Serie TV > Merlin
Ricorda la storia  |      
Autore: Eternity45    28/02/2015    3 recensioni
Tante volte ti hanno chiesto cosa ti ha spinto a lasciare tutto ciò che avevi, a perdere tutto, per trovarti da sola, a combattere solo per ottenere un mero trono. Cosa avesse scatenato il tuo odio per Camelot, per Artù. E per spiegarlo dovresti raccontare la storia di una vita, di come lui abbia tradito ogni tua speranza.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lancillotto, Morgana, Principe Artù | Coppie: Morgana/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "A TIME OF MAGIC" INDETTO DA hiromi_chan SUL FORUM DI EFP

Autore (forum e efp): Eternity45
Titolo: "Remembering tears and daisies"
Coppia: Het (Morgana-Artù + accenni Morgana-Lancilotto
Rating: Giallo

Pacchetto scelto: Morgana Pendragon
Prompt usato: margherita
Generi usati: introspettivo, sentimentale
Avvertimenti usati: incest
Citazioni usate:
1)C'è qualcosa di speciale in te. Non so dire cosa sia.
2) Qualche volta devi fare ciò che ritieni sia giusto, e al diavolo le conseguenze.
Extra(usato): narrazione in seconda persona



Remembering tears and daisies

Pensi, senza sapere esattamente a cosa, lasciando che la mente si distacchi dal corpo - lo stesso corpo che poco prima era stato la tua sola ancora, con le sue sensazioni - e che vaghi, in quei mondi misteriosi che sono a un passo dall’essere poco più che aria e pensiero, e ad un passo dall’essere concreti come spade affilate.
E brilla, il fuoco. Sulla sua pelle nuda, creando ombre tremanti sui suoi muscoli appena accennati, riflessi ramati sui capelli d’ebano, definendo quel corpo addormentato. Brilla, e si riflette nei tuoi occhi chiari, che studiano la figura accanto a te, abbandonata in quel letto troppo piccolo, dentro a una stanza troppo piccola, troppo scura, che ti toglie il fiato, ricca di troppi ricordi, di troppe ore di muta agonia, di errori, di lenta tortura interiore che ti costringono a uscire, per inseguire quell'illusione di fuga, quel bisogno d’aria. Abbandonare il calore soffocante delle fiamme, racchiuse nella loro nicchia, ma che sembrano voler strisciare via per afferrarti, incantarti e portarti al loro cospetto, farti perdere ancora una volta all'interno di te stessa.

È una di quelle rare giornate invernali soleggiate, fredde, umide, ma con il cielo abbagliante, di un azzurro così chiaro e limpido da accecare lo sguardo. Alle tue spalle montagne dai picchi candidi sbucano oltre la cima degli alberi della foresta. La luce passa tra i rami e gli aghi di pino, macchiando d’oro il terreno, svelando sentieri appena accennati nel sottobosco fangoso. Lasci scorrere la mano sulle cortecce bagnate degli alberi, lasciando che i tuoi piedi ti guidino in un luogo nascosto, poco lontano dalla tua dimora; una piccola rupe, esile acciottolio di sassi che si lascia avvolgere dai raggi di sole, ti accoglie tra le sue rocce. Ti permetti di alzare lo sguardo e davanti a te, in lontananza, scorgi Camelot, la bella Camelot. Con i suoi bastioni possenti, i prati pettinati, le scalinate di pietra. Con quei suoi corridoi segreti, che con il tempo, hai svelato dal primo all’ultimo, le sue prigioni e le sue maestose sale. Potresti passare tutto ciò che resta della tua vita a guardare quella città, e mai, nemmeno per un secondo, potresti evitare di farti trascinare dai ricordi, dalla malinconia e il rimpianto.

