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Autore: TheDarkLightInsideMe    28/02/2015    1 recensioni
One shot senza pretese, scritta in un momento di tristezza e delirio. Perché Beyond Birthday riemerse dal fondo delle acque quel giorno, quando i suoi occhi si piantarono su quella lettera e su quel sangue, mentre B affondava rapido nella pazzia, quando l'ennesima pietra lo trascinò nell'oblio. Pochi istanti, e la sua mente era già offuscata dall'odio.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Beyond Birthday
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sweet insanity

 
 
Lo sapevo. So più di quanto tutti qui dentro possono sapere messi insieme. Ma loro, ovviamente, non mi credono. Non l’hanno mai fatto; perché ora?
I miei occhi hanno sempre avuto questa particolarità, questo dannato colore, mi hanno dato questo potere di cui non so neppure la provenienza. C’è un dio lassù che ha deciso a priori che fossi destinato alla dannazione eterna? Magari scopro di essere anche immortale, così, da un giorno all’altro, senza una ragione ben precisa, giusto per il divertimento di qualcuno lassù. Non è giusto. Nulla di tutto questo è giusto.
Mio padre, mia madre, pochi mesi dopo, e adesso lui, l’unica persona a cui fossi legato in questa gabbia di matti. La cosa divertente è che sono cosciente di essere anche io uno di questi matti.
Cresciuti con l’unico scopo di sostituire uno ancora più pazzo di noi quando si farà ammazzare. Questo è giusto?
No, non lo è. Come i miei occhi rosso cremisi, come quello stesso colore che colora l’acqua nella vasca davanti a cui sono inginocchiato. Neppure la presenza di questo corpo qui dentro è giusta. Ma, d’altra parte, io sapevo già che sarebbe accaduto. Dalla prima volta che l’ho visto. Lui mi credeva, lo ha sempre fatto, non mi ha mai guardato male per le mie abitudini, per il mio modo di muovermi, il mio modo di sedermi. Per il mio costante fissare sopra la testa della gente, leggendo lettere e numeri di un sistema binario che riesco a stento a convertire in date.
La sua mi era chiara da sempre. Il primo sguardo, e già sapevo quando sarebbe successo, quando avrei cessato di vedere quei numeri su quella sua zazzera biondo cenere.
Non è giusto, non trovate? Se lui adesso è qui davanti a me, con i polsi tagliati, immerso con gli occhi dolcemente chiusi in un’acqua scarlatta, è solo colpa di colui che ci ha rinchiusi qui. Io lo so.
<< Ah… quindi alla fine l’hai fatto davvero, A… è divertente, quanto io non ti abbia preso sul serio, eh? Assolutamente, infinitamente divertente… >>
Nonostante quei dannati numeri siano scomparsi per sempre, riesco a sentire il suo cuore battere… o forse è il mio? Sono due che battono all’unisono? O sono solo i miei singhiozzi? Forse sono morto. Forse sono l’unico sopravvissuto. Che importa, ora? Tanto la mia vita è stata abbastanza travagliata per non finire così. O forse devo ancora soffrire per questa maledizione che mi porto addosso?
Calo le palpebre, chiedendo, sperando, pregando affinché non possa riaprirle mai più. Che senso avrebbe?
Capisco che non servirà a nulla rimanere fermo là davanti, la porta sbarrata a cui Watari –o meglio, Quillsh Wammy –continua a bussare incessantemente. Anche la causa di tutti i miei mali deve essere qui, dunque.
Mi sforzo di alzarmi, di non guardare l’oramai cadavere nella vasca da bagno, ciò che resta del mio migliore amico. Del mio unico amico.
Mi è necessaria un’enorme forza di volontà per voltarmi e sbloccare la porta, dando le spalle ad A. Mi sembra di tradirlo. Ora sarò io l’erede di “L”? O mi interneranno da qualche parte affinché ciò non avvenga? Conoscendo il detective e il suo mentore sono più propenso alla seconda opzione. Circa il… 63%? Sì, all’incirca.
Ma guarda tu come mi sono ridotto; a inventare percentuali per non pensare al mio migliore amico morto, a cercare di occupare la mente con la prima cosa che capita, fosse anche la mia nemesi. Dio, se esisti, uccidimi. O fa almeno qualcosa!
L’inventore non mi guarda neppure e si precipita a controllare il cadavere. Pensa di sentire i battiti del suo cuore? È pazzo quanto me? O forse A era l’unico modo per fare in modo che io non avessi l’opportunità di diventare “L”? Dev’essere così, ovviamente.
La realtà è che A non mi aveva mai parlato di questa sua idea di togliersi la vita, ma doveva averla in testa da un po’. Possibile che non l’abbia carpita nei suoi occhi di smeraldo? Posso essere stato così stupido? Oppure è stato improvviso? Un gesto di isteria, di emotività causata da un qualcosa? È stata E con il suo fare disprezzante?
Quella stupida ragazzina della seconda generazione?! Ma scherziamo?! No, B, dev’essere stato qualcosa di serio!
Neanche a dirlo, lo sguardo mi cade su una lettera sul pavimento della sua camera. Il suo testamento? Dubito, è scritto a macchina. E allora cosa diavolo è…?

