silenzio, mentre sistemavano quant’era rimasto del loro pomeriggio insieme. Mentre infilavano le tazze della lavastoviglie, Clare riprese a parlare.
-Allora…a quanto pare ormai il nostro club non è più così segreto. Ho sentito per caso delle matricole che ne parlavano, l’altro giorno in mensa-.
Serena sospirò. –Sinceramente non ho mai creduto che la sua esistenza sarebbe potuta passare inosservata a lungo. Lo sai com’è, prima o poi qualcuno ci fa caso e comincia a parlarne. La voce si sparge e nel giro di un paio di giorni lo viene a sapere tutta la scuola-.
Già, nella scuola superiore di una piccola città come quella in cui vivevano, le novità erano poche e, di conseguenza, fare a gara a chi scopriva qualcosa di nuovo era al primo posto tra le attività più praticate. Al secondo posto c’era l’annoiarsi, seguito a ruota dal creare circoli e comitati che fungevano da copertura per gli scambi clandestini di pettegolezzi ancora non ufficiali. Quest’ultima voce era praticata soprattutto dalle casalinghe che non avevano granché da fare durante il giorno a parte tenere in ordine la casa, preparare pranzo e cena e preservare la patina di apparente perfezione che ricopriva ogni membro della propria famiglia. Tipo la madre di Elise.
-Credi che l’abbiano saputo anche i…diretti interessati?- chiese Clare, abbassando il tono di voce, come se temesse che qualcuno potesse essere in ascolto. Timore nemmeno troppo infondato, date le circostanze.
-E te lo chiedi? Conoscendoli saranno stati i primi a saperlo- rispose sicura Serena, mentre impostava il tipo di lavaggio per la lavastoviglie.
-Tu credi?-
-Certo. Loro sanno sempre tutto, hanno occhi e orecchie ovunque, l’hai dimenticato?- chiese, ironica per poi premere il tasto di avvio. A quel punto l’elettrodomestico cominciò ad emettere il suo ronzio tipico.
La conversazione non ebbe modo di proseguire perché in quel momento il padre di Serena entrò in casa. La sua solita aria stravolta da un’altra faticosa giornata di lavoro però scomparve non appena si accorse della presenza della loro ospite, lasciando il posto ad un caloroso ed accogliente sorriso.
Clare rimase fin quando Serena non ebbe finito di apparecchiare la tavola dopodiché, nonostante le insistenze dei padroni di casa affinché rimanesse a cena con loro, Clare declinò gentilmente l’invito e diede appuntamento all’amica per il giorno dopo a scuola, prima di lasciare casa Dale.
-Sembra una ragazza simpatica, quella Clare. Mi fa piacere che tu l’abbia invitata- commentò il padre di Serena mentre cenavano.
-Veramente ho invitato anche altre ragazze, eravamo in sei. Abbiamo passato il pomeriggio chiacchierando nel seminterrato e abbiamo anche acceso il camino, spero non ti dispiaccia-.
In realtà Serena sapeva bene che non gli sarebbe dispiaciuto affatto. La sua vita sociale negli ultimi mesi era stata così miserabile che anche se avesse annunciato a suo padre di aver fatto amicizia con gli appartenenti ad una gang di narcotrafficanti, lui ne sarebbe stato comunque entusiasta: finalmente sua figlia stava smettendo di essere l’intrattabile adolescente auto-esiliata dal mondo con cui l’uomo aveva dovuto convivere nel corso dell’ultimo anno e mezzo.
-No, tesoro, anzi, mi fa molto piacere- disse l’uomo sorridendo.
Serena ricambiò il sorriso e continuò a mangiare in silenzio.
Tutto come previsto. Tutto normale. Tutto come prima che commettesse l’errore più grande della sua esistenza.
Tutto come se non fosse mai stata fidanzata con un vampiro.
   
 
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