Come ogni volta senti di nuovo nelle orecchie lo stridio delle ruote dei carri sulle strade lastricate, il vociare delle donne, i clangori di spade, le grida soffocate delle risse. Sotto i polpastrelli, nuovamente senti il freddo marmo, modellato in statue eleganti; uomini dagli sguardi severi, o donne; dee mitologiche dalle forme così leggere che accostare la dura pietra ad esse si direbbe un ossimoro.
 Te la ricordi, vero, Morgana? La città dalle mille torri, dalle mille arti, il centro del mondo. Accarezzi da lontano, con lo sguardo, le vallate sottostanti, scavando nella memoria. Il tuo naso è ancora una volta avvolto dagli odori della città, della polvere, dei fiori di lavanda, del sapone profumato che Gwen usava per i tuoi vestiti… Ginevra… la serva che diventerà regina… stringi i pugni, la rabbia che sale. Lei al tuo posto. Lei, sul trono. Accanto a lui.
Perché possono essere passati gli anni, ma i segni sono sempre vivi. Ardenti, ancora ti scorrono nel sangue, corrodendo il cuore, lacerando l’anima.

Rammenti gli sfarzi, le feste, la corte e la nobiltà; rammenti il tuo cuore battere forte come mai in tutta la tua vita, le farfalle nello stomaco, quella folle sensazione che nella tua ingenuità di ragazza hai chiamato “amore”. Perché tra le possenti mura di Camelot, in ogni alcova e nicchia, in ogni corridoio è racchiuso e aleggia ancora il ricordo di lui, di voi due.
E al pensiero, bruciano di nuovo sulle tue labbra tutti quei baci rubati, e sulla tua pelle scotta ogni tocco proibito. Vieni trascinata indietro nel tempo, in quegli attimi isolati della tua vita nei quali non hai avuto come soli compagni odio e vendetta. Ricordi una sera in particolare, una notte di inizio inverno. Niente nuvole in cielo, solo aria gelida e uno spicchio appena accennato di una morente luna, le torce a illuminare l’oscurità. Quel giorno tutto il castello era in fermento  per i festeggiamenti del compleanno della “pupilla del re”… un tempo avevi un popolo che ti celebrava, Morgana…

Eri avvolta in un abito di seta pregiata, di un colore vermiglio denso quanto il sangue, l’oro a decorare i tuoi capelli, altro rosso sulla bocca, bellissima; un raggio di luce che sfida coraggioso le tenebre, gli occhi di tutti puntati su di te.
Compresi gli occhi del principe.
Lo stesso principe con la quale sei cresciuta, che ha strappato i tuoi primi sorrisi e le tue prime lacrime.
Ti guardava diversamente dal solito, con la solita ironia, con il solito affetto inutilmente dissimulato, ma c’era qualcosa di diverso dietro i suoi occhi, quella sera più scuri e determinati del solito. E mentre brindava in tuo onore il tuo nome usciva in modo stranamente dolce dalle sue labbra, e il suo modo di guardarti… era come se volesse sondarti l’anima, scoprire ogni recondito andito di te e nutrirsi della tua essenza.
Ti portò via dalla folla, in un angolo isolato dei parchi del palazzo, dietro a dei cespugli di rose ormai sfioriti.
Ricordi ancora le sue parole, promesse d’amore. Vuoti giuramenti, ma che in quel momento sembravano vita pura. Ti abbandonasti all'illusione di avere un uomo diverso davanti a te, qualcuno che ti avrebbe davvero amata per sempre, che non ti avrebbe usata e sbattuta come un burattino, che avrebbe messo te al primo posto, sempre. Contro tutto e tutti.

C'era un piccolo fiore nel prato, tra i fili d'erba coperti di brina; petali bianchi su uno stelo sottile e tremante: una margherita, sola al mondo, abbandonata dalle sue compagne al sopraggiungere dell'inverno. Unico esemplare che aveva provato a sfidare il gelo e a portare un briciolo di vita alla lunga morte della terra. E Artù la raccolse, porgendotela, scusandosi per l'umiltà di quel piccolo gesto, per quel bocciolo scontato e comune, non abbastanza per te.
E sorridesti dell'ingenuità di quel principe, che aveva ancora da imparare tanto.

