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Autore: Shisho_67    27/02/2015    1 recensioni
Madara scosta un attimo il bicchiere dalle labbra, scuotendolo un poco, osservando impassibile il liquido ambrato agitarsi al suo interno. Il bicchiere non ha mutazioni, non si incrina, non si rompe, ma dal suo contenuto si può tranquillamente vedere che una qualche sollecitazione la sta subendo. Proprio come lui. Sospira, l’invincibile capostipite degli Uchiha, riprendendo a bere.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hashirama Senju, Madara Uchiha, Mito Uzumaki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Spirito di autoconservazione. Ecco come hanno fatto gli esseri umani ad evolversi da semplici organismi unicellulari alla razza dominante sul pianeta Terra. Lo spirito di autoconservazione è ciò che impedisce agli uomini di suicidarsi, o per lo meno non subito, l’autoconservazione è ciò che permette da millenni alla razza umana di progredire senza estinguersi e senza perdersi lungo la strada. Purtroppo, ogni regola ha la sua eccezione. Madara Uchiha pensa spesso a questo istinto primordiale, a questo desiderio congenito che hanno gli uomini di sopravvivere. A lui non è mai importato poi tanto. Le uniche cose importanti nella sua vita sono state la conservazione dell’onore del suo clan e Hashirama. Seduto in veranda, Madara sorseggia del buon whiski, quello che suo padre gli proibiva di assaggiare da piccolo, promettendoglielo in dono per quando si fosse sposato. Ah! Sposarsi… Nemmeno di questo gliene è mai importato granche. Sente il liquore bruciargli la gola, ma, con una smorfia, continua a buttarlo giù, nemmeno fosse una medicina amara da prendere per forza. Non gli piace la sensazione dell’alchool a contatto con le papille gustative, eppure continua a bere. Non sa nemmeno lui il perché. Forse proprio per riconfermare il suo essere l’eccezione alla regola dello spirito di sopravvivenza. Oppure semplicemente per sentire il brivido della trasgressione. Non lo sa nemmeno lui, alla fine. Ah, già. Tutto è cominciato dal matrimonio… Si, perché Hashirama si è sposato. Giusto quella mattina, per l’appunto. Madara scosta un attimo il bicchiere dalle labbra, scuotendolo un poco, osservando impassibile il liquido ambrato agitarsi al suo interno. Il bicchiere non ha mutazioni, non si incrina, non si rompe, ma dal suo contenuto si può tranquillamente vedere che una qualche sollecitazione la sta subendo. Proprio come lui. Sospira, l’invincibile capostipite degli Uchiha, riprendendo a bere. Così forte e allo stesso tempo così maledettamente vulnerabile. Giusto una settimana prima Hashirama era venuto a casa sua, triste, con una faccia da funerale addosso a cui Madara inizialmente non aveva saputo attribuire un significato. Poi il Senju si era lasciato cadere su una poltrona, sprofondando trai morbidi cuscini senza fare resistenza alla forza di gravità che man mano lo trascinava sempre più giù.
-Che hai, testa di rapa? Sei ancora più depresso del solito!- aveva bruscamente rotto il silenzio l’Uchiha, incrociando impaziente le braccia sul petto.
-Tra una settimana mi sposo.- era stata la dura quanto esaustiva risposta del moro. E a Madara era crollato il mondo in testa. Quella sera, dopo che Hashirama se ne fu andato, non ce ne fu per nessuno. La sua furia distruttiva, la sua frustrazione, la sua totale impotenza si era scatenata in tutto il suo splendore, radendo al suolo boschi e montagne, senza risparmiare niente e nessuno. E’ stato così che Madara ha capito che la felicità non esiste. Appena le cose sembrano andare bene, appena tutto sembra filare liscio, qualcosa deve inevitabilmente arrivare a distruggere tutto il bene che la gente si affanna a cercare nella vita, spazzandolo via, lasciando al suo posto il vuoto e la solitudine. Hashirama era riuscito a ridare fiducia a Madara, fiducia nel fato, fiducia negli uomini, fiducia nel futuro. E sempre Hashirama era riuscito a togliergliela tutta, nel tempo di un battito di ciglia. Stringe le dita più forte attorno al bicchiere, l’Uchiha, trattenendosi dal frantumarlo. Aveva trovato la pace, lì al villaggio con Hashirama, era riuscito a ritagliarsi un pezzetto di paradiso tra le fiamme dell’inferno. Aveva imparato cos’è la normalità insieme al suo vecchio amico, aveva riscoperto i piaceri di una routine anche grazie a lui, a quell’uomo bislacco e incredibile che ogni momento libero che aveva lo usava per venirlo a trovare, per poi passare ore e ore a consumare un amore morboso e malato tra le lenzuola ormai profumate di loro nella camera da letto dell’Uchiha. A questo pensiero, Madara non si trattiene più. Il bicchiere tra le sue dita si frantuma in mille schegge di vetro tagliente, che feriscono la sua pelle candida, lasciando tagli profondi e non sulla sua mano. Ma lui nemmeno se ne accorge. Il suo sguardo adesso è puntato nel vuoto, le sue iridi prima nere ora sono di un rosso cremisi inquietante, la strana figura del suo Sharingan infinito a decorarle. La colpa non è di Hashirama, che ha soltanto assolto il suo dovere verso il suo paese, stipulando attraverso quel matrimonio un patto di alleanza con uno dei villaggi più forti e temuti di tutto il Paese del Fuoco. La colpa era di Mito.