Alternate,
come già saprai sei stato scelto come mio erede. Ora la scelta è confermata e definitiva, e dovremmo svolgere qualche test per verificare la tua idoneità al ruolo.
Verranno a prelevarti dalla Wammy’s House nove giorni dopo che tu avrai ricevuto questa missiva. Per favore, distruggila dopo averla letta.
Probabilmente non tornerai all’istituto, quindi ti consiglio di salutare i tuoi compagni. Ti prego anche di non dire loro nulla, se non che partirai tra poco per Los Angeles. Non dovrà essere un problema raggiungermi all’aeroporto centrale lì, dato che sei maggiorenne. Manderò Watari a prenderti.
Sarai il primo a conoscere il mio volto, e spero anche l’ultimo. Dovresti esserne onorato, credo. Non so.
Trascorri bene questi ultimi giorni alla Wammy’s House.
-L

 
<< Watari! >> mi ritrovo quasi ad urlare, gli occhi pieni di lacrime. Tristezza per la morte del mio amico, penserete.
No. Rabbia. Rabbia e odio. Perché io odio L. E lo odio perché sapeva di A, del suo carattere, del suo essere imprevedibile. Come me. Come noi della prima generazione. E lo odio perché l’avevo avvertito della possibilità che A morisse.
Come gli altri, ha creduto che fossi pazzo, squilibrato, folle, spostato, da rinchiudere in un manicomio, piuttosto che in un orfanotrofio.
E lo odio perché è una variabile che non posso prevedere. Che ha intensione di fare, ora che il suo erede si è suicidato?
Il vecchietto si volta di me, mentre è costretto a chiudere una telefonata abbastanza importante, lo deduco dal suo sguardo. Ma tutto può aspettare. Il mio odio supera tutto.
<< Portami da L. >> gli ordino, fissandolo nelle iridi chiare. Il suo sguardo è sempre severo e imperturbabile; anche con un cadavere davanti? Sì. Odio anche lui.
<< Backup, sei instabile ora. Vai a riposarti. >>
Sgrano gli occhi non per il modo in cui mi ha chiamato, ma piuttosto per il tono neutro con cui ha parlato. Una persona si è appena tolta la vita, e quella persona è il mio unico amico, e tu mi comandi di andare a dormire?!
<< No! Io voglio, io devo andare da L! >> strepito, aggrappandomi letteralmente con le unghie al suo abito elegante. Me la farà passare liscia? Ovviamente no, ma il mio odio supera anche la dignità. Potrà farmi tutto ciò che vuole, dopo. Ora devo vedere L e devo mettergli le mani addosso e ucciderlo e…
<< Non puoi, Backup! Va’ nella tua camera, ora! >>
Lo schiaffo arriva pesante, diretto e soprattutto bagnato dal sangue di A, di cui sono sporche le mani del vecchio. Sia letteralmente che figurativamente.
<< Tu non capisci! Io… >> lo accuso, ma non saprei davvero cosa dire. Alla Wammy’s House ci insegnano ad essere freddi, manipolatori, intelligenti ma senza scrupoli o anche sentimenti. Per questo il bambino biondo della quarta generazione è sempre punito, per questo alla sua età lo ero anche io. Ora non più, solo perché spesso mi contengo. Ma non ora, non con questa rabbia e quest’odio nel corpo.
Non riesco a continuare anche perché una voce sconosciuta sovrasta la mia, riducendo al silenzio Watari, dicendo che va tutto bene, che non c’è alcun problema, che sarebbe arrivato comunque. Ma non ha senso.
Guardo il ragazzo in piedi davanti a me, le mani sprofondate nelle tasche dei jeans, i capelli neri a dir poco spettinati, la schiena curva, la carnagione pallida, profonde occhiaie sotto gli occhi scuri. Io sono più ordinato e meno pallido e non ho occhiaie molto profonde –non quanto le sue, almeno –ma per quanto riguarda i lineamenti… per quanto riguarda i lineamenti lui è… è me. È come me. La mia copia. O forse io sono la sua.
