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Autore: aturiel    27/02/2015    6 recensioni
“Quel giorno a scuola gli diedero la verifica di storia: sì, alla fine era andata bene esattamente come si aspettava e un bell'otto rosso – rosso come i capelli di Melaine – spiccava sul suo foglio. Era soddisfatto di se stesso: aveva fatto un ottimo lavoro, aveva sopportato le urla di sua sorella Coraline e le bestemmie del suo ragazzo Briac, era rimasto imperturbabile davanti al pennarello dei suoi compagni e aveva scordato ciò che aveva visto nella vecchia fattoria abbandonata. Era stato proprio un bravo ragazzo, chiunque sarebbe stato fiero di lui.”
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Prima classificata al contest "Di peccati e angeli caduti seconda edizione" indetto da aduial sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Li vedi? Vedi quei fiori di campo che nascono testardi nel freddo autunnale?
Lo vedi? Vedi il colore delle foglie secche, quel rosso intenso tanto simile al sangue?
Le vedi? Vedi le nuvole diventare grigie per svuotare tutta la loro rabbia in acqua?


C'erano tante cose che Alain faceva in autunno: andava a scuola, studiava, aiutava sua sorella nelle faccende di casa, a volte usciva con gli amici. Poche di queste gli piacevano realmente, ma non gli importava. La vita non è fatta di soli piaceri, pensava, non si può fare sempre ciò che si vuole, sarebbe qualcosa di innaturale.
E se avesse seguito i suoi istinti, in realtà, non si sarebbe nemmeno abbandonato alla sfrenatezza, gli sarebbe bastato annusare il vento e i capelli rossi di Melaine, nulla di più. Non avrebbe di certo ucciso qualcuno, o rubato nella gioielleria, o compiuto qualche altro atto stupido e ignobile.
Ma non era possibile: doveva studiare, aiutare la sorella e coltivare amicizie, e non se ne lamentava più di tanto, come avrebbe potuto? Un giorno, si diceva, sarebbe partito e avrebbe abbandonato quella città campagnola, allontanandosi da tutto ciò che conosceva: era un desiderio legittimo, uno di quelli che tutti hanno o hanno avuto, chi all'età di sedici anni, chi a cinquanta suonati.
Quel giorno in particolare, però, non ci pensava nemmeno ad andarsene: era tutto concentrato a studiare per la verifica di storia che si sarebbe svolta il giorno successivo, già in ansia come al suo solito, già con i polsi pieni di inchiostro blu con scritte confuse di criptici suggerimenti, vecchie date e nomi astrusi, e proprio come al suo solito ripeteva in modo logorroico la lezione. Sua sorella intanto urlava nell'altra stanza contro il suo fidanzato Briac che, come al solito, aveva deciso di tradirla con una ragazza qualsiasi del paese e non se ne mostrava per nulla pentito. C'era una confusione da spaccare i timpani, eppure Alain continuava a ripetere a bassa voce la linea dinastica della famiglia Tudor, senza perdere mai il filo; era questa infatti la più grande qualità di Alain, quella di non lasciarsi turbare da nulla, di perseverare ad ogni costo con un sorriso gentile stampato in volto, accettando tutte le difficoltà e adattandovisi. Era estremamente fiero di questa sua caratteristica fuori dal comune, e se ne compiaceva ogni volta che sentiva una bestemmia di Briac e uno strillo di Coraline.
A fine pomeriggio sapeva tutto ciò che doveva.


Cosa senti? Qual è la sensazione della terra scura che gratta la tua pelle?
Cosa senti? Qual è la consistenza della pelle calda di una donna pallida sulle tue labbra?
Cosa senti? Qual è l'emozione che si prova a sentirsi affogare nell'oceano?