-Quella puttana rossa…-ringhia Madara, inconsapevole di aver appena espresso i suoi pensieri ad alta voce. La odia così tanto… Sembrava tutto bello, tutto perfetto, prima che arrivasse lei. Prima del suo arrivo, tutto aveva un senso, ogni cosa aveva un’armonia. Per la prima volta nella sua vita, Madara aveva imparato a sentirsi a casa con qualcuno che non fosse Izuna o uno dei suoi defunti fratelli. E così Hashirama. Avevano trovato conforto uno nell’altro, si erano dati forza a vicenda e si erano sorretti quando il peso dei ricordi arrivava a gravare su di loro, minacciando di farli cadere. Madara avrebbe dovuto capire che quel rapporto morboso con Hashirama non sarebbe mai durato in eterno. Avrebbe dovuto prendere le distanze molto tempo prima che quella che entrambi avevano sempre chiamato amicizia si trasformasse in qualcos’altro. Ma, come già detto, dell’autoconservazione a Madara non è mai importato molto. Alla sopravvivenza preferiva il rischio, il brivido dell’azzardo, l’adrenalina che solo l’osare sa dargli. Hashirama è sempre stato la sua scommessa più incerta, una scommessa che credeva d’aver vinto. Ovviamente, si sbagliava. Ora è in viaggio di nozze, quel cretino, a spassarsela con la sua puttana rossa. Digrigna i denti, Madara, sfoderando senza volerlo Susanoo. Le mani del suo Hashirama su di lei, la sua voce che chiama il suo nome, il suo corpo che ne ama un altro, non più quello conosciuto ed esplorato di Madara, maschile, muscoloso e pieno di spigoli, ma quello nuovo di Mito, morbido e pieno di curve. Forse un po’ di spirito di autoconservazione è rimasto, in fondo al cuore dell’Uchiha, un rimasuglio di ignobile umanità repressa. Se così non fosse, in questo momento Madara scatenerebbe la potenza del suo Susanoo supremo, radendo al suolo ogni cosa pur di trovare il nido d’amore della nuova coppia di sposini. Scatta in piedi, stringendo i pugni, le braccia tese lungo i fianchi. La vuole morta, quella inutile, gracile donna. “Io non la amo” la voce di Hashirama lo riporta coi piedi per terra, schiarendogli un poco le idee annebbiate dall’ira. “Non la amerò mai…” le note di desolata arrendevolezza rimbombano con insistenza nella mente, addolcendo per un attimo la sua anima, lenendo per un momento le sue ferite. Si risiede, sbuffando, ritirando Susanoo e tentando di calmarsi. Non deve dare in escandescenze. Non c’è motivo per essere così arrabbiati. Inspira dal naso ed espira dalla bocca, tentando di ritrovare uno stato di serenità tale da poter restare fermo senza distruggere niente. Quello che sta vivendo non è reale. Non può esserlo. Le persone non possono nascere solo per soffrire così tanto. Se quella che sta vivendo fosse la vera vita, allora non avrebbe più senso. Non è possibile che lo scopo dell’esistenza umana sia il dolore. Si è sempre considerato un uomo privo di spirito di autoconservazione, Madara Uchiha. Non ha idea che questo suo rifiuto derivi proprio da quell’istinto primordiale che ha l’uomo di sopravvivere. Rimane fermo, immobile, lo sguardo perso e il culo sulla sedia. Ha perso tutto. Prima i fratelli maggiori, poi Izuna e infine Hashirama, l’unico appiglio alla vita che gli era rimasto. “Io amerò sempre e solo una persona” gli aveva detto il Senju, sorridendo timidamente. Una fitta improvvisa al petto lo fa piegare in due, le mani, prima pigramente abbandonate lungo i fianchi, si arpionano alla stoffa dei vestiti che ricoprono la zona dolente: il cuore. Questo mondo non è reale. Era reale, prima che quella puttana rossa lo distruggesse, creandone uno nuovo formato esclusivamente da dolore e sofferenza. Ma adesso non lo è più. Ne dovrà creare uno nuovo. Non c’è altra soluzione. Non c’è più posto per lui in questo inferno, in questo mondo distorto e bastardo che lo ha esiliato. Ne creerà uno nuovo, dove ne Izuna ne hashirama saranno costretti a scomparire. “Io amerò sempre e solo una persona” gli aveva detto l’amico e il rivale di una vita.