Alzo leggermente lo sguardo, una serie di numeri apparentemente scollegati tra loro gli troneggia sul capo, e sopra ancora delle lettere che formano il suo nome di battesimo. Ma neppure questo ha senso. Sarebbe divertente, se non fossimo nella situazione in cui siamo.
L Lawliet.
Il suo nome è una lettera. Il nome di L è una lettera. Già solo per sillogismo, lui è L.
<< Mi dispiace per la tua perdita, Backup. >> nel suo tono neutro non trovo pentimento, anzi, quasi rammarico e una sorta di divertimento nella pronuncia dell’ultima parola, del mio “nome”. Ma quello non è affatto il mio nome, e non lo sarà mai. Grazie a dio. Ora ne capisco il vero significato. Da sempre, non ero altro che una riserva, appunto, da sfruttare nel caso in cui A non si fosse rivelato “idoneo”. È orribile.
Lo sconforto iniziale lascia spazio ancora all’odio e al rancore. È pur sempre colpa di quella lettera se A ha preso la decisione di farla finita. È colpa del suo autore se ho il viso rigato dalle lacrime per la prima volta dopo chissà quanti anni.
<< Mi dispiace, davvero. C’è qualcosa che volevi dirmi? >>
Sì: voglio ucciderti, L! Ma no, le parole non mi fuoriescono dalle labbra e il mio sguardo continua a vagare. Lui è me. Io sono lui. Siamo uguali. Eppure io valgo di meno. Perché? Abbiamo lo stesso QI, credo, e metodi di deduzione. Ho sempre sognato di essere l’erede di L (è il sogno che ci hanno inculcato nel cervello sin da bambini) e anche A lo voleva. Ma ora A non c’è più. A causa del suo idolo. A causa di L. È colpa sua. Solo colpa sua.
<< B? C’è qualcosa che non va? >> il suo sguardo cerca qualcosa oltre i miei occhi, ma vi trova il vuoto. È così che mi sento, ora. Vuoto. Privato della mente, del cuore; a stento respiro. L indaga, cerca di carpire qualcosa dalla mia testa, ma è tardi, sono già partito con i miei ragionamenti a catena.
Lo fisso; lui ricambia l’occhiata. Sa dei miei occhi? Come gli altri non mi crede, di sicuro. Come tutti. L è come tutti. Io sono al di sopra della massa, al di sopra di tutti.
<< Cos’era per te A, se non un’alternativa, un fantoccio da mettere al tuo posto dopo la tua morte? >> domando, e mi aspetto un altro schiaffo da Watari; schiaffo che non arriva. L continua a guardarmi, facendo aumentare la mia rabbia. Il cadavere di A mi sibila all’orecchio parole che il ragazzo non avrebbe mai pronunciato in vita. Vuole vendetta, presumo. Ma anche la morte sarebbe poco per un essere come L.
Lui non risponde; si limita ad annuire e scompare dietro la porta, seguito da Watari.
Solo, di nuovo.
Una lacrima, che mi appare per un attimo vermiglia, mi scorre lungo la guancia sinistra, fino a cadere sul gelido pavimento di legno. Rabbia. Perché A vuole vendetta, perché io voglio vendicarmi di come ci hanno trattati qui dentro.
Noi –io sono superiore alla massa, e L è la massa. Ergo, io sono superiore ad L.
Se L è un genio, allora B sarà un grandissimo genio. Se L è fenomeno, allora B sarà un grandissimo fenomeno.
B sarà –è superiore ad L. L è inferiore a B.


L is after B.












Angolino autrice.

B era OOC, che dite?
Vabbé, buonasera a tutti.
È la prima volta che scrivo una sorta di introspettivo, per di più in prima persona, per di più su uno dei miei personaggi preferiti. Com'è andata? Vorrei sapere i vostri pareri.
Il modo in cui ho scritto il testo è collegato al modo di pensare confusionario che caratterizzava B in quei momenti, ma vorrei sapere se semplicemente sembrava non sapessi scrivere o...
Ok, mi dileguo. Fatemi sapere qualcosa, vi prego!
A presto,

DarkLight
   
 
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