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Autore: ElenCelebrindal    28/02/2015    2 recensioni
Dal testo:
"Ancora ricordi, di battaglia, di allegria, di tristezza, affollarono la mente del re, che a occhi chiusi esaminava ogni cosa: l'addestramento che spesso aveva fatto assieme al proprio figlio, gli assalti dei nemici che aveva respinto, i visi di coloro che aveva salvato e che non era riuscito ad aiutare in alcun modo. La Guerra dell'Anello occupava la maggior parte degli accadimenti che rammentava.
Quella spada che aveva in grembo, nella sua innocente presenza, aveva alle spalle una lunga storia fatta di sangue e di lacrime, ma anche di riso, di canti spensierati. Di luce e di buio. Di tristezza e felicità. Di vita e di morte."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PENSIERI DI UN RE



Era una giornata uggiosa, il cielo coperto da scure nuvole temporalesche piangeva lacrime limpide e fredde fin dal sorgere del sole, e pochi Elfi si aggiravano tra gli alberi, sotto le fronde che solo a tratti proteggevano il terreno dalla pioggia battente e ininterrotta; soprattutto guardie, armate di archi e lucenti coltelli, e abbigliate di verde e marrone in modo da confondersi tra i colori della foresta che avevano il compito di proteggere.
Il re degli Elfi sedeva solo, sul grande trono ornato da due imponenti corna di alce; abbigliato con una lunga veste simile ad un manto di foglie, osservava la lunga spada ti traverso sulle proprie gambe.
Quella spada ch'era appartenuta, molto tempo prima, al proprio padre, Oropher, perito nella Battaglia di Dagorlad per mano degli orchi, creature oscure, le uniche che Thranduil davvero odiava con tutto se stesso.
Troppo vivido era il ricordo di Oropher che spirava tra le proprie braccia, nominandolo re del popolo dei Sindar di Bosco Atro, troppo doloroso e ancora immensamente vicino, nonostante tutti i tentativi dell'attuale re di allontanare quei cupi pensieri dalla mente.
Attento a non tagliari, accarezzò la superficie liscia e fredda della lama dell'arma, un unico pezzo di acciaio chiaro come argento purissimo, forgiata nelle profonde fucine di Menegroth nell'ormai lontanissima Prima Era, e lasciò che la mente corresse via, riunendosi a ricordi da tempo obliati, nascosti nell'inevitabile rinfusa di pensieri accumulati nel corso di migliaia di anni di vita.
Rivide, vivido come nella realtà, se stesso, ancora poco più che un ragazzino dallo sguardo innocente. Era accanto al proprio padre, fiero nelle sue vesti verdi e dorate, e ascoltava la richiesta che il consigliere di Thingol stava facendo ad uno dei più abili fabbri di quel regno; Armìl, si chiamava. Era un elfo dall'aspetto inconsueto, in quella foresta, molto più simile ad un Noldo che ad un Sindar. I capelli erano neri come il cielo notturno, e gli occhi chiari, azzurri come quelli dei suoi consanguinei, ma tendenti al grigio tipico della cultura Noldor; Armìl aveva sempre scatenato la curiosità di Thranduil, che da ragazzino non smetteva mai di fargli domande, quando lo raggiungeva nella grande fucina sotterranea.
Thranduil ricordava alla perfezione ogni parola che i due si scambiarono, un dialogo semplice, ma che al tempo aveva attirato l’attenzione del giovane elfo.
 
 
 
"Ho una richiesta per te, Armìl. Nulla di eccessivamente complicato, o che ruberà molto tempo"
 
 
"Parla pure, Oropher. I miei servigi sono per tutti. Più che mai per il saggio consigliere del re. Solo, parla in fretta, ché ho un lavoro da portare a termine"
 
 
"Come sempre. Una spada è la mia richiesta. Semplice, senza ornamenti, leggera. Qualcosa adatta alla battaglia, non curarti troppo dell'estetica"
 
 
"Una richiesta semplice, dunque. Posso domandarne la ragione? Non molti vengono a chiedermi di forgiare armi, o di consigliarne loro una adatta"
 
 
"Semplicemente una precauzione. Non appena mio figlio crescerà, potrei anche tornare a chiedere qualcosa per lui. Come ben sai, la sicurezza, quando si è nel mezzo di una guerra, non è mai abbastanza".
 
 
"Al tuo servizio, Oropher"
 
 
 
Sorrise, e ricordò il momento in cui Oropher ricevette la nuova spada dalle mani di Armìl; i suoi occhi si erano illuminati, ed aveva sorriso, riconoscente: l'arma era proprio come l'aveva richiesta, semplice e leggera, non ingombrante. Un pezzo di metallo decorato da poche incisioni, essenziali e quasi insignificanti.
 
 
Poi, però, si incupì, rammentando la prima volta ch'era stata utilizzata.
 
 
La Rovina del Doriath fu l'episodio in cui quella spada senza alcun nome vide il primo sangue scorrere sulla sua lucida lama, il sangue del maledetto essere che aveva colpito a morte la moglie di Oropher con un'ascia da battaglia. Thranduil non avrebbe mai dimenticato l'espressione incredibilmente addolorata e disperata del padre, il suo volto rigato di silenziose lacrime mischiate al sangue che colava da una ferita alla testa. Combattendo disperato, il figlio di colui che era stato dichiarato nuovo re degli Elfi si era aperto un varco fino all'esterno delle Mille Caverne di Thingol. Aveva atteso, nascosto alla vista assieme al padre, che i loro nemici si stancassero di razziare e uccidere, e poi era uscito allo scoperto, per correre di nuovo all'interno del palazzo ormai colmo di desolazione e dell'odore di morte. Aveva osservato Oropher stringere tra le braccia il corpo freddo e mortalmente pallido della moglie, restando imponente in disparte, incapace perfino di piangere, tanto era il dolore che l'attanagliava per la perdita della madre, degli amici, di quasi un’intera popolazione.
I sopravvissuti si misero al loro seguito, e fedeli rimasero sempre al loro nuovo sovrano.
 