La verifica era andata piuttosto bene, se lo sentiva addosso come una dolce premonizione. Quando i compagni di classe gli avevano chiesto le risposte, durante il compito, lui non aveva esitato e aveva suggerito il necessario con discrezione e perizia, così sicuramente non lo avrebbero inseguito fuori scuola con quell'odioso pennarello rosso e non gli avrebbero scritto in faccia nulla di brutto.
Che poi era una vera scocciatura che usassero un pennarello di quel colore per importunarlo, proprio un colore così bello: gli ricordava Melaine, e tutto ciò che gli ricordava Melaine era bello. Aveva sognato così tante volte di affondare le dita fra i suoi capelli e toccare la sua pelle bianca come il latte, con quelle graziose lentiggini scure a sporcarla, come fossero polvere di cacao. E aveva sognato tantissime volte di baciarla ovunque, di affogare nei suoi occhi del color del grano, di farle socchiudere, piegare, arricciare, aprire quella bocca così sottile e dolce e farle scoprire i denti bianchi. Ma lui era Alain e lei era Melaine e si trovavano a miglia di distanza, nonostante frequentassero la stessa scuola. La sognava e nulla di più, gli bastava – e gli doveva bastare
 quello: non avrebbe messo in imbarazzo lei e se stesso con un invito al bar o al cinema, non voleva esporsi così tanto; si sarebbe limitato a guardarla da lontano.
Uscito da scuola, i suoi compagni di classe lo inseguirono
 al contrario di quanto aveva sperato  e lo raggiunsero con il loro pennarello rosso. Lui si fermò, sorrise e alzò i capelli dalla fronte, scoprendola. I suoi compagni, ridendo, gli disegnarono un pene circondato da fiori, probabilmente margherite, e lo salutarono come al solito, con una pacca sonora sul sedere.
Alain odiava i suoi compagni, ma di certo non avrebbe potuto mostrar loro i suoi sentimenti, primo perché li avrebbe spinti solo a importunarlo di più, secondo perché non sarebbe stato da lui: si era imposto di non esagerare mai, e di sicuro non poteva prendersela solo per degli stupidi disegni sulla fronte, no?


Hai sentito? Per caso hai sentito le urla di quella bambina che, appena nata, grida al mondo la sua esistenza?
Hai sentito? Per caso hai sentito il pianto lamentoso di quella vecchia che non si è ancora rassegnata alla morte del marito?
Hai sentito? Per caso hai sentito le parole di amore sussurrate nella notte da due amanti, troppo vicini per stare soli?


Melaine si era avvicinata a lui, quel giorno, e gli aveva chiesto se poteva imprestarle una penna. Certo, non era niente di importante, ma lui si era sentito felice – no, "felice" è troppo... diciamo allegro. Lui aveva sorriso e le aveva detto che sì, gliela prestava sicuramente una penna. Anche lei aveva sorriso, dopo, e di certo era un buon segno.
Tornando a casa non riusciva a far a meno di tenere le sue labbra piene piegate all'insù e si sentiva così allegro che avrebbe potuto prendere la bicicletta e andare nei campi a fare un giro, giusto per sfogare un po' la leggerezza eccessiva che gli pesava nel cuore. E così fece: prese le chiavi, andò in cantina, aprì il lucchetto e pedalando forte raggiunse la campagna vera e propria, quella dove stavano i veri contadini, le rondini (ma quelle solo in primavera) e le galline.
A un certo punto si accorse che stava andando davvero troppo veloce e, anche se il vento tra i capelli neri gli piaceva, decise di rallentare un poco. Imboccò quindi una viuzza secondaria e si diresse verso una di quelle fattorie abbandonate che circondavano la zona. Solitamente non si recava mai in quel luogo perché in qualche modo lo spaventava, però quel giorno si sentiva abbastanza allegro da affrontare qualsiasi cosa, anche una fattoria abbandonata.
Entrò nella struttura, ma poco dopo sentì dei rumori provenienti da una stanza adiacente: gemiti di donna e urla di uomo. Per la prima volta in vita sua la curiosità ebbe la meglio e decise di avvicinarsi ancora un poco alla porta semiaperta che divideva l'ingresso dal luogo da cui provenivano i suoni: vide una donna – una ragazzina – dai capelli rossi come il fuoco e la pelle bianco latte macchiata di polvere di cacao sdraiata per terra, con i vestiti stracciati e il viso parzialmente tumefatto, e vide un uomo che la sovrastava e le teneva le braccia verso l'alto. La ragazzina non emetteva quasi più nessun suono, i suoi occhi erano appannati, il corpo stanco, ma l'uomo non si fermava, spingeva, andava su e giù, su e giù, su e giù, ancora e ancora.
Alain restò congelato un attimo in quella posizione, non sapendo che fare. Sentiva i lamenti sottili di Melaine e le urla violente dell'uomo e ne era come ipnotizzato: che cosa stava succedendo? Perché Melaine era a terra? Perché l'uomo urlava? Non capiva.
I suoi pensieri vennero interrotti quando la ragazza ruotò impercettibilmente il volto e incrociò il suo sguardo stranito. Alain scappò.