Ma tu, lo amavi lo stesso.

Avevi imparato a amarlo sin da piccolo; ad amare la sua arroganza dapprima, perché era quella la prima cosa con cui ci si scontrava. Poi i suoi gesti inaspettati, il suo coraggio e la sua forza.
Il suo essere uomo, fiero. I suoi sentimenti nascosti, e le lacrime che gli hai sentito versare tante volte da piccolo, la notte chiuso nelle sue stanze. A invocare una madre morta nel corpo e un padre perito nel cuore.
 Ma anche tu da piccola piangevi di nascosto, rannicchiata con il viso tra le ginocchia, pronta a dissimulare quella tua debolezza non appena qualcuno avesse varcato la porta, e ti sentivi rincuorata a pensare che in quel castello così vasto ci fosse qualcuno che non ti lasciava sola, anche senza saperlo, nel dolore e nella mancanza.
Eri cresciuta, e avevi iniziato ad arrossire di fronte al suo corpo sempre più attraente, e a nascondere il tuo per pudore e buon nome, sperando però che lui lo guardasse comunque. Che ti guardasse e finalmente capisse che il ruolo di fratelli non faceva per voi.

C’era troppa energia tra voi, scintille a ogni sguardo, fuoco a ogni litigio e a ogni piccolo gesto che non poteva mascherare l’importanza dell’uno per l’altra. E quella sera te lo mormorò imbarazzato, un Artù che non avevi mai visto, senza armature né spade a proteggere la sua anima.
“A volte bisogna fare ciò che si ritiene giusto, e al diavolo le conseguenze”, parole appena respirate, con voce grave, per poi strapparti un bacio, a lungo sofferto e desiderato. E tu, avida, ne rubasti un altro, e un altro ancora, come non ti potessi più fermare. Le pagine che ogni giorno scrivevi definirono quei tempi come “i più belli della tua vita”. E forse, paragonati alla miseria che stai vivendo ora, lo sono stati.

Tante volte ti hanno chiesto cosa ti ha spinto a lasciare tutto ciò che avevi, a perdere tutto, per trovarti da sola a combattere per ottenere un mero trono. Cosa avesse scatenato il tuo odio per Camelot, per Artù. E per spiegarlo dovresti raccontare la storia di una vita, di come lui abbia tradito ogni tua speranza. Eravate felici, insieme, e questo fa solo più male. Condividevate i vostri piccoli segreti, appuntamenti, fughe. Chiunque, guardandovi quando eravate soli, avrebbe detto “Quei due, sono proprio dei giovani innamorati”.

Un giorno, ti condusse si piedi di una piccola collinetta, su un manto erboso tappezzato da piccoli fiori primaverili. E mentre eri stesa sulle sue ginocchia, un lieve solleticare ti pizzicò il naso.
Teneva una margherita candida in mano, perfetta nella sua semplicità. Ti disse che quel fiore sarebbe stato il simbolo del vostro amore: candido, resistente, con l’obbligo di passare inosservato ma, che se guardato da vicino, racchiudeva un mondo a parte. Tanti petali sovrapposti, centinaia di ombre di essi sugli altri; il pistillo formato da mille e più granelli dorati, vita pura. Un fiore che, nonostante la sua natura, avevate visto sfidare il gelo e le intemperie, come quel singolo esemplare che ti aveva regalato, tanto tempo addietro.

E quel pomeriggio, ti sfiorò delicato il collo con i petali di quella margherita, candidi quasi quanto la tua stessa pelle, e le sue mani forti esplorarono il tuo corpo. Giurasti che sarebbe stato per sempre, e ti donasti a lui, pregandolo di rimanere tuo fino alla morte.

Ma le cose sono cambiate in fretta, Morgana. Da principessa sei scivolata a reietto, mostro… odiata.