-Anche io…-sussurra Madara, anche se un po’ in ritardo.

 
 
Si aggira per la stanza, Hashirama Senju, incapace di prender sonno. Gira appena lo sguardo, rimanendo per un momento ad osservare la cupa sagoma del letto sul quale riposa quella che ormai è costretto a chiamare sua moglie. Gli dispiace, ovviamente, ma non la potrà mai amare. E’ una dona in gamba, forte, intelligente, bella… Le ha tutte. Eppure lui non la vuole. Perlomeno non come consorte. Si lascia cadere sulle coperte sfatte, poggiandosi i gomiti sulle ginocchia e prendendosi la testa tra le mani. E’ seduto sul letto, su quello stesso letto nel quale pochi minuti prima ha fatto l’amore con sua moglie per la prima volta. E non c’è stato momento il cui la sua mente non abbia sovrapposto alle morbide curve femminili di lei i familiari, rigidi spigoli dell’amore della sua vita. Invece che morbidi fili rossi, tra le dita immaginava di avere la stopposa consistenza dei capelli neri di lui, invece di due occhi verdi, si immaginava due pozzi nero pece, profondi e ammalianti come nient’altro al mondo. E’ stato lo spirito di autoconservazione a spingerlo in questa situazione, istinto per il quale Madara l’ha sempre sfottuto. “Hai represso gli istinti!” soleva ripetergli un tempo. “Ormai sei troppo umano per divertirti come un tempo!” erano solo provocazioni, istigazioni allo scontro fisico, prese in giro finalizzate unicamente al riderci su, ma adesso rimbombano invadenti nella sua testa, senza lasciargli tregua. E’ stata la necessità di salvare il loro sogno che l’ha spinto ad accettare Mito in moglie. Vorrebbe morire, adesso, vorrebbe non essere mai diventato Hokage. Ma se non lo fosse diventato lui… adesso in quel letto ci sarebbe Madara. E, tutto ad un tratto, Hashirama percepisce, a distanza di kilometri, lo stato d’animo del suo migliore amico. E il cuore cessa di battergli, per un secondo, nel petto. Una lacrima solitaria gli scende sulla guancia, cadendo silenziosa sul freddo pavimento della stanza. Ha condannato entrambi all’eterna infelicità, quando tutto ciò che ha sempre voluto era vivere sereno ed in pace nel suo villaggio, invecchiando col suo amico e rivale di una vita al suo fianco, per sempre. Ma, com’è ovvio, lo spirito di autoconservazione è un istinto troppo grande e radicato da poter combattere. Ha sempre ammirato il modo in cui questa regola sembra scivolare addosso a Madara, come se lui ne fosse immune. Un sorriso di tenerezza increspa le sue labbra, arrivando immediatamente a coinvolgere gli occhi. Madara, il suo Madara, il suo animale indomabile, la sua bestia perfetta e intangibile, che nessuno sarà mai in grado di dominare per davvero. Si rannicchia nel letto, tenendo una certa distanza dal corpo caldo della moglie, crogiolandosi nella dolcezza che quei pensieri suscitano in lui. Non vede l’ora di tornare a casa… “Io amerò sempre e solo una persona.” gli aveva detto, sorridendo timidamente. “Te, Madara.”
  
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