Che gusto avevano? Erano dolci le fragole di bosco e i mirtilli che hai raccolto da bambino?
Che gusto aveva? Era aspro il limone spremuto sulla tua lingua per una scommessa?
Che gusto aveva? Era amaro il sangue delle tue labbra rotte dal freddo?


Melaine non si faceva vedere a scuola ormai da settimane, ma nessuno ne era preoccupato: era sempre stata di salute cagionevole, quindi non era una novità che si assentasse per qualche tempo. Ma Alain non era più tanto sicuro di ciò, non era sicuro che fosse tutta colpa del suo corpo e delle sue malattie; magari quando, due mesi prima, era stata a casa per ben diciassette giorni – e che fossero diciassette Alain se lo ricordava bene, perché ogni giorno che passava senza di lei disegnava su un foglio un piccolo puntino rosso –, non era per la febbre, ma per qualcos'altro.
Non riusciva a far a meno di vedere i suoi occhi che lo guardavano per un quarto di secondo, così vuoti da farlo scappare. Non chiedevano aiuto, non erano arrabbiati, non stavano implorando pietà... erano semplicemente altrove, lontani da lì; forse nemmeno lo avevano realmente visto, forse nemmeno si sarebbe ricordata di lui, una volta tornata a scuola.
Non era turbato, in realtà, sentiva solo un sinistro rimescolio di stomaco quando ci pensava, nulla di più: aveva messo un tappo sopra la sua paura, la sua vergogna e la sua rabbia e se n'era scordato.


Lo senti? Lo senti l'odore dell'erba appena tagliata bagnata dalla rugiada?
Lo senti? Lo senti l'odore della pioggia che sta per cadere?
Lo senti? Lo senti l'odore della paura che ha invaso i tuoi occhi?