Aiuto. “ Aiuto” avresti voluto gridare quando lui si è allontanato, quando non c’era a baciarti la fronte al risveglio dagli incubi. Quando gli sguardi innamorati non erano più rivolti a te, ma a un punto imprecisato alle tue spalle che ti sei accorta troppo tardi essere occupato dagli occhi della tua serva. E quando hai scoperto che nelle tue vene non scorreva sangue, ma magia… lui non c’era, senza spiegazioni, semplicemente dovevi accontentarti delle parole di disprezzo che uscivano dalla sua bocca mentre parlava con il padre degli stregoni, ignorando che tu stavi lì, nell’angolo della sala, a morire dentro.
E in un giorno come tanti, il mondo può crollarti addosso.
Perché lui non ti amava, non ti aveva mai amata. Te lo disse guardandoti negli occhi senza pudore, scusandosi per l’illusione che ti aveva dato, per quell’amore, che era stato solo trasporto ingenuo di un giovane alla ricerca di avventure. Solo un errore.

Un codardo, Artù, un’ipocrita. Un uomo che sarebbe diventato re, con un cuore unicamente votato a se stesso. Tuo amante, tuo compagno... tuo fratello, hai scoperto poi. Ormai niente poteva lanciarti più nell’abisso di questo; lentamente ti hanno corroso l’odio e il dolore, spingendoti a diventare ciò che sei ora. E mentre pensavi al suo corpo sul tuo, al quel vostro rapporto, ormai morto, reso ancora più insano dal vostro legame di sangue, non sentivi nient'altro che tormento. Come se i sentimenti negativi avessero passato un limite, lasciando il posto a una lenta tortura dominata da assenza e malinconia. Sei arrivata a provare disgusto per te stessa, per quel'amore fraterno che hai consumato con le fiamme della passione, contro alle leggi di ogni regno e contro l'etica di ogni popolo.

Ma se solo potessi tornare indietro... ripeteresti tutto mille volte... per poi odiarlo ancora, per perseguitarlo e desiderare la sua morte, ma per continuare ad amarlo nonostante tutto.

- Mia signora -
Ti volti di scatto, sorpresa da quella voce grave e sottomessa, proveniente da un uomo alto, con capelli corvini a incorniciargli il volto mediterraneo.
- Mio cavaliere - rispondi ironica, scrutandolo scettica, prima di fargli segno di avvicinarsi con un dito, come a tirare i fili che incatenano quell'ombra, l'ombra di Sir Lancillotto. E' una perdita di tempo, quella manipolazione, e lo sai; potresti  infiltrarti a Camelot e uccidere la futura regia, ma c'è qualcosa di sublime, nel possedere il massimo esponente dei valori tanto esibiti da Artù. Quei valori vuoti, onore, nobiltà; corromperli, shernirli e spezzarli dall'interno, manipolare quella mente un tempo integra e trasformarla in un prolungamento della tua. Proprio come lui ha manipolato te, illudendoti di essere amata.

Poggi le labbra su quelle del cavaliere, lasciando che i ricordi della notte passata con lui cancellino per un istante il dolore di una vita intera. O lo accentuino. Forse è solo un errore annegare il passato in un'alternativa fittizia, ma da una parte vuoi vendicarti, mostrare al mondo che non sei più sua, che appartieni a te stessa e poi dare il tuo corpo senza che nessuno abbia mai il tuo cuore. Nessuno, tranne il tuo principe.
- Avrei potuto amarti, Lancilotto...- ti ritrovi a mormorare - sei simile al tuo re, agli occhi di tutti saresti ancora migliore... avrei potuto amarti nella mia innocenza e ignoranza... se non fosse stato che c'era lui...con quel qualcosa di indefinibilmente speciale, non saprei dire cosa.. c'era Artù... c'è sempre stato solo Artù. -
Alzi lo sguardo, e anche il sole non ti scalda con i suoi raggi. Ti ricorda solo una margherita piangente, che ha perso in un pioggia bianca tutti i suoi petali, e che si è ridotta a un unico pistillo, piccolo cerchio giallo, arido e morente.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Eternity45