 
Acclamarono a gran voce anche il nome di Thranduil, quando venne incoronato, un mese dopo la battaglia che aveva visto buona parte del popolo di Bosco Atro abbandonare per sempre quelle terre, e acclamarono anche Legolas, l'amato figlio, come loro principe.
 
 
Chiuse la mano attorno all'impugnatura della spada, e un'altra battaglia prese forma nella propria mente, uno scontro sanguinario contro uno degli ultimi draghi sopravvissuti alla rovina del Beleriand e alla sconfitta dell'Oscuro Signore Morgoth Bauglir. Simile ad un serpente dorato, proveniva dall'estremo nord della Terra di Mezzo, ed era giunto sino alle Terre Selvagge in cerca di tesori e per spargere morte, innaffiando del sangue di coloro che uccideva il terreno su cui voleva dimorare.
Thranduil lo aveva affrontato a testa alta, impugnando la spada del proprio padre, ed aveva guadagnato solamente morte e dolore: un terzo dell'esercito era perito tra le fiamme del drago, e Thranduil stesso era stati investito in pieno dall'incandescente fuoco che solamente i draghi sapevano far scaturire.
Alla fine il drago era scappato, ma non molto più tardi, dopo essersi ripreso da una convalescenza durata fin troppo a causa della gravità delle ustioni che gli avevano deturpato il corpo, il re era venuto a conoscenza della morte dell'infame rettile.
Elrond era stato al proprio fianco fino alla completa guarigione, e lo aveva aiutato a nascondere gli sfregi causatigli dalle fiamme roventi del drago; in più, aveva sempre rassicurato Legolas, lo aveva tenuto al sicuro. Era stato un amico fidato. 
 
Lo era ancora, e Thranduil non di rado ricorreva al suo consiglio quando si trovava in difficoltà.
 
 
Sospirando, lasciò la presa sull'impugnatura dell'arma e intrecciò le dita per posarvi il mento, ignorando i passi regolari delle proprie guardie personali, non appena furono sostituite una volta finito il loro turno di guardia.
 
 
D'improvviso, il filo della spada si tinse di rosso vermiglio, e la Battaglia dei Cinque Eserciti si materializzò attorno a lui, sostituendo il familiare palazzo sotterraneo con il tetro paesaggio della Desolazione di Smaug. Si ritrovò in groppa alla propria maestosa cavalcatura, intento a gridare ordini e menare fendenti con la spada, falciando chiunque gli si parasse di fronte con l'intento di ucciderlo.
Sentì ancora i lamenti di dolore dei due fratelli Nani, quando caddero per proteggere il loro zio, e l'immagine di Thorin che si accasciava a terra, ferito a morte, riempì gli spazi vuoti lasciati dal ricordo.
La musica funebre dei funerali risuonò limpida nelle proprie orecchie, spezzata dalle chiare voci degli elfi che avevano onorato i Nani caduti come veri guerrieri.
 
Ancora ricordi, di battaglia, di allegria, di tristezza, affollarono la mente del re, che a occhi chiusi esaminava ogni cosa: l'addestramento che spesso aveva fatto assieme al proprio figlio, gli assalti dei nemici che aveva respinto, i visi di coloro che aveva salvato e che non era riuscito ad aiutare in alcun modo. La Guerra dell'Anello occupava la maggior parte degli accadimenti che rammentava.
Quella spada che aveva in grembo, nella sua innocente presenza, aveva alle spalle una lunga storia fatta di sangue e di lacrime, ma anche di riso, di canti spensierati. Di luce e di buio. Di tristezza e felicità. Di vita e di morte.
Era la storia di due Elfi che avevano dato tutto, pur di salvare e preservare la terra su cui vivevano.
E quella storia, presto, non sarebbe appartenuta solamente ad Oropher e Thranduil.
 
Sollevò il capo, e sorrise, nel vedere il figlio camminare nella direzione del trono su cui era seduto: "Legolas!", lo chiamò, un tono urgente, simile ad un ordine, ma allo stesso tempo dolce, come si addiceva ad un padre.
Il principe si avvicinò, con sguardo interrogativo, e la sua sorpresa aumentò, non appena Thranduil gli porse la spada dalla parte dell'impugnatura: "Prendila, figlio mio".
Legolas obbedì, serrando le dita attorno all'elsa di metallo dell'arma, e il re la lasciò andare, facendo scivolare nelle mani del figlio tutti i ricordi che aveva vissuto di nuovo quel giorno. "Tuo compito è continuare la sua storia, Legolas. Quella spada è appartenuta a mio padre, prima di passare a me. Ora io la dono a te, che sei mio figlio ed erede. Possa essa condurti alla vittoria, qualunque battaglia tu combatta. Possa sempre restare con te, qualunque cosa accada".
 
Dopodiché, si alzò dal trono e, sfilandosi la corona di rami dalla testa, lasciò il seggio al proprio figlio.
Thranduil era stanco di regnare.
Ora, toccava a Legolas.


L'artwork di Thranduil che ho inserito come banner del capitolo è dell'autrice Candra


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