Alla fine Melaine tornò, di nuovo. Era bella come sempre: aveva i soliti capelli rossi, la solita pelle bianca macchiata di cioccolata, i soliti occhi tranquilli, le solite dita sottili, il solito sorriso dolce. Era tanto amata, Melaine, e non solo da lui, da tutti. Che fosse così amata perché era come lui? Che riuscisse anche lei a sopprimere ogni emozione e a relegarla in un piccolo angolo, accartocciandola e rimpicciolendola talmente tanto da diventare invisibile? Sarebbe stato bello, pensava, avere qualcosa di così speciale in comune.
Quel giorno a scuola gli diedero la verifica di storia: sì, alla fine era andata bene esattamente come si aspettava e un bell'otto rosso – rosso come i capelli di Melaine – spiccava sul suo foglio. Era soddisfatto di se stesso: aveva fatto un ottimo lavoro, aveva sopportato le urla di sua sorella Coraline e le bestemmie del suo ragazzo Briac, era rimasto imperturbabile davanti al pennarello dei suoi compagni e aveva scordato ciò che aveva visto nella vecchia fattoria abbandonata. Era stato proprio un bravo ragazzo, chiunque sarebbe stato fiero di lui.
Tornando a casa, prese una via diversa dal solito per passare vicino ai campi. Non conosceva il motivo, eppure decise di svoltare e camminare un po'. Si sentiva davvero bene, benché sul fondo del suo stomaco continuasse a rimescolare quell'odiosa – seppur debole – sensazione. Girò l'angolo, mosse un passo in avanti, poi ancora uno e un altro e vide alla sua destra una figura accovacciata fra l'erba alta. Alain si avvicinò e guardò in giù: ciuffi di capelli rossi sparsi ovunque per terra, un paio di forbici – di quelle che si usavano a scuola – fra mani sottili, graffi su pelle bianca spruzzata di polvere di cacao, macchie violacee pericolosamente simili a lividi. La figura alzò gli occhi ed erano vuoti, ma pieni di lacrime.
Alain non riusciva a muoversi, i suoi piedi non reagivano, le sue mani tremavano. Melaine si alzò da terra, mostrando la testa quasi completamente rasata, e afferrò il suo polso. Faceva male, faceva dannatamente male sentire la sua stretta furiosa, e faceva paura. Sembrava che la ragazza volesse dirgli qualcosa, ma si limitò a guardarlo dentro, così a fondo che tutto ciò che nel suo stomaco era stato sotto il tappo uscì fuori, tutto d'un colpo. Alain urlò e indietreggiò. Inciampò nei suoi stessi piedi e si sporcò le ginocchia di fango e terra. Melaine allora gli si avvicinò finché non gli fu proprio sopra; un po' del sangue che fuoriusciva dai graffi profondi sulle sue braccia gocciolò sul viso di Alain, macchiandolo di rosso. Lui allora si alzò e, quasi frenetico, fuggì di nuovo.
Tornato a casa, il suo cuore palpitava così forte che pensava che pure i vicini avrebbero potuto sentirlo, se solo fossero stati in casa. Si diresse in bagno e si ripulì dal sangue di Melaine, sfregando così forte le mani sulla faccia da lasciare un alone rosso.
Odiava il rosso, il rosso dei capelli sparsi per terra, il rosso del pennarello, il rosso dell'otto sulla verifica, il rosso delle sue guancie, il rosso del sangue di Melaine. Ma il rosso era ovunque, non vedeva altro che rosso, non distingueva più gli altri colori: tutto era rosso, rosso, rosso. Anche i suoi occhi erano rossi, le sue mani erano sporche di sangue rosso, così come la sua faccia e la sua maglia, i pantaloni, il collo, i polsi, le braccia. Il bagno era rosso, il pavimento era rosso, tutto era completamente rosso.
Fuggì via e andò a sbattere contro il muro, cadde per terra. Il suo ventre stava per esplodere: la paura, la vergogna e la rabbia stavano invadendo il suo corpo e spingevano da sotto lo sterno, il sapore del sangue raggiungeva la gola, l'odore del sangue le narici e sotto le dita gli sembrava di stringere un pennarello rosso, imbrattato di sangue anch'esso. Si alzò di scatto, sentendo il pavimento bruciare, quindi si lanciò sul balcone, annaspando alla ricerca di aria, ma una volta uscito anche quella sembrava sapere di sangue, e il suo ventre era gonfio, così gonfio che tra non molto sarebbe sicuramente scoppiato. Non c'era più nulla che non fosse rosso, niente.
Si sporse un poco e vide che, di sotto, il rosso sembrava un po' meno terribile, e forse pareva più simile al grigio. Era così bello il grigio! Sì, il grigio dell'asfalto era davvero attraente, sembrava lo stesse chiamando. Alain allora decise di raggiungerlo, con un bel salto e il solito sorriso tranquillo sulle labbra, perché la marea di rosso che l'aveva invaso fino a quel momento si era improvvisamente placata ed era ritornato tutto normale, ed era certamente grazie al grigio.
Ma mica voleva che ritornasse il rosso, no? Doveva raggiungere l'asfalto e recuperare la sua bravura nel contenere emozioni. Doveva farlo, perché solo così si sarebbe salvato.
Si gettò quindi di sotto e raggiunse l'asfalto grigio... ma non aveva pensato che adesso, attorno a lui, l'unico colore che si vedeva era il rosso, il rosso dei capelli per terra, il rosso del pennarello, il rosso dell'otto sulla verifica, il rosso delle sue guancie, il rosso del sangue di Melaine e, adesso, del suo.



 

Note autrice:

Lo stile inizialmente è molto lineare, ma andando avanti con la storia diventa più incalzante e ripetitivo, più complesso. Questo perché, essendo scritta dal punto di vista del protagonista, all'inizio della storia per lui tutto è chiaro, mentre più procede la narrazione, più la sua confusione aumenta, e quindi anche lo stile diventa più confusionario. 
Non saprei dire come mi è uscita questa storia... spero vi piaccia, comunque, e che non mi prendiate per pazza completa o, altrimenti, per psicopatica. 

   
 
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